DOMANI, CORTEO DEL 1 MAGGIO A CHIUSI SCALO (SPERANDO CHE NON SIA UN RITUALE STANCO)

CHIUSI – Domani è il 1 Maggio, Festa dei lavoratori. Il classico corteo di zona (Chiusi, Sarteano, Cetona e San Casciano Bagni) organizzato da Cgil, Cisl e Uil con le varie iniziative collaterali quest’anno si svolgerà a Chiusi Scalo. “Costruiamo insieme un’Europa d Pace, lavoroi e giustizia sociale” questo lo slogan scelto dai sindacati. Con un richiamo alle imminenti elezioni europee, ma anche alla necessità di bandire le guerre dal continente e dal mondo intero, ma anche al lavoro che sembra diventato anch’esso una guerra, che fa centinaia di morti. Ultimo, un ragazzo di 23 anni mentre scaricava un camion a Tre Berte di Montepulciano, due settimane fa.
La manifestazione partirà dal ritrovo alle 9,45 in Via Mameli, cioè nella strada in cui si trova la sede della Cgil, dove, alle 10,30 verrà intitolata la sala riunioni a Reno Cesarini, sindacalista storico scomparso di recente a 97 anni… Poi il corteo per le vie cittadine finoa piazza Garibaldi in cui alle 11,45 si gerrà la premiazione dei partecipanti al Concorso per studenti degli istituti superiori della valdichiana sul tema “Liberazione, lavoro, Costituzione”, in collaborazione con Anpi. Alle 12,00, comizio di un rappresentante sindacale con esibizione delle bande musicali di Chiusi, Cetona, San Casciano e Sarteano. Alle 13,00 pranzo sociale, presso la sede della contrada delle Biffe in colllaborazione con l’Auser di Chiusi Scalo. In Piazza Garibaldi saranno esposte durante la mattinata foto storiche di manifestazioni sindacali della Valdichiana dagli anni ’50 in poi. Un po’ di “memoria” non fa male, anche perchè viviamo tempi in cui la memoria è corta o latitante.
Sui grandi temi della pace e delle guerre, sull’invio di armi all’Ucraina e sul genocidio dei palestinesi in atto a Gaza e in Cisgiordania ad opera dell’esercito israeliano le organizzazioni sindacali si sono mobilitate, ma non come in altri frangenti del passato. Hanno faticatoa prendere posizioni nette. Vedremo se con le univeristà di tutto il mondo occupate o in rivolta, come nel ’68 e negli anni della guerra in Vietnam, contro i massacri in Medio Oriente e in Ucraina, anche il 1° maggio dei sindacati e dei lavoratori italiani alzerà il volume per chiedere il cessate il fuoco e negoziati subito in entrambi i fronti. Anche sulla strage infinita delle morti sul lavoro i sindacati si sono fatti sentire a più riprese, ma il volume va alzato per chiedere risposte efficaci anche su questo buco nero che rende l’Italia un paese in cui è troppo facile morire di lavoro. E troppo frequente. Questa mattina all’auditorium la Villetta, sempre a Chiusi, la Cgil Siena ha organ izato un convegno proprio sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Ormai una vera emnergenza nazionale, che certo non risparmia nemmeno questo territorio. Di temi sul tappeto ce ne son anche altri:
Il precariato che dilaga e sta diventando una norma… come dilaga l’evasione fiscale, che è una pugnalata alle spalle al welfare, cioè alla sanità pubblica, alla scuola pubblica, a i trasporti pubblici. In una parola al potere di acquisto e alla vita di campa di salario o stipendio e non di rendite e speculazioni finanziarie.
Così come il 25 aprile ha riacceso i riflettori sui pericoli di un fascismo strisciante (ma neanche troppo strisciante) e sulla difficoltà del Governo e della maggioranza che lo sostiene a pronunciare la parola antifascista, così dal 1 Maggio è lecito aspettarsi qualcosa di più del classico corteo dei trattori tirati a lucido… Non sono tempi da rituali stanchi questi. Il rischio che al corteo di domani a Chiusi Scalo (ma anche negli altri cortei del 1 maggio) sfilino solo pensionati è alto, perché così è stato negli ultimi anni. Purtroppo. Ci piacerebbe vedere uno scatto partecipativo anche da parte di altre generazioni che sembrano diventate invisibili.
“Guerra al regno della Guerra, morte al regno della morte; contro il dritto del del più forte, forza amici, è giunto il dì. Il riscatto del lavoro dei suoi figli opra sarà: o vivremo del lavoro o pugnando si morrà…” questa è una strofa dell’Inno dei lavoratori (parole di Filippo Turati, Musica di Amintore Galli, 1886) che domani tutte le bande intoneranno… farebbe bene rileggerne il testo, ogni tanto…
m.l.
È OVVIO che da parte del governo non può e non potrà esserci una netta presa di distanza dal fascismo, per il semplice motivo che sia Lega che Fratelli D’Italia hanno una consistente base fascistoide nel loro elettorato. Per quanto concerne la partecipazione dei soli pensionati a simili eventi, il motivo è che per varie cause la cosiddetta sinistra tra le generazioni più giovani non attecchisce più, e i sindacati non vengono visti come un organo di rappresentanza credibile dai lavoratori.
Sono molto d’accordo con quanto detto da Giangiacomo Rossi che ha fatto la fotografia della situazione, ma mi chiedo e gli chiedo cosa dovrebbe fare il mondo del lavoro per essere credibile verso quei giovani che Rossi dice che se ne siano allontanati.
Per quanto riguarda nello specifico i sindacati, mi viene da pensare che il rapporto con i lavoratori si sia deteriorato a partire da metà anni 90. Fino ad allora non c’era stato alcun governo di sinistra nella storia repubblicana, e venivano ritenuti la “cinghia di trasmissione” del PCI-PDS. Ma dal governo Prodi 1 in poi, hanno mostrato una sostanziale supinazione nei confronti dei governi a trazione “amica”, a detrimento dei diritti dei lavoratori. Per cui hanno perso credibilità. E la credibilità è come la verginità, una volta persa non la recuperi più.
la risposta alla domanda, carlo Carlo è nella Mosta fotografica (bella) allestita per poche ore in piazza Garibaldi, in concomitanza con la manifestazione del 1 Maggio. Le foto ritraevano momenti di lotta, cortei, occupazioni di fabbriche, assemblee. La più recente inn ordne cronologico era del 2003… Cioè di 21 anni fa. Dopo di che… il nulla. Da 20 anni a questa parte la Cgil (e il sindacato in generale) ha smesso di fare il sindacato e la certificazione di questo l’hanno data loro, con quella mostra.
Mi sembra che sia comprensibile a tutti allora chi abbia goduto e chi abbia pianto, ed ancorpiù se mettessimo a fuoco la deviazione avvenuta sul concetto politico di quelli che una volta si chiamavano ”interessi”. E dato che oggi proprio per l’affermazione dell’etica del tramonto degli ideali assommata a quella della sottocultura della scuola che ha permeato l’intera società sia produttiva sia politica, non si sono formate più generazioni che abbiano la consapevolezza di tutto ciò,vediamo che chi ha prevalso sono i meri interessi che ci stanno ripetendo che il mondo sia cambiato e che misurarlo con lo stesso metro è una cosa fuori tempo ed anche vana.Cosa resta al mondo del lavoro Giangiacomo Rossi se non inchinarsi alla nuovo verbo ed in particolar modo all’eliminazione progressiva dei diritti dei produttori conquistati ua volta con sacrifici e sangue? Oggi come sempre non sono mancato a scendere in piazza con i sindacati e partecipare alla manifestazione con tanto di sindaci, fasce tricolori e banda con majorettes davanti alla stazione ferroviaria, ma mentre la musica suonava l’inno dei lavoratori,l’inno d’Italia ed altre canzoni antiche di protesta e le majorettes ballavano in gruppo , a quelle note tanto udite da quando ero piccolo che per me e per parecchi hanno rappresentato degli ideali forti e la consapevolezza della necessità che si potessero affermare, oggi appunto guardavo quelle ragazzine che danzavano felici e divertite a tempo di musica, pensavo fra me e me quale futuro sarà loro riservato se il mondo del lavoro non ha più la forza di opporsi alle nuove sfide sistemiche che si sono già affermate all’interno della nostra società. Dal lavoro-lei Rossi mi insegna che provenga tutto o buona parte del tutto-ma si stà avverando un impari lotta fra le forze che vorrebbero mantenere ed estendere i diritti oggi in via di conculcamento e quelle che rappresentano la concezione di un liberismo che si traduce nei fatti a non riservare spazio alcuno per i sottoposti poichè l’automazione che reca con se un concetto di inevitabilità, applicata ad un sistema iniquo non fondato dagli operai e dalle classi subalterne ma fondato ed affermato da classi sociali che guardavano e che guardano al proprio esclusivo profitto,scardinano anche il concetto di Stato Mediatore delle vecchie teorie keynesiane ed esprimono tutta quella forza dirompente ed assoluta propria del capitalismo monopolistico. Allora come la mettiamo nei riguardi di un sistema che hanno detto produca la democrazia ? Purtroppo personalmente non ho una risposta nè le facoltà che possano tracciare una strada da dove possa uscire l’umanità che dall’affermarsi della civiltà industriale in poi ha sempre costantemente subìto la pressione economica dei ceti orbi,abbienti ed accumulatori e li ha contrastati quando si organizzavano e lottavano per i loro diritti a fruire degli scarsi proventi del loro lavoro quasi sempre salariato.Oggi, con la globalizzazione il problema si è esteso a tutto il mondo ma risiamo sempre al solito assioma della contraddizione fra i bisogni e la scarsità di risorse.E allora, probabilmente se si ha chiara questa contraddizione che non è provocata dai singoli produttori o dai singoli operai (identifichiamoli con tali parole anche se spesso oggi siano sempre di meno nel nostro emisfero occidentale) ma contraddizione provocata dalle prerogative e dalle peculiarità che in pratica fanno la NATURA DEL SISTEMA.E tale natura è antitetica alla soddisfazione dei bisogni poichè si producono in presenza di tali contraddizioni tutte quelle discrasie che oggi stiamo sopportando. invertire la tendenza è quindi un imperativo ma purtroppo non mi faccio illusioni che la tendenza oggi di fronte ad una umanità guidata come delle marionette a teatro, la si possa invertire se non solo in presenza di grandi tragedie.Da queste,se si farà in tempo, si potrà risalire e superare tali muri ed USCIRE DA TALE SISTEMA, altrimenti per quasi 5 miliardi di persone sarà l’estinzione progressiva guidata dai rimanenti 3 miliardi dei quali 1 miliardo abitanti in occidente.Con la variazione climatica forse a parecchi italiani è sfuggita una notizia che è quella che se continua tale andazzo del clima e del riscaldamento entro 15 anni la fascia dell’italia centrale si avvicinerà alla desertificazione con tutte le conseguenze.Sembrerebbe impossibile detto questo oggi, quasi catastrofismo gratuito, ma i prodromi già ci sono e si manifestano anche a livello della psicologia di massa ed anche attraverso una trasformazione velocissima dei comparti produttivi alle prese con l’automazione e l’intelligenza artificiale.Anche per quest’ultima si pensa veramente che applicata all’interno di questo sistema di cui parliamo possa produrre benessere per gli individui se applicata nei fatti e guidata dal meccanismo produttivo monopolistico e solo a parole da uno Stato controllore che controllore sarà solo sulla carta perchè svuotato di ogni prerogativa a limitare la famelicità dei capitali ?
Pensiamo veramente che le grandi Corporations possano limitare nella concorrenza fra loro ed autoassolversi nell’apposizione di paletti che limitino le loro azioni ? Sarò monotono- perchè l’ho citato più volte- ma probabilmente la memoria della maggior parte dei lettori è fallace e non tiene presente- anzi è tendenza attuale di evitare la critica dei massimi sistemi perchè la ritiene inutile ed anche talvolta improduttiva e dannosa- ma la risposta non solo economica ma politica a tutto questo l’ha già data un vecchio professore statunitense dl nome Paul Sweezy molti anni fa quando disse: ”Il capitalismo è organizzato ai fini del profitto non della sopravvivenza.Qualsiasi politica esso adotti è orientata direttamente od indirettamente a salvaguardare il sistema del profitto ed a massimizzare i profitti nel quadro di tale sistema.La strategia globale controrivoluzionaria serve ad entrambi gli scopi e pertanto riceve lo schiacciante consenso della struttura produttiva e di potere del sistema. Di tale sistema il paese guida sono gli Stati Uniti d’America e nelle condizioni di monopolio oggi dominanti negli Stati Uniti tale sistema è penetrato in ogni parte del globo dopo il crollo dell’URSS e pertanto espandere al massimo i profitti significa ridurre al minimo i posti di lavoro.Il sistema monopolistico non muterà la propria natura, nessun sistema sociale lo ha mai fatto nè mai lo farà. A questo dovranno pensare le sue vittime.” Paul Sweezy, dal New York Times di ben quasi 70 anni or sono(6 Settembre 1963) !! Molte cose sono cambiate da allora? Si molte, ma tutte comunque riconducibili all’impossibilità di superamento di tale studio e teorizzazione.Si, c’è stato il crollo dell’URSS,le rivoluzioni anti imperialistiche,nuove entità e realtà si sono affacciate nella realtà globale,ma il sistema dominante è rimasto lo stesso e sono rimaste ed anche affinate le peculiarità per le quali si possano dominare stati e nazioni essendone anche al di fuori,ma la realtà globale ed economica e che produce il modo di pensare dei popoli a contatto con il sistema che hanno di fronte è quella delineata dallo studioso che ho nominato….e forse sforzandoci anche non molto, diciamocelo francamente che dentro tale teoria ci si possa vedere anche l’attualità di ciò che disse Karl Marx quando parlava che il Capitalismo avrebbe prodoto la schiera dei propri seppellitori.Il brodo oggi si è allungato e si sono allungati anche tempi per tale predetta ipotesi,ma alla fine se il pallone viene premuto oltre i limiti della sopportabilità come succede oggi, poi scoppia e come tutti gli avvenimenti della storia può produrre due cose: o l’asservimento e la riduzione ad automi della maggior parte dell’umanità, cancellando i tratti essenziali della natura umana in ogni uomo che a tanti oggi piace identificare come ” evoluzione”, oppure dall’altra parte una consapevolezza ed una progressiva attuazione che le contraddizioni e le conseguenze scaturite da tale scoppio portino ad una diversa e sostanziale organizzazione dell’esistenza umana.Alla fin fine una terza via non credo possa esistere perchè sarebbe un ricadere di nuovo nelle spire del sistema che tutto questo percorso ha prodotto.nessuno ha la sfera di cristallo e tutte le eventualità sono aperte,ma una cosa è certa ed è quella che la maggior parte della gente debba lottare per quel concetto che si chiama: ripartizione della ricchezza prodotta e che è oggi contrastato dall’egoismo umano, egoismo individuale ed anche collettivo,che usati da chi dirige il complesso mediatico rischiano di produrre conflitti, guerre e distruzioni e miseria.Ecco il motivo primo perchè le classi sociali subalterne debbano tener conto di questo e lottare per affermare il loro diritto all’esistenza, poichè in caso contrario i primi a pagare come è sempre stato sarebbero proprio loro.E allora riflettano se di tutto questo ne valga o meno la pena.Viva il Primo Maggio ed il suo significato !!
Dunque, districandomi nella consueta brevità e linearità, mi par di comprendere che a suo dire il problema di base consiste nel forte squilibrio che si è progressivamente creato tra i fattori della produzione, Lavoro e Capitale, con il secondo che avrebbe vieppiù schiacciato il primo, in particolare con l’avvento dell’ “economia di carta” che muove valori enormemente superiori a quelli dell’ economia reale grazie agli strumenti con leva. Fin qui concordo che sarebbe auspicabile un riequilibrio nella ripartizione della ricchezza, e quindi una maggior tutela del lavoro, nell’ interesse di tutte le parti in causa, non solo di chi, per usare le sue parole, “ha pianto”. Quello su cui non concordo sono gli scenari verso cui stiamo andando, a mio modo di vedere eccessivamente catastrofisti e irrealistici. In ambito di mercato del lavoro, come sottolineato altre volte, stiamo assistendo a una progressiva carenza di offerta e questo necessariamente porterà ad una maggior remunerazione e tutela del lavoratore, in quanto è finito il tempo del “non ti sta bene? Alla porta ce ne sono altri cento che aspettano”. Quindi non serve alcuna lotta di classe, in quanto il mercato del lavoro, come tutti i mercati, si regola da solo in base alla legge della domanda e offerta. Riguardo allo scenario apocalittico da lei descritto, in cui sopravvivremo solo in 3 miliardi di persone che vivono in Occidente e BRICS, stia certo che non si verificherà mai, perchè quella gente là si riproduce a ritmo accelerato, altro che estinguersi, casomai nel tempo ci invaderanno senza muovere alcuna guerra. La mia povera mamma, a proposito di persone poco abbienti (ma non straniere) che mettevano al mondo eserciti di figli, diceva sarcasticamente “Andate e moltiplicatevi, popolo cencioso!” . Ovviamente il sarcasmo non era verso la condizione di indigenza, ma verso il fatto che nonostante tale evidente carenza di risorse, non esitavano a moltiplicarsi fuori controllo. Ebbene, aveva ragione. Quindi, stia pure sereno.
Infatti tutti i dati riguardanti il lavoro-soprattutto quello subordinato- confortano il suo discorso? Mi sembrerebbe il contrario,dal momento che i poveri non solo in Italia ma nel mondo aumentano di numero ed i ricchi diminuiscano di numero.Forse lei prende spunto dal settore precipuamente che la riguarda e che richiede mano d’opera più specializzata ma si renderà conto che non è il solo settore dell’economia.Non a caso diverse centinaia di migliaia di immigrati sono impiegati nelle raccolte agro-alimentari nel sud italia, e davanti alla porta della ditta c’è la fila,quindi mi sembra che sia l’esatto contrario di ciò che dice.La richiesta di specializzazione del lavoro che riguarda il suo settore posso capirla ma non tutti i settori hanno comunque degli operai specializzati perchè anche nel suo settore è richiesta fino a prova contraria mano d’opera primaria.Per quanto riguarda ” il mercato del lavoro che si regoli da solo” codesto discorso cozza platealmente con i risultati dell’immigrazione e dell’ingrandimento delle fila di coloro che un lavoro lo cercano e quel detto della fila davanti alla porta-certo non parlo dei lavori specializzati logicamente- è attuale e produce i suoi effetti.E gli altri che sono in quella fila dove vanno se non ad ingrossare un altra fila, quella si della disoccupazione o dell’occupazione a tempo determinato sempre più corto ? Quindi vede che ciò che dice non è reale soprattutto tenuti presenti i grand numer che poi sono in effetti quelli che contano.Se non altro nella recessione che stiamo affrontando le possiblità economiche della popolazione si riducono ed i consumi conseguentemente anche.I dati italiani di esaltazione da parte del governo delle cifre incrementanti l’occupazione sono da intendersi indici temporanei e che vengono da politiche precedenti o che comunque hanno gravato poco sull’aspetto generale dell’occupazione perchè per avere dei dati credibili occorrerebbe guardare quale sia stata la situazione all’inizio dell’insediamento del governo e quale sarà all’uscita e ciò che vale quindi si dipana in un tempo più lungo.Personalmente non mi illudo e credo che le risorse per chi lavora in futuro saranno ancora di meno e questo non sarà tanto per l’invecchiamento della popolazione che pure esiste ma proprio per la depressione e la mancanza di investimenti; un cane che si morde la coda quindi e che è parte integrante della cosiddetta ”stagflation” mentre le tendenzali ultime tendenze alla riduzione dei tassi di interesse non sono altro che temporanei rattoppi e sorsatine d’acqua all’assetato.Per la mia tranquillità o meno per il futuro dice lei ? Mah, cosa le debbo dire…io credo che non siamo mai stati vicino dal dopo guerra ad oggi ad una crisi mondiale e globale che riguarda non solo il clima e quindi l’economia e la vita di centinaia di milioni di persone ma anche la sicura sovrapposizione delle popolazioni l’una con l’altra a causa di un movimento che non si ferma che si chiama movimento migratorio.La causa ? L’aspirazione ad una vita migliore di quella che centinaia di esseri umani conducono oggi nelle ristrettezze del loro habitat;ristrettezze dovute a conflitti, clima e povertà conseguenti.Il concetto della ripartizione della ricchezza del quale lei-guarda caso al condizionale lascia intendere dicendo che POTREBBE essere giusto- la avviso che non è un opzional ma deriva da una necessità storicamente conculcata.E’ il modo di produzione capitalistico che evoca necessità delle quali non se ne può razionalmente fare a meno nello sviluppo prima tecnologico poi culturale che ne consegue.E credo che sia anche questo ma non solo questo che è diabolico e che darà l’impulso e la spinta a cambiare il futuro della società.Ma risiamo sempre lì’ Rossi, ai soliti discorsi che facevamo mesi or sono e della loro interpretazione che eticamente dovrebbe a regola essere più corretta possibile e scevra da costrizioni e forzature nel ciclo della ripartizione della ricchezza prodotta.Difatti fra i tre fattori della produzione Natura, Lavoro e Capitale, la retribuzione spettante al Capitale risulta ai dati anche quelli attuali della ricchezza globale,talmente e smisuratamente sbalestrata a favore di quest’ultimo. E allora ” l’anima” del suo discorso nella risposta che lei ha dato, non mi sembrerebbe proprio plausibile,anche perchè la maggior parte delle difficoltà e le discrasie che stà attraversando il mondo mi sembrerebbe che siano per la maggior parte dovute ad uno sviluppo che non esiste se non per pochi che sono sempre di meno.
Non si limiti a una fotografia della situazione attuale, ma dia tempo al tempo. Il quadro da me delineato non ruguarda solo il mio settore ma molti altri, quali il turismo e l’ industria in genere, e il progressivo invecchiamento della popolazione non può che accelerare tale tendenza. Sul problema della distribuzione della ricchezza in genere, per allargare la visuale, come le ho fatto notare altre volte, non è interesse del “capitale” concentrarla in sempre meno mani e affamare il resto della popolazione, altrimenti poi questa non consuma e non alimenta il giochino (si ricorderà quel vecchio spot ai tempi del Berlusconi 1 in cui lui diceva serafico “fai acquisti, così l’ economia gira!”).
E comunque al momento non esiste un modello di sviluppo alternativo in cui ci sia una ripartizione più equa dell’ attuale, per cui io ci andrei cauto con l’ evocare rivoluzioni. C’ era un bel film di circa 10 anni fa, Snowpiercer, che parlava di un treno in cui erano costretti a viaggiare gli ultimi 2-3000 abitanti sopravvissuti della terra in seguito a una glaciazione dovuta a un maldestro esperimento per contrastare il surriscaldamento globale. Nei vagoni di testa vivevano i ricchi, tra agi e lussi, in quelli di coda i poveri, che ogni tanto tentavano delle rivolte. Nell’ ultima delle quali, il risultato fu di distruggere il treno e quindi morire tutti quanti, ricchi e poveri…al che era meglio se tutto fosse rimasto al suo posto.
Scusi Giangiacomo ma io la cattiva abitudine quando sono al cospetto degli avvenimenti a domandarmi se esista sempre l vecchio detto ‘Cui prodest”.Lo faccio anche al cospetto del suo esempio del treno che certamente converrà che la sostanza di quanto dice è per lo meno tre-quattro secoli che gira per il vecchio continente.Metternich ne sarebbe lusingato anche perchè chiaramente la condividerebbe pienamente e se l’avrebbe condivisa lui figuriamoci se potesse rappresentare l’avanzamento per i sudditi… …Codesto del treno potrebbe definirsi anche il classico giuochino di intenzioni affinchè tutto rimanga tale e quale com’è.Ma non discutiamo di strategia della filosofia politica ma parliamo di cose più materiali e reali, quali- come dice lei- la strategia del Capitale perche si tratta non tanto di teoria ma di cose terrene. Al quale capitale- secondo lei- non convenga lo status di bisogno dei consumatori diversamente nessuno potrebbe consumare e giocoforza se non si consuma non si produce e quindi non si fa profitto e da questo nemmeno l’investimento? Mi scusi Rossi ma non crede che tutto questo non sia chè la rituale litania per la quale l’economia debba girare come abbiamo visto dalla storia economica dalla grande crisi del 1929 in poi ? E allora se è così e visto che anche lei dice”andiamoci piano con le rivoluzioni” ed il suo è un discorso dove esiste prudenza e consapevolezza ma sembra allo stesso tempo non valutare che sia la stessa teoria del capitale contraddittoria per cui esiste come ” entità di capitale” solo se possa produrre profitto altrimenti non esiste poichè diversamente si annulla nello stesso mercato che crea,le domando se non crede che proprio sia questa una prerogativa interna alle forze del capitale stesso che non sono separabili da esso ma sono manifestazioni che lo facciano nascere,produrre e morire quando ess stesso crea quelle condizioni per le quali la gente s’impoverisca e non comperi ? Mi sembrerebbe una constatazione semplice, proprio anche guardando alla storia dello sviluppo economico ed alle sue teorie. Non sono un economista ma non c’è bisogno di esserlo per riconoscere che sia il capitale il motore che tiene accesa tutta la macchina produttiva insieme ai suoi investimenti ma tenga presente che il tutto è un film che agisce in un mercato, ad una certo periodo di tempo ed in presenza di una domanda che è lo stesso capitale a promuovere perchè il ciclo possa continuare,ma purtroppo non all’infinito.E caro Rossi, qui mi sembra che siamo agli sgoccioli perchè non c’è bisogno come dice lei di essere catastrofisti o di non dormire sonni tranquilli ma il mondo è popolato da 8 miliardi di persone e non si riequilibra perchè qualche governo decida di socializzare le risorse od al contrario di continuare a privatizzarle ma tale mondo è soggetto alla legge del capitale che ho appena citato, tutto quanto funziona in quel modo e quindi il fronte che noi europei dovremmo fronteggiare è quello di pensare che l’economia non funzioni più come ha funzionato fin’ora. Un modello alternativo non esiste? No, non esiste ma questo non deve essere un motivo per accettare l’esistente o fare delle correzioni che politicamente nulla risolvono oppure che riescono intenzionalmente come dei soli palliativi per allungare temporalmente il brodo (il sistema pur di non cambiare strutturalmente accetta tutto e non è che si vergogni di lanciare il credo del riformismo al quale si genuflettono in primis tutti i governi occidentali perchè è diventata l’unica teoria che credono li possa mettere al riparo dagli scossoni violenti )Il bello è che ci credono solo loro perchè le contraddizioni od almeno la maggior parte di queste fin’ora le hanno scaricate sugli altri paesi dove le tensioni si sono accumulate e per risolverle non ci vanno tanto di scartina : producono le guerre !! Termino il tedio e domando che cosa sia allora che produca tutto questo e da cosa dipenda il desistere al cambiamento se non la gabbia-ancor prima chè economica- quella morale, che fa si che chi vota nelle sedicenti democrazie voti per il mantemimento di cio che in buona parte ci affossa e ci ha fatto arrivare fino al punto in cui siamo non e non invece per andare verso una speranza di sostituzione che dovrebbe essere quella di allargare gli orizzonti e le tasche. E nessuno dica che tale speranza sia assimilabile ad un credo religioso, perchè anche quello fà parte della propaganda quando non si hanno più certezze ed è lo stesso sistema che lo contiene a proporlo ai deboli e verso quest’ultimi in genere il giuochetto riesce quasi sempre.Lo dimostra chi da oltre 2000 anni esiste ed è sopravvissuto a governi e ad imperi e possiede le migliori truppe : i poveri !. Che esistono proprio per quelle prerogative interne al Capitale che ne contraddistinguono la natura di quest’ultimo ,ma capisco che sia complicata la storia,mentre complicata non è per chi la mette in atto e soprattutto per chi di tale legge se ne avvale e pensa che in futuro se ne possa semprepiù avvalersene.Upton Sinclair, esimio giornalista e scrittore diceva sempre: ” E’ difficile far capire qualcosa ad una persona il cui stipendio dipende dalla facoltà di non capirla”.Sarcastico ? Mica poi tanto tanto …..perchè verso i cosiddetti ”poveri” funziona. Ma mi accorgo e sò benissimo che io e lei diciamo alla fine sempre le stesse cose e sempre gli stessi concetti sia da una parte chè dall’altra ormai e non sono un segreto per nessuno.
Il criterio del “cui prodest” in linea di massima difficilmente sbaglia, pertanto applicato agli obiettivi del Capitale a mio avviso calza: se la ricchezza si concentra in troppe poche mani, e per contro, si estende la povertà, il meccanismo si inceppa. Ma essendo l’ essere umano una creatura decisamente imperfetta, e per lo più avida, il giochino finisce per sfuggire di mano e il treno va a sbattere, come ad esempio in occasione delle crisi del 1929 e del 2008. Il problema non è il modello capitalistico di per sé, ma l’ utilizzo scriteriato delle leve finanziarie, in particolare quella del debito, sulla quale poi si costruisce tutta una sovrastruttura di prodotti collocati sui mercati. Ad ogni modo, non trovo del tutto condivisibile l’ analisi secondo cui la povertà sarebbe in aumento. Lo è in parte nei paesi occidentali, ma guardando al mondo nel suo complesso no. Oggi ci sono centinaia di milioni di cinesi, russi e altri comprano auto, vestiti firmati, vanno in vacanza, ecc., mentre fino all’ altro ieri a malapena potevano mangiare una ciotola di riso. Certo, ci sono anche lì le ineguaglianze, anzi, rispetto a noi ce ne sono assai di più, altro che manifestazioni del primo maggio…Quello che voglio dire, ma lo avrà capito e tutto sommato condivide, certo che è possibile fare meglio, ma prima di far deragliare il treno, serve un’alternativa credibile. Che al momento non c’è e non può essere una rivoluzione come quelle del passato.
Bene. Mi sembra che abbiamo chiarito due cose.La prima è lapalissiana ed è quella che non ci sono altri modelli e quindi è giocoforza che occorra accettare l’esistente anche se credo doverosamente in maniera molto critica poichè teniamo conto che per validare un modello alternativo su tal genere occorra lo spazio di qualche generazione per lo meno….la seconda è quella che dice lei relativa alle leve finanziarie applicate ma che sono da ritenersi tutte interne al modello di cui abbiamo visto il concretizzarsi nel 1929 ed anche nel 2008 e cioè -come dice lei -l’utlizzo scriteriato delle leve finanziarie.Io credo che però lei dicendo tale verità inconfutabile abbia trascurato le ragioni di ” tale utilizzo scriteriato”,ragioni che sono appunto tutte interne al modello e fanno parte dell’etica di questo.E questo è il contenuto del mio precedente intervento.E che facciano parte di tale etica lo rivelano i movimenti sinusoidali dello sviluppo e nemmeno tanto robusti che debbano essere ricercati dal 1929 al 2008 e cioè quelli delle crisi più limitate, settoriali e compensate più che altro dalle leve delle variazioni guidate dalla politica economica sui tassi d’interesse delle varie banche centrali.Ma non addentriamoci nello specifico perchè sarebbe logico rimanerne al di fuori diversamente non se ne esce più.Posto che il fatto di augurarsi sia una cosa e la realtà materiale un altra, credo che possa essere logico per l’analisi superficialissima che facciamo, guardare al passato ed al presente e dire che alla crisi del 1929 è corrisposta qualche anno dopo la seconda guerra mondiale e dopo questa la guerra fredda durata mezzo secolo, che ha visto nascere e venire alla ribalta del mondo nuove entità come ”decolonizzazione” e la Cina, con la premessa che qualcosa sicuramente è indicativanella dinamica mondiale,e cioè che fino al 1971 la stessa Cina non era stata ammessa all’ONU e la maggioranza delle nazioni del mondo sotto l’egida statunitenze aveva votato perchè la rappresentanza all’ONU fosse quella di Taiwan,fregandosene ampiamente che nella Cina continentale esistessero 1 miliardo di persone.basterebbe questo ad aprire uno squarcio su quale sia stata la storia da dove proveniamo e tenerla in debita considerazione per il futuro.si ricorda a tale proposito forse che lei possa aver sorvolato nella sua analisi che ad un certo punto del mio logorrico discorso diceva che ” il primo passo dipende dall’ultimo e che l’ultimo dipenda dal primo” ? Ne conseguirebbe soprattutto oggi che l’informazione è più diffusa di quello che era ieri per comprendere che ormai il peso del mondo occidentale stia diminuendo nei confronti di quello del resto del mondo ma vedo che la nostra politica di questo non ne voglia prendere atto e lo ritenga un pericolo talmente esistenziale per il quale se il piatto della bilancia su cui l’occidente appoggia la sua influenza sistemica possa decrescere, siamo tutti pronti a suonare la tromba dei venti di guerra, fare le sanzioni e bastonare i BRICS con la clava tenuta in mano da altri (vedi Ucraina) tanto gli USA sono al di là dell’Oceano e solo una guerra atopmica mondiale(Dio non voglia…) possa interessarli e che possa colpire il loro territorio, ma l’Europa resterebbe la casa da conquistare secondo la dottrina occidentale sia da parte russa chè da quella cinese. A tale ipotesi credono molti, soprattutto-guarda caso- coloro che hanno da perdere e per iniziare la difesa del loro fortino oggi sono tutti uniti contro la Russia e la Cina perchè così parlano i piani occidentali riscuotendo pieno successo sia dai governi sia dall’Europa come entità che li raggruppa. Allora,credo che il modello del quale abbiamo parlato abbia terminato la sua fertilità e produca semprepiù frutta secca.Occorrerebbe piantare nell’orto globale un altra pianta, una pianta che tenga presente la quantità di popolazione ma soprattutto un sistema economico e sociale che possa essere radicalmente diverso da quello capitalista che ha esaurito la sua spinta, perchè soddisfa-e lo abbiamo visto- sempre minor numero di popolazione e ne affama semprepiù un numero maggiore. Un modello che sia di natura socialista nella struttura della ripartizione della ricchezza prodotta, guidata da stati e da princìpi ai quali nessuno possa sottrarsi perchè la ricchezza prodotta possa essere messa a disposizione di una ripartizione più congrua ed umana, più vicina ai bisogni di tutti.Chi è che possa ribellarsi ad una tale ipotesi se non chi possegga oggi richezza tale da poter pesare per le sorti del mondo e privilegiare il suo futuro se non chi detiene la maggior parte di tale ricchezza ? Mi sembra ovvio quale sia la parte politica che spinga a senso contrario facendo allungare il brodo ma producendo altresì contrasti, guerre,scossoni semprepiù violenti nella speranza di poter fermare tale nuova eventualità che oggi possa anche essere solo un embrione di pensiero.Ma Giangiacomo, la storia ne è testimone, sia quella vicina sia quella più lontana che alla struttura capitalistica moderna che produce differenze sostanziali oggi nel mondo si sostituiirà certamente anche attraverso crisi violente una tendenza che arriverà a sostituirne la guida.L’alternativa a questo è una sola: la guerra globale che viene fuori, prende forma e giustificazione dall’etica del capitalismo. C’è poco da fare questo è quanto. A fermare tale eventualità dovranno essere soprattutto chi ha da guadagnare e nulla da perdere che sono i più, cioè i cosiddetti per antonomasia ”i poveri”, cioè quei 6 miliardi, perchè per gli altri 2 miliardi il mondo può sprofondare con la logica che da loro è stato guidato fino ad oggi e che nello stesso tempo si è posto a motore della macchina che ha prodotto quei 6 miliardi che come diceva sua madre dalle sue parole chiamava ”popolo di cenciosi andate e moltiplicatevi”. Ci sarebbe da dire una cosa rispetto a tale problema che credo culturalmente sia evidente a tutti tranne a pochi, ma che dove c’è miseria c’è anche ignoranza e sono cani che l’uno all’altro si mordono la coda e che faccia rinserrare le persone in una prigione esistenziale, proprio per comportamento naturale umano e si producono anche figli proprio perchè a certi livelli l’accoppiamento fra i sessi di tal ”popolo dei cenciosi ” rappresenta anche l’unica o quasi valvola di sfogo dell’essere umano nella sua accezione di animale; ma ci sarebbe da comprendere- e per certi non è facile perchè non solo non vivono codesta condizione materiale ma anche perchè non ne vengono toccati per loro fortuna- che anche questa condizione sia dettata dal sistema economico chiamato capitalismo nella sua produzione di abbrutimento che procura alle persone.E allora Giangiacomo nel mondo c’è tanto da cambiare, spesso molto più di quanto uno si possa immaginare.Ma questo fa parte anche del nostro bagaglio culturale e ci tengo a dirlo che non sconfina e si confonde con quello ”religioso” con il quale non ha nulla a che vedere, sia per genesi sia per teoria politica ed analisi storica.