RICOVERI E DECESSI CATALOGATI PER COVID SONO VERAMENTE PER COVID? ALCUNI VIROLOGI CHIEDONO DI CAMBIARE MODALITA’ DI CONTEGGIO DEI CASI

mercoledì 12th, gennaio 2022 / 16:42
RICOVERI E DECESSI CATALOGATI PER COVID SONO VERAMENTE PER COVID? ALCUNI VIROLOGI CHIEDONO DI CAMBIARE MODALITA’ DI CONTEGGIO DEI CASI
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Per qualche mese ci siamo riusciti: non parlare (o scrivere) prevalentemente di covid. L’emergenza sembrava essere rientrata e per tutta l’estate e l’autunno inoltrato si è pensato, tutti, di essere tornati quasi alla normalità: stadi pieni, teatri e cinema a regime, eventi in piazza, mobilità tra regioni senza restrizioni… Da qualche settimana invece siamo ripiombati in piena emergenza. Non c’è il lockdown, perché nessuno lo ha decretato, ma di fatto risiamo chiusi in casa o quasi e impauriti come un anno fa. Di nuovo posti contingentati allo stadio, obbligo di mascherina anche all’aperto, meglio la FPP2, più efficace. Ristoranti e bar solo con green pass rafforzato… File per fare i tamponi e verificare il proprio stato… E i contagi che salgono vertiginosamente di giorno in giorno. Con numeri – lo abbiamo già scritto – poco chiari, perché è saltato del tutto il tracciamento da parte delle Asl e quindi sono cambiate anche le modalità di comunicazione dell’esito.

Ma proprio perché i numeri così come vengono dati ogni sera sia a livello nazionale che a livello locale, servono a poco, anzi alimentano solo paure, preoccupazioni, allarmismo da un lato e tentativi di minimizzare dall’altro, qualcuno, anche tra gli scienziati che da due anni seguono l’emergenza covid, propone  di cambiare modalità di comunicazione e pure il conteggio dei “positivi”.  Per esempio il virologo Matteo Bassetti primario di Malattia infettive a Genova propone nella fattispecie di “rivedere il conteggio dei positivi ricoverati non tenendo più conto coloro che sono entrati in ospedale per altri motivi e poi, sottoposti a tampone, sono risultati positivi”. Ciò consentirebbe – secondo Bassetti – di alleggerire anche il meccanismo che determina il cambio di colore delle Regioni, basato appunto sul tasso di posti letto occupati dai pazienti Covid negli ospedali.

 “Nei nostri reparti – spiega il virologo genovese – siamo ben oltre il 35% di ricoverati che con il Covid-19 non c’entrano nulla. Non hanno della malattia nessun sintomo, ma solo la positività al tampone fatto per l’ingresso in ospedale. Anzi, dirò di più: questo avviene anche nella registrazione dei decessi: se il paziente entra in ospedale per tutt’altro, ma è positivo e muore, viene automaticamente registrato sul modulo come decesso Covid. Sono numeri assolutamente falsati. Se non entriamo in una nuova logica continueremo a essere in emergenza”.

Lo stesso Bassetti spiega:  “Noi abbiamo i reparti occupati al 26%, ma li avremmo al 10% se usassimo criteri diversi. Quindi sarebbe un gennaio normale: sempre infatti in questo mese invernale avevamo in reparto pazienti con influenze e polmoniti. Se non entriamo nella nuova logica continueremo a essere in emergenza. Questa modalità di gestione del Covid deve cambiare. Non dobbiamo continuare a contare come malati di Covid quelli che vengono ricoverati per un braccio rotto e risultano positivi al tampone. Bisogna anche finirla col report serale, che non dice nulla e non serve a nulla se non mettere l’ansia alle persone, siamo rimasti gli unici a fare il report giornaliero”.

E questo è più o meno ciò che abbiamo scritto anche noi negli ultimi giorni, facendo notare come i numeri forniti dai comuni siano spesso di difficile lettura: positivi tracciati e certificati dalla Asl, positivi al tampone fatto in farmacia o con kit dai da te, positivi non comunicati nei giorni precedenti dalla Asl e quindi ritardatari… Una confusione enorme.

Ma ciò che dice il prof. Bassetti sui ricoveri per altri motivi e i morti catalogati come decessi covid solo perché risultati positivi apre scenari diversi. Non è solo una questione di scarsa chiarezza e leggibilità dei dati, è proprio una questione di approccio e di gestione della pandemia.

Della questione si era parlato a inizio gennaio nella Conferenza delle Regioni. Adesso anche da parte del Governo arriva una prima risposta. La fornisce il sottosegretario alla Salute Andrea Costa:  “Condivido la posizione di Matteo Bassetti circa l’inutilità di un report giornaliero dei contagi, perché il numero dei contagi di per sé non dice nulla. Da parte mia ho proposto anche al ministro della Salute di fare una riflessione sull’attuale sistema di report”, ha detto.

Nella Conferenza delle Regioni qualcuno propose di “non includere nelle statistiche i malati che, ricoverati per altri motivi, erano poi risultati positivi al Covid in ospedale, ma magari completamente asintomatici”.

Insomma con questo criterio, forse più preciso e meno allarmistico, i numeri che poi determinano la congestione dei reparti ospedalieri e terapie intensive e il colore delle regioni con relative restrizioni, sarebbero molto diversi.

A meno che anche questo non sia un modo per minimizzare e farci abituare all’idea che con il virus ci dovremo convivere a lungo. Una cosa è certa, non è che con ‘esplosione dell’emergenza covid, tutte le altre patologie da quelle gravi e letali (come tumori, malattie cardiovascolari e neurologiche, malattie respiratorie o degenerative) a quelle meno gravi (l’influenza, le bronchiti e polmoniti stagionali) siano andate in vacanza o siano scomparse. Non è che sono scomparsi i traumi da infortunio, caduta o incidente. Sono se mai scomparsi i posti letto, le sale operatorie e il personale sanitario, perfino le ambulanze per farvi fronte, perché tutto o quasi è stato dedicato al covid.

Bassetti propone un cambio di prospettiva e di approccio nel conteggio dei casi e nella modalità di comunicazione.  Ma servirebbe anche un cambio di approccio nella gestione delle strutture sanitarie, con potenziamento della sanità pubblica territoriale che invece è stata quasi completamente smantellata.

Il prof. Bassetti dovrà forse illustrare meglio e più dettagliatamente le sue affermazioni sui morti non covid catalogati come morti covid, perché la questione è seria. Bisognerebbe capire quanto e se è generalizzata, per esempio.

A questo proposito riportiamo di seguito il report di oggi della AOU Senese relativa al reparto Covid dell’Ospedale Le Scotte di Siena. I dati evidenziano oggi 78 (+6 rispetto a ieri) ricoverati (37 vaccinati e 41 non vaccinati), di cui (-1) in terapia intensiva, 45 nel setting di media intensità, 26 in degenza ordinaria e in area Covid pediatrica.

Rispetto a ieri si sono avuti 11 ingressi, 4 dimissioni e 1 decesso.

La provenienza dei pazienti ricoverati è la seguente:
Area Senese: 31
Alta Valdelsa: 25
Amiata/Valdorcia/Valdichiana Senese: 16
Provincia di Firenze: 3
Provincia di Arezzo: 2
Provincia di Livorno: 1

Ricoverati per fascia di età e vaccinazioni

0-18 anni: 3 ricoverati, non vaccinati
19-34 anni: 2 ricoverato, non vaccinati
35-49 anni: 6 ricoverati, non vaccinati
50-64 anni: 9 ricoverati, di cui 5 vaccinati
65-79 anni: 29 ricoverati, di cui 17 vaccinati
> 80 anni: 29 ricoverati, di cui 15 vaccinati.

Come si vede, nelle fasce di età più giovane (fino a 50 anni) i ricoverati sono esclusivamente non vaccinati. Poi con l’avanzare dell’età sale la percentuale dei vaccinati.

La domanda che si pone Bassetti è: quanti di questi ricoverati sono entrati in ospedale per covid e quanti per altre patologie, e sono poi risultati positivi e quindi trasferiti al reparto covid?

m.l.

Nella foto (L’Eco di Bergamo): un reparto ospedaliero di terapia intensiva

 

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