GLI EX TERRORISTI ARRESTATI IN FRANCIA: SI DISCUTE DI GIUSTIZIA, VENDETTA E (DOPO 50 ANNI) DIRITTO ALL’OBLIO. MA CHE RIVOLUZIONARI ERANO?

giovedì 29th, aprile 2021 / 16:04
GLI EX TERRORISTI ARRESTATI IN FRANCIA: SI DISCUTE DI GIUSTIZIA, VENDETTA E (DOPO 50 ANNI) DIRITTO ALL’OBLIO. MA CHE RIVOLUZIONARI ERANO?
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E’ di ieri, 28 aprile, la notizia dell’arresto in Francia di 7 ex brigatisti rossi o terroristi ricercati in Italia da decenni: si tratta di Enzo Calvitti, Giovanni Alimonti, Roberta Cappelli, Marina Petrella, Sergio Tornaghi e Narciso Manenti, più Giorgio Pietrostefani che non era delle Br, ma “solo” di Lotta Continua. Accusato però di un delitto di sangue. Altri due (Luigi Bergamini e Raffaele Ventura) si sarebbero costituiti oggi. Maurizio Di Marzio resta latitante.

A dire il vero pare che la lista fosse molto più lunga… un centinaio di nomi. Cento nomi ai quali si dovrebbero aggiungere quelli di tanti altri rifugiati, rossi e neri, dispersi in ogni parte del mondo, non solo in Francia.

Tra gli arrestati di ieri il nome più famoso è sicuramente quello di Giorgio Pietrostefani, fondatore con Adriano Sofri di Lotta continua accusato e condannato come mandante dell’uccisione a Milano del commissario Luigi Calabresi nel ’72. Delitto che fu opera di Ovidio Bompressi, colui che sparò, e di Leonardo Marino, il pentito, che l’avrebbe atteso in macchina.

Calabresi aveva condotto le indagini di polizia per la strage di piazza Fontana e soprattutto l’interrogatorio dell’anarchico Giuseppe Pinelli, volato dalla finestra della Questura di Milano. Il giudice Gerardo D’Ambrosio avrebbe dovuto interrogare proprio Calabresi, ma il commissario purtroppo venne assassinato un paio di giorni prima dell’appuntamento a Palazzo di Giustizia. Sofri ha scontato una pena detentiva a 15 anni, dal 1997 al 2012. Bompressi, arrestato nel ’97  è stato “graziato” dal presidente della Repubblica Napolitano nel 2006 per motivi umanitari e di salute… Pietrostefani, arrestato con Sofri, nel ’97 si è reso irreperible dopo una scarcerazione nel 2000, rifugiandosi in Francia. Nel 2016 Pietrostefani ha subito un trapianto di fegato a causa di un tumore epatico e ha subito poi numerose operazioni e cure, e da allora è in stato di immunodepressione cronica, dovuta ai farmaci antirigetto. E’ del 1943, ha 78 anni. 

Pietrostefani, come tanti altri ha beneficiato della cosiddetta “Dottrina Mitterrand” secondo la quale la Francia, paese della Rivoluzione e della libertà, non concedeva l’estradizione di persone imputate o condannate, in particolare italiani, per  «atti di natura violenta ma d’ispirazione politica», contro qualunque Stato, purché non diretti contro lo Stato francese, qualora i loro autori avessero rinunciato a ogni forma di violenza politica, concedendo di fatto un diritto d’asilo a ricercati stranieri che in quel periodo si rifugiarono in Francia…

Con gli arresti di ieri, frutto di un’azione congiunta tra i  ministeri della Giustizia di Francia e Italia e delle rispettive polizie, la “dottrina Mitterrand”, applicata in modo assai generoso, è stata archiviata, anche se Macron ha spiegato che invece è stata rispettata in quanto non poteva valere per i delitti più gravi. Per i reati di sangue. E di sangue gli arrestati di ieri, adesso in attesa di estradizione, ne hanno versato parecchio:  “lo testimoniano – scrive Oreste Pivetta su Strisciarossa.it – quattro ergastoli e pene detentive, che, sommate, arrivano agli ottanta anni, lo testimonia l’elenco delle loro vittime che si chiamavano Enrico Calvaligi, generale dei carabinieri; Michele Granata, agente di polizia; Sebastiano Vinci, vice questore; Giuseppe Guerrieri, appuntato dei carabinieri; Antonio Custra, vice brigadiere (leggendaria ormai la foto che ritrae in una strada di Milano un giovane che spara, puntando l’arma contro i reparti della polizia); Renato Briano, direttore generale della Ercole Marelli. Assassinati per strada, in macchina, davanti a casa o all’uscita dall’ufficio, tutti considerati evidentemente ostacoli alla rivoluzione, chissà quale, inciampi per insondabili strategie rosse e nere, come centinaia d’altri, dalla Banca dell’Agricoltura in avanti”.

Dopo tanto tempo, parliamo di 40-50 anni dai fatti, una ferita aperta, soprattutto per i familiari delle vittime, sta per essere ricucita. Ma 50 anni sono un tempo lungo, infinito. Gli stessi terroristi che allora erano giovani infatuati della rivoluzione o strumenti inconsapevoli di trame oscure, adesso sono persone attempate, oltre i 70, in qualche caso vicini agli 80, piene di acciacchi… A distanza di così tanti anni, anche gli arresti, che pure sono giusti in linea di principio, assumono il sapore più della vendetta che della giustizia… Una vendetta a bocce ferme, servita fredda, come nei migliori film western.

Personalmente non ho mai creduto al teorema che voleva i brigatisti e i terroristi rossi come pedine di servizi segreti deviati e di trame gestite dal “capitale internazionale”, ho sempre pensato che fossero dei folli, utilizzati e strumentalizzati certamente da chi tramava nell’ombra contro la democrazia e l’avanzamento dei rapporti sociali, ma non che fossero complici consapevoli. Sbagliarono analisi, bersagli e strategia, sbagliarono il nemico, fecero un bagno di sangue e rischiarono di portare il Paese verso avventure autoritarie e leggi liberticide, questo sì. Andavano combattuti, certamente, come è stato fatto da parte della sinistra, che non fu indulgente, dei sindacati, dei giornali…

Il terrorismo brigatista aveva meno ragioni di quello dei mazziniani e degli anarchici ottocenteschi e non colpiva “i re e i tiranni”…  Quindi è giusto che chi si è macchiato di omicidi e stragi venga assicurato alla giustizia, anche molti anni dopo. Solo che 50 anni sono veramente tanti. E c’è chi, anche tra illustri studiosi (Ernesto Galli Della Loggia, per esempio) si domanda se non sia il caso non di perdonare, ma di… dimenticare, di chiudere un’epoca, anche da parte dello Stato con una sorta di “diritto all’oblio” in nome della pace civile.

In tanti hanno ammesso di essere stati “attori di un sanguinario fallimento”, hanno ammesso gli errori di valutazione. Purtroppo però è mancato un tassello: il pentimento e l’atto conseguente di un gesto riparatorio. Come mai ad esempio i 7 arrestati ieri, in tutti questi anni non hanno sentito la necessità di una riflessione pubblica sui lutti e i dolori che hanno causato e soprattutto la necessità di fare i conti con la giustizia, compiendo un gesto spontaneo di riparazione, consegnandosi loro alla Polizia, prima che ci pensassero i ministri Cartabia e Dupond Moretti e il presidente Macron, che forse l’ha fatto solo per segnare un punto sul suo pallottoliere in vista delle prossime elezioni?

Viene da chiedersi (e la domanda è retorica): ma che cazzo di rivoluzionari erano? I Malatesta e i Felice Orsini erano di tutt’altra pasta e di altro spessore.

Marco Lorenzoni

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