IL 4 MARZO SI VOTA. GIA’… MA PER CHI? RIFLESSIONE PERSONALE (E AMARA) DI UN ELETTORE DI SINISTRA

mercoledì 07th, febbraio 2018 / 15:53
IL 4 MARZO SI VOTA. GIA’… MA PER CHI? RIFLESSIONE PERSONALE (E AMARA) DI UN ELETTORE DI SINISTRA
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Non credo di essere mai stato un estremista. Neanche quando a 17 anni preferivo i “gruppetti” al grande e glorioso Partito Comunista di Gramsci, Togliatti, Longo e Berlinguer… Però il primo voto, nel ’75, lo diedi al Pci. Convinto. E così per una decina d’anni, fino alla morte di Berlinguer. Poi un po’ meno convinto, ma ancora Pci finché è esistito con qualche “croce” sul Pdup o sui Verdi in determinate circostanze. Il Pds qualche volta l’ho votato. Come l’Ulivo. I ds non ricordo, ma non credo. Il Pd mai. Eppure confesso che ci avevo quasi creduto, all’inizio. L’idea di un partito che mettesse insieme ciò che era stato l’Ulivo e le due culture post comunista e cattolico-democratica e di sinistra non mi sembrava del tutto campata in aria. Ma il modo in cui fu fatta la “fusione” ancor mi offende… Nel 2008 votai per la Sinistra Arcobaleno, non capendo che i capataz già giocavano un’altra partita.

Nel 2013, ultime politiche, mi divisi in due: un voto a Ingroia (per testimonianza) e uno ai 5 Stelle (per  dare il classico segnale di disagio). A conti fatti mi sono poi pentito di entrambe le scelte. Una perché del tutto inutile, l’altra perché la cultura di fondo dei 5 Stelle non mi appartiene, non riesco a sentirla mia, non condivido niente, né metodi, né toni, né proposte. Un partito che è gestito da una Srl, dove uno diventa dirigente influente per successione ereditaria e diritto societario, non per un qualche passaggio democratico (vedi Casaleggio Jr) è cosa che più lontana dal mio modo di intendere la politica non c’è. Un “pensiero”, né lungo, né corto, i 5 Stelle non ce l’hanno. Il “mantra” dell’onestà  non mi pare sufficiente quando si sbagliano anche due congiuntivi su tre. Insomma per quanto mi riguarda c’è  poco da condividere.

Ho fatto questo riassuntino personale, non perché ritengo sia interessante sapere come ho votato io negli anni. Assolutamente no. L’ho fatto come premessa per dire che ad oggi – a meno di un mese dalle elezioni – non so per chi votare il 4 marzo. Che ormai è dietro l’angolo. E perché credo di non essere il solo in questa condizione. Io sono un anziano di sinistra. Ambientalista, terzomondista, antirazzista, pacifista e antifascista. Anche anticapitalista, nel senso che ritengo il capitalismo non  il migliore dei mondi possibili, e neanche l’unica strada percorribile tra quelle conosciute. Non sono mai stato filosovietico o filocinese e il turbocapitalismo in salsa comunista di Pechino mi fa più paura e mi sembra peggiore di quello di Marchionne. O meglio: Marchionne non mi pace per niente, il capitalismo cinese meno. Sono per la libera circolazione, per la solidarietà e l’accoglienza verso chi sta peggio, quindi anche verso i migranti, economici o politici che siano, per l’istruzione e la sanità pubblica, per la tutela dei beni comuni e contro le privatizzazioni selvagge. Ho terrore di chi in nome della sicurezza chiede di potersi armare e di sparare per legittima difesa. Che poi non si sa mai dove comincia e dove finisce la legittima difesa…

Quindi un voto alla Lega e alla Meloni è escluso a prescindere. Un NO di default, diciamo. Berlusconi lo abbiamo visto all’opera e solo chi non ha memoria non ricorda le sue pessime figure internazionali, le condanne per evasione fiscale, i processi per una infinità di reati, dalla prostituzione minorile all’associazione mafiosa e al concorso in strage (è indagato per le stragi di mafia del ’92-93). Il “populismo” tanto vituperato non lo ha inventato lui, ma di sicuro lo ha eletto a sistema. Quindi escluso anche Berlusconi. A prescindere, anche lui.

Il Pd non l’ho votato quando era ancora una speranza ed era ancora, almeno formalmente, un  partito di sinistra. Adesso non è più né l’una né l’altro. E’ un partito a immagine e somiglianza di un leader che ha esaurito tutta la sua spinta propulsiva ed è rimasto la caricatura di sé stesso. Un uomo solo al comando di una truppa che si è assottigliata e democristianizzata. Con un consenso che è alla metà di quella delle ultime Europee. E’ difficile pensare ad un voto al Pd anche come ‘voto utile’. Utile a cosa? E a chi? Difficilissimo che possa arrivare anche secondo. I sondaggi lo danno in caduta libera, ormai intorno al 20% poco più. Come può sperare di governare e con quali alleati? Se il risultato finale deve essere un governo Renzi-Berlusconi, con le estreme tagliate fuori, meglio niente. Già vedere Casini candidato Pd un certo effetto lo fa…  Votare la lista Bonino-Tabacci o quella dei Socialisti-Verdi può dare l’impressione di votare centro sinistra senza votare Renzi, ma in realtà è un voto al Pd per interposta persona…

E allora quale potrebbe essere il voto utile?

A sinistra del Pd la scelta è ampia, ma proprio per questo anche poco entusiasmante. Un’arcipelago di isolette che rischiano di non figurare nemmeno sulla carta geografica.

C’è Liberi & Uguali, che sembra al momento la formazione più accreditata (6-8%, che non è un granché a dire il vero). Grasso è una persona per bene (ma io non amo i magistrati che scendono i politica) e l’adesione e la candidatura di Anna Falcone, che insieme a Montanari aveva provato a promuovere una aggregazione di tipo  nuovo, può essere un valore aggiunto importante. Ma il resto della truppa, cioè Bersani, D’Alema, buona parte del vertice Cgil, Speranza sono anche coloro che hanno costruito il Pd con la fusione a freddo, sono gli stessi che hanno spianato la strada a Renzi e al renzismo, favorendone la scalata e consegnandogli il partito su un piatto d’argento. Sono gli stessi che hanno votato la legge Fornero, la Buona scuola, che hanno approvato le spese militari, che insomma facevano parte della ditta e ora si son messi di traverso. Ma di sicuro non possono essere Grasso, D’Alema e Bersani o la Boldrini gli alfieri della “sinistra radicale e antagonista”. Se mai Liberi & Uguali può contendere al Pd un po’ di elettorato e la leadership della sinistra moderata e di governo, laddove però la prospettiva di andare al governo appare piuttosto labile…

Poi ci sono tre o quattro partiti comunisti. Che evidentemente non ricordano l’esortazione di Marx ed Engels “Proletari di tutto il mondo unitevi!”. Che non voleva dire “dividetevi!.

Ci sono quelli del PC di Marco Rizzo con la falce e il martello nel simbolo e una visione ancora un po’ filosovietica; poi ci sono quelli del PC dei Lavoratori con il simbolo che ricorda quello del Psiup e del Pdup. E infine c’è “Potere al Popolo” che fa riferimento a vari movimenti, ad alcuni centri sociali metropolitani e a Rifondazione Comunista. Quest’ultima lista ha evitato la falce e martello e anche il rosso vivo, ma si dichiara comunque antagonista e alternativa non solo rispetto al capitalismo e al sistema, ma anche al centro sinistra di governo. Sta raccogliendo adesioni e stima in molti ambienti (da De Magistris, sindaco di Napoli al regista Franco “Citto” Maselli, da Lidia Menapace a Giorgio Cremaschi a tanti altri). E’ espressione soprattutto metropolitana, ha a Napoli il suo punto di forza, nei territori e in periferia non esiste o quasi, ma appare una formazione meno “vetero” e più moderna, più al passo coi tempi delle altre a sinistra del Pd. I sondaggi non le danno molto credito, ma potrebbe essere la sorpresa delle elezioni. Quelli di “Potere al Popolo” si ispirano al Partito laburista di Jeremy Corbyn, alla France insoumise di Jean-Luc Mélenchon e agli spagnoli di Podemos, rivendicano la lotta di classe e il sindacalismo di base nato intorno alle vertenze dei braccianti agricoli nell’Italia meridionale, ma anche le battaglie dei lavoratori della logistica e dei call center nel centro e nel nord, denunciano l’esclusione delle donne e dei giovani dalla leadership politica italiana e provano a fare i conti con la complessa eredità politica e culturale del Partito comunista più grande d’Europa: il loro obiettivo è rifondare la sinistra. Le elezioni, in questo senso sono solo un passaggio, più o meno necessario o obbligato, la meta è costruire una rete, qualcosa che sia presente e che si basi sulla militanza attiva, non sui like raccattati sui social…

Naturalmente il rischio è che tutti (Liberi & Uguali, Potere al Popolo, il Pc di Rizzo e gli altri) si facciano guerra soprattutto tra loro, rubandosi elettori a vicenda senza portarne via nemmeno uno al Pd, ai 5 Stelle, alla Lega o alla destra estrema che spesso opera sullo stesso terreno.  E questo è insito nel sistema proporzionale. Quindi sarà dura per tutti arrivare al quorum e raggiungere quote tali da poter dire di essere in qualche modo presenti e determinanti. E’ vero che dal 1921 in poi la sinistra in Italia non ha fatto altro che dividersi. Che il “frazionismo” è probabilmente nel dna della sinistra italiana, ma che nemmeno tra “comunisti” si sia riusciti a mettersi d’accordo per fare un cartello unico non è sinonimo di ampia scelta elettorale, ma lo specchio di una follia. Dell’incapacità di far prevalere la ragione collettiva su quella particolare di ognuno. A mio modestissimo parere questo è il dramma. E uno dei motivi per cui la destra può vincere di nuovo.

A livello locale sembra prevalere, a sinistra, la regola del silenzio Neanche chi ha messo la parola sinistra nella propria ragione sociale (vedi i Podemos chiusini) ha detto finora una parola sulle elezioni , qualcuno ha aderito personalmente a Liberi & Uguali, qualcun altro, sempre individualmente, a Potere al Popolo, altri ancora al PC di Rizzo… Uno, addirittura col la Bonino e Tabacci, quindi con il Pd… Ma tutto ciò senza alcuna discussione, senza alcun confronto aperto tra le varie posizioni. Per cui anche formazioni come ‘Possiamo’ rischiano di rimanere triturate in una sorta di frullatore silenzioso con le varie schegge che vanno di qua e di là. Una contro l’altra. Vi sembra normale?

Da elettore di sinistra sono molto deluso dalla deriva imboccata dal Pd (che però era compresa nel prezzo della fusione del 2007, si sapeva che questo sarebbe stato lo sbocco, soprattutto dopo l’ascesa di Renzi), ma anche dalla parcellizzazione e dall’incapacità di parlarsi delle formazioni a sinistra del Pd. Il 4 marzo davvero non so per chi voterò. Mi dispiacerebbe molto non andare a votare per mancanza di convinzione e di rappresentanza. Ma non escludo una gita lontano dalle urne…

Marco Lorenzoni

 

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