MIMMO LUCANO E IL REATO DI SOLIDARIETA’. VIVA L’ITALIA…

venerdì 01st, ottobre 2021 / 18:06
MIMMO LUCANO E IL REATO DI SOLIDARIETA’. VIVA L’ITALIA…
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Può darsi che Mimmo Lucano, quando era sindaco di Riace abbia violato qualche legge e qualche regolamento nell’approntare quel modello di accoglienza e di gestione degli immigrati che aveva fatto diventare Riace un modello virtuoso. Un esempio da seguire. Si sa la burocrazia è ferrea e spesso ottusa e non tollera divagazioni romantiche.
Ma anche se fosse si tratterebbe di “reati amministrativi”, i giudici di Locri gli hanno dato 13 anni, come ai mafiosi, come a gente condannata per omicidio, un anno in più del fascista Traini che a Macerata nel 2018 sparò con una Glock automatica per strada ferendo 6 persone, tutti immigrati… Una sentenza quella del Tribunale di Locri, certamente esemplare, quasi a mettere in chiaro che aiutare gli immigrati, favorire a solidarietà e l’inclusione i questo cazzo di Paese è reato. E reato grave, quanto un tentato omicidio, molto più grave di aver fatto fallire una banca, per esempio, di aver avvelenato città intere con i fumi tossici di attività industriali, più grave di aver fatto sparire decine di milioni di euro di denaro pubblico,  più grave di un femminicidio…
Mimmo Lucano è stato condannato come il capo di una banda di malfattori, come un criminale dedito al malaffare sula gestione dei migranti, peggio di chi tiene i migranti in condizione di schiavitù, accalcati in accampamenti fatiscenti, senza acqua né luce , ma buoni per a raccolta dei pomodori nei campi della Puglia o della Campania…
Una sentenza, quella di Locri che ci fa dire che forse aveva ragione Berlusconi quando parlava di giustizia asservita e ad orologeria. Il Cavaliere lo diceva ovviamente pro domo sua… ma…
Ovviamente si tratta solo del primo grado di giudizio, non è una sentenza definitiva. L’appello e se mai la Cassazione possono ribaltare un verdetto che sembra una vendetta, più che una sentenza. Perché è raro che il giudice commini una pena superiore, quasi doppia rispetto alla richiesta della pubblica accusa… E questo è avvenuto.
La vicenda di Mimmo Lucano riporta alla memoria un caso simile e ugualmente clamoroso di 65 anni fa. Il caso di Danilo Dolci, poeta, sociologo e apostolo della non violenza come Aldo Capitini che si trasferì in Sicilia, a vivere coi braccianti e, appunto nel ’56 diede vita allo “sciopero alla rovescia”, per affermare un principio costituzionale, quello del diritto al lavoro. Ebbene, Dolci fu arrestato mentre guidava un gruppo di braccianti a lavorare nei pressi di Partinico, con l’accusa di “occupazione di suolo pubblico e resistenza a pubblico ufficiale”. Gli fu negata anche la libertà provvisoria. Un po’ come Lucano adesso, Danilo Dolci fu messo in manette per il reato di essersi preso cura dei più deboli, per aver difeso certi diritti e aver operato concretamente per affermarli: il diritto al lavoro, sancito dalla Costituzione, ad una vita dignitosa.  In entrambi i casi un reato di “eccessiva solidarietà”… Nel ’56 l’Italia si mobilitò a favore di Danilo Dolci, lo fece la sinistra, ma non solo. In tribunale lo difese Piero Calamandrei, il giurista fiorentino che il 26 gennaio 1955 aveva pronunciato il famoso discorso sulla Costituzione. E Calamandrei si rivolse così ai giudizi che dovevano giudicare Dolci:  “…Vorrei, signori Giudici, che voi sentiste con quale ansia migliaia di persone in tutta Italia attendono che voi decidiate con giustizia, che vuol dire anche con indipendenza e con coraggio questa causa eccezionale: e che la vostra sia una sentenza che apra il cuore della speranza, non una sentenza che ribadisca la disperazione”.
Ecco, la sentenza pronunciata nei confronti di Mimmo Lucano, per ora, è un atto di rabbia, un atto di disperazione di una giustizia iniqua, classista, vendicativa contro chi prova a cambiare i paradigmi e magari sbaglia qualche passaggio…
E’ anche una sentenza intimidatoria, perché ammonisce tutti coloro che si adoperano per l’accoglienza, l’inclusione sociale, la solidarietà civile e umana. Mimmo Lucano può anche aver creato un sistema che favoriva i ricongiungimenti familiari o matrimoni per ottenere la cittadinanza italiana, ma a Riace l’integrazione era reale, la presenza di tanti migranti “integrati” aveva rivitalizzato il paese… Ci sta che nelle maglie della burocrazia e delle norme qualcosa si sfuggita di mano o sia stata “forzata”…
Le sentenze vanno analizzate, bisognerà leggere le motivazioni ma….  per i reati ascritti a Lucano, 13 mesi sarebbero stati forse una pena severa e discutibile, 13 anni sono una cosa aberrante, che fa tremare i polsi a chiunque capiti di trovarsi invischiato in qualche presunta situazione di illegalità…
Nicola De Dominicis, il biondino dagli occhi di ghiaccio condannato in via definitiva per l’omicidio per motivi abbietti della fidanzatina, Catia Roberta Marcantoni, incinta, nel 1986, prese 16 anni… solo 3 in più di Mimmo Lucano che non ha ammazzato nessuno…  Viva l’Italia.
m.l.
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