Caro Renzi, la riforma dell’art.18 è solo un feticcio e un regalo al centro destra

venerdì 19th, settembre 2014 / 15:52
Caro Renzi, la riforma dell’art.18 è solo un feticcio e un regalo al centro destra
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Il giuslavorista e senatore di Scelta civica Pietro Ichino, dall’alto del suo scranno senatoriale super pagato e super garantito, tuona: «Bisogna fare la riforma del lavoro anche senza i sindacati, se i sindacati non capiscono l’importanza». Queste le sue parole, che sanno molto d’imperio. Alla faccia della modestia, il fine pensatore deve essere così narcisista fino al punto di pensare davvero che solo lui ha capito, che solo lui sa come si fa a uscire dalla crisi. Se non ricordo male è stato un cantore del liberismo, quella teoria raffazzonata, che ha provocato lo sconquasso dell’intero pianeta. Quella teoria che prevedeva la delocalizzazione aziendale in Paesi dove non si pagava
nulla. L’hanno chiamata globalizzazione, ma è stata per quei Paesi, solamente una riedizione del vecchio colonialismo certamente riadattato. In Occidente avremmo fatto i soldi a carrettate tutti, giocando in borsa e con il terziario avanzato, un autentica araba fenice. Messa in atto purtroppo in tutto l’Occidente con la sola eccezione della Germania, ha provocato precariato, bassi salari e disoccupazione. In seguito a ciò è scomparso il ceto medio, la ricchezza si è concentrata in poche mani, con il conseguente crollo dei consumi e del mercato. A Ichino sfugge anche un altro particolare non da poco. Questa crisi, è conseguenza di quella metamorfosi che hanno subito le banche, che si  sono trasformate in autentiche giocatrici d’azzardo, delle associazioni di biscazzieri. Il responsabile PD all’Economia Filippo Taddei, ha dichiarato in  queste ore: «Prima di arrivare a un decreto, cerchiamo di fare una discussione ordinata. Abbiamo una delega che è una riforma complessiva del mercato del  lavoro, mentre si cerca di banalizzare tutto in un derby sì o no all’articolo
18, come se fosse questo il problema. Capisco che nella politica sconclusionata  italiana ognuno deve vantare un enorme successo. Ma per me conta un solo successo, quello di una riforma che cambia gli ammortizzatori sociali, la  formazione dei lavoratori». Sono d’accordo, ma allora mi si deve spiegare  perché l’attacco all’art. 18, che non ha nulla a che fare e non interferisce con quanto affermato da Taddei. L’art. 18 difende solamente il Diritto e non è  una prerogativa italiana, ma qualcosa di simile lo si riscontra in tutti i  Paesi occidentali. Nessun imprenditore serio, affermerà mai che la cancellazione di quell’articolo dallo Statuto sul lavoro, permetterà alle  aziende di volare. La crisi dell’industria italiana si chiama nanismo d’ impresa, burocrazia asfissiante e demenziale, un sistema istituzionale  farraginoso, poca ricerca, poca innovazione tecnologica e in conseguenza di  ciò, poco valore aggiunto ai prodotti. In Germania, tanto per fare un esempio,  stanno discutendo sindacati, impresa e governo, come produrre auto elettriche  per cambiare il mercato di questo segmento industriale nei prossimi decenni.  Qui da noi Marchionne ancora pensa di costruire auto puzzolenti e inquinanti. E accanto a tutto ciò, da parte della politica, dei tanti governi che si sono  succeduti alla guida del Bel Paese, nessuno è stato in grado di proporre,  definire una strategia per i trasporti, per l’energia, per la scuola e la  ricerca scientifica. In Germania dopo la crisi petrolifera, hanno dato via a  una strategia per rendere il loro paese sempre più indipendente dalle fonti  energetiche importate. Oggi a Berlino, si costruiscono quartieri con i palazzi autosufficienti dal punto di vista energetico. Mi tornano in mente le parole di
Berlinguer, quando dinnanzi alla crisi di quel tempo, parlo che bisogna aprire  una riflessione “sul come produrre, su cosa produrre e per chi produrre”. Ecco quelle parole sono attualissime, se si vogliono cominciare ad affrontare non solo i problemi dei Paesi industrializzati, ma dell’intero pianeta. Combattere il terrorismo con le armi, va bene in questo momento d’emergenza, ma poi bisogna passare ad una nuova fase, quella che deve vedere al centro dell’agire politico dei Paesi, una strategia di sviluppo che coinvolga tutto il
pianeta. E’ con il benessere materiale e spirituale, che si combattono i fanatismi e i dittatori. Bisogna quindi ripensare a quell’ipotesi di
cooperazione, che sostituisca in breve tempo la globalizzazione selvaggia che abbiamo conosciuto. Da ultimo sono intervenuti di nuovo gli strateghi del FMI, che dopo il fallimento di tutti i Paesi dove sono state applicate le loro ricette economiche, ancora oggi insistono consigliando al governo italiano di tagliare le pensioni e la sanità, se vuole far volare di nuovo il tricolore. Che quella riforma non avrebbe risolto nessun problema, ma al contrario ne avrebbe aggravati molti, lo aveva capito da subito anche la famosa “casalinga di Voghera”, che com’è noto non si è mai laureata in economia. Caro Renzi la bandierina ideologica rappresentata dall’art. 18, che vuoi far sventolare a Sacconi, è una furbastra trovata che non porterà a nulla. Persino la Fornero parla di un regalo tuo a Ncd.
 Renato Casaioli

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