CHIUSI: QUEI GIOVANI MIGRANTI SENZA BIGLIETTO, LA TOLLERANZA ZERO E L’UMANITA’ SVANITA. EPPURE BASTEREBBE POCO…

venerdì 24th, agosto 2018 / 17:44
CHIUSI: QUEI GIOVANI MIGRANTI SENZA BIGLIETTO, LA TOLLERANZA ZERO E L’UMANITA’ SVANITA. EPPURE BASTEREBBE POCO…
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CHIUSI – Ieri il mio amico Luciano Fiorani ha postato su facebook un suo commento su un episodio che sarebbe avvenuto ad una fermata dell’autobus a Macciano. Tra Chiusi e Chianciano. Scriveva Fiorani: “Oggi un testimone oculare mi ha raccontato che a Macciano alcuni immigrati volevano salire sul”autobus senza pagare il biglietto. E’ intervenuta una pattuglia a dar man forte al conducente, senza successo; e l’autobus non è partito. Se si fosse trattato di qualche vecchietto senza soldi cosa avremmo detto? Trasporti gratis per tutti? Possibile non vedere certe contraddizioni?  Come ovviare a queste situazioni? Questo è il problema. Invece si tuona al razzismo e al fascismo ma domani saremo di nuovo a capo. Possibile che al di la degli insulti non si riesca ad abbozzare soluzioni concrete e ragionevoli?”

Ora io non vorrei tirare in ballo fascismo e razzismo (che comunque sono due “sentimenti latenti e sempre meno celati” tra la gente, anche da queste parti), né fare il buonista a tutti i costi. Mi limiterò a capovolgere la domanda: se invece di un gruppetto di immigrati, certamente di colore, a voler salire senza biglietto fossero state persone del luogo o turisti tedeschi che magari non avevano fatto in tempo a comprarlo, l’autista sarebbe stato ugualmente inflessibile e ligio ai dettami aziendali? O avrebbe chiuso un occhio, magari invitando i viaggiatori senza titolo di viaggio a provvedere una volta arrivati a destinazione, oppure a non farlo più…

Con i neri, invece tolleranza zero. Chi è senza biglietto non sale. Punto. Certo,  il biglietto va pagato se si vuole prendere l’autobus. Ma è l’inflessibilità che lascia perplessi. E provo a fare qualche altra domanda. Questi ragazzi di colore, che sono arrivati coi barconi sono “ospitati” nelle varie strutture di accoglienza, alcune delle quali si trovano a km di distanza dai centri urbani. Come possono muoversi? la macchina non ce l’hanno, la moto o il motorino nemmeno. Qualcuno ha rimediato una bicicletta, ma non tutti…  E non sono in galera, hanno diritto a spostarsi. Il bus in molti casi è l’unica soluzione. Non ne hanno altre.

Ma siccome non possono lavorare e ricevono solo un contributo minino di sussistenza (i 35 euro al giorno li prendono le associazioni e gli enti che gestiscono i centri di accoglienza, non loro), anche il biglietto del bus può essere un ostacolo insormontabile. Quindi un po’ di tolleranza e umanità non guasterebbe, soprattutto da parte dei “pubblici ufficiali”, come possono considerarsi gli autisti del trasporto pubblico…

Perché per esempio ai migranti ospiti delle varie strutture non viene dato un “pass” che consenta loro di salire e spostarsi sui pullman de servizio pubblico? Avrebbe un costo insostenibile per le aziende di trasporto, per i Comuni e per le strutture di accoglienza? Non scherziamo, stiamo parlando di poche decine di persone per ogni comune (Chiusi al momento ne ha una trentina, per esempio). In questo modo si eviterebbero episodi spiacevoli come quello riportato da Luciano Fiorani. E anche il rischio che tali episodi possano trascendere e sfociare in rissa o qualcosa di peggio, con esasperazione degli animi e dei rapporti tra popolazione locale e immigrati.

Personalmente penso che dovremmo tutti quanti rifletterci un minuto e cercare di parlare con questi ragazzi, senza averne paura. Paura di che cosa? Ascoltare le loro storie, capire cosa intendano fare, dove vogliano andare può aiutare non solo l’integrazione, ma anche il superamento delle diffidenze, dei timori,  di quel filo di razzismo che abbiamo dentro e che ogni tanto affiora prepotente. Se li lasciamo soli anche loro si sentiranno impauriti, isolati, circondati di ostilità e questo non aiuta… La cultura di un popolo cresce e migliora quando si mischia con altre, invece rinseccolisce se si chiude in se stessa e abbassa la saracinesca per anche il contatto…

Al di là delle norme e delle soluzioni per poter impegnare e impiegare questi ragazzi, che in qualche modo andranno trovate, il primo ostacolo da superare è quello del “contatto umano” e dell’umanità di una stretta di mano. Non è difficile in fin dei conti: molti dei giovani migranti ospiti dei nostri paesi vengono da realtà difficili, da nazioni in guerra o poverissime, ma loro parlano più lingue di noi, parecchi hanno studiato, sanno dove sono sbarcati e hanno un sacco di cose da raccontare.

A proposito dei biglietti del bus, ricordo un’usanza cubana che non so se usa ancora: lì tutti salivano sui bus e nessuno pagava un biglietto. Tutti mettevano degli spiccioli in una scatola, vicina al conducente, ognuno quelli che aveva. Se non li avevi pazienza, qualcuno aveva messo gli spiccioli anche per te…

Non era comunismo. Era semplicemente solidarietà umana. Condivisione del viaggio.

Marco Lorenzoni

 

 

 

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