DI MEO (PD): “LE PRIMARIE MOMENTO DI GRANDE MOBILITAZIONE, MA COSI’ IL PARTITO NON FUNZIONA!”

lunedì 10th, marzo 2014 / 18:42
DI MEO (PD): “LE PRIMARIE MOMENTO DI GRANDE MOBILITAZIONE, MA COSI’ IL PARTITO NON FUNZIONA!”
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Fabio Di Meo, sindaco di Cetona uscente e membro dell’Assemblea nazionale del Pd ci ha inviato  questa riflessione sulle primarie di ieri, e soprattutto sulle primarie come strumento di partecipazione e di selezione dei candidati e dei gruppi dirigenti. E Di Meo, pur riconoscendo il valore delle Primarie e il merito al Pd di essere l’unico partito ad organizzarle, ammette che non è tutto oro quello che luccica e che qualche correttivo è necessario.  In particolare per evitare un appiattimento del Partito sugli amministratori che è sempre più evidente.

Le primarie del PD di domenica 9 marzo hanno rappresentato indubbiamente un importante momento di partecipazione democratica, soprattutto in termini numerici. 25.000 votanti sono una risposta senza appello a chi parla di un PD non in grado di smuovere energie. Una partecipazione che nessun altro partito italiano riesce oggi a mettere in campo, anzi nessuno nemmeno ci prova. Il PD in queste occasioni si dimostra una grande macchina di mobilitazione collettiva. Ed i candidati usciti vincitori, ai quali va riconosciuto di aver compiuto un grande lavoro di ascolto e proposizione, potranno vantare un elevato grado di rappresentanza che ci auguriamo possa proiettarli al 25 maggio in un analogo successo elettorale. Un successo a cui tutti gli esponenti del PD sono chiamati a lavorare, in primis gli sconfitti.

Premesso ciò con convinzione però, e riconosciuti gli innegabili meriti di questo metodo di selezione, soprattutto nei termini di apertura del partito verso l’esterno, dal 26 maggio, dal giorno dopo le elezioni, dovremo fare un ulteriore ragionamento, girare la medaglia ed osservarne la faccia più complessa, interrogandoci su una questione nuova scaturita dopo l’ultimo congresso. E cioè soffermarci sul fatto che il modello emerso vincente al congresso è quello che fa cadere la distinzione tra ruoli politici e amministrativi, anzi ingloba spesso i primi nei secondi. Questo crea anche localmente un problema così riassumibile:  se il PD è uscito dall’ultimo congresso come il “partito degli amministratori” e dunque a maggior ragione come quello dei sindaci; se diventando sindaci si diventa dunque automaticamente anche struttura dirigente del PD, sia di fatto che formalmente; se per presentarsi alle primarie per la scelta del candidato sindaco è sufficiente iscriversi al PD e trovare pochi amici che fanno la stessa scelta (i quorum sono estremamente bassi e non è richiesta nessuna anzianità di iscrizione per i candidati); se le iscrizioni ormai non passano a nessun vaglio preventivo e dunque chiunque può iscriversi, perché ormai, in una fase di “crisi di vocazioni”, l’ampliamento del numero delle tessere è obiettivo che spesso si persegue con disinvoltura; se i candidati sindaci sono scelti soprattutto da una moltitudine di cittadini che incrociano il PD solo in occasione delle primarie (basti confrontare il numero degli iscritti e dei partecipanti alle iniziative del partito, con quello dei votanti alle primarie); se una fetta di loro spesso non è nemmeno elettori del PD e del centrosinistra; se infine i candidati alle primarie, una volta ottenuta la candidatura, sono naturalmente spinti a stringere un legame diretto con il corpo elettorale, non necessariamente mediato dal partito, in quanto eletti direttamente dai cittadini. Ecco allora viene da domandarsi, dati questi “se”, che cosa rischi di essere oggi il PD. Un marchio da aggiudicarsi mediante gara aperta d’appalto?

Siccome non deve essere questo, bensì un grande partito di massa con una sua classe dirigente, allora dovremmo ragionarci tutti insieme appena possibile, perché qualcosa nel meccanismo non funziona, e senza buttare il bambino con l’acqua sporca, e con atteggiamento laico e non ideologico, adottare qualche accorgimento correttivo.

Fabio Di Meo

membro Assemblea Nazionale PD

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