CHIUSI, IL COMITATO ARIA RIBADISCE IL SUO NO AL PROGETTO ACEA. E SCHIERA GLI ESPERTI

CHIUSI – Il Comitato Aria torna sulla questione del progetto Acea e “per ribadire il proprio NO” all’impianto di trattamento dei fanghi di depurazione proposto dalla multiutility romana, annuncia una conferenza pubblica per giovedì 31 ottobre. All’iniziativa che si terrà presso la sala San Francesco a Chiusi Città alle ore 21,15, fa sapere il comitato, parteciperanno due esperti: Valeria Passeri, avvocato ambientalista, già attiva nel comitato che si batté contro l’impianto a biomasse di San Donnino a Città della Pieve e vicepresidente del WWF Umbria e Carlo Romagnoli, medico referente regionale per l’Umbria della International Society of Doctors for the Environment. Il Comitato fa sapere anche che l’assemblea è aperta a tutti e quindi i cittadini e anche i politici avranno l’opportunità di intervenire e confrontarsi.
L’iniziativa segue la raccolta di firme (circa 2.500) promossa dallo stesso Comitato nei mesi scorsi e tende a mettere in campo dei pareri autorevoli. Ovviamente a sostegno della propria tesi. Che è quella del no all’impianto, senza se e senza ma. Sarà certamente interessante ascoltare quei pareri anche perché cadono nel momento In cui si sta avviando la famosa inchiesta pubblica regionale sul progetto, passaggio essenziale per dirimere tutti i dubbi e arrivare ai pareri che conteranno davvero, cioè quelli degli enti preposti per legge a rilasciarli.
I pareri dei due esperti chiamati a Chiusi dal Comitato Aria saranno un contributo alla discussione, ma sono e restano pareri di parte. E come tali andranno ascoltati e valutati. Non sarebbe difficile – volendo – trovarne altri due di segno diverso, cioè favorevoli all’impianto proposto da Acea. Si potrebbe andare avanti all’infinito.
Su vicende e questioni come questa le cautele non sono mai troppe, il confronto stesso tra tesi opposte è sempre utile – lo abbiamo scritto decine di volte – quindi ben venga qualunque iniziativa possa aiutare a capire, a sapere, a farsi un’idea più precisa. Ma tenendo ben presente di che iniziativa si tratta. In questo caso è un’iniziativa di parte. Della parte che si oppone ad un progetto. Il che è senza dubbio legittimo, ma affermare “è giunto il momento si sentire gli esperti”, come scrive il Comitato, è una forzatura. Più corretto scrivere “Ascoltiamo i nostri esperti”.
Detto questo, è evidente che i pareri che contano e che faranno fede, che saranno cioè decisivi anche al fine del rilascio del parere del sindaco, saranno quelli della Asl, di Arpat, della Soprintendenza ecc. che arriveranno al termine dell’inchiesta pubblica regionale, cui anche il Comitato potrà partecipare con i suoi esperti di parte. Così come Acea porterà propri.
L’inchiesta pubblica regionale dovrà fugare ogni ragionevole dubbio sulle possibili criticità o ricadute ambientali, sui rischi per la salute dovuti a emissioni o fuoriuscite, sull’impatto che l’impianto proposto può avere sulla viabilità e quindi sulla sicurezza relativamente al trasporto dei fanghi da trattare, sulla sicurezza ed efficienza del processo produttivo. Servirà ancora un po’ di tempo per sapere se il Progetto Acea andrà avanti oppure no. Se l’impianto si farà o meno. E se alla fine arriverà un via libera, dovrà essere chiaro anche di cosa si tratta, perché il Comitato lo chiama “carbonizzatore” e i carbonizzatori, così come inceneritori, termovalorizzatori e discariche a Chiusi non si possono fare. Lo dice il Piano Regolatore. Che è legge.
m.l.
Che produce carbone lo dice la stessa ditta che ha il brevetto, si può chiamare come si vuole ma giocare sulle parole ha poco senso.
Riguardo agli esperti avrei più rispetto, non sono esperti “di parte”, sono esperti e basta, che poi ci siano esperti con altri pareri è possibile, ma etichettare il pensiero di un esperto di un professionista sarebbe come etichettare “di parte” un medico che fa una diagnosi, può certo essere sbagliata ma è la diagnosi di un professionista non di un “tifoso”. La scienza e gli uomini di scienza si spiegano con i fatti, altra cosa è il giornalismo che per ragioni varie, che a volte possono anche sembrare inspiegabili, si esplica con le opinioni.
Gli esperti che vengono portati da una parte in causa, sono esperti di parte, il che non è un’accusa o una denigrazione. Il perito di parte è una figura contemplata anche dalle assicurazioni e da tutti i contenziosi. Lo sarebbero anche due tecnici o esperti portati da Acea. Cosa c’entra il rispetto? Chiamare le cose con il loro nome non è irrispettoso. E’ un dovere. Il fatto che siano “esperti”, non significa che siano superpartes e siano depositari della verità assoluta. Sono un avvocato e un medico, non i 4 evangelisti… E anche sulla veridicità dei vangeli ci sarebbe parecchio da discutere. Quella del 31 è una iniziativa utile, ma di parte. I tecnici portati da quella parte sono anch’essi di parte. Magari saranno gli stessi che il Comitato porterà con sé alle audizioni dell’Inchiesta pubblica regionale. Tutto questo non è nemmeno una critica. E’ solo una constatazione/precisazione per non indurre i cittadini a pensare cose diverse.
All’iniziativa del 31 alla sala San Francesco possono partecipare tutti, anche eventuali altri esperti e sarà data voce a tutti e ci si potrà confrontare. Cosa molto diversa dal silenzio o dalle parate.
Te Lorenzoni non hai idea di cosa sia la scienza, un perito di parte non spara cazzate a caso dà un giudizio che ha una base scientifica è chiaro che se il suo giudizio è di un certo tipo possa essere assunto da una certa parte ma non il contrario, un uomo di scienza non si esprime mai perché addomesticato da un padrone, come per esempio avviene in altri campi, non ultimo quello dell’informazione.
Chi ha scritto che sparino cazzate? dici tutto a solo. Sono due tecnici di parte, perché chiamati da una parte. Questo dico. Poi possono essere anche i più bravi del mondo
Ecco così è un altro ragionamento, fortuna le persone hanno occhi e testa per capire quello che leggono.
Da semplice osservatore dico, con tutta sincerità e onestà intellettuale, che non riesco a capire perché i cittadini di Chiusi non si meritano di assistere a un dibattito sull’argomento “impianto Acea” in cui siano presenti contemporaneamente esperti a sostegno di una tesi e dell’altra che spiegano le loro ragioni in un contraddittorio pubblico.
Oltretutto lo richiedono oltre duemila cittadini che hanno firmato una petizione e sicuramente molti altri anche tra quelli che la firma non l’hanno apposta.
E’ inutile che dalla parte del “SI” si continui a sostenere la tesi che il piano strutturale non prevede i carbonizzatori perché questo vuol dire considerare i cittadini di Chiusi incapaci di intendere e di volere.
Vi sembra logico che il Comune, dopo aver incassato 4 milioni per la vendita di un terreno, faccia una delibera, successiva alla vendita, con cui si impedisce all’acquirente di realizzare il proprio progetto?
Ciò fa pensare che quella delibera sia stata preventivamente concordata oppure che siamo talmente scriteriati da rischiare una richiesta milionaria di rimborso .
Avendo seguito la vicenda dall’inizio non ho mai sentito sostenere le ragioni del “SI” da qualcuno che non fosse interessato direttamente.
Questo potrebbe far pensare che tali ragioni obiettive non esistano perché non è certo il Sindaco, parte in causa, o Marco Lorenzoni che possono convincere sulla bontà del progetto.
Non capisco infine perché non si è cercato di spegnere subito un fuocherello, fatto di 50 persone contrarie, con l’acqua della corretta informazione invece che con la benzina dell’arroganza, tanto da farle diventare oltre duemila.
Non ci lamentiamo poi se arriva ad amministrarci la Lega di Salvini che vive e si alimenta proprio su questi modi sciteriati di governare.
Il confronto pubblico tra tecnici ed esperti pro o contro ci sarà,a quanto si apprende dall’intervista al sindaco pubblicata su queste stesse colonne sabato 26, nel corso dell’inchiesta pubblica che si terrà, in 4 sedute, da novembre a gennaio presso la sala San Francesco di Chiusi. Non si capisce bene se il confronto sarà in diretta o in… differita cioè se una volta verranno ascoltati e dibattuti i pro e una volta i contro oppure ci sarà contraddittorio. Lo sapremo quando verrà diffuso il programma dettagliato. In ogni caso le ragioni degli uni e degli altri dovrebbero emergere chiaramente. E quelle sedute saranno pubbliche, gestite tra l’altro dalla Regione con apposita commissione che sarà “terza” e non parte in causa. Io attendo con curiosità l’inchiesta pubblica. E l’esito che darà. Il resto – comprese le nostre valutazioni – sono congetture. O valutazioni di carattere politico e sociale o di approccio culturale, non scientifico.
Ben venga il confronto pubblico, da non confondere però con il processo di partecipazione, richiesto, oltretutto, da oltre duemila cittadini che costituiscono circa il 30% del corpo elettorale.
La partecipazione significa che io, semplice cittadino, posso alzarmi in piedi, in un’assemblea pubblica, organizzata in un luogo pubblico, non una sede di partito o un circolo privato, dove può andare solo chi ha la tessera, e chiedere spiegazioni e/o esprimere il mio pensiero.
Questo processo a Chiusi è ormai negato da troppi anni cercando di spacciare la comunicazione e il semplice ascolto, senza possibilità di prendere la parola, con la partecipazione.
Per fortuna sono sempre di più quelli che prendono coscienza di questa privazione e, purtroppo, se ne vedono le conseguenze le cui responsabilità sono da addebitare senza ombra di dubbio a chi ha governato, e continua a governare, in maniera lontana dalle vere necessità dei cittadini e non tenendo conto delle varie sensibilità sociali che una comunità esprime.
Il sindaco nell’intervista citata afferma che le sedute dell’inchiesta pubblica saranno pubbliche. E tutti potranno partecipare. Ed è questo “procedimento” promosso dalla Regione, il processo partecipativo richiesto. Quello che alla fine conta. Altra cosa è un confronto politico aperto, con contraddittorio tra pro e contro, che invece non c’è stato, anche se sia in Consiglio Comunnale che in varie iniziative sia del Comune, sia dei partiti di maggioranza, che delle forze di opposizione o del Comitato, se ne è parlato non poco.
Il fatto che le sedute siano pubbliche non significa che siano partecipative.
Quando si parla di partecipazione dei cittadini si intende quella attiva che significa, come ho già detto, potersi alzare dalla sedia e intervenire, ponendo quesiti o esprimendo le proprie idee.
Questo si potrà fare?
Se non si potrà fare allora si parla di partecipazione passiva che non è certo la stessa cosa anche se ormai di quella attiva se ne sono perse le tracce e mi sembra che anche tu, se confondi le due cose, non ne abbia molti ricordi.
La paura degli amministratori a confrontarsi pubblicamente con chi la pensa diversamente o con chi ha dei dubbi non fa altro che creare maggiori sospetti sull’operazione in corso.
E creare sospetti ha lo stesso valore negativo che seminare dubbi.
I cittadini hanno il diritto di sapere chiaramente come stanno le cose, specialmente se si tratta della loro salute, e hanno diritto di saperlo da chi si è preso l’impegno di governarli, ma non privatamente, in qualche ufficio a quattr’occhi, ma pubblicamente, di fronte a chi può mettere in atto un contraddittorio.
Chiedere questo significa forse chiedere troppo?
Mi sembra che sia il minimo che si possa chiedere a chi è pagato dai cittadini per fare i loro interessi.