UNA CITTA’ CHE FA… LETTERATURA. TANTI I ROMANZI AMBIENTATI A CHIUSI

venerdì 16th, settembre 2016 / 11:27
UNA CITTA’ CHE FA… LETTERATURA. TANTI I ROMANZI AMBIENTATI A CHIUSI
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CHIUSI –  Io non sono di Chiusi. Vengo da Napoli e abito nei dintorni. Da anni.  Frequento Chiusi come tutti quelli dei dintorni. Per fare spesa. E per qualche evento. E perché collaboro con questa testata giornalistica. Il che mi piace assai e collaborando con Primapagina ho avuto modo di spulciare la biblioteca di redazione. E l’archivio del giornale. Ho notato una cosa che mi ha lasciato lì per lì abbastanza perplessa. Non me l’aspettavo. Così ho provato ad approfondire, a verificare se si trattava solo di una impressione epidermica (a pelle, per intendersi) o se invece quell’impressione epidermica fosse in realtà una constatazione suffragata dalla realtà dei fatti.

Chiusi è una città che non solo fa un po’ più notizia nelle cronache quotidiane di altri paesi del circondario (questo magari può dipendere dall’attivismo e dall’esposizione mediatica degli amministratori, di certi politici, di certi organizzatori di eventi), ma è anche una città che ha fatto e fa… letteratura.  Da tempi lontanissimi e ancora oggi. Molto più di altre città di uguali dimensioni. Dei dintorni e non.

E per letteratura intendo libri. Libri veri. Di narrativa. Romanzi. O saggi. Ma non solo saggi di storiografia locale. Che quelli ce li hanno un po’ tutti. E la cosa che mi ha fatto quasi sobbalzare sulla sedia è che si tratta di decine di romanzi. Scritti, alcuni, da autori locali (e questo ci può stare, capita spesso che qualcuno che scrive, scriva della propria città…), ma anche da autori famosi, di livello nazionale e e internazionale che hanno ambientato i loro romanzi a Chiusi o citano Chiusi nel corso della storia…

Per la verità anche Dante nella Divina Commedia cita Chiusi nel canto XVI del Paradiso…  “Se tu riguardi Luni ed Urbisaglia come son ite e come di retro ad esso se ne vanno Chiusi e Sinigaglia, udir come le schiatte si disfanno non ti parrà nova cosa né forte, poscia che le cittadi termine hanno” scrive il sommo poeta che ci avverte del destino cinico e baro e della frequente decadenza economica delle città e cita anche Graziano (da Chiusi)  “che l’uno e l’altro foro aiutò sì che piace in paradiso” (canto X Paradiso)…

Insomma le premesse c’erano. Anche se Dante una citazione l’ha riservata a tante città (Nocera Umbra e Gualdo Tadino, per dirne due…) e se è vero che prima di lui anche Marco Terenzio Varrone e Plinio il vecchio di Chiusi e del  labirinto di Porsenna scrissero molto… Io però sono rimasta sorpresa dai libri recenti. Quelli dell’ultimo secolo. Anche l’ultimo mezzo secolo, diciamo. libreria

Il primo in cui mi sono imbattuta è un introvabile La casa tra i binari di Sergio Bitossi, Garzanti, 1981. Un libro per la scuola, che racconta in maniera lirica, ma anche molto realistica l’infanzia dello stesso Bitossi proprio a Chiusi negli anni a cavallo della guerra.  Poi Un infinito numero di Sebastiano Vassalli (Einaudi, 1999) che narra un viaggio del poeta romano Virgilio e del suo segretario nelle terre dei Rasna, gli etruschi… Vassalli non ha bisogno di presentazioni naturalmente. Il nome è già una garanzia.

Incuriosita ho cercato testi dell’autore chiusino più noto che è Ottiero Ottieri. Essendo io napoletana avevo avuto modo di leggere e apprezzare il suo “Donnarumma all’assalto”, uno spaccato dell’Italia del boom economico e del tessuto industriale campano (che c’era e c’è ancora) di rara efficacia e di assoluto realismo giornalistico. E di Ottieri ho trovato negli scaffali di primapagina Memorie dell’incoscienza (Einaudi, 1954) in cui c’è la descrizione precisa e anche questa efficacissima della giornata del 9 settembre ’43 a Chiusi, ovvero l’arrivo delle truppe di occupazione tedesche in città, visto da un giovane che all’epoca aveva anche simpatie fasciste. Poi, non più. Accanto al volume di Ottiero Ottieri (non l’unico, ci sono anche Il palazzo e il pazzo e La linea Gotica) ho trovato pure Chiusi dentro della figlia Maria Pace Ottieri, edizioni Nottetempo, 2011. Riflessione un po’ scanzonata sulla città, e forse omaggio alla città, da parte di una scrittrice e operatrice culturale chiusina di origini ormai trapiantata altrove… A Milano per la precisione.

Continuando a scandagliare lo scaffale, ecco La sosta di Giovanni Ferrara, Sellerio, 1996. L’autore, noto giornalista, scrittore romano e anche docente universitario di storia antica, racconta una sosta forzata, causa sciopero dei treni, proprio a Chiusi e qui, in questa cittadina che gli appare come  “frutto del lavoro di un geometra impazzito”  ricostruisce attraverso i segnali che gli arrivano dal paesaggio, dal caldo di quel pomeriggio, dall’orizzonte su cui si scorge Cortona, la battaglia di duemila anni fa sul lago Trasimeno dove si infranse il sogno democratico di un console romano (Caio Flaminio) e si esaltò la forza e l’abilità di condottiero del giovane Annibale…

E’ un libricino che si legge d’un fiato, così come I cinque figli del vescovo di Lino Tonti (edizioni Gabrielli, 1999). Che sembra un romanzo, ma in realtà è una lettera inviata a papa Giovanni Paolo II dallo stesso Tonti per perorare la causa dei preti sposati… Che c’entra Chiusi? C’entra perché quella lettera prende spunto da una epigrafe che si trova dentro la catacomba paleocristiana di Santa Mustiola, a Chiusi appunto. Una epigrafe in cui c’è scritto “i 5 figli del vescovo posero…”.  A sottolineare che nella chiesa dei primordi e delle origini cristiane i vescovi avevano figli, e dunque anche moglie… E naturalmente il ragionamento non si ferma lì…

Sebastiano Vassalli, Ottiero Ottieri, Giovanni Ferrara già da soli mi sembrano un campionario di prim’ordine. Ma anche gli altri autori mi pare abbiano tutti un loro perché. Mi prendo i libri e me li porto a casa. Quelli citati e anche altri trovati sul solito scaffale. Per sfogliarli con più calma. Tra questi, Frammenti d’amore dell’autore locale Ruggero Grimaldeschi (Greco & Greco, 2005), un tomo di 550 pagine  piuttosto autobiografico, poi Alle Case Venie della scrittrice Romana Petri, romana anche di residenza, ma pievese di adozione, figlia del baritono e attore Mario Petri che aveva scelto di abitare nella città del Perugino. Il romanzo non parla esplicitamente di Chiusi, ma delle campagne circostanti. Chiusi è sullo sfondo, come Città della Pieve, in una vicenda d’amore ambientata nei giorni della liberazione nel ’44…

Non cita Chiusi, anzi la cittadina la chiama in un altro modo, ma è Chiusi quella in cui Ugo Riccarelli (originario del luogo) ha ambientato il suo Il dolore perfetto, Premio Strega 2004. Dello stesso autore, morto nel 2013,  è ambientato a Chiusi anche l’ultimo romanzo: L’amore graffia il mondo, Mondadori, premio Campiello2013.

E’ recentissimo Il segno dell’aquila, di Marco Buticchi, Longanesi, 2015,  romanzo che intreccia storia e fatti contemporanei (traffico di armi, terrorismo, politica internazionale) con vicende antiche e con gli etruschi chiusini… Un genere che va di moda.

Abbastanza recente anche Nessuno lo saprà di Enrico Brizi (Mondadori, 2006) racconto di un viaggio a piedi coast to coast dal litorale grossetano al Conero, con passaggio anche a Chiusi e dintorni…  Cita la stazione di Chiusi il bolognese Gianluca Morozzi nel suo Lo specchio nero, Guanda, 2015,  e pure Gianni Rodari lo fa, ne L’acca in fuga.

Finito qui? neanche per sogno. Nel medesimo scaffale ho trovato anche E ora dove vado? Storia di un’ebrea italiana di Marcella Levi Bianchini, edizioni Associate & Editrice Internazionale, 1994, in cui l’autrice racconta la sua esperienza di ebrea, ospitata e salvata da una famiglia di ferrovieri chiusini nei giorni terribili tra l’8 settembre ’43 e il giugno ’44.

E sempre da un episodio di quei giorni prende spunto il romanzo Non è stato nessuno del direttore di Primapagina Marco Lorenzoni (Edizioni Del Bucchia, 2009), una cavalcata tra storia, cronaca e fiction ambientata tra Chiusi, Gubbio, Napoli e sudamerica. E’ la storia di un inseguimento durato una vita intera in cui non si sa chi sia chi insegue e chi è inseguito… Di Lorenzoni non potevano mancare, essendo il padrone di casa, anche Nove mesi, una raccolta di testimonianze sempre sul periodo che va dal settembre ’43 a giugno ’44, e poi Gazzosa Rivoluzione e rock & roll e Il Vortice, due libelli, come li definisce lui, tratti da altrettanti spettacoli teatrali sulle passioni, le scoperte, le velleità, le delusioni e i rischi, della generazione di chi aveva 20 anni nel ’76  o giù di lì proprio a Chiusi e dintorni.

Su quella stagione, più vicina a noi, e ancora piuttosto presente e non metabolizzata del tutto, narrata con molti particolari locali ne Il Vortice di Lorenzoni,  la libreria di Primapagina mi segnala anche 20 anni in attesa di giustizia (edizioni Memori, 2007). E’ l’amaro diario di Luigino Scricciolo, ex dirigente nazionale della Uil, accusato prima di far parte delle Brigate Rosse e poi dell’attentato al papa e scagionato dopo 20 anni in cui è stato considerato un “presunto terrorista”. Questo non è un romanzo, è una storia vera e triste  che a Luigino è costata la vita. Infatti è morto d’infarto nel 2009.

Naturalmente oltre i testi citati (e l’elenco non sarà esaustivo, ce ne saranno altri senza dubbio. Se qualcuno ce li segnala aggiorneremo la lista e lo scaffale), ci sono testi di memorialistica personale e privata come Il valore della Vita  di Vincenzo Magnoni (2011), Eco della Gioventù di Carlo Bologni (1991), Altri ricordi e personaggi di Chiusi di Paolo Paolucci (2003), Le mie memorie  di Giovanni Giulietti (1990) e decine di libri di storiografia sugli etruschi, sul patrimonio archeologico locale, sulle lotte contadine degli anni ’50, sul fascismo e sulla Resistenza nel territorio. E libri di poesia. Diari. Saggi e studi su argomenti specifici: dalla scuola all’urbanistica, dal paesaggio al dialetto, dalla cucina ai vini, dalle tradizioni allo sport…  Tra gli autori Gianfranco Barbanera, Enrico Barni, Fulvio Barni, Giacomo Bersotti, Giulietto Betti, Stefano Bistarini, David Busato, Ilario Rosati, Giulio Paolucci, Alessandra Minetti, Silvy Fuschiotto, Mariano Fresta, Giancarlo Del Balio e Leonetto Tistarelli, Paolo Scattoni, Piero Zoi, Paolo Miccichè…

Tutte cose interessanti. Ma, secondo me, sono i romanzi, la narrativa, che in questo caso danno una misura diversa alla città di Chiusi. Perché non si tratta di mettere insieme dei pezzi o dei cocci come in un puzzle, o di focalizzare l’attenzione su un aspetto particolare, ma del fascino che una città esercita, tanto da farne il teatro di storie.  Importanti o banali, belle o brutte le storie sono sempre storie, e merita leggerle.

Chissà se Chiusi è consapevole di avere, tra i tanti, anche questo inusitato patrimonio… La biblioteca comunale ce li ha tutti o quasi. E questo è già un segnale incoraggiante.

Elda Cannarsa

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