L’UCRAINA ELIMINA GLI “AZOV” PRIGIONIERI DEI RUSSI. BOMBARDATO IL CARCERE DOVE ERANO DETENUTI: 50 MORTI

sabato 30th, luglio 2022 / 17:17
L’UCRAINA ELIMINA GLI “AZOV” PRIGIONIERI DEI RUSSI. BOMBARDATO IL CARCERE DOVE ERANO DETENUTI: 50 MORTI
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Se uno dice la parola “estrazione” la prima cosa che viene in mente è il dentista. Poi il petrolio o i minerali di qualche miniera.
Invece quando in primavera il Battaglione Azov era asserragliato nei sotterranei bunker dell’acciaieria Azovstal a Mariupol, assediata dai russi, “estrazione” era la parola usata dai comandi e dal governo Ucraino, per dire che quelli dell’Azov li avrebbero tirati fuori. “Estrazione” è ciò che chiedevano a gran voce, con cartelli e comparsate in Tv, le mogli dei soldati preoccupate per la loro sorte… Che poi insieme ai soldati e volontari del Battaglione Azov, nel bunker di Azovstal ci fossero anche centinaia di civili usati come scudi umani è un dettaglio. Non ininfluente e non secondario, ma un dettaglio, Un’altra parte della storia. Chiedevano “l’estrazione” e qualcuno a Kiev la prometteva e la millantava. Poi la realtà è andata diversamente: i militari Azov arresi e prigionieri, gli scudi umani liberi. La mobilitazione in mondovisione delle mogli dei soldati asserragliati per 86 giorni nei sotterranei dell’acciaieria assediata è stata un  fatto mediatico dirompente, perché spostava il sentimento comune verso quei poveretti bloccati lì sotto, con l’esaltazione dell’aspetto umano, dell’amore di copia in una situazione drammatica. Da operazione di guerra vera a soap opera che ha cancellato i simboli nazisti e le svastiche impresse sulle divise del battaglione Azov o li ha fatti passare in secondo e terzo piano.
Poi quando, dopo la resa, gli ucronazi del battaglione hanno cominciato ad uscire a mani alzate dall’acciaieria, quei simboli sono riaffiorati, “abbiamo visto tutti un concentrato di tatuaggi fatto di croci uncinate, svastiche con varianti, sole nero delle SS, effigi di Hitler e del nazista ucraino Stepan Bandera su braccia e petti nudi… Dopo di che i prigionieri Azov sono stati internati: i feriti in ospedali militari e i sani, in buona parte nel centro di detenzione di Evanovka nella Repubblica del Donetsk riconquistata dai Russi.
Sono cominciati gli interrogatori  e i processi. Chi meglio degli Azov sa cosa è successo a Mariupol, con i civili, con gli scudi umani, con i morti freddati alle spalle mente cercavano di scappare? Per i russi i militari del battaglione Azov valgono molto più da vivi che da morti, perché possono fornire informazioni importanti.  Il contrario per Zelensky and friends, per coloro che ne promettevano l’estrazione da Azovstal” scrive in un post su Fb il nostro collaboratore e amico Alessandro Lanzani. E così è.
Ieri notte il campo di Elenovka è stato bombardato: una cinquantina gli Azov prigionieri rimasti uccisi, 75 i feriti, incluse le guardie carcerarie russe, otto per la precisione. Che i russi si mettano a sparare missili su un loro carcere con dentro prigionieri preziosi come fonte di informazione appare quantomeno improbabile. E poco sensato.
Molto più probabile è che – come molti media anche occidentali hanno riportato, compresa l’Ansa – siano state le forze ucraine a bombardare Elenovka. Per quale motivo? Per eliminare testimoni scomodi, soldati che hanno fatto i lavori sporchi e che – adesso che sono in mano al nemico – possono fornire informazioni e dettagli utili ad esso.
A terra, ad Elenovka sono stati trovati spezzoni dei missili Himars forniti dagli americani, notoriamente non in uso ai russi. I russi raccolgono in diretta gli spezzoni davanti alle telecamere, fanno video, ma gli ucraini di Kiev negano. Ma anche nel gioco di tradimenti di cui ogni guerra è piena, l’impressione è che i soldati del battaglione Azov, prigionieri dei russi, siano stati non solo abbandonati al proprio destino, ma siano stati “sacrificati” per non farli parlare. Per non scoperchiare pentole che potrebbero rivelarsi imbarazzanti. L’estrazione che chiedevano le loro mogli è stata eseguita, ma non nel modo che esse speravano. Adesso i corpi dei loro mariti saranno estratti sì, ma dalle macerie e senza vita o mutilati da bombe americane sparate dagli Ucraini…
Siamo consapevoli della sofferenza del popolo ucraino, siamo solidali con esso, ma non abbiamo nessuna simpatia, nemmeno un briciolo, per chi ostenta simboli nazisti come i soldati del battaglione Azov. E che a Chiusi si faccia una mostra fotografica con le foto di uno di loro, senza spiegare bene di chi e cosa si tratta, ci lascia perplessi. Ma questo fatto di Elenovka, con i prigionieri ucraini bombardati dal fuoco amico (e probabilmente non per errore, ma per calcolo) ci smuove dentro un sentimento di pietà e di solidarietà umana anche verso di loro, perché vittime di un tradimento. La voce del verbo tradire non esce mai dal vocabolario. Ci auguriamo – lo abbiamo già scritto – che il soldato “Orest”, autore delle foto che saranno esposte a Chiusi non sia tra le vittime.
Così come non nutriamo alcuna simpatia per gli ucronazi del battaglione Azov non ne abbiamo neanche nei confronti della Russia di Putin che in Ucraina, anche se provocata (lo ha detto il Papa),  ha comunque perpetrato e sta portando avanti una aggressione militare imperialista, non una azione di legittima difesa.
E per questo siamo sempre più convinti che la guerra – ogni guerra – sia una montagna di merda e l’unica cosa da fare non sia mandare ancora e ancora armi all’Ucraina, armi che peraltro non si sa nemmeno dove finiscano (vedi quelle destinate al Bangladesh andate distrutte con l’aereo ucraino precipitato in Grecia), ma sia lavorare per il cessate il fuoco e per l’apertura  di un negoziato vero. Continuare a giocare ai buoni e cattivi, mentre in Ucraina si muore è un gioco cinico, sporco e pericoloso. La politica silente è una fotografia impietosa.
m.l.
Nella foto: La resa degli Azov a Mariupol (foto Sky Tg 24, maggio 2022)
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