BETTOLLINI LA PRENDE LARGA, MA CONFERMA LO STOP AL FESTIVAL. IL J’ACCUSE DELLA RIVISTA “TEATRO E CRITICA”

martedì 30th, maggio 2017 / 17:05
BETTOLLINI LA PRENDE LARGA, MA CONFERMA LO STOP AL FESTIVAL. IL J’ACCUSE DELLA RIVISTA “TEATRO E CRITICA”
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E IL FUTURO DELLA FONDAZIONE E’ APPESO AD UN FILO…

CHIUSI – Ora è pressoché ufficiale. Il festival Orizzonti quest’estate non si farà, come noi andiamo scrivendo da giorni. La “certificazione” arriva da lontano. Ma porta il timbro del sindaco e presidente della Fondazione, Juri Bettollini. Arriva da lontano perché è un lungo articolo della rivista on line “Teatro e critica” che ha seguito il festival chiusino negli anni scorsi e oggi riporta una dichiarazione, appunto del sindaco Bettollini. Ecco un estratto del pezzo:

“La notizia ormai circola da qualche giorno soprattutto grazie a Prima Pagina, giornale online locale molto attivo. Abbiamo raggiunto al telefono il sindaco Juri Bettollini, il quale ci ha parlato di una passivo della Fondazione che, al 31 dicembre, ammonta a oltre 308mila euro: «Se fosse stato autorizzato, il festival avrebbe prodotto un’ulteriore perdita di 170mila euro che sarebbe andata ad aggravare la posizione debitoria della Fondazione in maniera irreversibile. Da qui la decisione responsabile e sana di bloccare e sospendere il festival cercando di attuare misure straordinarie per risanare il debito. In questo momento la Fondazione ha 500 euro di liquidità. Autorizzare il festival sarebbe stato un atteggiamento di grande irresponsabilità, non avremmo potuto pagare nessuno. Sarebbe stata la fine della Fondazione. Ad oggi non è detto che si riesca a salvarla, io ce la sto mettendo tutta, cosciente del valore prodotto in questi tre anni, di cui vado fiero e orgoglioso. Non vado però fiero e orgoglioso della gestione: la struttura poteva dare dei grandi risultati se avessimo avuto un po’ di pazienza nell’affrontare la ricerca di sponsor. Gli sponsor rappresentavano solo 24mila euro a fronte dei 158 che dava il Comune; il festival che costava 300mila euro, questo vuol dire che ogni anno sono stati accantonati debiti per 100mila euro. Una struttura come questa o la chiudi o la salvi e salvarla ha voluto dire ridurne drasticamente le spese».

Fin qui lo stato dell’arte. Ma l’articolo continua con domande a Bettollini sul futuro del festival e della Fondazione. E Bettollini risponde così: «Ci siamo presi, come gruppo di maggioranza, un tempo entro il quale dobbiamo dirci cosa fare, quel tempo è il 31 dicembre. Se per quella data saremo stati in grado di recuperare gli errori degli altri recuperando sponsor e contributi allora potremo immaginare un futuro, altrimenti è finita non solo una grande esperienza ma anche la stagione della Fondazione. Quello che ho chiesto ad Andrea Cigni era una mano per cercare altri contributi». Sull’eventualità di pensare a un programma ridotto il sindaco risponde: «Io ho chiesto ad Andrea Cigni di salvare il salvabile, di fare dieci serate utilizzando le nostre compagnie (del territorio ndr), chiedendo loro di intervenire gratuitamente e il direttore mi ha detto che non era possibile, che le dieci serate potevamo farle tranquillamente senza il suo nome e la sua faccia». 

Bettollini non glissa, non svicola, dice chiaramente che la Fondazione è appesa ad un filo. Se si troveranno soldi per slavarla bene. Se no adiòs. Si chiude. E qui c’è anche la coferma di quanto abbiamo scritto su queste colonne in altri articoli sul fatto che l’assunzione della presidenza da parte del sindaco e la nomina dei 3 consiglieri del Cda, somigli molto ad un commissariamento.

Ma torniamo all’articolo di Teatro e Critica. A questo punto l’articolista Andrea Pogosgnich sottolinea che “Andrea Cigni ha prestato per tre edizioni il proprio lavoro gratuitamente proprio per non pesare sul bilancio” e ne prende le difese:  “Difatti, se la piccola città del Sud Senese ha avuto una manifestazione di caratura nazionale, è soprattutto grazie a lui. Chiedergli ora di fare anche il lavoro del fundraiser o di firmare la direzione artistica di un festival locale è forse eccessivo”.

Pogosgnich continua cercando di riflettere sulla “filosofia di gestione un festival”:  “Il festival – scrive – viene cancellato come verrebbe cancellato qualsiasi ramo d’azienda ritenuto inefficiente, come viene ritirato dal mercato un prodotto che non porti guadagni (…). Ma ha davvero senso pensare a un festival teatrale come un prodotto che produce o non produce ricavi, solo come un costo che erode un patrimonio? La città di Chiusi – ci appelliamo alla città tutta per non cadere nel giochino della cronaca politica quotidiana segnata da colpe presenti e colpe delle passate gestioni – non sapeva forse che cosa volesse dire produrre un festival di teatro? Forse non sapeva che almeno per i primi anni sarebbe stata una perdita economica a fronte però di una crescita? D’altronde a leggere i verbali della passata gestione, presieduta da Silva Pompili, le difficoltà economiche non risultano nascoste, anzi vengono palesate e affrontate attraverso l’inizio di una pianificazione di rientro”.

Però, è la conclusione amara di Pogosgnich, “le cifre dei bilanci non raccontano di un’umanità palpitante che si raccoglieva attorno alla quotidiana ricerca di poesia, non raccontano della fuga di Santa Mustiola illuminata dal tramonto al centro del lago di Chiusi, non raccontano delle follie di Copi recitate da Teatri di Vita sulla riva, non danno neanche lontanamente l’idea della densità del silenzio in cui brillava il volto imbiancato dell’Amleto di Latini. Quei numeri non potranno mai avere la stessa forza di una sola goccia di sudore rilasciata dall’estenuante danza Roberto Zappalà disegnata sui corpi di Romeo e Giulietta”.

E così, dopo lo sfogo quasi rabbioso di Roberto Latini, ecco anche quello del giornalista che ha seguito Cigni come un’ombra. Ed è un’altro sfogo amaro, un’altra figura non proprio brillante, per Chiusi, per a sua classe dirigente, su una etstata specializzata, nazionale… Come pubblicità, anche questa, non certo la migliore.

Una forzatura però Pogosgnich la fa, quando cerca di mettere in contrapposizione la chiusura amara del festival Orizzonti e  l’allungamento dell’altro festival in egida Fndaizone, ovvero il Lars Rock fest, perché ” – dice lui – “il rock sbiglietta e fa più cassa”…

Non è il caso del Lars, che è un festival ad ingresso gratuito e sta cercando di sperimentare e di portare a Chiusi band che è difficilissimo poter ascoltare in Italia, quindi da un certo punto di vista è audace e trasgressivo quanto Orizzonti.  Ha ragione invece quando afferma che si doveva sapere che un festival, soprattutto se di qualità, costa e non guadagna, ma produce ugualmemente ricchezza. Servivano entrate che coprissero le spese… Ma questo lo scriviamo da sempre anche noi.

m.l.

 

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