CHIUSI, PASSO CONCRETO PER INTEGRAZIONE E FORMAZIONE DEI MIGRANTI. SARANNO LORO A SALVARE LE IMPRESE EDILI A CORTO DI MANODOPERA. MA DI PASSI NE SERVONO ALTRI…

CHIUSI – Questa mattina è stato presentato alla stampa, l’accordo di collaborazione tra Comune di Chiusi Ance Siena, Misericordia di Chiusi e Scuola Edile con il quale è stato attivato un corso di formazione professionalizzante come operatore edile, a cui stanno partecipando alcuni richiedenti asilo ospiti in alcuni centri d accoglienza sia di Chiusi e della zona. Corso che si terrà, anche nella parte pratica, nel complesso denominato Molino Astrone sequestrato nel 2010 ad un un ex senatore del Polo delle Libertà, già sindaco di Afragola, finito sotto inchiesta per traffici illeciti con la criminalità organizzata e nel 2018 assegnato al Comune di Chiusi. Nome dell’ex senatore Vincenzo Nespoli. Più recentemente il sindaco Sonnini, dando seguito all’acquisizione avvenuta sotto l’amministrazione Bettollini, ha assegnato l’immobile all’Associazione onlus “Durante e dopo di noi” che si occupa di assistenza e supporto a ragazzi disabili e alle loro famiglie.

La struttura che è rimasta per 13 anni inutilizzata ed era invasa dai rovi e anche danneggiata da atti vandalici e di sciacallaggio (molti sportelloni delle finestre sono stati forati dai picchi, che a giudicare dai buchi devono essere tanti) è stata già in parte ripulita e riadattata, ma ha bisogno di ulteriori opere. I giovani migranti-richiedenti asili faranno formazione per diventare operai edili, proprio lì, sul campo insomma.
iniziativa dunque dai molteplici significati politici, sociali e culturali: c’è dentro una risposta alle esigenze di una associazione volontaristica essenziale per molte famiglie e per ragazze e ragazzi problematici; c’è dentro l’accoglienza e l’integrazione dei giovani stranieri con la possibilità di poterli inserire nel mondo del lavoro; c’è dentro il riutilizzo di un complesso sequestrato alla malavita e riportatro nelle disponibilità della comunità. Questo è ciò che hanno sottolineato il sindaco Sonnini, il presidente della Misericordia (l’ente che gestisce il centro di accoglienza di Chiusi scalo) Roberto Fè, la presidente dell’Associazione Durante e dopo di noi, Cristina Lorenzoni, la quale ha anche ricordato come il sodalizio sia diventato un punto di riferimento praticamente per tutti i comuni della Valdichiana e anche qualcuno della vicina Umbria, perché consente di dare un minimo di respiro e di supporto anche materiale, alle famiglie che hanno un ragazzo o una ragazza disabile a casa.

Il presidente dell’Associazione Costruttori di Confindustria Giannetto Marchettini e il direttore della Scuoole edile Stefano Cerretani, oltre alla soddisfazione per partecipare attivamente ad una iniziativa meritoria e “socialmente utile” hanno anche posto l’accento, molto pragmaticamente, su un altro aspetto, non secondario: quello di reperire e formare manodopera per il settore edile. Che è un settore, da questo punto di vista, già in sofferenza. Marchettini ha infatti sottolineato il fatto che oggi i lavoratori del settore sono al 70% italiani e per il 30% stranieri, ma se si prende a riferimento la fascia di età più giovane, tra i 18 e i 30 anni, le percentuali si capovolgono. Questo significa che fra 10 anni la manodopera italiana nei cantieri edili sarà praticamente azzerata. Ecco quindi che permettere ai giovani migrati-richiedenti asilo di fare formazione, quindi di imparare il mestiere e poi d lavorare è essenziale per la stessa sopravvivenza del settore. E questo è bene che si sappia e che lo sappiano anche coloro (non sono pochi) che mugugnano quando vedono i ragazzi arrivati da lontano per le strade delle nostre città e dei nostri paesi.

Ovviamente la formazione parte prima di tutto dall’insegnamento della lingua italiana, essenziale non slo per i rapporti e per l’integrazione con i lavoratori autoctoni, ma anche per la sicurezza stessa (cartelli, istruzioni, direttive sono per lo più in italiano e debbono essere compresi, così come le indicazioni, i consigli le consegne dei capicantiere e dei datori di lavoro). A questo proposito il sindacalista Simone Mannucci della Fillea Cgil ha però messo – giustamente – i piedi nel piatto, ricordando e segnalando soprattutto agli amministratori, che i giovani migranti/richiedenti asilo, una volta ottenuto un impiego e un certo reddito, debbono lasciare i centri di accoglienza e, uscitio di lì, fanno molta fatica a trovare casa. Perché molti proprietari di immobili a loro non li affittano. Alcuni di questi giovani sono costretti addirittura a rinunciare al lavoro perché non avrebbero dove abitare. Difficile, in queste condizioni anche far venire la famiglia e ricongiungersi con i propri cari.
Quindi insieme alle lodevoli iniziative per l’integrazione, per la formazione professionale, e l’inserimento nel mondo lavorativo – ha ribadito Mannucci – servono anche iniziative e politiche abitative concrete. E immediate.
Forse – questo lo aggiungiamo noi – un “patto” tra Amministrazioni locali e proprietari, per rimettere in circolo le tante abitazioni vuote, sfitte, inutilizzate, anche per gli stranieri potrebbe essere ua soluzione. A Chiusi una cosa del genere fu fatta nell’immediato dopoguerra quando la città, liberata, ma in ginocchio, si ritrovò con il 90% delle abitazioni e dei locali commerciali distrutti o lesionati. Oggi, le case non sono lesionate, sono semplicemente vuote. E d’altra parte, quello del progressivo spopolamento, dell’invecchiamento della popolazione e del calo demografico è un problema anche a Chiusi e nei paesi limitrofi, nessuno escluso.
I ragazzi venuti da lontano hanno già salvato le scuole primarie e medie, senza di loro qualche plesso avrebbe sicuramente chiuso i battenti, ora o saranno loro a salvare le imprese edili (e non solo quelle) o tra qualche anno molte dovranno chiudere per mancanza di addetti. Il succo del discorso è semplice: noi diamo una mano a loro e loro danno una mano a noi. Insieme si vive meglio. E si imparano molte più cose. Anche coi ragazzi e le ragazze disabili è la stesa cosa: strutture come quella che si sta allestendo anche con molto lavoro volontario, al Molino dell’Astrone, il lavoro dell’Associazione Durante e dopo di Noi, servono ad aiutare loro, ma loro insegnano molte cose a tutti…
Sicuramente iniziative simili meritano un plauso, in quanto da operatore di settore confermo quanto sia drammatico il problema della carenza di manodopera. E poi giustamente coesiste il problema abitativo per quei nuovi lavoratori, noi stiamo pensando di acquistare delle unità immobiliari per adibirle a scopo foresteria (già fatto una volta nel periodo boom pre crisi 2007) , che però non può essere una soluzione definitiva in quanto il lavoratore, dopo essersi integrato, aspira giustamente a far venire i suoi familiari e necessita di una casa “sua”. Vero è che le case vuote e sfitte in giro per Chiusi e non solo sono tante, e che molti proprietari le danno in affitto malvolentieri, in genere, non solo agli stranieri. Si potrebbe pensare a dei meccanismi di garanzia pubblica per i proprietari, ed anche ad un abbattimento delle tasse sulle locazioni, con l’ obiettivo di rendere appetibile tale utilizzo degli immobili residenziali : perché oggi, tra rischio di insolvenza, squilibrio tra costi degli immobili e canoni di locazione, e tassazione, investire nel residenziale, ma anche locare per chi l’ immobile già ce l’ha, davvero non ha senso. La mia società ad esempio ha molti immobili ad uso commerciale e industriale affittati a grandi aziende, che pagano canoni adeguati e sopratutto sicuri, mai mi sognerei di affittare appartamenti, per i motivi sopra detti. Non solo, molti proprietari di appartamenti preferiscono venderli a prezzi ridicoli piuttosto che darli in affitto. Ecco, in definitiva bisogna creare le condizioni per cui tale opzione sia conveniente. Non pretendere che i proprietari facciano beneficenza.
Infatti nell’articolo si parla di “patto” tra amministrazioni pubbliche e proprietari di immobili, non di beneficenza. Il patto presuppone un accordo sulla base di garanzie coperte dal pubblico, con qualche sacrificio (forse più psicologico che economico) anche da parte dei privati.
Sì ovvio, ognuno in un patto deve fare la sua parte. Comunque resto convinto che se vi fossero garanzie e detassazione, la gente fatebbe la fila per affittare le case a quei ragazzi, il fatto che siano stranieri conta poco. Io a prendere parte a un simile patto ci sto.
Non voglio insistere in quelli che a parere di molti sembrano discorsi arretrati ed obsoleti e dipendenti da un mondo passato perchè non è ver affatto che siano tali. Ma mi sapreste spiegare la ragione per la quale si dica che debba essere io come altri cittadini come me a coprire i costi con il PUBBLICO DENARO di proprietà private che non vengano adibite a servizio per maestranze da istruire per un lavoro finalizzato all’interesse privato ? La risposta sarebbe forse perchè in tal caso si inneschi un moltiplicatore che faccia decollare l’economia generale dei consumi ? Potrebbe anche darsi questo ma è oltremodo discutibile che tale costo debba essere sopporato dalle casse pubbliche e cioè dal pubblico denaro quando la remunerazione alla proprietà sia indirizzata nelle esclusive tasche del privato. Per parecchi questo lo sò bene è unj discorso che viene definito che tagli le gambe all’economa quando l’economia invece diventa solo quella di un certo numero di proprietari. Ed allora vorre sapere in vista di quale comportamento giusto verrebbe indetto ciò che si pensa che sarebbe abbracciato dal privato domattina subito ? Non dimentichiamo che si parla che siamo in regime di proprietà privata dei beni di produzione e non di quella pubblica e la separazione che pi9ace in tal caso portare a paragone sia quella che il pubblico debba promuovere e sponsorizzare l’iniziativa privata fatta e raggiunta con soldi pubblici ed il ricavato solo nelle tasche dei proprietari che amerebbero non essere gravati dalle tasse. Si arriverebbe così a parlare di commistione fra proprietà privata e pubblica che spinga e sponsorizzi l’economia i vantaggi del,la quale e per la quale se li pappi solo il privato.Mi si risponda anche ad un altra domanda, forse la più importante di tutte quante, ma chi lo decide se fare l’investimento, quando investire e quanto investire visto che si dice che dall’accumulazione del reddito derivi poi l’investimento ? E se il possessore del reddito decide diversamente è libero di farlo e di andare in tasca all’investmento perchè non esiste nessuna disposizione nessuna legge che lo obblighi ad investire. Scusate ma che visione è codesta se non una visione fatta e determinata solo ad uso e consumo della remunerazione del capitale privato ? Mica penserete che il capitale privato si attivi senza speranza concreta di essere remunerato ? E lo dovrebbe fare il settore pubblico con i miei soldi affinchè pèoi finiscano in tasca al privato con l’incertezza più completa che possa anche non investire ed allora i soldi pubblici dovrebbero stimolarlo ad avere un compenso diversamente il capitale si deteriora ? Ma non è questo il riformismo italiano al quale per decenni abbiamo assistito ?
E lo si farebbe al fine che il mercato addestri le maestranze senza poter avere nessun ritorno di natura pubblica e sociale perchè i ritorni se li pappa tutti il privato altrimenti nulla si muove e tutto vada in rovina ? Ma vi sembra un pensiero normale questo oppure il pubblico non ha ragione di esistere in una economia privata ? Decidete su tale tipo di analisi se vi sia qualcosa di incorretto oppure se sia una visione come dicono molti fuori dal tempo di fatti che siano stati dimostrati influenzati da qualche ”baco”.
Come spesso avviene, il suo ragionamento sembra filare, ma si palesa fallace in quanto entrambe le premesse alla sua base sono infondate. In primo luogo, né io né Marco abbiamo sostenuto che il pubblico debba farsi carico di ogni onere,ma solo di sostenere una garanzia, il che è ben diverso. L’ Italia è un sistema ad economia mista, ovvero essenzialmente capitalista ma che non esclude la partecipazione del pubblico nell’ iniziativa privata, sistema tra l’ altro sdoganato da luminari come Keynes e Friedman. In secondo luogo, è miope e riduttivo riesumare il vecchio, consunto mantra del “profitti privati, spese o perdite pubbliche”: in questa fattispecie, l’ interesse in gioco è pubblico, non privato. Avere persone giovani e integrate grazie alle quali è possibile tenere aperte scuole, ospedali, sportelli di vario genere è un qualcosa di cui si avvantaggiano tutti, non solo chi si avvale della manodopera di quei ragazzi. Anzi, a dirla tutta, è più la collettività che si avvantaggia : io se volessi potrei tranquillamente chiudere baracca e burattini anche domani, ed in tal caso è ovvio che il danno sarebbe maggiore per la collettività rispetto che per me, tra ires, irap, f24 vari, irpef dei collaboratori, indotto, ecc. , che verrebbero meno. Quindi il ritorno pubblico e sociale altroché se c’è, chi non lo vede o è miope, o fazioso.
Aggiungo : dei soldi spesi per i cosiddetti centri di accoglienza, e la famosa diaria dei 35 euro, nessuno di quelli come lei dice nulla. E sono davvero soldi messi lì senza alcun ritorno per la collettività, salvo chi gestisce il business.
Vede Gian Giacomo, se riguardasse i miei scritti passati su Primapagina dal momento che scrivo solo su tale giornale sul tema dei 35 euro, anzi 38 che il pubblico riconosce all’associazionismo privato per tale tipo di interventi mentre in Germania ed in altri paesi tale cifra è di 25 Euro si sarebbe accorto che ho più volte fatto notare tale discrasia,che credo sia solo italiana e che contenga una spiegazione per la quale gli altri ci considerano un paese di pulcinella e ci additano-forse esagerando- come un paese di mafiosi.Detto questo dal momento che fa riferimento a Keynes e Friedman dico soltanto una cosa che non è diversa da quanto ho sempre affermato sin dai primi momenti che ho iniziato il dibattito con lei da qualche mese fa sulle colonne di questo giornale e se si ricorda bene ciò che ho detto non è altro che il fatto che le teorie dell’intervento statale nell’economia privata quali per esempio le vecchie ma sempre applicate teorie keynesiane che coesistono anche con quelle successive e che hanno portato le economie capitaliste ad amministrare con una grande partecipazione dei settori pubblici dell’economia a finanziare gruppi e grandi gruppi a capitale misto, abbiano- purtroppo per chi afferma tale giustezza e tale presunta normalità- dei lati talmente vulnerabili nel tempo che hanno fatto vedere che il capitale nella sua accezione tolleri sempre di meno paletti e limitazioni alla propria espansione.Tutto questo processo è stato nella storia dell’economia accompagnato da legislazioni istituite dalla politica che hanno agito come calmiere alla presenza del capitale pubblico anzi hanno vissuto alla fin fine tale natura di interventi come una intromissione nella sfera decisionale delle grandi corporations orientando via via nel tempo lo stesso capitale a fuggire da quelli che hanno definito pantani limitanti la mobilità degli stessi capitali.E questa condizione è stata vissuto esclusivamente in maniera punitiva per le immani risorse fornite dallo stato alle aziende private: esempio la Fiat che si è nutrita per anni di soldi pubblici dei cittadini italiani perchè diversamente avrebbe ridotto sia la produzione sia quest’ultima poi dislocata in altre aree dove esisteva un costo del lavoro più basso.Allora questo secondo lei non è un uso conveniente per il capitale della fruizione di fondi pubblici e di tutti noi a pannaggio delle Spa o delle Corporations fino a che per fronteggiare la concorrenza si tenda all’accorpamento creando soggetti come Stellantis od altri e tale fatto venga vissuto dalla politica come una cosa normale che ingurgita soldi e ricchezza per far fronte alla tendenziale sfida della riduzione del profitto dove profitto significa anche possibilità non sempre accertata di nuovo investimento e quindi nuovo lavoro ? Cosa ne consegue da questo fatto se sia lecito o meno domandarsi che la perenne distruzione di risorse pubbliche viene consumata dalla rapacità tendenziale del capitale che decida lui se investire, dove investire o quando e quanto investire in base allo stesso mercato creato dall’impiego di capitale privato ? E’ l’economia privata che crea queste condizioni dove altresì è costretta a navigare anche quella pubblica non sò se è d’accordo. Oggi tutto questo nemmeno si discute come anomalia tanta è la certezza che tali processi siano giusti ed ormai indiscutibili perchè lei fà il discorso della loro attuale fotografia che così si manifestino ed appunto chi li contrasta oppure chi farebbe sorgere dei dubbi sulla democraticità di tali processi viene processato come un visionario idealista o quantomeno utopista che tenda a mettersi di traverso a tali stessi processi ormai CONNATURATI di tutta l’economia mondiale. L’ultima smentita alla validità della sue spiegazioni è quella che tutto questo processo siffatto e condotto fino ad oggi abbia prodotto lo status del mondo attuale dove si riscontra che il processo di concentrazione della richezza mondiale stia in mano sempre più abbienti ma meno numerose mentre dall’altra parte diminuisca la ricchezza da spartire verso un numero crescente di umani.Qui oltre alla questione di ricette economiche applicate è anche questione che qualsiasi cosa si determini e si dica che possa contrastare la rapacità del capitale viene considerata inattuabile infischiandosene ben bene delle conseguenze di questo processo,anzi mettendo in dubbio che non possa essere veritiera la subordinazione del pubblico al privato poichè si considerano i due settori o le due diverse identità collaboranti per il raggiungimento di un fine che si dice sia pubblico e sociale al quale dovrebbe tendere lo Stato.E’ forse nuova la notizia che quando i profitti diminuiscono od appena accennino a diminuire, le aziende traslochino la loro produzione in aree del mondo dove esiste un minor costo di produzione ed andando in tasca all’occupazione fino ad arrivare a chiedere allo stato soldi pubblici che poi alla fine del processo vengono ripartiti fra gli azionisti ? Vorrà dire qualcosa secondo lei tutto questo oppure lei la considera una legge ineluttabile che come inizialmente ha concepito nelle nostre discussioni come intimamente legata all’egoismo umano e quindi naturalmente plausibile e giustificabile ? Le faccio notare quello che credo lei sappia bene che tutto questo avviene all’interno di una struttura economica determinata dalle leggi di una economia capitalista e quindi anche la cultura che ne deriva da tutto questo è di tale stretta osservanza e giocoforza è il fatto che non possa essere immaginata un altra condizione al di fuori di questa, qualsiasi essa sia che ponga in discussione i principi fondamentali per i quali si produca e si ripartisca la ricchezza prodotta attraverso i suoi fattori.Qui la fotografia della situazione è solo una ed è quella che per tale sentiero si arrivi ad uno scontro prodotto da tali forze,scontro che debba fare i conti fra la limitatezza delle risorse ed il soddisfacimento dei bisogni. Mi sembra che l’orologio cosiddetto della storia non possa prescindere da questi due parametri. E allora se tutto questo processo viene creato dalle forze in campo e si stà avvicinando il punto di rottura credo che ci siano due ordini di problemi: l’uno è quello del convincimento che tutto questo non possa durare così all’infinito oppure in maniera sinusoidale di alti e bassi nella storia come è stato fin’ora poichè gli uomini non sono disposti alla fine ad essere ricattati più di quanto possa avvenire ed alla fin fine c’è un limite a tutto, l’altra questione da parte della schiera dei produttori è il chiedersi in fondo lo stesso dilemma che con tutte le caratteristiche di diversa appartenenza dell’epoca del 1848 nei confronti di quelle odierne ma fondamentalmente le stesse, Marx si chiedeva su come riuscisse il sistema a distruggere per un verso una quantità crescente di risorse produttive (guardiamo oggi all’automazione ed alla intelligenza artificiale come causa per esempio ) mentre osservava che per l’altro verso ci si spingeva tendenzialmente alla conquista di nuovi mercati e sfruttando più intensamente i mercati già esistenti.Con quale mezzo dunque si raggiungeva tutto questo ? Preparando quindi crisi sempre più estese e violente.E non è forse l’edizione odierna che vediamo affermarsi nel mondo ed edulcolarata di tali vecchi principi oppure pensiamo che questo sia vecchiume e ciarpame ? Il dover credere che non ci possa essere un altro tipo di economia che possa non portare a tutto questo perchè tutto questo sarebbe la fine di tutto e che invece convenga immaginare e cercare di realizzarne un altra cozza contro lo spirito egoistico della belva umana per il quale tutto si giustifichi ? A me sembrerebbe animalesco e questo si di certo disumano.Che alla fine ci voglia del tempo ed anche parecchio non ho dubbi ma cambiare si può se si riesce mano a mano ad uscire dall’equazione che per campare ci sia bisogno di arrivare per primi ad accaparrarsi il ”lesso”.il privato per istruire tale processo non mi sembra molto raccomandabile e nemmeno tanto la partecipazione del privato congiunta a quella dello Stato sebbene sia stata ancor oggi portata ad esempio nell’attualità da un sistema che non ha più nulla di che esprimere in questo campo-anche perchè esempi nuovi non sono venuti- perchè gli esempi non mancano di come finiscano tali percorsi.E questa è certezza.
Sul discorso diaria, sì, è vero che lei in più circostanze ha criticato il disallineamento dell’ importo italiano con quello di altri paesi, ma ciò non smentisce il fatto che se proprio si devono destinare delle risorse, meglio dirottarle in piani di accoglienza e integrazione vera, come quelli di cui si parla nell’ articolo. Perchè chiudere delle persone in uno stabile recintato, e avulso dal contesto sociale, passando loro 3 pasti al giorno, chiamarlo “accoglienza” mi sembra quantomeno una forzatura.
Sul resto, alla fine andiamo a cadere sempre lì, lei nel criticare i sistemi economici capitalisti e ad economia mista occidentali, e io a rintuzzare. Osservo nuovamente che mai nelle nostre discussioni ho affermato che tali modelli siano perfetti, ma semplicemente che ad oggi non esiste un’ alternativa plausibile. Non lo sono stati i tentativi di socialismo reale cinese e sovietico, la riprova consiste nel fatto che la Cina e la Russia, insieme ad altri Brics, sono quelle di oggi solo dopo essere diventate i nuovi capitalisti : è vero come dice lei che prima dell’ avvento di quei modelli stavano ancora peggio, praticamente a livello di pre civiltà, ma è incontrovertibile che se quegli stessi modelli fossero stati l’ ottimo per garantire benessere e prosperità a tutti, sarebbero stati mantenuti, e non frettolosamente accantonati, dopo aver capito “come funziona la baracca”. Ciò premesso, la sua analisi sul fagocitamento di risorse pubbliche da parte del privato non sta in piedi, per un motivo molto semplice. Prendendo l’ esempio di Fiat, senza dubbio ha drenato ingenti risorse pubbliche, ma quelle risorse non è che il pubblico le abbia avute raccogliendole dai peri, ma le ha avute grazie al prelievo fiscale dai vari Luxottica, Ferrero, Brembo, Barilla, Tenaris, ecc., nonchè dai milioni di aziendine come la mia, e da chi vi lavora. Ovvero, grazie all’ iniziativa privata. Parimenti, non è vero che tale sistema di per sè porti solo povertà nelle aree svantaggiate nel mondo : se è vero che un produttore italiano o tedesco lucra sulla differenza del costo di manodopera tra il suo paese e il Vietnam, è pur vero che in Vietnam, laddove non c’era nulla, poi c’è una fabbrica, con dei lavoratori che percepiscono un salario certamente superiore a quanto percepirebbero con le loro attività in loco. La Cina se è diventata la maggiore potenza economica del mondo, lo deve alla delocalizzazione occidentale dei decenni passati, a partire dalla quale poi molti operatori, invece di limitarsi a “lavorare per”, si sono messi in proprio diventando dei colossi. E altri paesi, entrando in questo modo nel libro mercato, stanno iniziando a mettersi in moto. Certo, ripeto, che il sistema non è perfetto e presenta delle distorsioni e contraddizioni, che è interesse di tutte le parti in causa limitare. Ma poi, visto che nella sua conclusione del sistema “creato dal privato” non si fida, e nemmeno di quello misto, in concreto quale implementerebbe? Lo dica!
Le rispondo subito dicendo-ed è lapalissiano- che nell’attualità non esista una alternativa a questo sistema del quale lei dice che io non mi fidi. Eh perchè non l’aveva compreso che nei miei ”logorriciì” discorsi non fosse compreso quello che stò dicendo ? Sarei stato un orbo se avessi immaginato che ci fosse nel mondo attuale un sistema alternativo al capitalismo.Ho nei nostri confronti verbali insistito sempre sul fatto che i cambiamenti si creino guardando alle contraddizioni poichè sono queste che portano i cambiamenti e non le parole, che comunque servono ad inquadrare i problemi. Visti tali problemi anche da sinistra ho già detto che lo stesso Marx riconosce al capitalismo l’enorme funzione di addurre il cambiamento,ma la cosa chiaramente vista in progressione non finisce qui e sulla critica all’economia del privato mi sembra che io abbia ugualmente detto che le discrasie esistenti siano prodotte principalmente da tale modo di produzione. La onnicomprensività della teoria capitalista ha avviluppato il mondo ed anche quella che lei dice della quale ”non mi fidi” riguardate l’intervento dello Stato viene ad essere messa in moto ed a compiersi per lenire le contraddizioni di quel capitalismo per salvarlo poichè le alternative per adesso non esistono,quindi le sofferenze si allungano.E mi preme sottolineare che tali interventi di cui si parla non facciano altro che rafforzarne la capacità produttiva e penetrante di tale macchina del capitalismo perchè sono proprio le sue FINALITA DEL PROFITTO PREPONDERANTI COSTANTEMENTE E SEMPRE SULL’ ASPETTO SOCIALE CHE PUO’ ESSERE MESSO IN ATTO DA PARTE DELL’INTERVENTO PUBBLICO.E tali finalità si riscontrano soprattutto nell’inderogabile ed insostituibile tendenza a far si che nel prodotto finale dei beni vi sia contenuta come PRIMARIA la finalità al profitto poichè senza di questa l’organizzazione della produzione non avrebbe luogo e non esisterebbe e come SECONDARIA quella della finalità sociale a produrre beni che servano al pubblico.Ecco la ragione per la quale anche l’interventismo statale e pubblico si veste della luce che tutto tale dinamismo serva e venga fatto alla conferma delle finalità del capitale. Ma ragioniamoci un momento : in tale compartecipazione la componente pubblica è riuscita a lenire tali contraddizioni in un modo sempre meno accettabile e lo vediamo anche oggi con quello che ho precedentemente detto sulla concentrazione monopolistica e la tendenza all’assemblamento di settori da parte delle corporations, ma allo stesso tempo non dimentichiamo che una gran parte delle ragioni della seconda guerra mondiale sono state il frutto produttivo economico-politico di tali interventi come la crisi del 1929 e relativa distribuzione limitata della ricchezza che ne conseguiva (povertà diffusa anche all’interno del principale motore del capitalismo: gli Stati Uniti d’America e di conseguenza lo stesso mondo occidentale, dalla quale crisi del 1929 ne siamo usciti con la guerra.Si ricorda quando le industrie producevano e nessuno comperava perchè la gente non aveva soldi per consumare ? Keynes ancor prima con le sue teorie ricorse a decifrare le modalità degli interventi ma sempre con una logica di far funzionare meglio il capitalismo mentre di contempo succedeva che nella nuova Unione Sovietica la brutalità ed il sangue del sistema zarista era stata sostituita da una nuova brutalità che doveva fare i conti con la controrivoluzione e con il serrare le fila verso chi imboscava il grano erodendo le basi del cambiamento e cercando di far affermare la controrivoluzione.I morti quindi si sprecavano a milioni non bastando quelli della prima guerra mondiale……nonostante ci fosse chi si opponesse con la forza delle armi a quel tipo di cambiamento come le potenze europee, Inghilterra in testa ed anche Germania finazianti i russi bianchi controrivoluzionari dei vari Kolchak ed amici per anni.Tutto questo per dire con parole sue che è vero che non mi fido nemmeno dell’altro sistema misto poichè ritengo che consenta al capitalismo di funzionare meglio e di produrre meglio le sue nefandezze.Quale allora l’alternativa come dice lei ? L’alternativa non esiste Giangiacomo Rossi ma và creata e crearla è una grande dilemma ed anche un grande-non nascondiamocelo- salto nel vuoto,ne sono coscente di questo e ne sono coscente che le mie siano solo parole,quando invece al contrario è ”materia” quella che si produca nel contempo ed è materia che si afferma nella società quella che il complesso economico del capitalismo crea incessantemente e che eticamente e materialmente produce ma che grazie a tale materia operante nel sociale da -diciamo secoli se non parliamo dalla rivoluzione industriale in poi – le contraddizioni forniscono occasioni ai cambiamenti, come del resto è successo sempre nella storia. Questo non vuol dire affatto col dire ”ed allora prendiamoci questo capitalismo poichè senza questo ci sarebbe la fame e quindi poi alla fin fine divisioni, sovrapposizioni,coercizioni e altri fascismi” ma la crediblità di un sistema che debba reggere il mondo si misura nel metro di come tale sistema soddisfi i bisogni della popolazione globale e su questo è cosa certa che il capitalismo non ne sia all’altezza e nemmeno i suoi derivati keynesiani ed ancor meno i derivati Post-Keynesiani di Harrod- Domar, Frish, Kalesky figuriamoci di Friedman…Ecco perchè in questa fase dove ci troviamo se si smarrisce la strada e se si dia orecchio alle sirene fautrici della bontà anche relativa del sistema vigente si rischia di diventarne vittime consapevoli e nello stesso tempo incoscenti nella difesa strenua di ciò che abbiamo interpretato che possa servire alle nostre singole persone e famiglie, fregandosene altamente di quello delle conseguenze verso gli altri. Ciò che diceva Paul Sweezy quando commentava la fase nella quale oggi ci troviamo dopo il fallimento del Capitalismo e del Socialismo Sovietico e nel tempo dove il nuovo non è nato e dove nemmeno nascerà a breve, lo stesso nominato studioso disse quanto segue: ” di sicuro condizioni di diversa etica e di libertà andranno riscoperte in un immediato futuro ed è da queste condizioni che debbano partire le riflessioni delle esperienze subìte ed anche di quelle fallite che dovrà costruirsi un nuovo ordine mondiale che escluda il ripercuotersi autoritario della ripartizione della ricchezza a favore solamente di una schiera di produttori che oggi si spartiscono i frutti del maltolto con l’improduttiva ed asfittica economia della finanza globale.Questo significa che ci sia bisogno di una nuova coscenza ma anche e soprattutto di non ricadere nell’imbraca del tranello per rafforzare il sistema vigente che è quello di passare attraverso l’applicazione delle teorie della gestione e partecipazione dello stato al sistema di produzione capitalistico perchè si creda che attraverso questo si possa indebolire progressivamente il sistema iniquo della ripartizione del profitto verso suoi fattori della produzione, i quali proprio perchè diretti e comandati da una unica finalità fanno girare le ruote del meccanismo solo per uno scopo: quello che è oggi il gattopardismo del cambiare per non cambiare.Le altre finalità che ci sono date ad intendere come sociali e fautrici anch’esse dello sviluppo funzionano tutte come specchietti per allodole e sono funzionali a tale sistema. Ed a questo non essendoci oggi alternativa credo che occorra non perdere di vista il risultato finale di una concezione di uno Stato non repressore delle libertà di alcuni o di certi gruppi ma che possa essere uno strumento perequativo messo al sicuro dell’interferenza dei gruppi produttivi e politici che ci stanno guidando e ci hanno guidato fin qui e che non tollerano che si creino paletti al loro egoismo di gruppo perchè la loro risposta è alla fine la classica risposta:”meno male chre ci siamo noi diversamente il mondo cosa sarebbe ?”.Quante volte l’abbiamo sentita tale espressione nella bocca dei pagati sgambettatori del sistema attuale… D’altra parte come si fà a dire che questi ultimi non esistano quando tutta l’economia reale è stata determinata ancor oggi da tale sentimento e da tale concezione che venga difesa sino al punto di creare conflitti se si mettano in forse tali principi ? Qualcuno disse nel passato:” Abbandonate le illlusioni e preparatevi alla lotta ! ”. Sono d’accordo con lei Rossi che fare affermazioni di questo tipo oggi si dia l’impressione di essere superati dai tempi, questa purtroppo è la realtà dell’interpretazione massificata che il mondo mediatico fornisce alla pubblica opinione a 360 gradi per la quale si riscontra una serie di pulcini che marciano tutti in fila indiana , ma la realtà che ne consegue da parte del fronte della conservazione coperto dal progressismo imbelle (vedi PD per esempio ma anche altri della stessa area purtroppo ) fà si che la lotta sia resa più difficile e più confusa e gli adepti a tale lotta non aumentino nella dimensione e nel numero di come ci sarebbe bisogno.D’altra parte la fazione opposta fà il proprio mestiere come sempre l’ha fatto nella storia ed è più facile che lo faccia perorando quelle idee del mantenimento che appaiono più naturali per la protezione individuale.Ma risiamo sempre lì . Si tratta sempre di chi ha e di chi non ha e sempre del concetto di libertà basata sulle condizioni materiali dell’esistenza: chi ha e possiede è libero e chi non ha e non possiede altro che la propria forza lavoro non è libero.Nel nostro emisfero di liberi ce ne sono di più ma non perchè ci meritiamo il premio dei più bravi ma perchè l’ho spiegato molte volte parlando di colonialismo di accumulazione e di decolonizzazione, nell’altro di emisferi molti e molti di meno, di quello che resta sia di qua che di là liberi non sono.E allora ad ognuno il proprio nel senso che credo che la battaglia delle idee debba servire a rendere più coscienti gli uomini e che queste non debbano essere solo parole ma nell’esercizio individuale dei contatti umani e nella socialità ognuno debba dimostrare di essere semprepiù vicino ad una onestà intellettuale con gli atti materiali conseguenti, mai di certo esenti da critica. Anche questo ma non solo questo è un modo di affermare quello che si chiama un bisogno della propria libertà e siccome mi sembra che in queste discussioni che abbiamo fatto io e lei ormai da qualche mese anche nei confronti di un pubblico piccolo o grande che ci possa leggere dico che nella limitatezza delle mie risorse di ogni tipo sia mentali che economiche chè di visione politica della socialità, io ho sempre creduto di perorare genuinamente tali idee che ho espresso e che queste per me assumono un contenuto di libertà,anche di libertà individuale,forse anche spesso sbagliando ed essendo limitativo a vivere e sacrificarne i sentimenti dell’animo umano spesso diretti anche verso altri, ma queste sono altre questioni personali che possono riguardare la mia immaturità od anche quella di altri.Ma siamo esseri umani diversamente saremmo altro. Ma è bene anche questo che si tenga presente e che faccia parte del nostro bagaglio che ritengo occorra mostrare senza alcuna vergogna o falso pudore agli altri anche perchè tutto questo credo che contenga un potere liberatorio grande che ci serve per rimanere in equilibrio di fronte ai grandi quesiti e prove della vita e che molte persone oggi credono di interpretare chiudendosi nei loro sacrosanti personalismi della privacy ritenendo cosi di essere autoprotetti. Autoprotetti da cosa è difficile capirlo ma forse autoprotetti dalle loro paure…. E soprattutto il mondo occidentale con la sua tronfia sicumera di superiorità verso l’altra parte del mondo è pieno all’inverosimile di tali soggetti uomini e donne.
Quindi in buona sostanza lei sposa in pieno la famosa massima di Keynes che recitava più o meno così : “Il capitalismo non è granchè bello e intelligente, ma se dovessimo immaginare di sostituirlo resteremmo perplessi”. E ammette, tra le righe, anche il fallimento dei tentativi di socialismo reale. E adesso che facciamo, non avremo più di cosa parlare. Se non prendere le mosse dalle contraddizioni e storture di tale modello per promuovere dei cambiamenti che consentano una più equa distribuzione delle risorse, oppure, in termini marxisti, un riequilibrio tra la remunerazione di Lavoro e Capitale, a suo dire troppo sbilanciata a favore del secondo. Aspetto su cui tutto sommato condivido, perchè una società civile ed evoluta non può tollerare sfruttamento e predazione. Anche nell’ interesse stesso di chi comanda il vapore (si pensi ad esempio a Machiavelli ed al Panem et Circenses). E’ comunque d’ obbligo una riflessione sugli equilibri tra Lavoro e Capitale, basata sull’ osservazione del contesto di oggi, in particolare riguardo agli ultimi anni. Venendo da decenni di allarmante denatalità (almeno nei paesi occidentali), sono finiti i tempi in cui chiunque offriva un impiego aveva la coda alla porta, per cui se ad uno non stavano bene le condizioni offerte dietro c’era subito qualcun altro. Pensi che io sono quasi 20 anni che non vedo nessuno presentarsi al mio ufficio per chiedere se abbiamo bisogno. E lo stesso avviene per tutte le realtà simili alla mia, altrimenti quest’ articolo nemmeno esisterebbe. E non solo, interi settori (es. ristorazione, ricettività, meccanica, ecc.) sono letteralmente in ginocchio causa carenza di manodopera. Ne consegue che per accaparrarsi e trattenere quella poca ancora disponibile, si innesca inevitabilmente una corsa al rialzo. Io nel mio piccolo, tra l’ altro, ho intrapreso una politica di welfare aziendale a vantaggio dei lavoratori e delle loro famiglie. Quindi, come vede, il libero mercato avrà pure i suoi difetti, ma essenzialmente si livella da solo, grazie al semplice meccanismo di domanda e offerta. Diverso e più complesso è il discorso sulla redistribuzione di risorse a livello di nazioni e aree geografiche, ma anche lì, l’ unico sistema credibile per incrementare il benessere delle popolazioni più povere, è metterle in condizione di prendere parte al mercato globale, come hanno fatto Cina e paesi emergenti. Pensi che esistono fondi di investimento che già da tempo hanno attenzionato l’ Africa, ipotizzando dei tassi di crescita a tripla cifra.
Tornando al tema del presente articolo, quindi, insisto sul fatto che sarebbe assolutamente meritorio un intervento pubblico a sostegno della formazione professionale ed esigenze abitative dei lavoratori stranieri, e al contempo, miopi, riduttive e inadeguate posizioni del tipo “Eh ma perchè lo Stato e il Comune devono metterci soldi pubblici, se poi i proventi finiscono in tasca al privato”. Perchè come già osservato, avere persone giovani e integrate, e non potenziali mine vaganti sul territorio, nonchè poter tenere aperti scuole, presidi sanitari e sportelli di vario genere, è interesse pubblico, non solo privato. Su questo sarà costretto a convenire con me.
Non voglio saltare di palo in frasca anche se per molti aspetti la sua risposta è convincente in questa situazione-ripeto- in questa situazione, per il futuro non ci butterei il cappello…..Mi piacerebbe sapere cosa ne pensa riguardo al pensiero che ha espresso nelle ultime righe del suo intervento riguardo al problema della fiscalità anche perchè ciò che dice sull’intervento dello stato con soldi pubblici ed il profitto che s’intasca il privato, l’italia in quasi tutti i settori produttivi registra una evasione come non ce n’è in nessuna delle altre nazioni europee.Se non erro si parla da 100 a 140 Miliardi di euro e questi miliardi lei lo sà bene dovrebbero essere a pannaggio della collettività che si potrebbe permettere anche altra serie ed altri tipi di interventi se avesse questi introiti, visto che i percettori di reddito fisso pagano al fisco fino all’ultimo euro, e non mi sembra che le utilme disposizioni del governo vadano a risolvere questo problema, anzi, forniscono materia affinchè si continui ad incrementare l’evasione, lanciando segnali rassicuranti ad abitate edabitatissime categorie. Sbaglio ? Oltre a tutti i problemi teorici e pratici che io e lei abbiamo evocato, non le sembra che questa sia una palla al piede del paese per le quali piene responsabilità possono essere fatte carico ad un costume etico per il quale si prende sempre la scorciatoia dicendo il famoso discorso che ”se io dovessi pagare le tasse come la legge impone chiuderei domattina e sarebbero sul lastrico intere categorie di lavorartori ?”. Non è forse questo il sintomo che la legge in italia la osservino i più ”fessi” che non scappano dalla rete mentre i più forti tendono sempre a farla franca perchè la politica beneficia sempre il solito motore dell’aziendalismo come forza principale di traino dell’economia ? E’ da tale conclusione che nelle menti delle persone si forma l’idea che ”Pubblico” è improduttivo e sottosviluppato mentre ”privato” sia sintomo di funzionalità sempre presente e di produzione di profitto re-investito ? Reinvestito se pare al detentore di tale profitto, diversamente si può anche trovare altre forme di non impiego di capitali destinati a nuova produzione, ottenere economie asfittiche ma tassi di remunerazione alti e pronunciati con il guardare alla finanza, per il famoso principio che siamo nel ” mercato ” ed il sinusoide è un onda che varia a seconda dei momenti.Questa è l’ortodossia inevitabile del sistema a cui debbono soggiacere gli stati di soddisfazione dei bisogni dei produttori.Ed onestamente siccome la storia non fà i salti ma è una continuità di situazioni e di condizioni dove ciò che esiste oggi è la diretta conseguenza di ciò che è stato ieri,mi sembra che oggi si tenti di riprodurre anche male ed in maniera insufficente non inventando nulla di nuovo, ma riproponendo in maniera ferrea gli stessi principi che portarono alle catastrofi passate poichè da queste nulla abbiamo imparato, ed ancorpiù le classi subalterne che hanno pagato prezzi incredibili alla vivibilità delle loro vite che si devono organizzare a seconda di quanto siano i loro salari quand’anche ci possano essere.Non per fare paragoni esagerati ma tale situazione mi ricorda tanto un romanzo di Jack London dal titlo ”Il Tallone di Ferro” che narra la storia di un proletario alle prese con le difficolta della propria vita e delle sconfitte che gli sono cadute addosso causate da quel meccanismo a cui sono obbligati ad obbedire e ad osservare non solo lui ma anche i suoi datori di lavoro e che alla fine riconosce ed individua se stesso nella moltitudine di altri che lottano per un misero pezzo di pane vivendo tale condizione come una prigione dalla quale è impossibile uscire.Si trattava dell’800 chiaramente, ma con tutte le caratteristiche dei tempi e della moderna precarietà attuale, oggi quel po’ di sostanza che è cambiata è cambiata solo per la lotta dei sottoposti e non per la benevolenza liberale di chi abbia creato un lavoro per loro.Dal che ne deriva un pensiero ed è quello che i diritti non sono mai concessi ma sono sempre conquistati.Ecco fondamentalmente il perchè negli ultimi 30 anni la sinistra in italia sia sprofondata ed ancora sprofondi,e la spiegazione è quella che con i discorsi non si mangia ma occorrono i fatti ma oggi l’etca da seguire è quella delle parole, spesso stanche e vuote e che non convincono più, mentre ci sarebbe bisogno del contrario e la prima battaglia da fare -lo dico ai votanti di un PD ormai alla ricerca di un filo di Arianna smarrito,è quella avverso ai nemici interni,ma per far questo occorrono i fatti e non le parole ed il percorso è lento,ma la vedo dura perchè in politica la credibilità è una cosa seria.
Diciamo che da parte sua il salto di palo in frasca c’ è stato, ma esiste una correlazione costituita dal ruolo della fiscalità nel determinare le risorse pubbliche. E dice, a tal proposito, di voler sapere cosa ne penso riguardo al problema dell’ evasione fiscale. E’ ovvio che non posso che vedere negativamente il fenomeno (non solo italiano ma globale) nel suo insieme, come non v’è dubbio che senza di esso, e quindi con una cifra di 100 e più miliardi all’ anno nelle casse dello stato, vi sarebbero molte più risorse per attuare vari tipi di politiche economiche e sociali. Ma soprattutto, non avremmo al collo il giogo costituito dal nostro mostruoso debito pubblico, che comporta un minimo di 80 miliardi all’ anno per il pagamento degli interessi sui nostri bond. Parimenti, seppure in minor misura, ciò avviene in quasi tutti gli stati del mondo. Sul tema, ho un’ idea “particolare” : i vari governi che si sono avvicendati, che fossero di centro, di destra, di sinistra, o tecnici, il problema non l’ hanno risolto perchè non lo si vuol risolvere. Per comprendere a cosa mi riferisco, occorre riflettere da dove viene gran parte dell’ evasione : quando si incolpa il povero cristo che viene a farti un lavoretto a casa e lo paghi al nero, oppure la sarta che ti aggiusta una manica, mi viene da ridere. A far sparire le centinaia di milioni o i miliardi sono le grosse corporate che spostano le sedi all’ estero (ma realizzano utili anche in Italia), che fanno triangolazioni e strane manovre in Svizzera o a San Marino, che grazie a “giochi di prestigio” dei loro (abilissimi) consulenti fiscali, e in genere si insinuano nei vuoti della legislazione operando alla luce del sole. Insomma, si tratta di giochetti per lo più permessi, o al massimo “borderline”. E chi si avvicenda al governo, non è cada dalle nuvole, ma è perfettamente consapevole di certi meccanismi : il problema è che NON PUO’ FARCI NULLA, perchè la politica è di fatto ostaggio della grande finanza. Con un 50% del debito pubblico nelle mani, sotto forma di bond, di Intesa Sanpaolo, Generali, Unicredit, ecc., ma anche Barclays, Goldman Sachs, Credit Swiss, non è difficile immaginare chi sia il burattino e chi il burattinaio. Ecco, se proprio devo dire qual è l’ aspetto delle società capitalistiche che meno mi piace, è proprio questo : il giochino del debito, su cui poi si sono costruite enormi architetture finanziarie (cartolizzazioni e derivati di ogni genere). Che poi è quel giochino che nel momento in cui sfugge di mano produce le crisi più tremende, come quella del ’29, quella del 2008. Chi sono i vari Monti, Draghi, Lagarde, ecc., se non espressione di quei potentati là? Ora forse mi sono portato troppo lontano, ed ho anche brutalmente semplificato, quel che volevo dire per chiudere il ragionamento e rispondere alla sua domanda è che l’ evasione fiscale e il (conseguente) debito pubblico, ma anche privato, siano problemi che nessuno vuole risolvere perchè funzionali al gioco dei burattinai. Il politico di turno conta poco, per il semplice fatto di essere asservito a questa o quella lobby, e questo, come si legge tra le sue ultime righe, fa ancora più specie per i rappresentanti della sedicente sinistra, che in teoria dovrebbero battersi per tutelare i più deboli e dare voce a chi non ne ha. Non per niente quel partito là attecchisce soprattutto nei centri di Firenze, Bologna e Milano, più che nelle periferie.