I 100 ANNI DI ROBERT CAPA. MA CHI SI RICORDA GERDA TARO?

ERA LA SUA COMPAGNA. LA PRIMA FOTOGRAFA DONNA A MORIRE SUL LAVORO DURANTE UN REPORTAGE DI GUERRA…
Due giorni fa, il 22 ottobre ricorreva il centenario della nascita di Robert Capa, probabilmente il più grande fotoreporter di guerra… Colgo l’occasione di tale ricorrenza per scrivere due righe. Non su Robert Capa, ma sulla sua compagna Gerda Taro. Che però non fu solo la “compagna di Capa”.
Spesso,- ma fortunatamente sempre di meno- siamo portati a credere che nelle professioni più varie le donne vivano di luce riflessa degli uomini, ma la storia dimostra che non è così. Una di queste innumerevoli storie è quella di Gerda Taro la compagna di Endre Erno Friedmann , al secolo Robert Capa. Gerda Taro e Robert Capa sono stati una coppia mitica anche nel lavoro e con la loro abilità non solo professionale ma con l’intelligenza e il loro ” savoir faire” riuscirono a vendere al quadruplo del prezzo normale i loro scatti a Maria Eisner la direttrice di Alliance Photo che decise di stare al gioco… Un gioco che permise ai due di assurgere velocemente nel Gotha della fotografia di guerra internazionale. Il loro lavoro forse più intenso fu quello che riguardava la guerra di Spagna del 1936 che vide i Repubblicani scontrarsi con fascismo del Generalissimo Franco. Forse animata perennemente da quella frase tante volte ripetuta da Capa che ”se le foto non sono venute bene vuol dire che non eri abbastanza vicino” il lavoro professionale di Gerda Taro cresceva e raggiungeva punte mai toccate. Durante i primi mesi della Guerra di Spagna la Taro lavorò con una Rolleiflex 6×6 ed in seguito sarebbe passata alla Leica di ancora più rapido impiego mentre il suo uomo lavorava principalmente con una Contax che costava all’epoca molto di più delle precedenti citate ma era dotata di un otturatore a tendina senz’altro più veloce di quello ospitato dalla Leica. La tendenza di quegli anni era la foto partecipativa all’azione e fu forse questa condizione che indirettamente avrebbe più tardi decretato inesorabilmente la sua morte. A Carabanchel nella periferia di Madrid nel Giugno 1937 dove oggi esiste la struttura carceraria più grande di tutta la Spagna, documentarono Gerda Taro e Bob Capa l’incredibile azione dei dinamitardi repubblicani austriaci delle brigate internazionali che con le fionde tiravano i candelotti di dinamite sulle milizie franchiste, riuscendo a farle indietreggiare di ben 8 km avanzando e lottando casa per casa sotto il piombo nemico.
All’alba del 26 Luglio 1937 dopo che Gerda Taro infilatasi in una buca sotto i bombardamenti degli aerei della falange nazionalista alzava ripetutamente le braccia fuori della buca sul terreno per riprendere gli scontri ravvicinati e con la bocca piena di terra che ad ogni scoppio di bomba si spargeva nell’aria, riusci in un impeto di volontà per sfuggire all’assedio, ad infilarsi sul predellino laterale di una macchina in marcia che si allontanava dalla prima linea. La strada era molto stretta e sotto le ondate de bombardamenti aerei un carro armato amico perse il controllo ed urtò la macchina. Gerda finì la sua vita schiacciata sotto il Tank. Esalò l’ultimo respiro all’ospedale da campo dell’ Escorial ed una folla di più di 10 mila persone l’accompagnò per l’ultimo saluto al Père Lachaise. Negli anni successivi alla fine della Guerra Mondiale, Gerda Taro fu dimenticata forse più per motivi di opportunità politica. Negli anni della Guerra Fredda persino Willy Brandt si attivò per far circolare la notizia che la Taro, comunista delle Brigate Internazionali, fosse stata uccisa per ordine di Stalin, screditandone i meriti e la professionalità ed inducendo la stampa internazionale ad identificarla come la donna di Bob Capa, anziché la prima vittima femminile del fotoreportage di Guerra. Gerda Taro infatti morì sul lavoro, mentre scattava fotografie sotto un bambardamento. Fedele al motto del compagno Bob Capa, voleva essere il più vicino possibile all’azione da immortalare. E così finì sotto quel carrarmato… Professionalità portata al massimo livello, fino all’eccesso, al limite estremo oltre la soglia della stessa sicurezza personale… Gerda Taro, prima fotografa donna morta in servizio, quel giorno sfidò le bombe e alla fine perse la vita per documentare quella guerra che a suo modo anche lei combatteva. Un esempio questo che andrebbe ricordato anche per ricordare, e non dimenticare oltre i meriti professionali della persona in questione, chi stava dalla parte giusta e chi da quella sbagliata.
Carlo Sacco
Nelle foto: in alto Gerda Taro con Robert Capa. In basso, gruppo di “dinamitardi baschi” delle formazioni repubblicane durante la guerra di Spagna…
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Un esempio di professionalità portata fino all’eccesso, alle estreme conseguenze… Forse anche perché quel lavoro, per Gerda Taro, era anche il modo di contribuire alla causa (nel caso specifico, quella dei repubblicani contro i franchisti nella guerra di Spagna). Ma come si può pensare e sperare che venga ricordata una figura come Gerda Taro, oggi, in una società che parla per sms o per tweet, che al massimo vorrebbe partiti più “cool”, una società in cui anche i parlamentari comunicano mostrando magliette con una scritta, come i calciatori dopo un gol? Ai più, la “compagna di Bob Capa” sembrerà una pazza invasata, al massimo un’eroina d’altri tempi, da libro d storia e da film, come Anita Garibaldi…
Infatti ad ognuno l proprio tempo….Gerda Taro e Bob Capa vissero intensamente gli anni del fermento non solo della Spagna ma anche di altri luoghi,in quell’Europa dove poteva cambiare tutto, dove il contrasto fra barbarie e civiltà con tutti gli annessi e connessi stavano producendo i prodromi della guerra mondiale.Quelli di oggi
”cool” come dici tu e col telefonino ultimo grido si sentono out se non lo possono possedere e qualcuno arriva persino ad avere crisi d’identità.Se a parecchi di questi gli chiedi di parlarti della Guerra di Spagna( di Bob Capa e Gerda Taro sarebbero anche scusati che non lo sappiano ) stai sicuro che non sanno nemmeno quando c’è stata ed i motivi.Una generazione sulla quale il sistema regna di prepotenza, mentre loro si sentono ”tanto liberi” se possono consumare.Io li chiamo spesso- fortunatamen- te non tutti, ma parecchi sì- : I nuovi schiavi.