LA LEOPOLDINA DI QUI QUO QUA…

domenica 01st, dicembre 2013 / 20:20
LA LEOPOLDINA DI QUI QUO QUA…
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IMPRESSIONI A MARGINE DELLA CONVENTION DEI RENZIANI SENESI

MONTEPULCIANO – “Farà piacere un bel mazzo di rose e anche il rumore che fa il cellophàne…”. Ecco, alla Leopoldina dei renziani senesi, sabato scorso, si è sentito più che altro il rumore che fa il cellophàne. Di rose poche. Senza scomodare i cento fiori di Mao, per carità, ci mancherebbe altro,  di fiori nel senso di “arrosto” se ne son visti davvero in quantità minima. Niente a che vedere con quel pomeriggio di un anno fa quando Matteo Renzi arrivò in camper al Mascagni di Chiusi.  Allora sì c’era aria frizzante, un mix esplosivo di rabbia e voglia, di entusiasmo e curiosità. C’era l’atmosfera dei giorni buoni, tirava un vento di novità piuttosto contagioso che sembrava destinato a spazzar via la casta e le incrostazioni di una politica ormai sempre meno credibile e sempre meno affidabile. Sabato, alla Leopoldina, quel vento era già una brezzolina, mista a nebbia. Più nebbia che brezza.

A me, arrivato lì da cronista e osservatore esterno, ma curioso, il raduno dei renziani senesi ha ricordato, per il clima, le facce, il look dei partecipanti, i discorsi ascoltati essenzialmente due cose: 1) le convention dei socialisti anni ’80, anche quelli con cena a seguire, quando De Michelis arrivava in elicottero. Anche i socialisti all’epoca erano ‘gasati’, sentivano il vento in poppa, parlavano di onde lunghe, si consideravano il nuovo, quelli più moderni e avanzati e scavalcavano a sinistra il Pci su alcune questioni (i diritti civili, il libertarismo…) poi però proponevano ricette economiche modello Thatcher, come il taglio alla scala mobile. 2) i campeggi dei preti, come quelli all’eremo di Sant’Egidio, dove la sera intorno al fuoco gli animatori danno ai ragazzi una “parola chiave” e questi devono costruirci sopra una storia…  E poi tutti insieme a cantare “la macchina del capo ha un buco nella gomma…”.

Beh sì. La macchina del capo ha un buco nella gomma, vero. E non solo nella gomma, se la macchina è il Pd. Ma la ricetta uscita dalla Leopoldina è più o meno il chewing-gum della canzoncina dei campeggi. E da quanto si è visto al ristorante “I Chiari”, sabato, anche la macchina di Matteo ha le ruote già sgonfie…

Loro, i giovani leoni renziani, diranno di no. Loro saranno pure contenti ed entusiasti. E fanno bene: prima di tutto, se vuoi vincere ci deve credere… E loro ci credono. Lo hanno ripetuto ogni dieci minuti… Però all’esterno, dall’esterno, il quadro è diverso.

Il pensiero più alto ascoltato in tutta la mattinata (nel pomeriggio sarà andata meglio, mi auguro, per loro)  i versi delle canzoni di Jovanotti e Vasco Rossi che ogni tanto partivano dal maxischermo per intercalare gli interventi stile Hyde park. C’era, infatti, come nel famoso parco londinese, uno speaker’s corner, dove ognuno degli iscritti a parlare saliva e diceva la sua, partendo appunto da una parola chiave.  Senza però un minimo confronto, una interazione, un ragionamento collettivo. Una carrellata di opinioni, ognuna per sé. Fine. Anche i congressi li fanno così, ormai nel Pd. Al massimo – e in più –  lì si vota, ma mica si discute. LEOPOLDINA 4

Non è che uno va al meeting dei renziani e può aspettarsi riferimenti o richiami a Gramsci o Berliguer, a Moro o Zaccagnini, o magari a Don Milani, Martin Luther King o al discorso sul Pil di Bob Kennedy.  Quella è roba finita con Veltroni. Grazie anche a Veltroni.

Però se uno va ad una convention dei renziani si aspetta quantomeno di vedere il meglio del popolo dei “rottamatori”. Gente incazzata, che vuol fare piazza pulita, che è pronta a gettarsi nella mischia anche controvento… E invece che cosa trova? Una platea di 35-quarantenni, per lo più sindaci, assessori, capigruppo, qualche faccia nota che un anno fa stava con Bersani, giovani donne eleganti… Giovani giovani pochi.  Quelli sotto i 30 si contavano  sulle dita di una mano, al massimo due. Tutti già in giacca e cravatta o tacco 12.

Anche qui, sia chiaro, nessuno si aspettava di trovare orde di ragazzini coi capelli arruffati, l’eskimo e la sciarpa rossa. Ma  nemmeno un orecchino… Possibile?

E nemmeno un giornale che uno, in mano o in tasca ai convenuti. Un tempo alle iniziative politiche la gente arrivava con un fascio di quotidiani, magari solo per far scena,  per far vedere che si informava… Ora, è vero, tutti hanno lo smartphone e il tablet  e il giornale molti lo leggono on line… ma possibile che nemmeno una Repubblica, per sbaglio? Cosa leggono le truppe di Matteo?

Quanto alle parole chiave, scritte su una apposita lavagna, per lanciare gli interventi sembrava di vedere la parodia di Crozza, che tra l’altro, con un pizzico di apprezzabile ironia, i renziani senesi hanno più volte ripreso sul loro maxischermo. “Futuro”, “Presente”, “Partecipazione”, “Sviluppo”, Impresa”… Parole come capitalismo, sfruttamento, precarietà, diritti, lavoro… non si sono sentite. Non fanno parte del lessico renziano. Al massimo è echeggiata la parola “Carità” che con la sinistra c’entra come il cavolo a merenda. Sparita anche la parola “rottamazione”.

Due le citazioni colte:  i dipinti di Ambrogio Lorenzetti che campeggiano nel palazzo pubblico di Siena (gli effetti del buon governo e del cattivo governo), per dire che la casta che ha prodotto lo sfacelo del Monte dei Paschi va mandata a casa,  e Tomasi di Lampedusa, citato per dire che ormai non ci sono più giaguari da smacchiare, ma nemmeno “gattopardi” e che il popolo della Leopoldina vuole cambiare davvero e non cambiare perché tutto resti come prima…  Cambiare cosa e in quale “verso” dagli interventi della mattinata non si è capito. Ce lo spiegheranno meglio dopo l’8 dicembre, quando Matteo (alla Leopoldina tutti lo citavano, evocavano, osannavano chiamandolo solo per nome) sarà probabilmente il nuovo segretario del Pd.   Però, a me cronista e osservatore esterno e curioso, più che una “gioiosa macchina da guerra”, quello che ha affollato la Leopoldina è sembrato un esercito di Franceschiello.

Forse è solo un’impressione. Magari sbagliata, dettata da una concezione della politica un po’… antica.  Vedere e ascoltare dei trenta-quarantenni che mostrano entusiasmo e voglia di mettersi in gioco, fa comunque piacere. Da lì qualcosa di buono può uscire. Però la pochezza delle argomentazioni è disarmante.  Non solo Gramsci, Moro e Berlinguer sono scomparsi dall’album di famiglia, ma anche Tex Willer, che almeno lui, con metodi un po’ spicci, la sua battaglia contro il capitalismo rampante che vuole costruire la ferrovia a scapito degli indiani la porta avanti da 60 anni con il fido Kit Karson…  Alla Leopoldina anche Aquila della Notte, credo,  si sarebbe sentito fuori posto…

Non mi aspettavo granché, ma un po’ di più sì. Un po’ più di verve, ma anche di “elaborazione”, un orizzonte minimo, un’idea di partito e di Paese…  E anche un clima più battagliero ed entusiastico… Può darsi che tutto ciò ci fosse e sia sfuggito a me. Può darsi che da cronista attento alle sfumature, non abbia colto la sostanza…

Però, lo dico con franchezza,  a me la Leopoldina a cui ho assistito in mattinata, è sembrata una scatola vuota  più che una nave col vento in poppa. Qui_Quo_Qua

Per rimanere i tema fumettistico, un raduno di Giovani Marmotte. Con tutto il rispetto per le giovani marmotte.  Naturalmente nemmeno l’ombra di qualche vulcanico e imprevedibile “Archimede Pitagorico”, solo bravi e attivissimi ragazzi, come Qui Quo, Qua…

Certo anche gli sfidanti di Matteo alle primarie dell’8 dicembre non sono messi molto meglio. Uno dice cose sensate, ma ha come sponsor principale una ditta che ha fatto più volte fallimento e l’altro è…  Pippo. E meno male che Topolino, detto anche ‘dottor sottile’,  stavolta non è della partita….

 

m.l.

 

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