L’UNITA’ CHE CHIUDE, GRILLO CHE ESULTA E… PRIMAPAGINA CHE TORNA IN EDICOLA

“Il nuovo vento della Rete e della fine, lenta ma implacabile, dell’editoria assistita sta producendo i suoi effetti: la scomparsa dei giornali. Un’ottima notizia per un Paese semilibero per la libertà di informazione come l’Italia. Meno giornali significa infatti più informazione”. Così si legge sul Blog di Beppe Grillo, a proposito della “messa in liquidazione” de L’Unità, lo storico giornale fondato da Antonio Gramsci, organo ufficiale del Partito Comunista Italiano e da un po’ di tempo testata non più “ufficiale”, vicina al Pd, anche se ha continuato a prendere finanziamenti pubblici come giornale di partito.
Grillo esulta per la probabile chiusura de L’Unità, per la fine dell’editoria assistita. Ora quella del comico genovese leader del Movimento 5 Stelle a me sembra una forzatura un po’ becera. E anche inaccettabile.
In un paese democratico (in Italia qualche dubbio sulla effettiva democraticità del sistema sussiste, ma il Paese resta un paese democratico) la chiusura di un giornale, fosse anche il peggiore o il più inutile, non può essere, mai, una buona notizia. Ottima ancor di meno. Quando chiude un giornale, è comunque una voce in meno e una voce in meno significa, oggettivamente, meno libertà, meno democrazia.
Io sono stato un lettore assiduo e fedele de L’Unità per anni, ho pure collaborato con la redazione fiorentina. Per molto tempo ho considerato L’Unità non solo un giornale, ma qualcosa di più: un brand identitario, una carta di riconoscimento, un baluardo democratico e civile. Quando chiuse, qualche anno fa, mi dispiacque e ho gioito quando ricomparve nelle edicole.
Non ho difficoltà ad ammettere che da anni L’Unità non è più il giornale che era. Che L’Unità di adesso non rappresenta niente di ciò che per decenni ha rappresentato. E che è uno scandalo il fatto che solo i giornali di partito debbano essere assistiti dai finanziamenti pubblici (anche quando ufficialmente non sono più giornali di partito). Ritengo ingiusto e inopportuno che un giornale che non vende possa mantenere apparati mastodontici e farli pagare ai cittadini…
Però la messa in liquidazione de L’Unità, per me non è una buona notizia, anche se da tempo non compro più L’Unità, non la leggo, non mi piace. Non lo dico per nostalgia dei tempi andati, di una politica che non c’è più. Lo dico da giornalista e editore di un giornale (primapagina) che in più di 20 anni di vita non ha mai avuto un centesimo di finanziamento pubblico. Quindi da persona informata dei fatti, da persona che sa quanto sia difficile fare informazione in assenza di risorse. E senza partiti alle spalle.
Beppe Grillo sul suo blog evoca ” il vento della rete” come elemento che sta decretando, insieme alla crisi, la fine dei giornali. Per lui è un fatto positivo. Per me no.
E infatti, dopo un periodo in cui anche Primapagina si è spostata dalla carta e dalle edicole, solo sulla rete, la decisione è quella di tornare a breve anche in edicola. Non sarà facile, lo so. Molte edicole, nel frattempo, hanno chiuso pure loro. Dovremo, a primapagina, ripensare un sacco di cose. Ma non tutti navigano in rete. C’è ancora tanta gente affezionata al giornale di carta, c’è tanta gente che si informa ancora solo sulla carta. Torneremo in edicola anche per rispetto di quella gente. E perché i giornali saranno pure destinati a finire, ad essere soppiantati dal web, ma ancora sono strumenti di democrazia, di dibattito, di partecipazione.
E se anche molti giornali un tempo concorrenti sembrano fotocopie l’uno dell’altro, se ci sono giornali che fanno solo la grancassa del potere, quando Grillo dice “Meno giornali significa più informazione” a mio modesto avviso dice una cazzata.
Marco Lorenzoni
Beppe Grillo, L'Unità, Primapagina
Marco Lorenzoni è una pietra miliare della democrazia della val di chiana e di Chiusi in particolare. Non importa se si è d’accordo o meno sulle posizioni, prima pagina ha fatto informazione e questo è quello che conta. Bentornata prima pagina in edicola.
Anche a me dispiace che L’Unita’ chiuda. Anche io non leggo più’ L’Unità da tanti anni. Anche per me L’Unità è stata più di un giornale. Tra l’altro a meno di venti anni andavo, insieme a tanti altri, a distribuirla per le case. Però credo anche che se un giornale che ha 90 anni e non riesce a reggersi senza contributi pubblici, è giusto che chiuda. Per quanto riguarda le parole di Grillo, che considera la chiusura de L’Unità un fatto positivo contrapposto alla libertà della rete, anche a me sembrano sbagliate. Intanto perché la rete rappresenta una grande opportunità, ma anche un raccoglitore di notizie senza verifica, alcune delle quali delle vere e proprie bufale. Poi perché taglia fuori una fetta della popolazione, numericamente significativa, molto probabilmente con istruzione e redditi modesti. Infine anche a me fa piacere che Primapagina torni in edicola in forma cartacea, secondo me più bella, e chiedo a Marco (Lorenzoni) di farmi l’abbonamento.
mo’ me lo segno… diceva il maestro Troisi…
58.453.116 euro e spiccioli. Questa è la cifra versata dalle casse dello stato negli ultimi dieci anni a quel giornale.
Cos’è? Il prezzo del pluralismo nell’informazione, un costo della democrazia o qualcos’altro?
A me la risposta sembra evidente e lascia poco spazio ai ricordi, ai sentimentalismi e anche ai rimpianti per una voce in meno.
Se siamo oltre il cinquantesimo posto nel mondo per libertà di informazione non è certo una voce in più o in meno che modifica un panorama deprimente.
Sono d’accordo con Grillo: è una gran bella notizia.
Mi permetto di consigliare, a chi ne fosse interessato, la lettura de “Dai media di massa alla massa dei media” di Ignacio Ramonet.
Marco deciderà come meglio crede ma la tendenza di tutti i grandi gruppi è a spostarsi sulla rete; le edizioni cartacee non penso siano destinate a scomparire in breve tempo ma la strada mi pare segnata. Quanto ai limiti della rete non sono certo pochi ma infinitamente inferiori ai vantaggi che ha prodotto.
Secondo me l’Unità avrebbe potuto anche tentare strade diverse e cercare di sopravvivere, solo se avesse avuto il coraggio di stare sul mercato, facendo informazione vera e non asservita o subalterna a chi in definitiva assicura i soldi. Quella sarebbe stata una bella notizia. Un giornale vivo si può migliorare. Un giornale chiuso è un giornale chiuso. Punto. Non esiste. Quanto alla rete concordo sul fatto che abbia prodotto grandi opportunità e vantaggi, sulla possibilità di informarsi, ma non è così asettica e immune da condizionamenti, tutt’altro. Ed è anche, ancora un mezzo non per tutti. Credo anch’io che la strada sia segnata, ma ad oggi i giornali di carta continuano ad essere uno strumento indispensabile, perché consentono approfondimenti e perché raggiungono fasce di popolazione che la rete non sfiora nemmeno. Se poi i giornali di carta sono anche liberi, indipendenti, autofinanziati (il che non vuol dire non “parteggiare” o non schierarsi) come è sempre stato primapagina, credo sia – anche nei limiti di una tiratura e una diffusiione limitata – una garanzia per i lettori. E per la democrazia nel suo complesso.
…”il coraggio di stare sul mercato” cosa vuol dire ? Posso essere d’accordo con te Marco ma doveva essere sostenuta dai lettori o comunque da un partito come c’era prima.Se quel partito che è cambiato ha prodotto anche il cambiamento delle coscenze delle classi che si sentivano rappresentate da quel giornale tutto questo non è che il diretto risultato delle conseguenze e di una natura di conseguenze da tenere in conto quando si va a parlarne, specialmente quando si parla dell’impauperamento delle classi subalterne.Dico così perchè i fatti sono concatenati e direttamente dipendenti ed il fatto di ”stare sul mercato” probabilmente ci stava anche prima,ma adesso è ”il mercato” che l’ha fatta da padrone e senza lilleri non si lallera dice qualcuno…(appunto proprio il mercato). Quando c’era la gente, le feste le sottoscrizioni, MERCATO O NON MERCATO, il giornale c’era, ci stava nel mercato, era diffuso e letto e determinava anche le idee della gente.Se si accettano tali logiche appunto ”del mercato” occorre consapevolmente accettare anche le conseguenze, e le conseguenze le determinano gli uomini che sono preposti a far si che tale giornale si dissolva, perchè accettando le logiche appunto ”del mercato” e ne accettano direttamente le conseguenze.Una ricchezza in meno ? Verrebbe da dire di si, ma siccome le linee cambiano perchè cambia il mondo, cambiano anche i contenuti valoriali delle cose e l’Unità non ne era esente da questo.E’ un segno che il pensiero unico miete vittime, ma purtroppo al pensiero unico ci siamo arrivati per i comportamenti di coloro che dovevano opporglisi e che invece l’hanno acriticamente accettato e che adesso dicono che la gente debba avere la speranza di far rialzare l’italia, perchè sono loro che a milioni l’hanno determinato, prima culturalmente poi con i comportamente individuali fino ad arrivare ai consensi.Questo è il risultato del pensiero unico Se chiude non mi strapperò i capelli affatto anche se in casa mia è entrato per 60 anni di seguito quel giornale, ma gli uomini, i fatti e le idee-se permetti- erano un po’ diverse e probabilmente anche di migliore qualità.Un sepolcro imbiancato sulla strada dell’accettazione del ”mercato”.Quanti volessero riflettere credo che di materia ce ne abbiano parecchia.
Ci sono giornali senza partiti alle spalle che riescono a “stare sul mercato”,vedi Il Fatto… E, nel nostro piccolo, anche Primapagina per più di 20 anni è stata sul mercato contando solo su vendite, abbonamenti e pubblicità, senza avere nessun paracadute né pubblico, né politico, né privato… All’Unità evidentemente hanno pensato che fosse meglio continuare a sopravvivere coi finanziamenti pubblici che poi sono anche finanziamento al partito di riferimento, piuttosto che provare strade diverse, piuttosto che mettersi a navigare in mare aperto (ci provò leggermente Concita De Gregorio, ma l’esperimento durò poco) coi rischi conseguenti. E credo che se la gente non compra e non legge più L’Unità – nemmeno gli iscritti al Pd – è perché il giornale è fatto male, non racconta niente di particolarmente interessante,, non perché la gente si è assuefatta al pensiero unico. E’ il giornale che si è piegato al pensiero unico. Personalmente non condivido la scelta fatta da l’Unità, ma resto dell’idea che se chiude non è una vittoria per nessuno.Tra l’altro lo dico da persona che ha dovuto temporaneamente sospendere le pubblicazioni cartacee di un giornale e che potrebbe pure avere il dente avvelenato nei confronti di chi ha succhiato soldi pubblici, non avendo mai visto un centesimo di tali risorse… Dico pure che userei gli stessi argomenti se al posto de l’Unità di parlasse di Libero, del Giornale estate lontanissime dai miei gusti o di Europa che prende soldi pubblici ugualmente ed è come l’Unità organo semi ufficiale del Pd… Però, sarà per affezione, ma se chiude l’Unità mi dispiace un po’ di più…
Forse l’Unità avrebbe dovuto lottare per resistere, anche senza i fondi. Era ciò che ci si aspettava. Probabilmente è più la delusione della rinuncia che il dispiacere per la chiusura. Passando di palo in frasca (ma sempre in tema), io personalmente, sono un po’ contraria all’assolutismo (in generale). In particolare sulla necessità di convolare a nozze monogame con la Rete. La morte della carta è ancora lontana. E finchè è un’ipotesi, per quanto realistica, non vedo perchè non si possa avere tanto il cartaceo quanto l’online. Soprattutto se il cartaceo ha il suo pubblico, quello che il divino Internet non lo usa, non lo conosce, non gliene frega niente, non gli serve, non ce l’ha. Soprattutto se il cartaceo diventa un motivo di approfondimento di argomenti trattati sull’online, con maggiore fretta, perchè la Rete è bella ma se non sei veloce come un fulmine nel dare/commentare notizie, ti schiaccia senza pietà. Riviste importanti come L’Internazionale o come Focus si avvalgono di entrambi i media. E meno male perchè non c’è niente di retorico o superato nel continuare ad avere un giornale “di carta”. Soprattutto se quel giornale è un giornale indipendente, che da anni tenta di fare informazione seria, che non si è piegato alla logica della corsa alla notizia dell’ultima ora e che non cerca lo scoop a tutti i costi, inficiando, come spesso accade, il concetto stesso di giornalismo, che, non a caso, è parecchio in crisi. L’esaltazione di Grillo per l’onnipotenza della Rete non mi convince. L’ho già detto ma assolutismo ed estremismo sono due facce della stessa medaglia. E non e’una medaglia di valore. La Rete è una grande invenzione, come la chirurgia plastica, ma se usata da mani sbagliate diventa pericolosa. Per chi ha ancora la capacità d usare la riflessione e lo spirito critico per diffidare,verificare e approfondire, il pericolo è minore ma per chi, giovane del 2000, non conosce altro che la Rete come fonte di sapere e risorsa predominante di apprendimento, gli effetti sullo sviluppo del pensiero indipendente (e critico) sono ancora tutti da verificare.Ciò detto, esulto su questa pubblica piazza alla notizia che il cartaceo di Primapagina è imminente!!:)
grazie per l’esultanza
:))