TRA IL VIRUS E IL MARE: CATERINA CIUFEGNI, GIOVANE MEDICO POLIZIANO A BORDO DELLA ALAN KURDI

mercoledì 15th, aprile 2020 / 11:39
TRA IL VIRUS E IL MARE: CATERINA CIUFEGNI, GIOVANE MEDICO POLIZIANO A BORDO DELLA ALAN KURDI
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ROMA – Dove sono le Ong? si chiedevano polemicamente alcuni “tromboni”  dell’orchestra salviniana mentre scoppiava la pandemia di covid 19 in Lombardia e a Bergamo l’esercito portava via le bare con i camion. E le Ong, da Emergency ad altre erano già lì a Bergamo, a Brescia a Milano, in Piemonte a montare e gestire ospedali da campo e a dare una mano. Come i medici e sanitari cubani, cinesi, russi, venezuelani, norvegesi, somali, albanesi… E altre Ong che non erano e non sono in prima linea nelle zone roventi dell’epidemia di coronavirus sono in mezzo al mare a salvare i migranti che rischiano di  morire affogati.
Nel Mediterraneo, tra la Tunisia e la Sicilia ci sono due navi cariche di migranti,  in attesa di capire dove possono fare la quarantena. Perché sopra a quelle imbarcazioni la missione è duplice, salvare vite in mare ed evitare che esse stesse diventino focolai galleggianti di coronavirus…
Le due navi si chiamano Aita Mari di Salvamento Marìtimo Humanitario e la Alan Kurdi. Quest’ultima è al largo di Trapani. A bordo c’è una italiana, è medico, specializzata a Berlino. E’ una delle volontarie della Ong Sea Eye. Si chiama Caterina Ciufegni, ha 35 anni ed è originaria di Montepulciano stazione. Suo padre Stefano è di Chiusi, ma è stato assessore al comune poliziano negli anni ’90. La madre, morta prematuramente due anni fa, era maestra elementare.
Sulla Alan Kurdi è l’unica italiana su 166 persone: 149 migranti tratti in salvo al largo della Libia e 17 membri dell’equipaggio.
“Dei 149 migranti, più della metà arrivano dal Bangladesh, poi c’è un gruppo di marocchini, qualche ragazzo algerino e alcuni che provengono da Chad, Sudan, Ghana, Siria. A parte disturbi come mal di testa, mal di mare, dolori alla schiena, assai comuni a chi vive l’esperienza della traversata, non hanno sintomi da Covid: nessuno ha febbre, tosse o difficoltà respiratorie, nonostante stiano esposti al vento sul ponte di poppa” dice Caterina Ciufegni che così racconta l’avvenuto salvataggio in mare: “Siamo arrivati in zona Sar (Search and Rescue, ndr) libica domenica scorsa, la mattina dopo ci è arrivata la segnalazione di un gommone in difficoltà. Siamo arrivati contemporaneamente alla milizia libica che ci ha intimato di allontanarci, e per spaventarci ha sparato colpi di fucile in aria. Noi volevamo almeno provare a distribuire i giubbotti salvagente, perché i migranti sul gommone non li avevano. All’improvviso hanno iniziato a tuffarsi in acqua, i libici se ne sono andati e siamo riusciti a salvarli tutti, grazie al fatto che il mare era piatto. In seguito abbiamo fatto un altro salvataggio, meno drammatico”.
Quanto al rischio contagio da Covid 19, e le precauzioni adottate, la giovane volontaria spiega che “la Sea-Eye ha dato ai 17 membri dell’equipaggio delle linee guida da seguire. Avevamo un centinaio di mascherine chirurgiche, i guanti, le tute bianche di protezione. Nell’eventualità di avere casi sospetti, l’indicazione era di isolarli nella cabina più vicina al bagno. Cerchiamo di tenere sotto controllo, per quanto è possibile, i parametri vitali degli ospiti a bordo, misurando la temperatura, la saturazione dell’ossigeno e la pressione sanguigna. Noi dell’equipaggio, non indossiamo mascherine quando siamo tra noi, non sarebbe possibile. La Alan Kurdi è piccola, molti di noi condividono la stessa cabina. Quando siamo con gli ospiti, invece, indossiamo mascherine e guanti. Ieri sera la Guardia costiera italiana ci ha rifornito di dispositivi di protezione individuale, medicinali e cibo”.
Alla domanda di un giornalista sulla consapevolezza del rischio che corrono tutti, sia migranti che equipaggio in relazione alla pandemia, Caterina Ciufegni risponde senza esitazioni:  “Quando siamo saliti su questa barca non l’abbiamo fatto di certo a cuor leggero. Ma, ripeto, di fronte a persone che scappano dalle torture, il Coronavirus passa in secondo piano. Credo che tutti noi abbiamo accettato il rischio. Io di sicuro più degli altri, in quanto medico. Nel team sanitario siamo in due e la mia collega che è un’infermiera svedese e prima di partire lavorava in un reparto di malattie infettive in cui curavano pazienti Covid, ha esperienze in questo campo”.
Sui naufraghi dice: “Questa è gente che scappa dalle prigioni, dalle torture, il virus di certo non li ferma!”
Adesso, davanti al porto di Trapani, la Alan Kurdi che batte bandiera tedesca, sta aspettando l’ok dalla Germania per scendere e cominciare la doverosa quarantena su un’altra nave o in una struttura ad hoc a terra. Così ha deciso la Protezione Civile italiana. Intanto però sono 8 giorni e 8 notti che la nave vaga in attesa di un porto in cui poter attraccare.  La Ong Sea Eye è furibonda: “quello che sta avvenendo in questi giorni nel Mediterraneo è vergognoso ed indegno. La protezione della gente che si sposta vale sempre, specialmente in tempi di crisi”.
Il Governo italiano già due giorni fa aveva annunciato che i 149  non sarebbero sbarcati, ma sarebbero stati trasferiti su una nave dove trascorrere il periodo della quarantena, presumibilmente al largo del porto di Trapani. Ancora, tuttavia, non c’è stato il trasbordo.
Dopo la capitana Karola Rackete un’altra giovane figlia dell’Europa che ha deciso di dare una mano laddove c’è più bisogno. E se il rischio è doppio pazienza. “Se c’è gente che rischia di morire, bisogna cercare di salvarla”. Altro che porti chiusi!
M.L.
Lella foto (La Repubblica): Caterina Ciufegni  a bordo della Alan Kurdi
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