CHIUSI, IL FESTIVAL DELLA FOTOGRAFIA NON SI FARA’. VOGLIAMO PROVARE A SALVARLO?

CHIUSI – Tra le iniziative culturali non estemporanee citate nell’elenco pubblicato su queste colonne qualche giorno fa ce n’è una, anche piuttosto rilevante, che rischia di essere cancellata. Anzi è ormai quasi certo che quest’anno non si farà. Si tratta del Festival di Fotografia “Diaframmi Chiusi“. Il Club I flashati che ne ha avuto l’idea e nelle tre edizioni fin qui svolte si è sobbarcato l’onere dell’organizzazione, ha deciso infatti di gettare la spugna. Lo ha annunciato uno dei promotori del Club, Matteo Fuccelli, all’incontro promosso dai Podemos una settimana fa.
Non è una buona notizia. Tutt’alto, perché il festival Diaframmi Chiusi, nonostante le scarse risorse a disposizione, e un pizzico di approssimazione nelle location della manifestazione, in tre edizioni ha ospitato fotografi importanti, ha proposto temi e opere di grande interesse ed ha ottenuto anche riconoscimenti nazionali e internazionali. Ma non solo: ha anche portato in superficie e alla ribalta un “valore” prima nascosto, inespresso, presente solo sottotraccia. Un gruppo di persone per lo più giovani, che spinte dalla passione per la fotografia come arte e come metodo di narrazione, ha messo in piedi una manifestazione di tutto rispetto. Il fatto che abbia avuto più audience nelle riviste e negli ambienti specializzati, che nella popolazione della città, è una costante di tante iniziative. E non una eccezione.
E’ comprensibile l‘amarezza dei promotori, la loro stanchezza, la paura di imbarcarsi in avventure costose e non sostenibili, quindi anche la loro decisione di mollare. Ma se davvero i flashati molleranno sarà una sconfitta non solo per loro. Ma per tutta la città. Istituzioni comprese. Un festival che ha un suo marchio, che si è conquistato in poco tempo una propria cifra riconoscibile e riconosciuta tra gli addetti, che dopo 3 anni chiude i battenti e scompare, sarebbe indubbiamente una ferita. Non indolore, perché spesso le cose si apprezzano quando vengono a mancare.
Sarebbe, per restare in tema, la fotografia di una realtà (una città) che non riesce a dare valore neanche a dei gioielli di famiglia che non sapeva di avere…
Insomma se il Festival non si farà, sarà un peccato. Non sappiamo se c’è tempo o margini per un ripensamento. Ma nei panni del sindaco Bettollini, del’assessore Lanari, un tentativo per vedere cosa si può fare per salvare la manifestazione, noi lo faremmo. Può uscire per quest’anno una edizione magari più contenuta, nel tempo, negli spazi e nelle spese, cercando magari di supportare i Flashati con altre forze. Si potrebbe per esempio pensare ad un festival Diaframmi Chiusi legato o in sinergia (per quest’anno, poi si vedrà) con altre manifestazioni come il Lars Rock Fest o Orizzonti. Ma qualcosa per non perderlo del tutto crediamo si debba fare. Tutti: la giunta, le opposizioni, le associazioni, e anche i cittadini.
Ci pensino bene anche i giovani e meno giovani del club promotore. Chissà, se sentissero di non essere soli potrebbero anche ripensarci…
m.l.
è veramente un peccato. Però capisco il sentimento degli organizzatori, non è facile seminare nel deserto. Ma, per non perdere un festival che aveva, ed ha, una tale qualità, non varrebbe la pena provare a spostarlo in un territorio più fertile? Sto pensando a Sarteano, o Città della Pieve per esempio.
Molte cose negli anni sono state fatte da chiusini in altri paesi (dal teatro al forum Cronache Italiane, per dirne alcune)… Nel caso del festival di fotografia, però questo dovrebbe cambiare nome.. Diaframmi sarteanesi suona un po’ meno accattivante…
Grazie Marco. Per correttezza di informazione ci tengo a precisare (come detto anche all’incontro) che l’associazione Flashati, organizzatrice del Festival, ha già avuto un primo incontro con l’amministrazione comunale per valutare una possibile collaborazione con la Fondazione Orizzonti per una eventuale prossima edizione nel 2018. Al momento siamo in attesa dello step successivo, ma siamo fiduciosi. Per crescere ancora e mantenere certi livelli riteniamo che un evento del genere debba essere organizzato in un unione tra Comune, Fondazione e Flashati, e solo questo può dare la giusta forza che il Festival merita. Per quest’anno comunque il Festival non verrà fatto. Nonostante questo stop “auto-imposto”, siamo comunque orgogliosi del lavoro fatto in questi tre anni che ha portato a collaborazioni importanti con fotografi del calibro di Bence Mate (uno dei vincitori del World Press Photo 2017), artisti come Alessandro Pesci (direttore alla fotografia di film come Caos Calmo, Habemus Papam e Io e Napoleone ), Barney Nikolic (candidato agli Emmy Awards per il trucco per la fotografia con PennyDreadful) Enzo Ragazzini oltre all’interessamento di National Geographic (due mostre patrocinate e due pubblicazioni) e Canon Italia (la realizzazione di un servizio integrato in un documentario sulle eccellenze italiane) oltre alla realizzazione di una esposizione unica al mondo stampata su marmo. Il tutto senza considerare le 50 mostre realizzate, le oltre 1000 foto esposte e un concorso Internazionale con oltre 2000 foto partecipanti provenienti da 10 nazioni…… Insomma Diaframmi Chiusi deve tornare e siamo fiduciosi che, non ora, ma presto, questo accadrà.
Anche se sarà una pausa provvisoria e temporanea, è comunque un peccato che salti l’edizione 2017. Forse facendo un ragionamento collettivo, tra più soggetti, e cercando qualche sinergia con altre manifestazioni il festival si poteva e si potrebbe anche salvare, magari prevedendolo quest’anno in autunno e non in primavera… Ci sono margini per un ripensamento?
I margini ed i limiti purtroppo sono dettati non dalla passione ma dai soldi, e questo non lo dico io che conto meno che nulla.Oggi sulle esposizioni fotografiche non s’improvvisa ma prevale la qualità, ed il successo è dettato da quest’ultima.Ma per ottenere la qualità ci vuole la cultura sia fotografica che organizzativa,e questo a Chiusi manca ed anche e soprattutto mancano i soldi, anche se le singole persone alle quali è demandata l’organizzazione possono avere un ”occhio più lungo” di altri. La domanda è anche :esistono i luoghi adeguati per le esposizioni ? La risposta è no ! Su questo parla solo lo scrivente al quale è stato concesso lo spazio più grande, od almeno uno di quelli più grandi per le proprie esposizioni : la Saletta del Teatro, e di certo posso solo ringraziare.Ma se mi è concessa con una punta di polemica una riflessione, dico solo che le condizioni di quella sala non sono nemmeno da collocare nella più bassa scala della dignità poichè basta guardare come siano ridotti gli intonaci interni, le strutture di supporto, i pavimenti.E’ un fatto di decoro e di rispetto da parte di un ente pubblico, di rispetto anche per chi si ospiti e di chi ne possa fruire. Dico qualcosa di sconvolgente e di ingiusto? Siamo nel 2017 e dal momento che vengono destinate cifre enormi per gli stadi e per i tendoni e sovvenzionate le associazioni con fior di decine di migliaia di euro all’anno, il rifacimento di una struttura pubblica come la Saletta del Teatro dovrebbe essere una priorità.Fare un pavimento in legno, un ambiente atto ad ospitare mostre e conferenze e non vedere i muri perimetrali interni ridotti ad uno squallore senza pari, sporchi, con una modalità espositiva che si basa su stecche di legno inchiodate al muro (nemmeno fossimo agli anni ’50 del dopoguerra)….Ma intendiamoci bene, faccio tale discorso non perchè ritenga l’ambiente non degno di ospitare una mia mostra o di qualsiasi altro fotografo, ma io credo che occorra anche vedere ed osservare cosa succeda nei comuni attigui e quali e come possano essere i locali che ospitano le esposizioni.Come dappertutto tale giudizio e tali iniziative dipendono non solo dai ”soldi” ma anche dalle persone.Ospitare una mostra fotografica e far stampare le opere oggi non è più come succedeva una volta, oggi la qualità costa e si paga.Se personalmente debba frugarmi le tasche per fare una mostra col mio materiale per esempio(e fino a ieri l’ho fatto)oggi dico anch’io che non sono più disponibile a fare come ho fatto nel passato, non tanto per i Flashati che a forza di sforzi personali si sono -come si dice- ” fatti il mazzo”, ma l’Ente Pubblico non può pretendere di ospitare mostre, dare i locali che possiede il cui costo è ormai quasi zero e lavarsi le mano sulle modalità di come si organizzano mostre fotografiche e lasciare tutto il da fare a questi ragazzi…non esiste questo oggi, non funziona così, andava bene 20-30 anni fa ma non oggi. Oggi occorre lo stanziamento di fondi, il contare su persone valide che sappiano il contenuto culturale di ciò che viene esposto ed abbiano chiare le modalità di fruizione da parte del pubblico, che non posso essere le scale od i corridoi delle case della cultura, roba tetra ed inadeguata per altro da anni ’50….Questo mi sembra logico ed evidente a tutti coloro che abbiano visitato le mostre ne locali anzidetti. Forse questo mio discorso apparirà pretenzioso e siamo a Chiusi non siamo a Firenze oppure a Milano,ma Comuni come Foiano o Cortona sono ben lontani dall’essere additati come organizzatori improvvisati di mostre fotografiche. Il Sig. Fatucchi ex assessore alla cultura, a Foiano della Chiana organizza tutti gli anni un Festival Internazionale della Fotografia di tutto rispetto, prima cosa perchè conta su una cifra messa a disposizione dall’ente Pubblico, dagli Sponsors, ma ha una conoscenza ed una cultura fotografica tali da innalzare la ricerca del materiale espositivo a livello veramente internazionale.Il che corrisponde ad un principio che non solo sia quello della conoscenza ma anche a quello che ” senza lilleri non si lalleri”…..
Per quanto mi riguarda dico solo che nel passato ho dato la mia disponibilità presentando materiale la maggior parte delle volte già stampato e quindi con un costo da me ammortizzato ormai da anni, fruendo di una offerta minima per le cornici in cartone fattami dai Flashati.L’ho fatto con grande trasporto,perchè ho provato piacere a far conoscere alla gente di Chiusi e non solo a quella ,soprattutto le vicissitudini e l’interesse della fotografia che sento a me più vicina che è quella di reportage. Ma oggi dico la verità che mi sono stufato di frugarmi le tasche per far stampare immagini il cui costo complessivo sarebbe di qualche migliaio di Euro per ogni argomento.
Ho mostrato a Chiusi a San Francesco il Vietnam ed il Laos in grande formato ma chi mi pagò i passepartout in cartone si guardò bene di pagare le stampe, ho mostrato la Prostituzione in India,materiale già ammortizzato sia a Chiusi chè alle Terme di Chianciano, l’anno scorso il Grande Flusso della Saga degli Hippies fra la Turchia e l’india con relativo materiale oggettistico e quella più grande fu la Mostra delle potenzialità del mio Archivio The Face of Asia dove trovai una grande corrispondenza di interesse dei visitatori all’osservazione del materiale storico esposto.Sò bene che Chiusi è un piccolo Comune e le sostanze non possono essere chè limitate, ma tenuto presente il contesto delle altre iniziative e soprattutto i soldi a queste dedicate, credo che dovrebbero essere colmati i gravi ritardi avuti verso l’impiego delle strutture ed il rifacimento per quest’ultime sistemate in maniera conforme alla ”pubblica decenza”.Tanto per mettere i punti suille ”I”
dico che mi vengono ancora i brividi se penso a come sono state trattate dagli addetti ai lavori le fotografie su marmo una volta tolte dall’esposizione e messe sotto la pioggia ed il sole e tale colpa non è stata dei Flashati ma dell’ignoranza crassa di chi ha procurato quel danno.Se fossi stato il proprietario delle opere avrei sporto denuncia ed avrei voluto essere risarcito del danno procurato .Con queste persone non attente alla cultura i tavoli della cultura non contano e non servono perchè parecchi di coloro intorno a quei tavoli non sanno nemmeno di cosa si parli in merito perlappunto alla fotografia.Ed è del tutto inutile pensare alle scappatoie all’ultimo momento per edizioni ridotte….di ridotto-sembrerebbe ,ma non è spocchia la mia- c’è solo il disinteresse di chi fa le cose tanto per farle, tanto per figurare, e non per amore della cultura e soprattutto per amore verso il prossimo che può imparare ed accrescere la conoscenza.Si tratta di cultura che spesso si riversa in quello che si può chiamare anche ”cultura politica”e
che oggi è merce rara.Altri Comuni circonvicini sono ad un altro livello e molte volte il risultato dipende non solo dai soldi investiti ma dalle persone.I Flashati sono gente giovane ma con ottima e provata volontà
di impegnarsi per delle finalità.Se ai giovani non facciamo intravedere la possibilità di affermazione dei loro sforzi queste persone vengono frustrate nei loro interessi, nelle loro spinte più genuine, sentono molto bene che dietro di loro la spinta della comunità non esiste e che quanto si dice sono solo parole, come solo parole sono e rimane il fatto di dire”ma vediamo se per quest’anno si possa fare una edizione ridotta…”. Ma perchè? Per chi? A quale scopo ? Sono già 3 o 4 edizioni svolte -lo hai detto pure tu Marco nel passato – che sarà sempre più difficile organizzare, sia per limiti temporali chè di dedica del tempo degli addetti a fare le cose come dovrebbero essere fatte, ed allora perchè pensare ancor più ad una maniera riduttiva di tutto questo? Li capisco i Flashati come credo si comprenda la mia posizione che non vuole essere di critica negativa a loro.Siamo nel 2017 e non è più il tempo di fare le nozze con i fichi secchi.Meglio non fare certe iniziative e farne altre al loro posto, come mi sentii di dire l’anno scorso al simpatico assessore alla cultura del Comune di Città della Pieve sul tema delle rappresentazioni della 1° Guerra Mondiale, quando decise di esporre in una stanza tutta la mostre consistente in 5 telegrammi di avviso morte alle famiglie, 4 manifesti di proclami di prefetture, un elmetto arrugginito ed una cassa di moschetto e poco d’altro più.Era un Comune che faceva quello e non un privato.Mi sentii di scrivere su questo con un tono un po’ risentito dalle colonne del tuo giornale, ma credo di aver avuto ragione.Il sindaco mi disse un po’ sarcasticamente ” ci hai distrutto”, io risposi che si erano distrutti da soli, anche perchè l’attività culturale di Città della Pieve al contrario di ciò che è stata quella mostra è e rimane ad un livello molto più alto di quella di Chiusi, se non altro per la vivacità ed il numero delle iniziative che tutt’ora vi sono, e che quindi tale iniziativa non era stata impiantata con una doverosa riceca dei materiali che io stesso dissi che possedevo a livello fotografico inedito ma che avrei dato la possibilità gratuita a loro di fruirne, ma che era certo che le spese per le riproduzioni della stampa delle lastre originali in vetro non le avrei volute nè potuto sostenere.Mi preme inoltre far notare che dagli anni 80 in poi è invalsa una abitudine da parte degli enti pubblici come per esempio i Comuni, di contare sull’interesse e sul coinvolgimento di privati liberi e semplici cittadini per l’effettuazione di Mostre, risparmiando totalmente sui costi, facendo forza solo sul loro interesse culturale, tralasciando completamente di supportare il costo del reperimento e dell’impiego del materiale e/o spesso rimborsandone solo una parte,mettendo solo la disponibilità dei locali di proprietà.Si deve capire ancora una volta-siccome è invalsa anche oggi tale abitudine mentale-che la cosa non funziona in tal modo.L’ho detto anche al comune di Castiglione del Lago l’anno scorso che ha prodotto una mostra del passaggio del fronte di guerra sul nostro territorio.Hanno fatto una mostra con in parte le fotocopie dei documenti.Mi sono sentito rispondere alla richiesta dei fondi per le stampe che il Comune avrebbe pagato dopo 8 mesi sicchè secondo loro io mi sarei dovuto frugare le tasche anticipando i soldi a loro per le loro iniziative.Tutte degne persone beninteso, ma vorrei che si capisse che le cose in tal modo non possono funzionare.Ma è difficile farlo capire a persone che ti rispondono che le fotocopie a colori degli originali sia da stampe che da negativi costano 4 euro l’una e che quindi si potrebbe fare in tal modo….ed il bello è che pretendono anche di avere ragione loro.Si diceva una volta che ” i funghi si cuociano con la loro acqua”. Al di là delle opinioni di ognuno sull’argomento della cultura, una cosa è certa ed è quella che ogni tanto mi piace ricordare una frase che contiene la cosa più sicura che fa parte della vita di tutti noi ed è quella che riguarda il tempo,cioè quella delle cose che come la vita di tutti hanno un inizio ed hanno anche una fine, e cioè la concezione del tempo : ” io non lo rincorro, lui non mi rincorre,ma un giorno lo sò che c’incontreremo…..” Ecco, una volta pensavo di poter destinare il mio Archivio ad un ente pubblico, un ente soprattutto del territorio,per preservare le cose, gli oggetti, le immagini, la storia delle generazioni, non solo quelle nostre, ma anche dei paesi che ho visitato e fotografato.In qualche anno ho cambiato idea circa la loro destinazione, dopo aver toccato con mano l’inconsistenza e la sottocultura che si annida nelle file della politica e delle persone che la rappresentano. Mi si dirà: si, ma le persone passano, la politica resta.A tale pensiero rispondo : ” si, ma è tutto ancora una volta di più inconsistente, frammentato, e sempre di più mostrante la sottocultura di questi ultimi decenni che stiamo vivendo”.
Purtroppo meglio un privato nel quale si possa rimettere fiducia che un settore od ente pubblico amministrato come vediamo siano i nostri Comuni. Spesso indipendentemente da ciò che giuridicamente ed amministrativamente possa venir creato intorno all’amministrazione di un patrimonio storico-culturale, la legge consente oggi nell’alienare parte o tutto tale patrimonio se l’autorità possa decidere di fare cassa per destinare i soldi a servizi od anche per esempio asfaltare le strade.Nessuno avrà il potere di dire di no se un consiglio comunale decida di farlo. Ed allora se penso al lavoro certosino di mio padre e mio zio attorno alla fotografia, ai documenti storici ed anche in piccola parte anche al mio di ricerca, di fronte alla relazione col settore pubblico nella fase politica, umana, sociale e culturale che stiamo vivendo,ho già irrevocabilmente deciso non senza un grande rammarico,per un solenne NO !
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