CITTA’ DELLA PIEVE, IL PRESEPE DIPINTO (E D’AUTORE) PIU’ GRANDE DEL MONDO

CITTA’ DELLA PIEVE, IL PRESEPE DIPINTO (E D’AUTORE) PIU’ GRANDE DEL MONDO
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Dicembre è il mese del Natale. E anche dei presepi e degli alberi di Natale. L’Umbria in questo senso è senza dubbio in prima fila. A Gubbio c’è l’abero di natale più grande del mondo, fatto illuminando all’uopo il fianco di una montagna. A Castiglione del Lago si fa l’albero più grande del mondo “in acqua”, illuminando con migliaia di lampadine il lago Trasimeno. Forse pochi sanno però che a Città della Pieve c’è il presepe d’autore più grande del mondo. No, non è quello pur bellissimo e suggestivo che viene allestito dal Terziere Castello nei sotterranei di Palazzo della Corgna. Parliamo di un presepe dipinto. E dipinto non da un pittore qualunque, ma dal figlio più illustre di Città della Pieve: Pietro Vannucci, detto il Perugino. uno dei “maestri” del Rinascimento italiano di cui nel 2023 si celebrerà il cinquecentenario della morte. Il presepe in questione – citato anche sulla pagina facebook “città della Pieve and friends” – è il notissimo dipinto monumentale “L’adorazione de Magi” che il Perugino realizzò nel 1504 nell’Oratorio di Santa Maria dei Bianchi, proprio nella via centrale di Città della Pieve oggi “Corso Pietro Vannucci”. Si tratta di un affresco di misure ragguardevoli: 6 metri e mezzo per 7 che raffigura la capanna di Betlemme con la Madonna al centro della scena, con il “bambinello” in braccio, San Giuseppe e due cortei dei Re Magi che portano doni… Sullo sfondo pastori, cavalieri, alberi fronduti e un paesaggio luminoso che ricorda la Valdichiana come forse si vedeva da Città della Pieve nel 1500, con uno specchio d’acqua che potrebbe essere il Trasimeno…  Il Perugino ne ha dipinti altri di “presepi” o adorazione dei magi, una è conservata nella Galleria Nazionale dell’Umbria a Perugia, l’altra a Trevi (l’ultimo lavoro del “divin pittore”),  i dipinti sono entrambi rilevanti , ma di dimensioni più ridotte. Nell’affresco di Perugia (foto a destra) il Perugino avrebbe ritratto anche sé stesso. In quello di Trevi alcuni critici hanno scorto un ritratto del giovane Raffaello, suo allievo… 

Ma il “presepe” di Santa Maria dei Bianchi a Città della Pieve ha una storia singolare. Non solo perché fu dipinto dall’autore in pochissimo tempo, ma perché oggetto di una lunga e complicata trattativa economica tra il pittore e la committenza, ovvero la Confraternita dei Disciplinati della Vergine, chiamati Bianchi dal colore della veste. La richiesta iniziale della Confraternita al Perugino è andata perduta, ma esiste la risposta che egli diede e che fu rinvenuta nel 1835, dentro un tubo di latta sotterrato ai piedi della parete, poi dipinta. E il testo della lettera del Vannucci è anche un piccolo “trattatello” sulla lingua parlata a Città della Pieve all’inizio del ‘500, un dialetto che ha ancora qualche reminiscenza latina, ma anche accento e desinenze tipiche, ancora oggi, dell’orvietano, tipo la desinenza in e (“le cuadrine” per dire i quattrini).  Questo il testo della lettera: “Charo mio Segnore. La pentura che vonno fà nelle Oratorio de Desceprenate cie vorrieno a meno duciento florene. Io me contenctarò de ciento, chomo paisano; venticinque scuebeto, gl altre in tre ane, venticinque l’ano. Et si dicto contracto sta bene, me mande la poliza et le cuadrine, et serà facto et lo saluto“.

In sostanza il Perugino chiede almeno 200 fiorini, poi però dice che si accontenterà della metà (100), in quanto “paesano”… Intende insomma fare un regalo alla sua città natale.

La confraternita però non disponeva di questi denari, e cercò di trattare sul prezzo. Perugino allora, il primo marzo, inviò una seconda lettera accordando un ulteriore ribasso di 25 fiorini, ma chiedendo che gli fosse inviata subito una mula per raggiungere Città della Pieve e cominciare il lavoro: “Charo mio Segnore. Subito me manne la mula, et col pedone, che verronne a penctorà; et fà la poliza pe strenque florene, et così calarò venticinque florene, et niente più; me salutare la chomare et lo saluto“.

L’accordo venne dunque trovato e il Perugino realizzò l’Adorazione dei Magi che oggi si ammira: un’opera interamente autografa, che predilige tinte chiarissime con un risultato ad effetto pastello, riconoscibile dell’ultima maniera del Maestro. Negli anni seguenti tuttavia la confraternita ebbe problemi ad onorare il pagamento delle rate stabilite, e tre anni più tardi – il 29 marzo 1507, Perugino accettò in cambio della rata finale una casa nel borgo, donata ai Bianchi da un confratello defunto. Una mula prima e poi un appartamento. Pagamenti in natura per l’opera di uno dei pittori più in voga e più famosi del momento.  Andava così 500 anni fa. Ed è noto che il Perugino, che le cronache dell’epoca descrivono come un tipo piuttosto venale, accettò come compenso anche botti di vino e vettovaglie varie…

Tutto ciò non inficia minimamente la qualità delle opere, che anche se talvolta fatte “in serie” o quasi, utilizzando cartoni e modelli “riciclati” (lo facevano tutti) restano opere mirabilissime. Sotto Natale una visita al presepe dipinto del Perugino a Città della Pieve e magari anche agli altri due di Perugia e Trevi (la distanza è minima: dai 35 agli 80 km) può essere una buona idea per passare un pomeriggio o un week end alla scoperta di tesori conosciuti sì, ma forse non fino in fondo… E in ogni caso parliamo di cose molto belle da vedere.

m.l.

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