RAID AEREO ROMA-TOKIO, CENTO ANNI FA L’IMPRESA DEL MOTORISTA PIEVESE GINO CAPPANNINI. GIUSTO CELEBRARE LE GESTA DI UN FASCISTA?

lunedì 01st, giugno 2020 / 18:19
RAID AEREO ROMA-TOKIO, CENTO ANNI FA L’IMPRESA DEL MOTORISTA PIEVESE GINO CAPPANNINI. GIUSTO CELEBRARE LE GESTA DI UN FASCISTA?
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CITTA’ DELLA PIEVE – C’è un tratto della circonvallazione del centro storico pievese dedicato a Gino Cappannini. E proprio ieri, 31 maggio 2020 ricorreva il centenario di un’impresa memorabile compiuta dal suddetto Cappannini. Non un’impresa qualsiasi, ma una delle primissime transvolate oceaniche della storia dell’aeronautica mondiale: il Raid Roma-Tokio. Con partenza da Centocelle il 14 febbraio e arrivo nella capitale nipponica il 31 maggio del 1920. Sette anni prima della famosa transvolata atlantica in solitaria e senza scalo di Charles Lindbergh. Anche quella fatta in maggio. 
L’dea del Raid Roma-Tokio venne a Gabriele D’Annunzio e al poeta giapponese Shimoi che si era arruolato negli “arditi” dell’esercito italiano durante la Grande Guerra. Degli 11 velivoli partiti da Roma solo uno raggiunse Tokio. Quello del pilota Arturo Ferrarin con il motorista Gino Cappannini. Pievese.
Un altro equipaggio, quello del pilota Guido Masiero e del motorista Roberto Maretto, giunse nella capitale del Sol Levante, ma affrontò la tratta tra Delhi e Calcutta in treno e il tragitto Canton-Shanghai in nave. Uno degli 11 velivoli precipitò e i due componenti l’equipaggio morirono. Il Raid, per un totale di 16 mila chilometri, fu compiuto in 112 ore effettive di volo.
Per quell’epoca, ancora agli albori dell’aeronautica, un’impresa che fu salutata come un enorme passo in avanti verso il progresso. Erano del resto gli anni del futurismo in un mondo che era appena uscito dalla guerra mondiale e dell’epidemia della “spagnola” che fece più morti del conflitto.
A Tokio Ferrarin, Cappannini, ma anche Masiero e Moretto furono salutati con tutti gli onori e festeggiamenti che durarono oltre un mese. Gli aviatori italiani furono ricevuti anche dal principe imperiale Hiro Hito che poi diventerà Imperatore del Giappone.
Nel 1920 il Fascismo non era ancora nato. Si era in pieno “Biennio rosso”. Lotte, scioperi, durissimo scontro sociale. E’più tardi, tra la fine degli anni ’20 e i primi anni ’30, molto dopo quell’impresa memorabile (quella non fu un’impresa del regime)  che Gino Cappannini, diventò  il motorista di fiducia di Italo Balbo.
E con il “quadriumviro” del Fascismo partecipò ad altre transvolate leggendarie come la Crociera Italia-Brasile del 1931 e la Crociera nord Atlantica del decennale della regia Aeronautica da Orbetello a Chicago nel 1933. 
Gino Cappannini e Italo Balbo morirono insieme, nell’estate del ’40. Vittime, pare, del “fuoco amico” della contraerea italiana. Il 28 giugno 1940, appena dopo l’entrata in guerra dell’Italia, a Tobruk in Libia., l’aereo pilotato da Italo Balbo, con Cappannini motorista venne abbattuto dalle mitragliatrici italiane che non avevano riconosciuto il velivolo, scambiandolo per aereo nemico.  Oltre a Balbo e Cappannini perirono nell’occasione altri 7 membri dell’equipaggio:  Ottavio Frailich, Giuseppe Berti, Claudio Brunelli, Cino Florio e Lino Balbo, Enrico Caretti e Nello Quilici (padre di Folco Quilici). A Cappannini, sepolto ad Orbetello insieme a Balbo, è intitolata anche la strada che porta all’aeroporto di Fiumicino a Roma.
L’emergenza coronavirus ha impedito di celebrare a Città della Pieve il centenario dell’impresa del concittadino Gino Cappannini. Ma la figura del motorista avventuroso è stata più volte ricordata anche negli anni passati. Non senza qualche “mugugno”, per il fatto che l’aviatore pievese, dopo la prima impresa del raid Roma-Tokio, fu molto vicino ad uno dei massimi e più discussi esponenti del fascismo dei primordi e si avvicinò e fu organico al regime dalla Marcia su Roma fino alla morte avvenuta, come abbiano detto, nel 1940.
Celebrare le gesta di un fascista a molti pievesi è sempre sembrato sconveniente. E in linea di principio lo è. Ma la storia è storia. E le imprese eroiche restano imprese eroiche. Soprattutto se fatte in tempi civili e per scopi civili.
Va detto poi che Italo Balbo fu anche un gerarca sui generis. Più a destra di altri, ma forse il meno servile e meno allineato dei gerarchi del Duce. Il 29 giugno Mussolini dichiarò: «un bell’alpino, un grande aviatore, un autentico rivoluzionario. Il solo che sarebbe stato capace di uccidermi». Badoglio, che era con lui quando apprese della notizia, disse che il Duce non mostrò «il minimo turbamento».  Galeazzo Ciano annotò sul suo diario che «Balbo non meritava questa fine: era esuberante, irrequieto, amava la vita in ogni sua manifestazione. Non aveva voluto la guerra e l’aveva osteggiata fino all’ultimo. […] Il ricordo di Balbo rimarrà a lungo tra gli italiani, perché era, soprattutto, un italiano con i grandi difetti e le grandi qualità della nostra razza.» .
C’è chi, sottotraccia, ha ipotizzato che Balbo fu sacrificato. Fatto fuori perché non allineato e dunque pericoloso. Un po’ come Camilo Cienfuegos a Cuba dopo la revolucion castrista.
La storia è piena di buchi neri e di circostanze misteriose. Ma anche di eroi o martiri che erano solo dei bravi meccanici.
m.l.
Nella foto: Gino Cappanni (primo a destra, dietro) con Arturo Ferrarin e gli altri aviatoridel raid Roma-Tokio del 1920
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