LO SCIOPERO GENERALE SILENZIATO DAI MEDIA E L’IMPORTANZA DEL “CONFLITTO SOCIALE”

venerdì 17th, dicembre 2021 / 17:03
LO SCIOPERO GENERALE SILENZIATO DAI MEDIA E L’IMPORTANZA DEL “CONFLITTO SOCIALE”
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Quasi come se non ci fosse stato. Lo sciopero generale di ieri, 16 dicembre, indetto da Cgil e Uil, ha registrato una adesione molto alta, ma una audience bassa. I grandi giornali e i più importanti Tg e talk show hanno fatto a gara a chi ne parlava di meno. Come se fosse una notizia da terza fascia…  Molti hanno dato più risalto alla notizia che il Financial Times ha indicato l’Italia come un modello sia per come ha gestito la pandemia che a ripresa… Ma le migliaia di persone in piazza a Roma e in molte altre piazze d’Italia sono state oscurate dai media mainstream. Il che vuol dire probabilmente che lo sciopero ha colto nel segno ed è riuscito. E’ vero che degli scioperi generali indetti dai sindacati si erano perse le tracce e la memoria, che non c’era più abitudine a parlarne. E’ vero che i sindacati – compresi Cgil e Uil – non sono senza peccato, che si sono assuefatti anche loro ad un andazzo che ha penalizzato i lavoratori e soprattutto i lavoratori di fascia bassa e precari. E’ vero che i sindacati si sono piegati ad una logica di tutela di certe categorie e molto meno di altre. Che i sindacati si sono dimostrati spesso sordi e distratti rispetto ai problemi dei precari a partita iva, dei lavoratori con contratti a termine e di quelli con contratti capestro che sono contratti da schiavi… Ma quando scendono in piazza migliaia e migliaia di persone è comunque un fatto rilevante. Fare finta di niente è non solo irrispettoso, è anche segno di cattiva coscienza. “La mobilitazione dei lavoratori, sebbene parziale e disunita e lacerata da questi tempi malandati, è sempre la cosa più sana che possa succedere a una democrazia” ha scritto sul suo profilo facebook Alessio Biancucci. Ha perfettamente ragione. Le piazze piene di gente, con le bandiere rosse, sono un fatto ineludibile. E sono al di là di tutto – anche dei dubbi sulla validità dello sciopero generale – una bella e luminosa notizia. La stampa, le Tv che non ne hanno dato riscontro in maniera consona sono in mala fede. E sono – evidentemente – al soldo di chi ha in mano il timone della barca. E che non vuole essere disturbato nelle manovre. In Italia c’è un governo con una maggioranza senza precedenti, e intorno a tale governo e al suo premier si è creata una sorta di cortina di ferro. Tutti con Draghi, Draghi per tutti. Tanto che si discute (nei media mainstream) sulla possibilità che lo stesso Draghi possa continuare a fare il presidente del consiglio e magari anche il Presidente della Repubblica, dato che Mattarella è in scadenza. Ma al di là del giudizio dell’operato del Governo Draghi, il silenzio stampa sullo sciopero di ieri, ci racconta un’altra cosa: ci racconta che in Italia si è smarrito il senso e la ragione del conflitto sociale.  Si è persa l’abitudine al conflitto, che è sale, pane e companatico della democrazia. Ed è il contrario del pensiero unico, dell’assuefazione al pensiero e alle direttive del più forte. Questo è il dramma attuale dell’Italia. Ma non è solo un problema nazionale. L’assenza e la disabitudine al “conflitto” (anche solo dialettico) è un tratto distintivo della politica anche a livello locale. Opposizioni praticamente scomparse, assessori regionali che snobbano e disertano incontri con i sindaci, assessori comunali che non si sa che voce abbiano e rifuggono qualsiasi confronto, giornali e siti web che pubblicano solo veline e comunicati stampa…

Lo sciopero di ieri ha dato una “sveglia”, ha fatto capire che la gente ha voglia di tornare a dire la propria, ma il rischio è che resti una iniziativa isolata, che tra qualche settimana nessuno se ne ricorderà più. Invece il conflitto sociale esiste. C’è chi sta bene e chi sta male, chi sbarca il lunario con facilità e chi invece, pur lavorando, fa fatica anche a pagare le bollette. Poi ci sono quelli che non lavorano, che lavorano poco o saltuariamente, quelli che vivono con pensioni da 600 euro, quelli che dormono nelle stazioni o nei centri accoglienza della Caritas…  Ma ci sono anche quelli che evadono le tasse per milioni di euro, quelli che la fattura non te la fanno nemmeno se li preghi in ginocchio, quelli che vanno in giro con il Suv ultimo modello ma denunciano meno dei loro dipendenti. Il “conflitto sociale” è riconoscere e combattere i privilegi e riconoscere e combattere i soprusi, le disuguaglianze, le diversità di trattamento. Senza giustizia sociale anche la democrazia diventa fasulla. E questo a qualunque latitudine. In Brasile o negli Usa, in Francia o in Germania, ma anche a Chiusi, Città della Pieve o Sarteano.

Il “conflitto” è un fattore di crescita democratica e civile. E politica. Con il “volemose bene” (o se vogliamo: non facciamoci del male) si va poco lontano e i problemi difficilmente si risolvono.

m.l.

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