PD-M5S: DA ALLEANZA STRATEGICA A… DISTANZA STRATEGICA. A CHIUSI SONNINI GIA’ IN AMBASCE PER FARE LA NUOVA GIUNTA. NASCERA’ UN “DIRETTORIO”?

mercoledì 20th, ottobre 2021 / 16:43
PD-M5S: DA ALLEANZA STRATEGICA A… DISTANZA STRATEGICA. A CHIUSI SONNINI GIA’ IN AMBASCE PER FARE LA NUOVA GIUNTA. NASCERA’  UN “DIRETTORIO”?
0 Flares 0 Flares ×

“Adesso non bisogna fare i gradassi, guai a trasferire il giudizio amministrativo sul voto politico nel Paese però c’è una vitalità del centrosinistra che quando si presenta unito, largo e civico può battere chiunque. Adesso abbiamo tutto il tempo da una parte per far ripartire l’Italia sostenendo Draghi e dall’altra per costruire un nuovo centrosinistra che la prossima volta avrà tutte le carte in regola per battere questa destra che sembrava imbattibile”. Così ha commentato il voto nei ballottaggi di domenica e lunedì scorso Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia Romagna. Che non nasconde la soddisfazione per la vittoria del centro sinistra, ma invita a non farsi prendere dai facili trionfalismi. Perché c’è poco da “fare i gradassi” anche in casa Pd nonostante il partito di Letta sia tornato alla guida di molte grandi città che aveva perso.

L’ESITO DEI BALLOTTAGGI  

Con le eccezioni di Trieste e Benevento, il centrosinistra ha vinto infatti il secondo turno in 8 dei 10 capoluoghi al voto. Se allarghiamo il bilancio a tutti i 119 comuni con più di 15.000 abitanti che hanno votato il 3-4 ottobre (con 62 di essi andati poi al ballottaggio), all’indomani del voto la maggior parte di essi avrà un sindaco che sarà espressione del centrosinistra (42) o della coalizione tra centrosinistra e Movimento 5 Stelle (16).  Dei 103 comuni in cui PD e M5S si sono presentati divisi 42 sono stati vinti dal PD, 6 dal M5S, e 55 sono andati agli avversari; nei 27 comuni in cui M5S e PD si sono presentati in coalizione 16 volte hanno vinto e 11 hanno perso. Numeri alla mano divisi i due partiti vincono nel 46% dei casi, il PD in coalizione senza M5S nel 40%, i 5S nel 6% dei casi. Coalizzati vincono nel 60% dei casi. Che è poco più della metà.

PD-M5S: ALLEANZA STRATEGICA O… DISTANZA STRATEGICA?

L’alleanza strategica che nelle intenzioni dovrebbe consentire al centro sinistra allargato di vincere anche le Politiche del 2023, non solo le amministrative, e cioè l’asse Pd-M5S ha funzionato solo a metà. E’ vero che alle politiche i 5 Stelle di solito vanno molto meglio che alle amministrative, ma il vento che tira tra i grillini non è un buon vento. Il Movimento si è praticamente dissolto e mantiene pochissimi comuni. Il voto nelle maggiori città è emblematico: a Milano Sala ha vinto addirittura al primo turno, senza bisogno dei 5 Stelle. A Roma Virgina Raggi non è andata neanche al ballottaggio, poi vinto da Gualtieri (Pd) che un po’ di voti dai 5 Stelle probabilmente al ballottaggio li ha presi, ma senza fare alleanze strutturali. A Torino ha vinto Stefano Lo Russo che era il capogruppo uscente del Pd e per 5 anni è stato il principale oppositore della giunta Appendino. Quindi l’elettorato torinese ha premiato non l’alleanza strategica, ma, al contrario, la distanza strategica dai 5 Stelle.

VOTO DELLE GRANDI CITTA’ IN LINEA CON QUELLO DI CHIUSI

Chiusi ha votato solo il 3-4 ottobre, senza ballottaggio, e certamente non è Roma, né Torino, né Milano. Ma anche nella città di Porsenna le avvisaglie che l’alleanza Pd-M5S non fosse graditissima alla base elettorale delle due formazioni, si sono palesate chiaramente. Il M5S per la prima volta alleato del Pd in una larga coalizione comprendente anche Psi e altre formazioni di sinistra, ha apportato uno scarso contributo alla vittoria di Gianluca Sonnini e in termini di preferenze ha fatto una pessima figura: l’ex capogruppo Bruna Cippitelli ha totalizzato solo 27 voti personali. Un decimo dei voti ottenuti dal Movimento alle regionali del 2020. Un nulla che disegna un Movimento dissolto come neve al sole e ormai inesistente. L’analisi del voto seggio per seggio, con raffronto con le elezioni precedenti dal 2016 al 2020, pur non avendo la certezza matematica, lascia intendere che l’elettorato 5 Stelle si sia diviso tra non voto e voto alla lista Chiusi Futura di Massimo Tiezzi, nella quale molti degli stessi candidati (almeno 6 su 12) avevano votato 5 Stelle alle Politiche… A Chiusi se il Movimento con i suoi vertici sta con il Pd, la base grillina sta altrove. Ma a giudicare dalle Suppletive, anche la base Pd dà segnali di forte disagio e disaffezione (i 1.000 voti che sono mancati a Letta, qualcuno prima o poi li dovrà spiegare).

IL CASTELLO CARDAIOLI

Insomma l’esito del voto amministrativo chiusino che poteva apparire determinato da dinamiche e problematiche tutte locali, si è rivelato in linea con quanto avvenuto in altre realtà, anche molto diverse, per dimensioni e caratteristiche, vedi le grandi città. Ma se a Roma, a Milano  a Torino il Pd ha scelto di tenersi alla larga dai 5 Stelle e i 5 Stelle dal Pd, a Chiusi (nel suo piccolo) è stato il voto a far saltare sul nascere il nuovo asse voluto dalle segreterie. Asse che poi era uno dei pilastri del “castello” strategico costruito e sbandierato sia dalla segretaria del Pd Cardaioli, sia da alcune forze alleate come i Podemos.

ADESSO VIA AI RIPESCAGGI?

E ora per recuperare un rapporto messo fortemente in discussione dagli elettori, lo stesso neo sindaco Sonnini dovrà fare i salti mortali carpiati con avvitamento multiplo e qualche supercazzola… Perché portare per esempio in giunta un esponente dei 5 Stelle (in primis l’ex capogruppo Cippitelli, bocciata dalle urne) non sarà cosa facile da spiegare, senza far incazzare il proprio elettorato, ma anche gli altri comparenti della coalizione, che a quel punto potrebbero giustamente e legittimamente rivendicare anche loro (tutti) una propria rappresentanza nell’esecutivo. Ma i partiti della coalizione sono 5 e i posti da assessore solo 4. La situazione è ingarbugliata.

SONNINI E LA GIUNTA CHE NON C’E’

Tant’è che a 5 giorni dalla scadenza del termine per la presentazione della giunta in Consiglio Comunale, Sonnini non ha ancora deciso a chi assegnare le deleghe. L’alleanza è talmente “solida e coesa” (parole di Sonnini e Cardaioli che l’hanno definita un modello da esportare a livello regionale e nazionale) che ancora non riesce a partorire la squadra di governo della città. Contrariamente a quanto fece Bettollini che nel 2016 nominò solo 3 assessori (tutti a tempo pieno, come lui, facendo risparmiare al Comune circa 20 mila euro l’anno, per 5 anni), Sonnini sembra intenzionato a tornare ai 4 previsti dalla legge. Di sicuro un posto in giunta lo otterranno i Podemos, rimasti la seconda gamba della coalizione. Potrebbe toccare a Daria Lottarini. Per il resto nulla trapela. Sembra lontana e improbabile la possibilità che Sonnini “richiami” in servizio Chiara Lanari o Andrea Micheletti. I due nomi sono circolati (uno dei due, se mai, non entrambi) per avere una sorta di continuità operativa con il passato, ma sia Lanari che Micheletti sono stati assessori con Scaramelli e con Bettollini e sia Possiamo che una parte del Pd sono per la rottura totale con la precedente gestione. Hanno insomma alzato il muro, come a pallavolo. I due candidati più votati Mattia Bischeri e Valentina Frullini sembra abbiano declinato l’invito ad entrare nell’esecutivo per motivi di lavoro.  Ma il pressing continua. Tra i “papabili” anche Maura Talozzi, anche lei appena eletta in consiglio. Si è sentito ventilare inoltre il nome di Marco Nasorri, leader provinciale di Sinistra Civica ed Ecologista, ma è dipendente comunale. Dovrebbe dimettersi o prendere l’aspettativa. Gli conviene?  M5S e Psi sono rimasti fuori dal consiglio, il ripescaggio appare difficile. Qualcuno ha fatto il nome del segretario del Psi Massimiliano Minotti, ma anche lui ha un problemino: è consigliere comunale a Ficulle (opposizione) quindi incompatibile, salvo dimissioni nel paese ternano.

GIUNTA O “DIRETTORIO”?

Si parla con una certa insistenza di Claudio Del Re, che preferirebbe però fare il capogruppo e anche della segretaria Pd Simona Cardaioli, che tornerebbe in giunta dopo averne fatto parte ai tempi di Ceccobao. E sarebbe però anche una presenza piuttosto ingombrante. Tale da far sembrare la nuova giunta una sorta di “direttorio”, un polit buro di tipo sovietico,  con il segretario del partito messo a fianco del sindaco, come in marcatura a uomo… Sonnini non è nato ieri e nemmeno sotto un cavolo. Ha fatto il vicesindaco con Scaramelli, in questa fase può essere un po’ ingolfato,  deve riprendere il ritmo partita, come si suol dire. Il ritardo può essere dovuto anche a questo. Se fosse dovuto alle beghe di coalizione e alla difficoltà di trovare la quadra su 4 poltrone, sarebbe una partenza con  il freno a mano tirato e triste assai, anche per lui. E sarebbe pure una doccia gelata per tutti quelli che hanno salutato la vittoria del nuovo centro sinistra “largo e unito” come un segnale di novità.

Magari sono tutte voci di corridoio incontrollate. E magari il nuovo sindaco di Chiusi sorprenderà tutti con nomine di grande spessore o comunque di “innovazione”. Ma il fatto è che ad oggi, 20 ottobre, né Sonnini, né il Pd, né le forze alleate hanno detto una parola sulla squadra di governo. Dall’insediamento di Gianluca Sonnini sono passati 15 giorni. Il silenzio è d’oro, dice il proverbio. Ma mica sempre. A volte sarebbe più utile parlare. In questo caso “zitti e mosca” suona male… sa di salsa brezneviana.

m.l. 

0 Flares Twitter 0 Facebook 0 Google+ 0 Email -- LinkedIn 0 Pin It Share 0 0 Flares ×
Mail YouTube