ACEA: LA REGIONE VERSO LA BOCCIATURA DEL PROGETTO. ANCHE ARPAT E COMUNE NON HANNO FATTO SCONTI. LO DICONO GLI ATTI (AL DI LA’ DELLE POLEMICHE)

ACEA: LA REGIONE VERSO LA BOCCIATURA DEL PROGETTO. ANCHE ARPAT E COMUNE NON HANNO FATTO SCONTI. LO DICONO GLI ATTI (AL DI LA’ DELLE POLEMICHE)
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INTANTO ACEA SI GUARDA INTORNO: ACQUISTERA’ IL FUNGHIFICIO DI CASTIGLIONE DEL LAGO, DOVE DOVEVA SORGERE UN IMPIANTO DI COMPOSTAGGIO?

CHIUSI –  Domani, sabato 30 novembre a Chiusi si terrà la seconda audizione dell’Inchiesta Pubblica regionale sul progetto Acea. In tutti gli articoli di questi ultimi giorni su questa vicenda abbiamo fatto riferimento alle”osservazioni e prescrizioni” degli enti preposti ai pareri di merito. Ovvero alle osservazioni tutte molto “problematiche” lette sabato scorso dal presidente Franchi e che, per ammissione dello stesso sindaco Bettollini, hanno inciso fortemente sulla sua “presa d’atto”, quindi sul ventilato “stop” da parte del Comune di Chiusi.

Forse Bettollini si è sentito confortato dalla compagnia, perché tra i 16 enti preposti ai pareri figura anche il Comune di Chiusi che nel mese di marzo aveva inviato alla Regione un malloppo di 7 pagine dense di rilievi, osservazioni, prescrizioni, richiami a normative e delibere ma anche al Piano Regolatore e a regolamenti locali e nazionali…

Oltre ad una lunga sequela di indicazioni sugli aspetti urbanistico-edilizi, solo sugli aspetti ambientali il Comune di Chiusi allegava rapporti e documentazione relativa ad infiltrazioni di inquinanti rilevate nell’area interessata”, segnalava che “l’impianto ricade in aree sensibili di classe 2 del PTCP della Provincia di Siena” e prescriveva:

– produrre un piano di bonifica dell’area, tenendo in considerazione le opere di demolizione e bonifica già effettuate dal Comune, corredato da analisi chimico-fisiche del sottosuolo in considerazione della precedente destinazione a Centro Carni;

– valutare la compatibilità dell’impianto con l’adiacente area sportiva, le attività esistenti e l’abitato di Chiusi Scalo posti in prossimità (previo relativo censimento delle stesse), tenendo in considerazione l’impatto sulle matrici ambientali ivi presenti (emissioni in atmosfera, in sottosuolo ed in acque superficiali) delle attività produttive esistenti, che si cumulano al nuovo impianto. Da valutare inoltre l’influenza dei fattori climatici sulla propagazione degli inquinanti (emissioni in atmosfera, emissioni odorigeni, emissione sostanze inquinanti, ecc);

– specificare se la nuova attività e/o le attività consentite nell’area determinano fasce di rispetto per motivi igienico sanitari che possano determinare limitazioni alle attività e/o abitazioni esistenti;

– valutare la compatibilità del nuovo impianto con quello adiacente di trattamento rifiuti (depuratore, ndr) specificando la eventuale e successiva dismissione o riconversione sia dell’impianto biologico che di trattamento fisicochimico;

– valutare la compatibilità dei carichi di traffico indotti dall’impianto sulle infrastrutture primarie e secondarie, le emissioni inquinanti di vario tipo generate, con specifica indicazione dello stato attuale della viabilità, e relative modifiche a seguito della realizzazione dell’impianto, proponendo eventuali soluzioni migliorative delle infrastrutture. Si evidenzia la criticità della viabilità attuale per la limitata larghezza di Via Fondovalle, soprattutto nella zona di ingresso all’impianto, l’incrocio con la bretella per l’Umbria ed il sottopasso della Direttissima (linea ferroviaria alta velocità Firenze-Roma);

– specificare le modalità di stoccaggio del materiale da trattare e trattato, le relative quantità massime depositate nei piazzali di pertinenza dell’impianto e localizzazione, indicando anche le procedure e la tempistica per la vendita del materiale trasformato, al fine di valutare la sostenibilità della produzione e fattibilità economica dell’impianto;

– indicare le soluzioni e procedure adottate per eventuali sversamenti e/o fermo impianti, causato da interruzione dell’elettricità, guasti e manutenzioni programmate;

– indicare e promuovere un adeguato Piano di Monitoraggio e Controllo relativo all’impatto sulle matrici ambientali con controllo da remoto, in tempo reale, sia ad accessibilità pubblica che ad accessibilità ristretta da parte dei competenti enti soggetti a controllo autorizzati;

– in riferimento agli art.li 271 e 272 bis del Dlgs 152/2006 si ritiene opportuno promuovere una serie di approfondimenti, complementari a quanto affrontato (…)  relativi al disturbo olfattivo sul territorio interessato, tenendo in considerazione tutte le sorgenti emissive i cui effetti vanno a sovrapporsi ed incrementare i valori di fondo sul territorio. I risultati dovranno poi prevedere una adeguata strategia con adeguate proposte di mitigazione degli impatti odorigeni, che tenga conto della problematica degli odori (particolarmente sentita dalla popolazione esposta);

prevedere un piano dettagliato di smantellamento o riconversione dell’attività con bonifica dell’area, al termine della produzione , corredato dalla quantificazione dei costi e relative garanzie.

Inoltre, il Comune allegava la delibera di Consiglio comunale n. 33 del 15/06/2018 (“atto di governo”) con la quale l’Amministrazione  comunale fornisce indirizzi in merito alle destinazioni ammissibili nel territorio comunale, in particolare non consentendo la realizzazione di inceneritori di rifiuti, carbonizzatori, termovalorizzatori, discariche di rifiuti, nuove aziende insalubri che abbiano emissioni nocive, ad eccezione delle attività per le quali venga dimostrato, riguardo ai processi produttivi, di utilizzare la migliore tecnologia possibile per abbattere emissioni, finanche alla loro totale eliminazione. Indirizzi recepiti nella variante n. 3 (Generale) al Piano Operativo, adottata con DCC n. 74 del 28/12/2018.

Considerata la particolare attività proposta, il Comune chiedeva infine di valutare se la stessa possa essere compatibile con gli indirizzi forniti dall’amministrazione comunale recepiti nello strumento urbanistico. E a tale scopo faceva notare che “l’area di intervento ricade nelle aree sensibili di classe II del PTCP, nelle quali:

a) le attività antropiche sono orientate in modo da perseguire la limitazione delle infiltrazioni di sostanze inquinanti.
b) I depuratori di reflui urbani ed industriali sono dotati, se di nuova realizzazione, di opere e di impianti accessori atti ad evitare il rischio di inquinamento connesso al fermo impianti.
c) Tali opere ed impianti accessori sono realizzati anche nei casi di ristrutturazione ed ampliamento dei depuratori esistenti.
d) Opere ed impianti accessori atti ad evitare il rischio di inquinamento delle falde sono da prevedersi anche per la realizzazione di:
– impianti e strutture di depurazione di acque reflue, ivi comprese quelle di origine zootecnica;
– impianti di raccolta, recupero, stoccaggio o trattamento rifiuti di qualsiasi tipo…

Insomma nella relazione inviata dal Comune c’erano già molte delle “domande” che poi hanno costituito l’ossatura della battaglia dei comitati. 

Stesso discorso per le osservazioni prodotte da Arpat (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale) inviate ad aprile 2019, anche quelle molto corpose. E Per esempio sulla questione dei 4 camini che nel rendering presentato da Acea non figuravano, Arpat dice chiaramente che le fonti emissive sono 4 + 1. E cioè i camini della caldaia e del cogeneratore per la produzione di calore (a gas metano), 2 biofiltri del comparto “essiccazione” della biolignite, più un “camino di avvio o emergenza” e chiede ad Acea una relazione tecnica aggiornata, perché evidentemente il quadro presentato risultava poco chiaro. Quanto al byochar prodotto la stessa Arpat rileva che alla luce delle normative vigenti  (aprile 2019) non può essere considerato End of waste (cioè un non rifiuto), e quanto agli odori scrive che potrebbero esserci criticità nel raggio di 300 metri e in particolare per un agriturismo che si trova a 250 metri dall’impianto… Dice anche Arpat che l’impianto sarebbe di tipo sperimentale e che è sperimentale anche il prodotto che esce dall’impianto di Valencia…

Insomma anche nelle osservazioni Arpat di elementi per riflettere ce n’erano già abbastanza. Gli studi e i rilievi dei Comitati portati nell’assemblea del 31 ottobre a Chiusi, nell’iniziativa di Cetona e anche all’Inchiesta Pubblica, hanno confermato le criticità e gli aspetti poco chiari, ma il tutto era già scritto. Agli atti. Da mesi.

Non solo, ma in data 31 ottobre, stesso giorno dell’assemblea pubblica del Comitato Aria nella sala San Francesco, si riuniva presso la Regione Toscana la Conferenza dei Servizi sul progetto Acea alla presenza dei tecnici della Regione stessa, di Arpat, dei referenti di Acea, del sindaco d Chiusi e di tutti gli enti previsti e nel verbale della seduta si legge che “l’Arch. Chiodini (tecnico della Regione, ndr) infine, rileva che alla luce dei pareri e contributi pervenuti e della discussione odierna è emerso che il progetto depositato presenta numerose carenze. Sembra profilarsi un problema di livello minimo di progettazione per il rilascio delle autorizzazioni richieste; mancano una serie di elementi di approfondimento che generalmente rappresentano il presupposto per l’apertura di una Conferenza di Servizi, nel corso della quale devono essere svolte valutazioni e al massimo richiesti chiarimenti di dettaglio. Dà atto che ormai la Conferenza è stata aperta e che la discussione si è incentrata sulla formulazione di richieste di integrazioni. Ritiene che il Proponente debba provvedere a fornire gli approfondimenti richiesti in tempo breve, non più di 20 giorni. In tal caso i lavori della conferenza potrebbero essere aggiornati a una nuova seduta. Tuttavia, qualora nella prossima seduta emergesse ancora la necessità di richiedere ulteriori integrazioni, ritiene che non si potrà dare ulteriore corso al procedimento, mancando i presupposti per l’ammissibilità dell’istanza, a partire dalla qualifica stessa del prodotto. Rileva che si pone anche la questione di non sottrarre nuova documentazione alla consultazione del pubblico; sul punto rileva lo svolgimento dell’inchiesta pubblica nell’ambito della quale potrà essere garantita la partecipazione del pubblico su tutta la documentazione e fissa al 19.12 2019 la nuova seduta della conferenza dei servizi”.

Una chiosa, questa del tecnico della Regione che suona come un de profundis per il progetto. Praticamente la Regione dice che se Acea non fornirà nuovi elementi (ha chiesto 3 settimane, fino al 30.11, cioè fino a domani, data della seconda audizione dell’Inchiesta pubblica) “non si potrà dare corso al progetto”. Lo dice l’Ente che ha in mano il Procedimento autorizzativo. Non un turista di passaggio.

Se la presa d’atto e la exit strategy adombrata da Bettollini sono un fatto nuovo, rilevante, il documento regionale è praticamente una pietra tombale. E anche questo atto però è precedente alla straordinaria mobilitazione di queste ultime settimane, precedente alla comparsa del lenzuoli…

In ogni caso l’impianto proposto da Acea è un carbonizzatore. E i carbonizzatori a Chiusi sono vietati dalle norme di Piano.

Per questo motivo Acea ha chiesto una Variante al Prg (per rendere compatibile il progetto con le norme di Piano e coi vincoli dell’area). Ma la Variante se il progetto presenta punti controversi e crea “contrasti sociali” non può essere approvata, neanche volendo. Lo dice la normativa. Non solo Bettollini.

In sostanza, il Comune di Chiusi, dipinto come sostenitore dell’opera, ha solo venduto un terreno industriale, con ban pubblico, poi ha modificato il Prg introducendo norme restrittive che vietano l’insediamento di impianti a rischio e nel merito ha posto una serie di questioni e prescrizioni ad Acea già nel mese di marzo. In sostanza il Comune di Chiusi, pur essendo favorevole in linea di principio al progetto Acea, si è tutelato ed ha tutelato il proprio territorio e i cittadini, così come hanno fatto Arpat e Regione Toscana, non meno dei comitati. Che hanno fatto un gran lavoro, ma non sono stati gli unici a mettere i puntini sulle i. Gli atti insomma cambiano lo scenario e certe equazioni troppo semplici affiorate qua e là

Il loro lavoro e la mobilitazione restano un fatto importante. Ma… adesso i NO che contano sono quelli della Regione e in ultima istanza quello del Comune di Chiusi alla Variante al Prg richiesta da Acea, un NO peraltro già ampiamente ventilato e alla luce degli atti, sempre più probabile.

Forse Bettollini & C. hanno sbagliato l’approccio e qualche passaggio comunicativo, perché sono apparsi come difensori d’ufficio del progetto e adesso si trovano nel mirino delle critiche e oggetto di attacchi politici furibondi da parte delle opposizioni. Hanno sbagliato in qualche circostanza a entrare nel merito dei dettagli tecnici del progetto o a dare per scontati alcuni aspetti prestando il fianco ad equazioni semplicistiche e ad accuse basate sull’onda emotiva più che su circostanze precise.

Ma nei fatti e negli atti il Comune non ha svenduto niente, né terra né salute, e non ha spianato la strada a nessuno. Neanche ad Acea, che si è vista cambiare le norme sulla possibilità di insediamento dopo aver acquistato l’area. E non sarà stata contenta.

Acea avrebbe forse trovato meno rogne se avesse acquistato un terreno nell’area produttiva Cardete in terra pievese (a 100 metri, di là della strada di Fondovalle) o nel comune di Cetona, per dire. Perché norme restrittive come quelle del Comune di Chiusi altri comuni limitrofi non ne hanno. Tant’è che alcuni stanno pensando di replicarle e adottarne di simili.

E secondo alcune voci la Multiutility romana si sta davvero guardando intorno: sembra infatti sia interessata e abbia fatto dei passi per rilevare il funghificio e l’area contigua in località Lacaioli a Castiglione del Lago, area che nel 2015-2016 fu al centro di una fortissima polemica, anche lì con comitati e mobilitazione generale, per la proposta di un impianto di compostaggio a due passi dal lago.

Finita una battaglia ne ricomincerà un’altra?

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