L’UMBRIA DESTRORSA CHE VIETA LE MINIGONNE… I SINDACI DI PERUGIA E TERNI HANNO PAURA DELLA PROSTITUZIONE O DELLE DONNE?

mercoledì 03rd, novembre 2021 / 16:40
L’UMBRIA DESTRORSA CHE VIETA LE MINIGONNE… I SINDACI DI PERUGIA E TERNI HANNO PAURA DELLA PROSTITUZIONE O DELLE DONNE?
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PERUGIA – Ha fatto scalpore e ha suscitato indignazione l’ordinanza con la quale il sindaco leghista di Terni vieta le minigonne e scollature troppo pronunciate, per limitare (nelle intenzioni dichiarate) il fenomeno della prostituzione, ma in realtà per limitare la libertà delle donne di vestirsi come pare a loro…  L’ordinanza ternana è stata vista dai più come un tentativo di tornare al medioevo. “Come se minigonna fosse sinonimo di mignotta”, come se indossare una minigonna significasse andarsele a cercare… Giusta la levata di scudi delle femministe, ma non solo. Anche di tanta gente comune che non si piega però ad un pensiero retrogrado e securitario. Ma anche molto maschilista.

Solo che l’ordinanza del sindaco di Terni non è stata l’unica in tal senso. Provvedimenti analoghi sono stati presi a Fermo, a Padova, a Massa… Anche il sindaco di Perugia, sempre in Umbria, nell’Umbria ex regione rossa e ormai terra di conquista del centro destra che ha fatto man bassa di comuni e governa pure la Regione, ne ha emessa una, scaduta qualche giorno fa, dello stesso identico tenore. Il sindaco Romizi infatti aveva anche lui disposto divieti e sanzioni verso comportamenti, atteggiamenti e portamenti che potrebbero avere effetto sull’immagine della città e sulla “pubblica decenza”. Siamo tornati insomma, anche nel capoluogo umbro al “comune senso del pudore” come ai tempi della censura sui film e sui romanzi negli anni ’50 e ’60…

Nella fattispecie, l’ordinanza Romizi faceva divieto di «permanere a lungo nelle suddette vie al fine della prostituzione, assumere atteggiamenti congruenti allo scopo di offrire prestazioni sessuali, indossare abiti idonei a manifestare l’intenzione di adescare al fine del meretricio o che offendano il pubblico pudore». Sanzione prevista: 450 euro con facoltà per il trasgressore di estinguere l’illecito mediante pagamento.

Le “strade suddette” sono per la precisione via Settevalli – via Mentana – via Cortonese – via Nuvolari – via Conti– viale del Percorso Verde – via Trasimeno Ovest (compresa la strada che permette l’accesso al raccordo Perugia – Bettolle direzione Perugia) – via delle Caravelle – via Mario Angeloni con relative aree di parcheggio – via Canali – via Campo di Marte – via del Macello – via Piccolpasso – via Dottori – via Trattati di Roma – via Penna – via Soriano – via Corcianese – via Cestellini – via della Scuola – Str. Colle Umberto Ponte Nese – Str. San Giovanni del Pantano S.S. 728 – Str. S. Giovanni del Prugneto. Quindi strade cittadine e strade esterne alla città, come le ultime due dell’elenco, che sono quelle che portano da Mantignana a Città di Castello, da sempre frequentate da meretrici bianche (per lo più slave), su un versante e nere (per lo più africane) sull’altro. 

Il provvedimento di Romizi, già scaduto, ha sollevato critiche da parte del coordinamento donne della Cgil, il quale parla di  «ordinanza sbagliata»  e afferma: “Non si può trattare il fenomeno come un mero problema di ordine pubblico. Questo è un attacco portato avanti indistintamente alla libertà delle donne, si colloca a pieno titolo nel filone delle politiche securitarie e retrograde. Interviene solo in alcune zone della città, scelte perché da quei luoghi vengono fatte ‘segnalazioni al comando della polizia Municipale da parte dei residenti di crescenti episodi di inciviltà”.

Anche sul fenomeno prostituzione, che ovviamente esiste, il coordinamento donne della Cgil, ci va più cauto rispetto all’ordinanza del sindaco: «Riteniamo che il fenomeno della prostituzione, il mestiere più antico del mondo, sia da affrontare per le ricadute che si possono manifestare sulla collettività, con molteplici azioni. Azioni di prevenzione e di accoglienza, di riduzione del danno per chi si trova spesso costretta ad esercitare la prostituzione, di repressione contro chi invece sfrutta le donne (spesso giovanissime) e impone loro condizioni di vero schiavismo e ancora penalizzazioni verso chi utilizza le sex workers. Azioni – dicono ancora le donne della Cgil – che devono accompagnarsi a percorsi culturali, che non possono che partire dai luoghi della formazione e che affrontino i temi della sessualità, dell’affettività, del rispetto delle differenze sessuali, con l’obiettivo di agire contro ogni forma di discriminazione e violenza».

La Cgil esprime dubbi anche sull’efficacia dell’ordinanza e ritiene fondamentale che si apra un’ampia verifica sui risultati: «Vorremmo capire ad esempio quante multe sono state emesse, se son state emesse, quale è il fruitore medio delle sex workers, se e come il fenomeno della prostituzione è cambiato nella nostra città, se e come i servizi di prevenzione, di accoglienza e di riduzione del danno siano messi nelle condizioni di lavorare al meglio».

Ed hanno ragione le donne Cgil, perché il problema prostituzione non riguarda solo chi la esercita, e con quali modalità di adescamento, ma anche chi ne fruisce e soprattutto chi la sfrutta illegalmente, spesso con metodi violenti.

Le minigonne e le scollature generose con tutto ciò c’entrano poco o niente. Non è quello il nodo e una cosa è cercare di arginare e porre un freno a fenomeni illegali, altra cosa è additare l’abbigliamento femminile come “provocazione” e istigazione a comportamenti insani, facendo di tutta l’erba un fascio.  Già ci pensano i talebani a Kabul a imporre regole ferree alle donne, non c’è bisogno che lo facciano anche i sindaci leghisti e destrorsi dei comuni italiani. Tanto più quelli dell’Ummbria, che è storicamente una terra di tolleranza e di rottura rispetto al conformismo. 

La minigonna è stata a partire dalla metà degli anni ’60, un simbolo di libertà, di emancipazione, di liberazione della donna. E l’Umbria è la terra di Aldo Capitini che si inventò il movimento della non violenza e la prima marcia della pace, contro il militarismo imperante ed è la terra di Chiara d’Assisi, santa e “ribelle” disobbediente verso il sistema patriarcale della sua epoca… e per questo considerata da molti come una sorta di protofemminista…

Molti pensavano che il cambio della guardia alla guida della Regione e di molti comuni, a partire da Perugia e Terni, dalla sinistra alla destra a trazione leghista, facesse bene all’Umbria, troppo ingessata nelle sue logiche intoccabili, ma alla fine dei conti si è rivelato un passo falso con pochissimi se non zero benefici e molti scivoloni.

m.l.

 

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