CHIUSI, TUTTA COLPA DI ORAZIO COCLITE E MUZIO SCEVOLA… ALTRIMENTI SAI CHE STORIA!

martedì 01st, febbraio 2022 / 11:47
CHIUSI, TUTTA COLPA DI ORAZIO COCLITE E MUZIO SCEVOLA… ALTRIMENTI SAI CHE STORIA!
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CHIUSI – Un amico romano, lettore di primapagina, ha inviato in redazione questa foto. Si tratta di un fregio che si trova sopra l’architrave di una cabina elettrica, in via Sallustiana, nella Capitale. Scrive che quel fregio sopra l’architrave ha a che fare con Chiusi.

Ingrandendo la foto, si vede che il fregio rappresenta una mano destra aperta avvolta dalle fiamme. L’amico lettore spiega anche perché quel frammento che non è antico ha a che fare con Chiusi. Proprio lì, dove sorge quel palazzo e quella cabina elettrica, si sarebbero accampati gli Etruschi di Chiusi, comandati dal Lucumone Porsenna nel portare l’assedio a Roma nel 508 a.C. E lì in quel campo militare il giovane aristocratico romano, ma di origini e lingua etrusca Gaio Muzio Cordo tentò di assassinare Porsenna, ma – come spesso capita ai terroristi – sbagliò bersaglio e invece di pugnalare il re di Chiusi, pugnalò il suo scriba. Fu subito preso e di fronte a Porsenna – secondo la leggenda, raccontata dallo storico Tito Livio –  gli confessò l’errore e la volontà di uccidere lui, mettendo poi la mano fallace sul braciere per punirla. Dopo di che da allora fu chiamato Scevola, mancino.

Ecco quel fregio fotografato dal nostro lettore ricorderebbe quel fatto leggendario e il punto preciso, in cui avvenne. Cioè dove si trovava l’paccampameno degli assedianti etruschi chiusini. Appena fuori le mura Serviane.

Sempre secondo la leggenda e i racconti degli storici romani (Tito Livio, Polibio e altri) pochi giorni prima un altro fatto eroico aveva fermato l’avanzata degli Etruschi di Chiusi verso la conquista di Roma. La strenua difesa di Orazio Coclite, che da solo  cercò di fermare gli Etruschi mentre i suoi compagni demolivano il Ponte Sublicio per non consentire che gli assedianti oltrepassassero il Tevere…  Due fatti, probabilmente leggendari che però – secondo molti storici successivi – i romani tramandarono per rendere meno amara la verità e cioè che nel 508 a.C. gli Etruschi di Chiusi e Porsenna ebbero la meglio lo stesso. Anche se il Lucumone chiusino preferì scendere a patti e trattare con Roma, piuttosto che rimetterla nelle mani dell’ultimo re etrusco Tarquinio, di cui non si fidava. Le condizioni di pace furono particolarmente gravose: Porsenna impose a Roma il disarmo (proibizione del ferro, tranne che per i bisogni dell’agricoltura) e la restituzione di tutti i territori che erano stati etruschi. Questo narrano le fonti storiche.

Ma con la scelta di non mettere Roma a ferro e fuoco e conquistarla con le armi, gli Etruschi assedianti invece che etruschizzare Roma, avviarono la romanizzazione dell’Etruria. Roma anche nell’umiliazione della sconfitta, rimaneva una città bene organizzata dal punto di vista urbanistico e amministrativo, con una popolazione cosmopolita e piena di risorse, una classe di tecnici di prima qualità, un esercito sperimentato, una religione e una lingua ormai codificate, una diplomazia che aveva fatto il suo tirocinio formando e rompendo alleanze un po’ con tutti i popoli vicini, e che sarebbe stata la prima artefice della rinascita. E prese il sopravvento, inglobando e assorbendo gli etruschi.

Gli storici romani tendono ad accreditare anche la versione che Porsenna fu impressionato dal coraggio e dalla abnegazione di Orazio Coclite e Muzio Scevola e pensando che molti altri avrebbero potuto seguire il loro esempio, decise di evitare lo scontro campale e di perseguire altre strade… La storia poi sappiamo come è andata. Roma divenne caput mundi. Chiusi è rimasta Chiusi. E nonostante i fasti e addirittura il tentativo riuscito in qualche modo di assediare e sottomettere Roma 500 anni prima di Cristo, è andata progressivamente in calando…

Ai tempi di Dante 1.700 anni dopo Porsenna, era già ampiamente decaduta, tanto che il Poeta la cita, insieme a Luni, Urbisaglia e Senigallia come una delle città esempio della decadenza e del fatto che “le cittadi termine hanno” (Divina Commedia, Canto XVI del Paradiso). Da allora non si è più rialzata, se non non per un centinaio d’anni e poco più, tra l’Unità d’Italia e la costruzione della Ferrovia intorno al 1860 e gli anni ’80 del ‘900. In quel lasso di tempo, nonostante due guerre mondiali e la crisi del ’29 che ebbero effetti devastanti, Chiusi era riuscita a ritagliarsi un ruolo rilevante come centro di commerci e di trasporti, anche piuttosto innovativo. Oggi, complici anche i cambiamenti epocali legati alla rivoluzione tecnologica, e la fine di certe rendite di posizione (si pensi alla crisi di Chianciano e del turismo termale), la città stenta a ritrovare una sua identità, un suo ruolo specifico nel territorio. E questo anche perché adesso Chiusi vola basso. Sembra non avere ambizioni. Non avere più fantasia e velleità. Sembra una città che si è assuefatta alla dimensione di paesotto, peraltro sempre più dormitorio. La pandemia in questi ultimi due anni non ha aiutato, certamente, ma rischia anche quella di diventare un alibi per fare poco o niente invece che un’occasione per aguzzare l’ingegno. E anche l’immagine, in qualche modo, ha il suo peso.

A Roma, che è stata Caput Mundi, ci sono statue e “fregi” che ricordano gli atti eroici di Orazio Coclite e Muzio Scevola, due eroi che salvarono la città eterna dall’assedio dei chiusini (fa ridere, ma è così). A Chiusi non c’è nemmeno una statua che ricordi Porsenna.

Tre anni fa, esattamente il 16 gennaio 2019, l’allora sindaco Bettollini pubblicò un post sul suo profilo facebook con una foto che lo ritraeva accanto alla figura di un antico guerriero in bronzo, con scudo e lancia. Nel post, che riprendemmo anche su primapagina, spiegava che si trattava di un’opera dello scultore Giampaolo Talani, scomparso da non molto, raffigurante proprio Porsenna. E Bettollini faceva sapere che aveva parlato con gli eredi dell’artista circa la possibilità di realizzare la stessa opera con dimensioni maggiori e ubicarla in una rotatoria all’ingresso di Chiusi, in modo che chiunque arrivasse o si trovasse a passare per Chiusi sapesse immediatamente che Chiusi è la città di Porsenna, il lucumone che giunse a sfidare e a sottomettere Roma. Poi, certo, ci si misero di mezzo quei due, Orazio Coclite e Muzio Scevola, e la storia prese un’altra piega… Sarà il caso di riprendere quell’idea rimasta nel cassetto? Almeno si colma una lacuna.

m.l.

 

 

 

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