ITALIANO LINGUA DELL’ARTE E INGLESE LINGUA DEL MONDO. SI PUO’ TROVARE UNA SINTESI?

Verso la fine dell’intervista pubblicata da primapagina, alla domanda “Come si trova a Chiusi?” lo scrittore siriano Malek Wannous, ha detto, senza alcuna presunzione (lo so perché c’ero) che dal punto di vista linguistico ha difficoltà di comunicazione. Pochi(ssimi) parlano inglese e anche le operazioni più semplici, come fare la spesa, possono rivelarsi complicate. Un’osservazione tutto sommato oggettiva per il semplice fatto che riflette una realtà in cui chiunque sia stato all’estero, in vacanza o per lavoro, può identificarsi. Un’osservazione, ho pensato io, che avrebbe dovuto, o potuto, far riflettere, oltre il caso specifico, sull’importanza e i vantaggi che una comunità può trarre dalla conoscenza della lingua del mondo.
Invece no. Anzi, qualcuno si è addirittura offeso, stupito del fatto che uno scrittore in fuga dal suo paese per salvare la vita a sé stesso e alla sua famiglia, partito senza null’altro che la paura per i famigliari che restavano e un futuro incerto quanto un buco nero, non si sia premurato di fare una full immersion di italiano prima di fuggire. Che impudenza. E già, tanto a un italiano all’estero, magari in Siria, col cavolo che gli parlano in italiano.
Ecco appunto. Col cavolo. Che ci piaccia o meno (e poco importa), l’apprendimento della lingua italiana e quello della lingua inglese appartengono a due mondi opposti.
Con tutto il rispetto per Romeo e Giulietta, il desiderio di conoscenza della lingua inglese è legato a un concetto di utilità, radicato nel mondo del lavoro, dell’informatica, della comunicazione, del successo. In altre parole, è una lingua strumentale, un mezzo per arrivare a un fine. Lo hanno capito bene la Norvegia, la Danimarca, l’Olanda, la Svezia che pur conservando intatta la loro lingua, ai propri figli insegnano anche l‘inglese, affinchè possano comunicare e competere con il resto del mondo.
Onore al merito, l’inglese ha un’identità forte. Unisce laddove l’italiano, con le sue mille e una sfumature, divide. Nel marasma dialettale della penisola, cui si affidano le mille e una identità di un paese che alla sua ci ha rinunciato, ci si dimentica perfino che esista. Ogni tanto rinasce dalle ceneri dell’onta subita dallo straniero, ma dura poco. Perché a differenza dell’inglese, l’italiano non ha alcun potere contrattuale. È una lingua inutile.
Sorda ai richiami del progresso, è rimasta fedele ai fasti del suo passato, rivestendo nei secoli dei secoli il ruolo di lingua dell’arte, del piacere, della bellezza. Una pura espressione edonistica che della sostanza, della logica, della comunicazione, della tecnicità e della funzionalità, può fare tranquillamente a meno. In altre parole, è una lingua estetica, fine a sé stessa, senza alcuna ambizione di globalità.
E allora siamo seri, ma una lingua così chi mai avrebbe interesse a impararla? Esclusa l’esigenza, motore primo dell’acquisizione di conoscenza, resta solo l’amore. E infatti, l’apprendimento dell’italiano è un atto d’amore, che pochi sono disposti a fare, ma di cui forse potremmo pure andare fieri. O no?
Elda Cannarsa
L’inglese è solo un buffo e cialtronesco modo di storpiare il latino e il greco; dire PLAS invece di PLUS non migliora affatto il Mondo, né chi fa questo gratuito inutile sforzo di distorsione. Chi è convinto che l’inglese sia la lingua del “successo”, dovrebbe avere anche la coerenza di lasciare questo Paese e trasferirsi in inghilterra, a imparare la sua ridicola lingua con tutti i verbi all’infinito; e dilettarsi pure a dilatare a casaccio le vocali, dicendo psAicologi, OrAion, dAirection…un esercizio da beoni… vi consiglio a tal proposito di accompagnare lo studio con abbondante “whiskey”… aiuta nella pronuncia…A proposito di inglese e italiano, potreste magari illuminarmi sul perché proprio la vostra Toscana sia stata comprata per metà da inglesi, che evidentemente non si sentono affatto sminuiti dal vivere in un paese di trogloditi.
Perchè un paese di trogloditi..?
Perché “sordo ai richiami del progresso”, refrattario a “un concetto di utilità, radicato nel mondo del lavoro, dell’informatica, della comunicazione, del successo”; e infine perché ha “una lingua inutile”…
però non è sordO, è sordA. E anche tutto il resto. La descrizione e il concetto sono riferiti alla lingua, non al paese.
Signor Pierluigi, mi permetta di replicare. Dire che è utile conoscere e parlare l’inglese non vuol dire disprezzare le nostre origini e la nostra cultura. Il suo ragionamento (mi pare di capire) è fondato sui principi e sull’orgoglio, cose nobili e apprezzabili ma mi creda io non ho potuto studiare molto e Lei sicuramente è in grado di stendermi con le sue citazioni ma sono abbastanza grande per dire che dopo aver passato una vita nel tentativo di contribuire a “cambiare il mondo” e averlo visto andare in tutta altra direzione, per i miei nipoti vorrei un futuro un po’ più leggero.
“non ho potuto studiare molto”
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non per arricchire la Sua cultura, che mi sembra già abbondantemente sopra la media di quest’epoca di molto inglese e poca profondità concettuale, ma per pura informazione, e perché La aiuterebbe a comprendere meglio il senso di questo strano dibattito, vorrei consigliarLe la lettura de “Il Golpe Inglese”, di Cereghino-Fasanella; solo per sapere quante risorse, quanto tempo e quanto impegno la Gran Bretagna ha investito PROPRIO perché gli italiani si sentissero inferiori, inadatti, non all’altezza, perché s’infatuassero dei suoni suadenti della lingua inglese e sognassero di poter parlare e cantare come gli inglesi, ma anche, e soprattutto, perché l’Italia “non diventasse mai una democrazia compiuta”.
Ci stiamo intrecciando con i commenti, io ho sempre risposto a Pierluigi e lo ringrazio per il consiglio di lettura
Condivido totalmente il contenuto di questa pagina. Non riesco a parlare In inglese e quotidianamente riscontro i limiti e le difficoltà che ciò comporta, anche solo nella lettura delle informazioni per l’utilizzo degli elettrodomestici. Non so se la resistenza nel voler comprendere quanto dice l’articolista sia circoscritta al mondo chiusino purtroppo credo sia più ampia. Mi sembra la stessa situazione vissuta con il latino. Su quei testi abbiamo lasciato qualche anno di vita ma poi alla maggioranza di noi, non è servito a nulla!
Personalmente credo che sarebbe più efficace onorare la nostra storia e la nostra cultura tutelando e valorizzando l’immenso patrimonio artistico e paesaggistico che abbiamo ereditato.
“Mi sembra la stessa situazione vissuta con il latino. Su quei testi abbiamo lasciato qualche anno di vita ma poi alla maggioranza di noi, non è servito a nulla!”
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Il latino, ed il greco, sono le lingue della Scienza, e della Conoscenza; in tutto il Mondo. L’inglese è solo uno dei tanti modi di storpiarne la pronuncia, ma quando un francese, un tedesco, un inglese, un americano, un russo, un congolese o un argentino parleranno, di botanica o di economia, si riferiranno mentalmente sempre ai loro modi di storpiare i medesimi concetti latini e greci; potrei anche convenire che l’inglese, data l’elementarità della sua grammatica con i verbi all’infinito è il mezzo più immediato per comprare un panino; ma non mi sembra il caso di esaltare virtù che non ha, o di sentirsi “inferiori” a olandesi, norvegesi e altri barbari nordeuropei che condividono con gli inglesi l’arretratezza delle loro medioevali istituzioni monarchiche nonché la improbabile fonetica del linguaggio.
Non credo che la questione posta da Elda riguardi la qualità della lingua… L’inglese sotto questo aspetto non è superiore ad altre lingue. E’ solo che è la lingua più parlata e parlata e usata in più paesi. E’ diventata per questo motivo la “lingua del mondo”. Come lo era il Latino fino al medioevo… Quindi oggi, anche se l’inglese ha i verbi all’infinito, non si può prescindere da esso per comunicare e per stare al passo coi tempi. Ci piaccia o no. E alla fine, meglio l’inglese del cinese…
Questo lo condivido. Purtroppo per mangiare ….. occorre l’inglese
per mangiare, per lavorare, per studiare, per comprendere le istruzioni della lavatrice e del telefono. Se vogliamo anche per seguire una partita di pallone (ma questo non da oggi)… Se poi, insieme ad un po’ di inglese, ricominciassimo anche a parlare bene l’italiano e a usarlo non sarebbe male… E quando dico l’italiano penso alla lingua di Calvino, Pavese, Pasolini, non a quella di Dante, Petrarca o Manzoni…Penso a quella d Gianni Brera e o più prosaicamente a quella di Berlinguer, rispetto al linguaggio ibrido, fatto di frasi fatte di Renzi, della Defilippi o dei comici di Zelig…
Farne una questione di orgoglio nazionale, o di qualità dell’una o dell’altra lingua non ha senso. La qualità alla lingua inglese la da’ il fatto di essere parlata in tutto il mondo, siamo noi italiani, che avendo perso ogni treno di progresso, consideriamo ancora imparare l’inglese una cosa inutile, tanto da riservargli nelle scuole elementari un’unica ora settimanale. In tanti paese del nord europa non sono solo i giovani a conoscere l’inglese, lo parlano regolarmente anche persone anziane. Del resto secondo una ricerca recente i giovani liceali alcuni decenni fa conoscevano circa 1500 termini della lingua italiana, oggi appena 600, nel paese dell’arte per eccellenza stiamo parlando di eliminarne l’insegnamento a scuola, così come è scomparso anni fa il latino dalle scuole medie, siamo un paese senza futuro.
E’ un dibattito che mi stimola non poco e se dovessi propendere per la parte che più condivido, quella sarebbe forse di più quella di Pierluigi anche se trovo un po’ brusche le sue allocuzioni.Anche sulla lingua come tutti quanti i valori che ne stanno dietro alla fin fine ciò che la fà imporre sulle altre è il meccanismo della legge del vincitore che poi è quello che fa la storia, lo si voglia o no.Guardando appunto a questa si consideri il fatto-scoprendo l’acqua calda-che da circa il 1700 ad oggi la potenza economica made in Albion si è imposta a tutto il mondo,diventando per altre culture il punto di riferimento poichè dietro di essa c’è stato uno sviluppo di stampo e natura indiscutibilmente ”imperialistica”.Immaginate se Gengis Khan invece di essersi fermato a Tirana avesse proseguito fino a Lisbona, Londra,Parigi..oggi nel mondo occidentale avremmo usato i computer
con le tastiere in cinese ed avremmo pensato come i cinesi, o no ?
Non so se è stata una fortuna od una sfortuna il fatto che si fosse fermato a Tirana, è difficile molto affermarlo sia nell’uno che nell’altro senso, ma di sicuro non ci sarebbero stati period quali il rinascimento e l’illuminismo, forse ce ne sarebbero stati altri ma quelli no senz’altro almeno nelle forme con le quali si sono affermati. La riflessione che volevo stimolare è anche quella a cui fa riferimento in maniera soft Pierluigi quando parla della radice dei verbi, della definizione e spiegazione delle parole con cui si identificano le cose usate dalla scienza, e quindi di un modus pensandi comune,che ha la propria sede in una cultura che ci accomuna usando la lingua di base che è il latino e le lingue neolatine derivate.Parlavo della LINGUA DEL VINCITORE e guardate che non è una cosa da sottovalutare questa rispetto all’uso delle lingua in tal caso l’Inglese.La sua facilità e semplicità di acquisizione ne hanno fatto il veicolo per la diffusione della globalizzazione ma il rischio della contaminazione dei cervelli su tale aspetto esiste ed è reale, è reale e globale.Una delle bellezze del mondo è la diversità, la diversità delle culture, le forme diverse del reagire dell’animo e del cervello umano di fronte agli avvenimenti che portano la totalizzazione globale del modo di pensare quindi l’eliminazione delle diversità culturali.Guardate che il cosidetto ”secolo inglese” ha prodotto dei cambiamenti nel mondo dei quali al momento in cui se ne manifestavano gli inizi,il mondo stesso non ne aveva preso totalmente consapevolezza ed oggi ci ritroviamo una rete che avvolge il mondo e se non si conosce tale lingua che avvolge con la sua rete il globo siamo spiazzati e considerati pezzi da museo. Tutto questo per dire che nella radice della nostra cultura il nostro modo di pensare non è rozzo se viene da lontano, anzi sarebbe da considerare un viatico già collaudato che possa resistere nel tempo ed affermare ogni sfumaturra dell’intelletto umano, soprattutto le emozioni, gli stati d’animo, uscendo da gabbie precostituite. I miei studi sono stati limitati poichè ho un semplice diploma di ragioniere ma credo che non ci voglia tanta sensibilità per capire che ciò che ha sede dentro una lingua possa anche rappresentare la possibilità di avere un futuro e di poter ragionare col proprio cervello, di potersi confrontare con altri modi di pensare perchè ai livelli di sviluppo odierni la corsa verso il futuro può anche rappresentare tinte fosche proprio anche a causa di un viatico rappresentato dall’uso di una lingua che contenga un modo di ragionare semplificato, intelllegibile ed usabile da tutti, ma che nello stesso tempo influenza così profondamente l’animo, l’intelligenza ed il modus pensandi umano.Dietro al latino tanto per fare un esempio c’è l’analisi logica, con i tempi declinati al passato, presente e futuro.Tutto questo è una ricchezza incredibile che non consideriamo e che la nostra scuola purtroppo ha lasciato che venisse dimenticato e distrutto.Sarebbe stata una diga in più molto valida nei rapporti e da usare contro quel sistema che rende le menti semplificate ma che fa penetrare in ogni angolo dell’organizzazione umana un sistema diabolico che da quando è stato concepito ed applicato alla produzione di beni a livello globale stà distruggendo il mondo ed annullando le diversità . si chiama sistema del profitto, per il quale pochi campano con la ricchezza prodotta da molti.La lingua prevalente del vincitore ne fà l’uso diretto per tale imposizione e spesso l’alternarsi nel tempo dele generazioni non considera affatto tale processo ma lo subisce inconsapevolmente.Ecco anche il perchè dietro l’uso di una lingua si celano ragioni anche loro ”politiche” anche se non sembra.
Io non ne ho fatto una questione di imperialismi ma di lingue. Peraltro, se proprio qualcuno si deve offendere, dovrebbe essere il mondo anglosassone e non quello italiano.Essere una lingua estetica è più gratificante dell’ essere una lingua strumentale. Poi vorrei precisare che 1) imparare l’inglese non è proprio stà passeggiata. 2) non ha solo verbi all’infinito e anche in inglese esistono passato, futuro, condizionale, congiuntivo etc… Se poi bisogna andare oltre la lingua, è mia modesta opinione che la difesa della propria identità (linguistica e culturale) non debba fondarsi sulla denigrazione delle altre, soprattutto se si conoscono poco. è sempre mia modestissima opinione che l’apertura al mondo e alla sua miriade di opportunità di scoperta val bene l’apprendimento di una o più lingue.
E poi l’inglese sarà anche la lingua dei vincitori e del colonialismo e dal punto di vista strettamente lessicale non sarà perfetta, ma è la più parlata e al momento la più “utile” e “strumentale” per stare al passo coi tempi in questo mondo. Il che fa passare tutte le congetture in secondo piano. E secondo me l’unico problema vero e “drammatico” è che noi italiani l’inglese non lo parliamo o lo parliamo poco e male. Quel poco pure malvolentieri. E Dio sa quanto ci sarebbe invece d’aiuto. Lo dice uno che a Dio nemmeno ci crede, ma che avverte tutto l’imbarazzo e l’amarezza nel constatare quanto sia difficile anche solo dare una informazione ad un turista americano…
X Elda. Mica ho detto che l’apprendimento della lingua inglese finalizzata all’apertura al mondo sia un percorso che non valga la pena di essere fatto ? Ho solo cercato di intravedere quelli che possono essere i rischi che ne stanno dietro e che oggi secondo me non vengono considerati come del resto osservo.Certo che è evidente che i rischi a cui tu fai riferimento siano anche quelli di rinchiudersi in se stessi e di non aprirsi al mondo beninteso e condivido tale pensiero, ma non si può prescindere- credo- da cosa possa rappresentare l’uso di una lingua per il futuro, specialmente in epoca di globalizzazione. Non mi sembra che debbano essere gli inglesi ad offendersi se parlo di cose vere e reali della loro dominazione del mondo con l’imperialismo che hanno usato, tenuto conto che tale lingua si è imposta come del resto storicamente è sempre successo con chi ha dominato parti intere di mondo come ad esempio Cina, Spagna, Portogallo.Concordo sul fatto che sia più gratificante assumere ed usare una lingua estetica che una lingua strumentale ed è proprio per questo che la lingua estetica la ritengo più consona alla comprensione intellettiva delle sfumature e delle diversità, in pratica se posso dirlo, che abbia un retroterra dove l’intelletto sia maggiormente considerato e sia il viatico alla conoscenza al contrario della strumentalità e forse lasciami dire che
se posso immaginare un mondo dove la ricchezza ” umana” nel senso di ”humanitas” sia più presente che i tempi foschi che ci attendono, credo che sia quella che anche in natura (perchè facciamo parte di essa) vengano mantenute quelle peculiarità che ci distinguono e che segnano il nostro modo di ragionare. Quanto alla
spiegazione storica sull’imperialismo economico-culturale e di dominio del mondo, credo che abbia detto una verità oggettiva e poco opinabile identificata appunto come LA LINGUA DEL VINCITORE dalla quale su tale natura credo non si possa prescindere se si vogliono considerare le ragioni profonde per le quali si è imposta.
Carlo, il mio commento non era riferito a te. Ho solo espresso un’opinione su vari punti riassunti.:)
X Elda. Si, questo l’ho capito, niente di personale è chiaro vorrei vedere, ma ho solo risposto sui punti che ritenevo fossero compresi ulteriormente, fra l’altro anche condividente diversi aspetti che dici. Molte volte il mio contorto e prolisso modo di esprimersi porta a far sentire da parte degli altri gli altri che abbia quasi un comportamento sferzante ma spesso non posso farne a meno – è un fatto caratteriale mio-di non poter fare a meno di controbbattere quelle che mi sembrano parzialità e ti dico che non è mai facile per me capire dove arrivi la condivisione e dove inizi la non condivisione.Comunque questo dibattito sulla lingua mi appassiona e le mie considerazioni su quanto ne possa conseguire sull’uso della stessa e sulle considerazioni etiche da fare mi piacerebbe anche che trovasse ascolto e critica anche da parte di altri.Pierluigi che non conosco forse è stato un po’ brusco e spietato-se posso parlare così- nelle sue considerazioni ma anche in quello che dice credo esista una verità. Mi piacerebbe che qualcuno continuasse il dibattito e mettesse in evidenza gli aspetti positivi e negativi soprattutto incentrati sul futuro, anche perchè credo che sia quello che più ci interessi a tutti, e probabilmente ne verrebbe fuori uno spaccato di come possa ragionare la gente oggi rispetto al problema della lingua ma non solo, e soprattutto rispetto ai perchè che comporta la storia, che a mio vedere debbono essere considerati anche nel caso della lingua, diversamente si rischia di dare sempre una risposta parziale o decentrare un problema rispetto alle possibilità di concepirlo nella sua interezza.Forse è proprio questo che oggi manca .Si privilegia la parzialità relegando il resto in ambiti più lontani che sembra che non debbano pesare nei giudizi.
Condivido pienamente quanto ha scritto Elda. Definire l’inglese buffo e cialtronesco a me sembra un commento molto provinciale, anche se condito con erudizione. Ma se i nostri giovani dovranno andare all’estero per trovare lavoro, e non solo per Erasmus, quale lingua credete che sarà’ loro utile? O se i nostri politici vogliono farsi ascoltare in Europa?Per esportare o attrarre capitali esteri sarà’ importante conoscere l’inglese?
Ma Elda Cannarsa ha qualche titolo e formazione per parlare di lingue, oppure si tratta di parole in libertà? ‘Potere contrattuale di una lingua’? Di che si parla? Lingue ‘intatte’ nel nord europa? Ma l’autrice ha letto uno dico uno straccio di letteratura sociolinguistica? Italiano lingua inutile? Lo chieda ai 4 milioni di migranti in Italia se è inutile.
Buongiorno Marco. Il potere contrattuale è sempre riferito alla conoscenza della lingua inglese. In pratica, se la si conosce, si hanno maggiori opportunità di lavoro e di mobilità.
Temo che, nonostante tutte le considerazioni, questo possa ritenersi un dato di fatto. Per lingue intatte nel Nord Europa si intende che i Norvegesi parlano il norvegese, gli Olandesi l’olandese, i Finlandesi il finlandese etc. Nei loro rispettivi paesi però si premurano di insegnare l’inglese per le motivazioni precedentemente addotte. Non per questo hanno rinunciato alle loro identità linguistiche.
Poi è chiaro (e anche ovvio) che una volta che si sceglie di vivere in Italia, la conoscenza dell’italiano è vitale ma non è di questo che parla l’articolo. L’inutilità della lingua italiana che tanto accende gli animi, è riferita al fatto che, ci piaccia o meno, non è una lingua a larga diffusione territoriale (si parla in pochissimi luoghi, prevalentemente in Italia) e la richiesta di apprendimento all’estero si limita a coloro che si interessano di arte e di cucina, per dirne due. Una lingua di nicchia,insomma. Come lei certamente saprà la lingua più parlata per estensione territoriale è il cinese ma quelle più parlate al di fuori del territorio natale sono l’inglese e lo spagnolo.
Per quanto riguarda i titoli, l’autrice dell’articolo glieli elenca volentieri se la cosa la rassicura. Uno straccio di testo sociolinguistico la tipa che scrive l’ha letto, sì. È laureata in Scienze sociali con particolare accento su linguistica e sociolinguistica. La laurea l’ha conseguita a Londra, dove ha vissuto per 20 anni. Sempre a Londra, per otto anni, ha insegnato Italiano e Spagnolo agli stranieri (adulti e licei). L’autrice ha anche vissuto in Spagna per due anni, nella bellissima città di Barcellona. Lì ha conseguito il diploma di interprete e traduttrice (Catalano-Castigliano-Inglese) e quello di studi Ispanici. Non so se questo sia sufficiente ma l’autrice vorrebbe aggiungere che per questioni di etica professionale, raramente scrive di cose che non conosce o sulle quali non si è debitamente informata. Ciò detto, ognuno può contestare il concetto espresso ma se si evita di prenderlo come onta alla dignità o identità del Belpaese, che peraltro è anche quello dell’autrice, forse si riesce a ragionare in maniera più costruttiva:)
Denigrare (la lingua E l’autrice dell’articolo) altro non é che dimostrazione di mancanza di apertura mentale e di validi argomenti. Cito Abramo Lincoln, perché non saprei esprimere lo stesso concetto con altrettanta delicatezza: “a volte é meglio tacere e sembrare stupidi che aprir bocca e dissipare ogni dubbio”.