PROGETTO ACEA, ECCO LA VERSIONE DI ACEA: “INNOVAZIONE E RICERCA, ECONOMIA CIRCOLARE E EMISSIONI ZERO. SARA’ IL PRIMO IMPIANTO IN ITALIA E IL PIU’ GRANDE D’EUROPA”

giovedì 07th, novembre 2019 / 12:34
PROGETTO ACEA, ECCO LA VERSIONE DI ACEA: “INNOVAZIONE E RICERCA, ECONOMIA CIRCOLARE E EMISSIONI ZERO. SARA’ IL PRIMO IMPIANTO IN ITALIA E IL PIU’ GRANDE D’EUROPA”
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INTERVISTA AD UNO DEI PROGETTISTI. IL PROGETTO CHIUSI PRESENTATO ALLA FIERA INTERNAZIONALE DELLA GREEN ECONOMY ECOMONDO A RIMINI

CHIUSI – In questi giorni a Rimini è in corso Ecomondo, la fiera di riferimento in Europa per l’ innovazione industriale e tecnologica dell’economia circolare. Una sorta di Stati generali della green economy.  E ad Ecomondo due giorni fa il gruppo Acea ha presentato il progetto che intende realizzare a Chiusi, nell’area dell’ex Centro Carni. E lo ha presentato come un progetto che rientra a pieno titolo, anzi è un passo avanti sul terreno delle soluzioni ecologiche, della green economy e della economia circolare, cose molto care al pensiero ambientalista e progressista in tutto il mondo.

In un comunicato, relativo alla presenza di Acea ad Ecomondo, la Multiutility partecipata dal Comune di Roma  parla dello “sludge mining” ovvero della estrazione dei fanghi e della trasformazione di essi in materie seconde, riutilizzabili. Quindi del progetto Chiusi. E ne parla così:

“Lo Sludge Mining (ovvero estrazione di fanghi) è un progetto di ricerca e sviluppo – finalizzato alla realizzazione a Chiusi in provincia di Siena di un impianto di recupero innovativo – per il quale l’azienda ha previsto un investimento di 7,4 milioni di euro, cofinanziato dal Ministero dello Sviluppo Economico e dalla Regione Toscana per circa 2,3 milioni. Il progetto di ricerca ha l’obiettivo di sviluppare un laboratorio stabile sui prodotti di recupero dai processi di carbonizzazione per la produzione di biopolimeri, biometano e estrazione del fosforo da fanghi, oltre alla realizzazione di una serra idropinica. Oltre ad ACEA Ambiente partecipano al progetto la società Ingelia e le Università di Firenze, Pisa, Siena, Parma e il Politecnico di Milano. Alla base del progetto di ricerca c’è proprio la nuova tecnologia di carbonizzazione idrotermica (HTC) brevettata da Ingelia”.

Il comunicato Acea, entra anche più nel dettaglio di ciò che dovrebbe essere l’impianto che si vuol realizzare a Chiusi:

“ACEA ha già avviato l’iter autorizzativo presso la Regione Toscana per la realizzazione di un impianto di recupero con una capacità di trattamento pari a 80.000 tonnellate annue di fanghi di depurazione nel proprio sito di Chiusi (SI). Sarà il primo impianto in Italia e il più grande d’Europa, quindi molto più grande rispetto a quelli già esistenti in Spagna, Belgio e Inghilterra. Il processo di carbonizzazione idrotermica, che avviene in reattori chiusi, e l’uso di tecnologie innovative garantiranno, inoltre, la totale assenza di odori ed emissioni. L’impianto produrrà circa 8 mila tonnellate annue di biolignite, un combustibile con un ridotto contenuto di zolfo, di origine biologica e rinnovabile, che consente di evitare l’emissione di 16.280 tonnellate annue di CO2 e che permetterebbe di riscaldare in modo sostenibile 4.000 famiglie. Lo stesso impianto produrrà circa 6 mila tonnellate annue di fertilizzante organico, una quantità che consentirebbe di fertilizzare circa 20.000 ettari di terreno, pari a circa 25.000 campi di calcio. Con questo sito e con quello di Monterotondo Marittimo, situato in provincia di Grosseto e abilitato al trattamento di 25.000 tonnellate annue, ACEA tratterà un totale di 105mila tonnellate di fanghi, pari quasi all’intera quantità prodotta dalla Regione Toscana”.

Sulle dimensioni, piuttosto importanti dell’impianto, non vi sono dunque dubbi. Il Comunicato è chiaro: sarà “il primo impianto in Italia e il più grande d’Europa” nel suo genere. Ma ci sono alcuni aspetti meno chiari. E quindi da chiarire. Il primo riguarda il citato cofinanziamento del Ministero e della Regione Toscana per  circa 2,3 milioni di euro. La Regione Toscana che deve dare le autorizzazioni e i pareri e il 12 novembre avvierà l’inchiesta pubblica per mettere a confronto i pro e i contro rispetto al progetto lo sta finanziando? Recita più parti in commedia?

Questa domanda e altre le abbiamo rivolte dunque all’ing. Massimo Aiello, uno dei progettisti di Acea che stanno lavorando  al progetto Chiusi.

Ovvio che anche nel caso di Aiello, così come è stato per i tre esperti intervenuti all’iniziativa pubblica del Comitato Aria il 31 ottobre scorso, si tratta di una “opinione di parte”. Cioè della parte che sostiene la validità del progetto e lo vuole realizzare, in quanto impresa proponente. Diciamo che si tratta della controparte vera del Comitato e di quanti sono contrari all’impianto. Perché la controparte è Acea, non il Comune. Il Comune di fatto è l’arbitro della partita, ha il fischietto in bocca e può dare il fischio d’inizio oppure decidere che la gara non si può giocare, perché le condizioni ambientali, i cori razzisti, o qualche incongruenza nella lista dei giocatori non lo consentono.  Il progetto non è stato ancora realizzato, né autorizzato.

Ecco l’intervista all’ing. Massimo Aiello.

Ingegnere, Acea nel suo comunicato sulla presenza ad Ecomondo parla di un cofinanziamento regionale e ministeriale al progetto di ricerca finalizzato alla realizzazione di un impianto di recupero innovativo a Chiusi… La Regione che deve dare l’ok,cofinanzia il progetto complessivo? 

No, il cofinanziamento del Mise e della Regione Toscana si riferisce esclusivamente al progetto di ricerca, con alcune Università. In sostanza l’impianto che vorremmo realizzare dovrebbe essere affiancato da un laboratorio stabile, in Chiusi, nel quale si fa ricerca scientifica sui prodotti di recupero del processo produttivo in questione  e sul loro riuso: biopolimeri, biometano  fosforo, oltre alla citata serra idroponica. Quindi una cosa è il procedimento di autorizzazione dell’impianto e una cosa sono i progetti di ricerca-sviluppo dove si fa appunto attività di ricerca e innovazione coinvolgendo i centri di ricerca universitari. Dire che è tutto preordinato e già deciso è pretestuoso, tutti parlano dell’importanza della ricerca e qui, invece di plaudere alla ricerca si va a cercare sempre di vedere il male nelle cose…

Veniamo all’impianto di trasformazione fanghi che Acea Ambiente intende realizzare. Anche il comunicato parla di “totale assenza di odori e emissioni” e di “reattori chiusi”. Ma siccome il processo avviene con uso d acqua a 200° ci saranno quantomeno dei vapori, e i vapori di risulta dove finiscono? Poi anche Acea, nelle schede del progetto presentate in regione indica emissioni di anidride solforosa, acido solfidrico, Pm10, e non esclude diossine…

I vapori rimangono tutti all’interno del processo in quanto il ciclo è a tenuta stagna che è il punto di forza della tecnologia. La caldaia che alimenta l’impianto è a gas naturale, metano, è allacciata alla rete ed è equivalente ad una decina di caldaie da condominio… Le emissioni citate sono quelle relative ai mezzi di trasporto… e a questo proposito  le dico che è previsto anche un apposito sistema per evitare la fuoriuscita dei gas di scarico dei mezzi e degli odori dei fanghi nelle fasi operative…

Che tipo di sistema?

I mezzi scaricano all’interno delle due aeree di conferimento e scarico dove il sistema di depressione e successivo trattamento dell’aria consente di trattare sia le emissioni odorose che i gas di scarico del camion…

I camion, appunto… Ecco un altro problema.  L’impianto tratterà 80 mila tonn/anno di fanghi, una piccola parte dei quali derivanti dal depuratore in loco (2.000 della sezione biologica ) quindi circa 78.000 t/anno arriveranno con i camion. Di solito gli scarrabili  per il trasporto fango palabili  portano circa 30 tonnellate. Quindi saranno 2.500 camion  l’’anno. Diviso 300 giorni lavorativi: 8 camion al giorno. Più altrettanti circa per alimentare il depuratore esistente. Totale 15-16 cisterne al giorno. Che calcolando l’andata e il ritorno diventano 30-32. Giusto? Non sono pochi. E potrebbero essere anche di più perché alcuni mezzi possono avere una portata minore…  E’ così? Consideriamo che la strada provinciale di Fondovalle, nel tratto su cui insisterebbe l’impianto, registra già oggi un transito di circa 300 veicoli ogni ora.

Da quando sopra detto mi pare di capire che in un giorno lavorativo passa lo stesso numero di veicoli di quanti ne passerebbero per per alimentare l’impianto in un anno  (300 mezzi l’ora x 8 ore = 2.400).

L’impianto prevede anche una fase di pellettizzazione della biolignite. Quella fase produce emissioni?

La pellettezzatrice riduce l’umidità della biolignite per cui le emissioni sono vapore acqueo.

Scusi ingegnere, ma questa biolignitie(o byochar) e la frazione liquida che usciranno dal processo di trasformazione dei fanghi sono considerabili “non più rifiuti”?

Sì. A questo proposito è uscita una legge da pochissimi giorni, la n.128 del 2 novembre che modifica la normativa precedente… 

Acea ha acquistato e rilevato oltre l’area ex Centro carni, anche il depuratore esistente di Bioecologia, che a quanto afferma l’Amministrazione Comunale sarà demolito e poi ricostruito più efficiente e ammodernato… Ma continuerà a trattare ciò che tratta adesso, cioè acque reflue fognarie (comprese quelle di una parte di Chiusi Scalo); liquami industriali e percolato di discarica. L’autorizzazione scade nel 2021 e il comune dice che poi autorizzerà solo trattamento di materiale di matrice biologica. Quindi verranno eliminati i rifiuti pericolosi. E’ così? 

Nella fase di rinnovo dell’autorizzazione dell’impianto di Bioecologia saranno valutate tutte le migliori tecnologie al fine di ammodernare l’impiantistica anche in relazione a possibili sinergie tra i due impianti limitrofi per il trattamento dei fanghi biologici di Bioecologia. Precisiamo che l’impianto di Bioecologia non tratta rifiuti pericolosi ma solo rifiuti liquidi non pericolosi e prevalentemente a base organica come i pozzi neri, acque reflue urbane e percolati delle discariche di area, in ogni caso con l’amministrazione e con il sindaco in primis saranno congiuntamente presentate e valutate le migliorie impiantistiche al fine di garantire le perfomance e il rispetto dei limiti di autorizzazione per ottenere un maggiore grado di sicurezza che ribadiamo già ad oggi è assicurato.

Ingegnere, il Comune ha fissato dei “paletti” circa la tipologia di impianti autorizzabili, l’assenza di rischi per la salute e l’ambiente e chiesto (o imposto) interventi collaterali senza i quali, dice, non darà l’ok… Nel comune di Chiusi, in base alla delibera n.74 del 28.12.2018 “non si possono costruire inceneritori di rifiuti, carbonizzatori, termovalorizzatori, discariche di rifiuti, nuove aziende insalubri che abbiano emissioni nocive, ad eccezione delle attività per le quali venga dimostrato riguardo ai processi produttivi, di utilizzare le migliori tecnologie possibile per abbattere emissioni, finanche alla loro eliminazione”

Sì, è vero. Infatti noi stiamo cercando tutte le soluzioni migliori, anche oltre quello che è previsto dalle norme, per evitare qualsiasi criticità e qualsiasi dubbio…

L’intervista finisce qui. Questa è “la versione di Acea“. Come la versione di chi è contrario,  anche questa non è vangelo né va presa per oro colato. E’ semplicemente la versione di chi propone la realizzazione dell’impianto. E’ comunque, riteniamo, un contributo alla discussione sul tema.

Il problema del depuratore attuale esistente resta in piedi. Dopo il 2021 la situazione potrebbe migliorare con la nuova autorizzazione, più limitata, ma per il momento il depuratore è lì e qualche criticità la presenta, anche se “la sicurezza è già oggi assicurata” come dice l’ing Aiello.  Anche quello del traffico è un problema: 30 camion al giorno non sono uno scherzo, sia per l’inquinamento che per la sicurezza e la manutenzione stradale,  ma alla Vetreria Piegarese ne arrivano parecchi di più, per dire. Il Comune dice che potrebbe autorizzare l’uso solo di mezzi alimentati con energie alternative… Vedremo.

Detto questo è evidente che l’impianto proposto da Acea non sia un inceneritore (perché non vi si brucia niente), ma non sia nemmeno una stufetta a gas… E’ una cosa grossa e rilevante. Anche come investimento. Ed è una cosa sì innovativa, ma sperimentale. In Italia sarebbe il primo. Chiaro quindi che il parere degli esperti, ma soprattutto degli enti preposti a fornire quelli decisivi, e delle università diventa fondamentale. Il fatto che il progetto sia stato presentato ad Ecomondo comunque è un indizio non negativo..

Le cose che qui dice l’ing. Aiello saranno oggetto di confronto, con le tesi contrarie, nel corso dell’Inchiesta pubblica regionale che comincia, come già detto il 12 novembre, alle 15,30 presso la sala San Francesco a Chiusi Città. La prima seduta sarà di insediamento e nomina dei tecnici di parte… Il primo confronto vero avverrà il 19. L’orario sarà stabilito nella prima seduta. Chiunque può partecipare, ma per partecipare è necessario inviare una mail a protocollo.chiusi@legalmail.it o un fax al n. 0578 227864. L’inchiesta pubblica è promossa e gestita dalla Regione Toscana, non dal Comune, che sarà uno degli “attori” e verrà ascoltato, così come verranno ascoltati i tecnici di Acea e quelli dei Comitati e delle associazioni che avranno chiesto di intervenire e di essere ascoltati.

Alla fine si tireranno le somme e sarà più chiaro se il “progetto Acea” sarà solo l’ennesima industria insalubre che renderà l’aria meno respirabile e il cielo sopra Chiusi meno sereno, oppure sarà un passo avanti sul terreno della sostenibilità ambientale, della green economy e anche nella soluzione di problemi reali e stringenti, come quello del trattamento e smaltimento dei fanghi dei depuratori, compreso quello di Chiusi. Che non si possono tenere nel frigorifero di casa o spargere nei campi…

m.l.

Nella foto: l’ex centro carni di Chiusi, che dovrebbe essere demolito, per far posto all’impianto Acea.

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