ELEZIONI: SE LA DESTRA FA… “CAPPOTTO”. PER L’AREA PROGRESSISTA SI PROFILA UNA DEBACLE EPOCALE E SENZA APPELLO

venerdì 02nd, settembre 2022 / 14:59
ELEZIONI: SE LA DESTRA FA… “CAPPOTTO”. PER L’AREA PROGRESSISTA SI PROFILA UNA DEBACLE EPOCALE E SENZA APPELLO
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Questa mattina il giornalista Andrea Scanzi ha pubblicato una “simulazione” su come potrebbe essere la Camera dei Deputati dopo il 25 settembre. Una simulazione fatta sulla base di un sondaggio. Ma, precisa Scanzi, “quasi tutti i sondaggi dicono le stesse cifre”. Quindi la ritiene attendibile.
Questi i dati del sondaggio così come li riporta Scanzi:
“Meloni al 24 circa;
Pd sopra il 20 ma dietro Meloni:
Lega tra 11 e 13 (in calo);
5 Stelle tra 11 e 13 (in crescita);
Forza Italia 8 (alcuni la danno sopra il 10);
Renzi-Calenda al 7;
attorno al 3, ma col forte rischio di non arrivarci, Alleanza Verdi Sinistra e +Europa;
poco sotto il 3 Paragone (ma qualcuno lo dà sopra);
sotto il 2 Toti e i fascisti mescolati col bigotto;
attorno all’1 Di Maio (ahahahahah) e De Magistris”.
Già così sarebbe sarebbe un risultato a tinte fosche, secondo il giornalista aretino e anche secondo me. Ma il risultato effettivo in termini di seggi potrebbe essere decisamente più cupo.
Siccome le legge elettorale detta “Rosatellum” non è un proporzionale, ma il 30% dei seggi vengono assegnati con il sistema maggioritario – nei collegi uninominale vince e viene eletto chi prende un voto in più degli altri –  è molto probabile quindi che quasi tutti, se non tutti, i seggi uninominali vengano presi dalla destra, anche in caso di sostanziale pareggio nei voti effettivi. Insomma il 20% del Pd o il 15% del M5s potrebbe non bastare a conquistarne neanche uno dei collegi uninominali. Ciò darebbe alla destra una base di partenza enorme e un vantaggio indiscutibile. Una alleanza Pd-M5S avrebbe potuto mitigare la situazione, ma entrambi hanno deciso diversamente, praticamente suicidandosi.
“Ad oggi la situazione è questa: sarà già un miracolo se la destra prenderà “soltanto” la maggioranza assoluta di Camera e Senato, e non addirittura la maggioranza qualificata (cioè i 2/3, con la quale potrebbe riscrivere la costituzione). Condoglianze e buona catastrofe!” scrive Scanzi. Già: la catastrofe elettorale è dietro l’angolo.
Gli elettori potrebbero anche smentire i sondaggi e i sondaggisti, per carità. E’ successo più di una volta. Ma il quadro è davvero sconfortante e delinea una sconfitta epocale per l’area progressista. Intanto, dai numeri del sondaggio, pare evidente l’assoluta marginalità, se non l’inconstistenza totale della sinistra a sinistra del Pd, sia quella alleata con il Pd, sia quella “alternativa”.  Se davvero Unione Popolare resterà intorno all’1% e prenderà gli stessi voti di Di Maio, allora vuol dire che quello spazio a sinistra non esiste più, che di sicuro non sono quelle proposte le soluzioni capaci di invertire la tendenza. Le stesse “forze di interposizione”, quelle di mezzo come M5S e Terzo Polo Renzi-Calenda rimarrebbero con una voce in capitolo piuttosto flebile.
Certo, se le elezioni dovessero andare come dice il sondaggio citato da Scanzi e alla fine la destra avesse addirittura la maggioranza qualificata per poter cambiare la Costituzione e trasformare l’Italia in repubblica presidenziale, chi ha portato l’area progressista (tutta) ad una disfatta del genere dovrebbe avere la decenza di alzare le mani e togliersi definitivamente dai coglioni. Senza mea culpa che tengano. Definitivamente, per sempre. Quella che si profila è una sconfitta annunciata. Voluta e quasi scientificamente perseguita dai capataz delle forze progressiste arroccati ognuno a difesa del proprio orticello, tesi ad assicurarsi una candidatura e nulla più, immersi nella loro “bolla” spesso lontanissima dai problemi della gente comune, incapaci di trovare la minima sintesi tra loro,
Che nessuno degli strateghi del centro sinistra e della sinistra alternativa che tra venti giorni consegneranno il paese alla Meloni senza neanche combattere, si ripresenti né a spiegare la sconfitta, né a cercare giustificazioni e attenuanti, né, peggio ancora, a dettare la linea per la ripartenza. Basta così, grazie.
Forse, dopo la debacle, una ripartenza ci può anche essere. A volte serve davvero toccare il fondo per risalire in superficie, ma dovrà cambiare sia la musica che i suonatori e soprattutto i direttori d’orchestra e tutti i loro trombettieri.  A tutti i livelli, da Roma ai territori più periferici. Chi ha ridotto il Pd ad una nuova piccola Dc senza statisti, Sinistra Italiana ad una appendice utile solo ad assicurare (forse) un seggio a Fratoianni o a qualcuno dei suoi, chi dopo innumerevoli tentativi non riesce a portare la sinistra  a sinistra del Pd  oltre l’1% dovrà per forza di cose essere mandato in quiescenza. E a mai più rivederci.
Se invece il voto andrà diversamente saremo i primi a prenderne atto e a rallegrarcene.
Quanto al “nuovo” che si profila all’orizzonte, ovvero una maggioranza schiacciante e un governo a trazione post fascista (la fiamma sul simbolo del partito della Meloni è inequivocabile), va detto che di nuovo ha poco o niente perché Giorgia Meloni e Salvini sono già stati al governo insieme a Berlusconi, a Brunetta e altri campioni del centro destra. E qualcuno di loro (Lupi) anche nei governi guidati da Letta e Renzi (in quota nuovo centro destra). Sono anni che centro destra e centro sinistra governano insieme. E non solo in appoggio a governi tecnici come quelli di Monti e Draghi, ma anche in appoggio a governi politici. Alla faccia del perentorio o noi o loro…
m.l.
Nella foto (Ansa): Berlusconi, Meloni e Salvini
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