SEGRETARIO PD: IL PROBLEMA NON E’ ELLY SCHLEIN. E’ NELLE REGOLE FASULLE E NELLA STRUTTURA DI CARTA DEL PARTITO

mercoledì 07th, dicembre 2022 / 16:30
SEGRETARIO PD: IL PROBLEMA NON E’ ELLY SCHLEIN. E’ NELLE REGOLE FASULLE E NELLA STRUTTURA DI CARTA DEL PARTITO
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Ieri, dopo l’articolo sulla candidatura di Elly Schlein a segretario nazionale del Pd, nel quale chiedevo al segretario senese Valenti di farmi sapere quali moduli dovevo compilare per candidarmi anche io (era una provocazione, evidentemente), Valenti ha risposto così: “Dunque, serve un documento politico, che deve essere sottoscritto da almeno il 30% della Direzione Nazionale, o dal 15% dell’ Assemblea Nazionale, oppure da 4000 iscritti in almeno 12 Regioni. Poi passi al voto. Prima degli iscritti, poi primarie. In bocca al lupo”.

L’ho ringraziato per la rapida risposta e per la gentilezza. Però il problema resta. Quando, come, con quali procedure Elly Schlein e gli altri autocandidati (per ora Stefano Bonaccini e Paola De Micheli) hanno ottenuto il sostegno del 30% della direzione nazionale, o del 15% dell’Assemblea Nazionale, o in alternativa, di 4.000 iscritti spalmati su 12 regioni?

Può essere che mi sia sfuggito, ma non ho letto niente, da nessuna parte, che parlasse di iniziative in tal senso. E se ci fossero state ne avrei avuto sentore anche a livello locale, perché a Chiusi o nei paesi vicini qualcuno si sarebbe mosso e avrebbe cercato adesioni dentro il Pd per sostenere l’uno o l’altro candidato… No?

Eppure tutti e tre si sono già candidati, hanno fatto sapere che correranno alle primarie. La Schlein, come scritto nell’articolo di ieri, ha anche organizzato una convention nazionale a Roma domenica scorsa. Ce l’ha già l’appoggio di 4.000 iscritti o del 30% della Direzione o del 15% dell’Assemblea? E lo stesso discorso vale per Bonaccini e per la De Micheli, che a differenza di Elly Schlein almeno sono iscritti al partito.

Quando, come, dove, con quali modalità hanno raccolto le firme necessarie negli organi dirigenti nazionali o tra gli iscritti di almeno 12 regioni, per supportare le loro candidature? Oppure basterà ottenerle al momento dell’ufficializzazione?

Tutto ciò ha il sapore di una battaglia finta, esclusivamente mediatica e tutta interna al gruppo dirigente attuale, dove Elly Schlein è un po’ meno organica degli altri, non essendo neanche iscritta (è stata candidata da indipendente anche alle politiche del 25 settembre scorso, non un secolo fa), ma solo un pelino meno. Perché sono quasi 10 anni che il Pd o qualcuno dei suoi cespugli la candidano qua e là…

E’ chiaro che i “parametri” che indica Andrea Valenti per potersi candidare a segretario nazionale (ammesso che valgano davvero per tutti)  presuppongono o un lavoro di lobbing all’interno della ristretta cerchia dei gruppi dirigenti, basato su cordate e correnti, oppure un’azione organizzata regione per regione, nei circoli di città e paesi per arrivare alla firma di 4.000 iscritti. Per farlo serve solo una cosa: una task force organizzata, un comitato elettorale, che faccia appunto azione di lobbing anche nei circoli. Magari composto da ragazzotti presi su dalle “Sardine” e assunti con contratto a tempo determinato come i “navigator”…

Questo è il quadro. E tutto ciò con la politica e con una fase congressuale di un partito c’entra poco o nulla. Più nulla che poco. Non c’è uno straccio di un’idea, una indicazione di dove si vuole andare a parare – lo ha detto di recente anche Rosy Bindi -, c’è solo una diatriba labile e fasulla su alcune figure. Nessuna delle quali, diciamolo, sembra avere le physique du role per fare il leader di un partito di massa come vorrebbe essere il Pd. La De Micheli è una parlamentare, con qualche esperienza di governo, ma che ha mostrato come capacità principale quella di saper galleggiare e di rimanere sempre a galla. Bonaccini è un amministratore regionale, espressione di quel pragmatismo emiliano che è sempre stato il tratto distintivo di una sinistra che faceva politiche di destra. E’ pure uno di quei dirigenti cresciuti nell’onda montante del renzismo. Può senza dubbio essere considerato un bravo governatore. Ma fare il segretario del partito non è la stessa cosa, non è come fare il ministro o il presidente di regione. Elly Schlein è giovane, brillante, moderna, parla molte lingue, ha tre passaporti, dei tre è senza dubbio quella più spostata a sinistra e verso il mondo e una visione ecologista, ha un eloquio accattivante, forse anche verso strati giovanili ormai lontani dalla politica. Ma non è Rosa Luxemburg. E’ una giovane privilegiata e in carriera. Molto brava a ottenere candidature, meno determinata a mantenere fede agli impegni assunti. Eletta al Parlamento Europeo lo la lasciato poco dopo, eletta in Regione Emilia Romagna ne diventa pure vice presidente, ma dopo due anni lascia anche lì, per andare in Parlamento… ora si candida a segretario nazionale del Pd…

Dovendo scegliere, fra i tre io sceglierei Elly Schlein. Ma questo non significa che sia la soluzione giusta. Né tantomeno che siano giuste e fatte bene le regole che il Pd si è dato per eleggere il proprio segretario. E questo è il nodo. La questione non è nei nomi. Ma nel metodo, che è sostanza. Un partito importante che accetta che una persona non iscritta a due mesi scarsi dalle primarie, possa diventare segretario nazionale ricorda il famoso club di cui parlava Groucho Marx: “non mi iscriverei mai ad un club che accettasse tra i suoi soci uno come me”. Groucho faceva il comico e non c’entra niente con Karl e con il comunismo. Ma le sue frasi demenziali e tranchant al Pd si attagliano benissimo.

L’impressione è che il Pd non sapendo dove mettere le mani, né dove andare, si stia barcamenando nella ricerca di qualche figura che possa funzionare almeno a livello mediatico. Sta facendo marketing, non politica.

Anzi sembra che stia cercando un alieno… un podestà esterno che ne prenda il comando, come facevano le città nel ‘500 affidandosi ad un capitano di ventura che magari l’anno prima era al soldo nel nemico…

Per sicurezza nell’informazione e per scrupolo, dopo aver chiesto al segretario provinciale Valenti cosa servisse per autocandidarsi, adesso, da queste colonne chiedo alla segretaria Pd di Chiusi Simona Cardaioli e ai segretari di circolo del territorio, anche in Umbria, se loro hanno raccolto firme o hanno avuto notizie di raccolte firme nei circoli a sostegno dei vari candidati. Nel caso, quando e con quali modalità?  E infine se hanno nelle mani i documenti politici accompagnatori presentati dai candidati. Indispensabile averli, per poterli confrontare. Se i Pd non è un partito di carta, qualcosa deve essere successo, qualcosa in mano i circoli dovranno avere, altrimenti…

Ovvio che in assenza di risposte o di azioni reali in tal senso, l’impressioe che sia tutta una manovretta interna al palazzo tra pedine intercambiabili, affinché tutto resti come prima, ne uscirà purtroppo, rafforzata. Se nulla è successo nei circoli, di cosa stiamo parlando?

Del resto anche Enrico Letta, quando fu eletto segretario, dopo Zingaretti, disse ai militanti: “non avete bisogno di un nuovo segretario, ma di un nuovo Pd”. Ecco quella frase anche Letta l’ha totalmente disattesa. E si è visto come è andata a finire.

Marco Lorenzoni

 

 

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