IL VALORE AGGIUNTO DI UN “ADDETTO CULTURALE”: CITTA’ DELLA PIEVE PIANGE VALERIO BITTARELLO

CITTA’ DELLA PIEVE – Oggi è un giorno triste per Città della Pieve. All’Ospedale di Perugia è morto Valerio Bittarello, poco più di 70 anni, laurea in architettura, per alcuni lustri addetto culturale del Comune. Figura di cultura sterminata, Bittarello è stato un valore aggiunto per la città del Perugino. Se oggi Città della Pieve è inserita nel circuito delle città d’arte, di cultura e meta di turismo tra le più rilevanti in Umbria, in buona misura lo deve a Valerio Bittarello. Che per primo, a partire dall’ amministrazione Fonti, per proseguire poi con Giovagnola e Fallarino, ne individuò le potenzialità e la ricchezza nascosta.
Amante e cultore dell’arte e della storia locale è stato lui, con le sue intuizioni, che potevano sembrare sul momento fuori da logiche e schemi consolidati e addirittura visionarie, a porre le basi del successo che poi è arrivato. E Città della Pieve, con Valerio Bittarello, è stato uno dei primi comuni del territorio ad avere un “addetto culturale” che non faceva solo l’impiegato, ma supportava culturalmente gli amministratori. Era lui il Nicolini della situazione, solo che Nicolini faceva l’assessore a Roma, Valerio il funzionario comunale a Città della Pieve.
Ha contribuito per esempio anche alla crescita e al successo crescente del Palio dei Terzieri, inventandosi quei richiami alla classicità e ai dipinti del Perugino e di altri grandi del Rinascimento, con i carri allegorici del Comune, sempre ispirati a opere pittoriche o letterarie… E’ stato Valerio a volere il rigore iconografico nei costumi del corteo storico. Ma anche a voler puntare sulla valorizzazione del tesoro principale della città, ovvero i dipinti del Perugino. Facendolo peraltro in anni in cui la cultura non era il primo pensiero delle amministrazioni locali, che dovevano provvedere alla metanizzazione, ai piani urbanistici, alle scuole, alle zone artigianali che allora crescevano come funghi.
E’ stato un lusso, per un paese come Città della Pieve avere in Comune una mente come quella di Bittarello. Pievese doc aveva un amore quasi viscerale per la Toscana (aveva studiato a Firenze), su primapagina lanciò anche la proposta choc di un referendum per il passaggio di Città della Pieve alla regione dei Medici, non avrebbe disdegnato un comune unico con Chiusi. Ha studiato e riproposto con cura certosina i passaggi storici di questa terra di confine ed è stato tra i primi a riparlare della via dell’Alpe di Serra o Romea Germanica che da Roma portava a Stade (vicino ad Amburgo), vera e propria autostrada medievale che passava appunto per Città della Pieve…
Da anni purtroppo non stava bene, viveva da solo, senza parenti prossimi. Se ne è andato in anticipo, lascia comunque una traccia importante, di quelle che restano non solo negli annali, ma nel ricordo delle persone. Per noi di primapagina è stato un amico, un collaboratore, un punto di riferimento, un lettore puntuale finché la salute glielo ha permesso. Ci mancheranno anche le sue battute salaci. E quei modi da gentiluomo ottocentesco che ne facevano un personaggio fuori dal tempo, ma anche dal coro.
m.l.
Nella foto: Valerio Bittarello, a destra, intervistato dal Tgr Rai
I funerali si svolgeranno Giovedì 26 gennaio, alle ore 11,00, presso il Santuario della Madonna di Fatima a Città della Pieve.
Ho appreso con grande tristezza ed incommensurabile dispiacere la notizia della scomparsa di Valerio, oggi stesso durante un viaggio in treno, leggendo sul telefonino il Post di Primapagina.Valerio era un caro amico e tu Marco hai tracciato molto bene il suo profilo personale, la sua grande cultura e la sua raffinata sensibilità ed eleganza relazionale.Città della Pieve perde una colonna portante del suo entourage umano, una colonna che nella maniera in cui per tanti anni si è manifestata nella vita culturale e civile, è impensabile che possa essere sostituibile. Conservo delle foto in archivio di almeno venti-venticinque anni or sono, da me scattate all’ingresso della sfilata dei terzieri in Piazza Plebiscito ed ancora lo rivedo a dorso nudo che faceva volteggiare una scimitarra da sopra un carro che lo portava in trionfo, con quel sorriso sarcastico, beffardo, ma allo stesso tempo di teatralità divertita prima ancora per se stesso poi rivolta nello stesso tempo alla folla che lo acclamava chiamandolo per nome, quasi fosse una sfida ma soprattutto si leggeva nel suo volto il gran divertimento che esibiva per lui stesso e per quelle ali di folla. La gente lo applaudiva divertita mentre passava trainato sopra il carro fra due ali di folla, sembrando quasi un ”feroce saladino” venuto a sterminare i crociati difensori del Santo Sepolcro. Come del resto valanghe di applausi scroscianti li ottenne in occasione della inauguarazione del complesso museale del Giacomo Villa quando in presenza delle autorità religiose (Vescovo e vari prelati),Sindaco e personalità politiche e culturali come la Garibaldi,insegnanti e varie personalità del mondo culturale, si volle ”togliere un sassolino dalle scarpe” quando gli cedettero la parola dopo che il vescovo ebbe fatto il discorso di prammatica che velava di misteri la sorte del Beato Giacomo Villa messo a morte da mani ”misteriose”….Valerio in quell’occasione sfoderò tutta la sua indipendenza dagli ammantati discorsi che erano stati fatti e senza alcuna riserva mise in risalto la doppiezza e le lingue biforcute dell’establishment ecclesiale del tempo di Giacomo Villa poi consacrato ”Beato”, ma anche quello di quell’attuale momento celebrativo, mentre qualche personalità politica di sotterfugio dava calci negli stinchi a chi lo conoscesse più da vicino per fermare quel fiume di parole che traboccava dalla sua bocca.La conclusione della scena fu indimenticabile con Valerio rosso in viso come un pomodoro che iniziò a declamare urlando più volte a perdifiato :”Giacomo Villa Santo Subito”.
Era senza fronzoli di fronte ad interventi che giudicava ignominiosi e fedifraghi della verità storica. Fra scrosci di applausi dei pievesi presenti fu accompagnato fuori della Chiesa ed ancora me lo ricordo che rosso in viso e con una sigaretta accesa simbolo della tensione che la necessità di sfogo gli aveva procurato, piegato quasi su se stesso fece più volte il verso dell’ombrello verso le persone che erano rimaste all’interno.La scena così si svolse, come ho adesso descritto senza nessuna esagerazione fattuale. Fu una cosa che mai dimenticherò di lui, ed oltre aver apprezzato la sua visione laica del mondo e della vita senza remore alcuna,fu l’indiscusso protagonista di un pomeriggio memorabile.Ci sarebbe da ringarziarlo per tante cose alle quali ha contribuiro per Città della Pieve e tu Marco l’hai fatto molto bene parlando della sua cultura e della sua professionalità.Un tipico esempio di grande uomo che sarà ricordato per molto tempo per la sua grande intelligenza, dignità e sensibilità.Purtroppo per questione logistiche non posso partecipare ai suoi funerali ma non mi và di fare nemmeno le condoglianze a coloro che sono stati i suoi amici, a coloro che l’hanno sostenuto e che gli sono stati fraternamente vicini e che l’hanno apprezzato, perchè uomini cosi non muoiono mai… Ciao Valerio ! Carlo Sacco.