NICCOLO’ FABI, UNA BELLA SERATA TRA MUSICA E PAROLE AL “PRATO” DI CHUSI

martedì 21st, luglio 2020 / 11:17
NICCOLO’ FABI, UNA BELLA SERATA TRA MUSICA E PAROLE AL “PRATO” DI CHUSI
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CHIUSI – “L’arte non è una posa ma resistenza alla mano che ti affoga”. (Scotta,  singolo, N. Fabi ).

E’ così che Chiusi riparte. Dopo la lunga pausa obbligata dal COVID 19 l’edenica cittadina si riappropria delle luci della ribalta puntando sull’arte, l’arte della parola, della dialettica e della musica, portando sulla scena un cantautore dallo stile raffinato, sobrio nella forma e profondo nei contenuti, Niccolò Fabi.

Chiusi si apre nuovamente all’arte e alla bellezza, si rialza affidando il proprio destino artistico alle parole delicate e scelte di uomo che ha fatto dei versi e della musica la sua vita, la sua arte.

Ieri sera lunedì 20 luglio presso il parco di Piazza Vittorio Veneto, ai piedi della suggestiva fortezza Paolozzi, si è svolto il concerto del cantautore romano, secondo evento previsto dallo Zal Fest, il progetto musicale nato dalla collaborazione tra i comuni di Chiusi e Castiglione del Lago e l’associazione GEC GRUPPO EFFETTI COLLATERALI, che a causa dell’emergenza sanitaria ha dovuto rinunciare all’attesissimo LARS ROCK FEST e dedicarsi ad un evento altrettanto speciale, ma di carattere più intimo e raccolto fatto imprescindibilmente di pensieri e note. 

Classe 1968, romano di origine, riccioli anarchici ed occhialetti da vista sul naso, Niccolò Fabi ha abitato il piccolo palco posizionato davanti al monumento ai caduti per un’ora e mezzo circa, quasi a voler simboleggiare che anche se nella vita si cade ci sarà sempre una qualche forma di arte  disposta a dare voce al nostro crac, conferirgli forza, valore, potere evolutivo.

Il cantante, che in gioventù ha avuto un legame stretto con questi luoghi poiché veniva a trascorrervi le vacanze, è un uomo decisamente in asse, un’anima che, dopo una florida gioventù, una laurea in filologia romanza che non guasta, ha acquistato nel tempo un  profondo spessore.

E’ sicuramente uno spirito complesso il suo,  che ha attraversato mari scomodi senza mai avvalersi dell’arma del carisma o della voglia di stare al centro dell’attenzione, quanto piuttosto quella  della delicatezza di chi ama prendere le cose in trasversale e mai di petto.

Utilizzando ironicamente i versi leopardiani “natio borgo selvaggio”definisce Chiusi come il suo paese, anche se in realtà lui è nato a Roma e questo era il paese del nonno, che viveva nelle campagne nei pressi di Macciano. Egli sottolinea l’impronta che ha dato alla sua vita  questa esperienza vissuta a contatto con la natura, l’osservazione dei suoi tempi, i suoi cambi di colore. La città purtroppo non conferisce la percezione evidente del passare del tempo, là tutto resta immobile, immutato e tutti quei cambiamenti che invece vengono osservati e recepiti in età giovanile in questi luoghi, i profumi, i sapori, gli odori, si cristallizzano nella   sua memoria conferendo un forte senso di amore e cura delle cose.

Il suo raccontarsi non ha nulla del divismo sfacciato ed arrogante di chi cerca approvazione e compiacenza a tutti i costi, la sua voce composta rispecchia pienamente il suo essere calmo, sicuro e fermo. “Non dovete sentirvi in obbligo di applaudire” sottolinea.

Intervistato dalla voce marcatamente frizzante di Gianluca Liberali, dichiara:”Il palcoscenico non mi interessa in quanto tale, lo vedo come il momento che giustifica tutti gli atti che lo hanno preceduto, il viaggiare, gli incontri, i ritrovi. La musica dà la possibilità all’uomo di mostrarsi vulnerabile, di far venire fuori le proprie fragilità” .

Fabi è decisamente un essere in armonia, è un uomo etereo che sfuma tra parole, pensieri, filosofia e note; non smette mai di abitare la sua arte che attraverso i testi è diventata la dimora del suo io, del suo essere in divenire completamente affidato all’estasi del tempo. Questa entità ricorre molto all’interno della sua narrazione. E’ il fulcro intorno al quale ruotano filosofia, eventi, essenze, ricordi.

C’è un momento nella vita  in cui scrivere diventa un atto di coraggio; tramutare i propri pensieri in versi e poi in musica equivale a spalancare la propria anima e permettere agli altri di guardarci dentro, capire quello che siamo, quello di cui abbiamo paura, quello che ci rende vulnerabili, quali sono i nostri desideri. Se si  scrive non ci si può nascondere, si mostra come siamo fatti. Scrivere per lui è un proiettarsi in avanti, sondare le anse temporali del presente e del futuro : “Io non ho una maniacale voglia di guardarmi indietro, ma piuttosto l’augurio che mi faccio è quello di continuare a vedere orizzonti”, spiega

Si scorge in lui la voglia di abitare il presente come luogo di progettazione per il futuro, nelle sue canzoni non sempre racconta quello che succede ma piuttosto il desiderio di ciò che vorrebbe accadesse. I suoi testi sono il prolungamento del momento presente, costituiscono una sorta di ponte tra il qui e l’ora e il divenire.

“E’ il filo di un aquilone, è un equilibrio sottile, non è cosa ma è come. E’ una questione di stile, non è di molti né pochi ma solo di alcuni”, canta in E’ non è.

E Fabi di stile nello scrivere ne ha davvero molto; utilizzando sapientemente le figure retoriche all’interno dei suoi testi, alterna giochi linguistici fatti di anafore, rime e allitterazioni utilizzate per movimentare i versi e scandire i ritmi dell’evoluzione che accade.

Una somma di piccole cose, Dentro, E’ non è,Vento d’estate, Facciamo finta, Costruire, Il negozio di antiquariato…

Questo il suo bagaglio leggero, fatto di parole, musica e tempo, condiviso insieme ad una platea accorta e composta.

Non è stato un evento dei tanti quello di ieri sera al “Prato”di Chiusi, è stato un momento di incontro delle arti dove parole, note, introspezione hanno reso alcuni di noi sicuramente più ricchi.

Che ognuno goda a suo modo dei benefici che provengono dall’ascoltare; faccia espandere la propria anima intraprendendo sempre nuovi percorsi tenendo comunque presente che se “l’argento si beve, l’oro si aspetta”.

Con Il negozio di antiquariato, sotto luci di stelle, il cinquantaduenne romano innamorato del tempo chiude lo spazio a lui dedicato.  Un venticello irriverente accompagna la platea verso le uscite mentre nelle menti risuonano vive parole e immagini: la vita non è che puro fluire e a noi non resta che assecondarne il percorso cercando di essere  sempre pienamente noi stessi e restando semplicemente umani, poiché soltanto così possiamo capire quante possibilità ci siano state gratuitamente donate e quanto ironico e a volte scomodo sia il modo di farcelo comprendere.

Paola Margheriti

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