QUANDO UN COLPO DI TACCO SPIAZZA TUTTI

LA PIECE TEATRALE DI CIUFOLI SU TESTO DI LORENZETTI AL FESTIVAL ORIZZONTI DI CHIUSI. TANTI APPLAUSI E MOLTE FACCE INTERDETTE: “TROPPO COMUNISMO NELL’ARIA…”
CHIUSI – Ha chiuso con il botto il Festival Orizzonti. Piacevolissimo, infatti, lo spettacolo “La democrazia è un colpo di tacco“, monologo di Roberto Ciufoli su testo di Riccardo Lorenzetti. Due ore di racconto alla Paolini, su una vicenda di una trentina di anni fa che cambiò molte cose nel calcio del paese più calcistico del mondo e anche nella politica di quello stesso paese. Per noi di Primapagina, l’amico Lorenzetti ha sfondato una porta aperta, portando in palcoscenico una storia di quelle che anche noi amiamo raccontare e che qualche volta abbiamo raccontato in Teatro. Nel nostro spettacolo del 2005-2005 “la Palla è rotonda” c’erano molte storie di pallone viste attraverso la letteratura, attraverso la lente deformante del romanzo o della cronaca sociale e politica…
E quella che ha fatto Riccardo Lorenzetti, raccontando l’pesperienza della “democrazia Corinthiana” di Socrates, in Brasile agli inizi degli anni ’80 è più o meno un’operazione simile. Anzi, dello stesso tenore. Con gli stessi leit-motives. E infatti ha spiazzato tutti, compresi molti spettatori che si aspettavano forse un’altra piece sul tipo del fortunato e altrettanto piacevole Massischermo, che in qualche misura parla della sinistra che non c’è più, ma prende in giro – giustamente – un certo veterocomunismo refrattario anche alla minima novità, fosse pure per raggranellare qualche avventore in più alla festa de l’Unità…
Hanno spiazzato tutti, Lorenzetti e Ciufoli, con quei continui riferimenti al proletariato, alla “squadra del popolo” contrapposta alla “squadra dei ricchi”. Con quei saluti a pugno chiuso che Socrates e compagni usavano fare prima e dopo le partite del Corinthians, con il racconto delle difficoltà in cui si muoveva la redazione di un giornale controcorrente… E con quei richiami frequenti al comunismo… sia pure ala sudamericana…
Se l’avessimo proposto noi di primapagina uno spettacolo del genere (e i nostri gli somigliano molto) molti avrebbero detto: eccoli, sempre i soliti incalliti e irriducibili comunisti, i soliti immarcescibili, antichi e obsoleti epigoni di Marx, Che Guevara e Berlinguer… Molti avrebbero sentenziato: “roba vecchia, datata, ormai fuori tempo massimo…” come qualcuno ha detto di Bianco Rosso e Nero e perfino di Bisogna saper perdere, solo perché lì si parlava di Jimi Hendrix, dei Led Zeppelin e dei Creedence… Antiquariato insomma.
Ma “La democrazia è un colpo di tacco” non l’ha presentato Primapagina, e non l’ha scritto Lorenzoni, ma Riccardo Lorenzetti, cognomi simili, ma storie diverse. Lorenzetti, uno che comunista non è stato mai, nemmeno per sbaglio… Uno che ha sempre parlato più di pallone che di politica, ma certamente uno che sa scrivere. Il monologo di Ciufoli è stato applaudito, certo. Ma molti sono rimasti un po’ interdetti. Sorpresi. Le premesse, insomma erano altre…
Quoque tu, Lorenzetti? Ti ci metti anche te, ora, a fare apologia del comunismo? Ora che dei comunisti non c’è più nemmeno l’ombra? Ora che finalmente sono morti, li vuoi resuscitare?
Chissà se l’amico Riccardo e lo stesso mattatore Ciufoli si sono resi conto dell’operazione dirompente che hanno fatto. In due ore hanno demolito il castello di carta della politica attuale, renzismo compreso, che qui a Chiusi va abbastanza di moda, hanno riportato in superficie e alla ribalta idee, valori, passioni ormai seppellite come l’ascia di guerra dei Sioux, sconfitti e relegati nelle riserve…
Hanno, pensate un po’, ricominciato a parlare, parlando di pallone, di autogestione, di rivoluzione, di democrazia dal basso, di comunismo… quando tutti parlano d’altro e al massimo si accapigliano sul salvacondotto a Berlusconi o sulle regole del congresso del Pd…
La “creme” chiusina ha applaudito per cortesia, ma certamente non ha gradito. Avrebbe forse preferito un’altra piece… Troppo comunismo nell’aria.
Sindaco e assessori (alcuni almeno) li abbiamo visti un po’ sorpresi, ma non ostili (buon segno).
Chissà se tutto era previsto e calcolato oppure se la Fondazione ha comprato a scatola chiusa lo spettacolo senza sapere dove questo andava a parare e si è trovata davanti al fatto compiuto. Fatto sta che lo spettacolo di Ciufoli, su testo di Lorenzetti, è stato un bel pugno nello stomaco a chi ha messo frettolosamente in soffitta o in cantina valori, ideali e bandiere della sinistra, in nome di un modernismo astratto e senz’anima che alla fine fa il gioco dei padroni di sempre…
Qualcuno, sommessamente e a bassa voce, ha pensato addirittura ad una vendetta, sottile e subdola, di Manfredi Rutelli, direttore artistico giubilato dopo 11 anni, per far posto a qualcun altro.
Comunque sia andata, lo spettacolo è valso il prezzo del biglietto.
Caro Riccardo, benvenuto tra noi…
Marco Lorenzoni
commento inviato da Elda Cannarsa:
SOCRATES, IL BRASILE ANNI ’80, LA DEMOCRAZIA, IL COMUNISMO…
RIFLESSIONI A MARGINE DI UNO SPETTACOLO E DEL DIBATTITO CHE NE È SEGUITO
Ho letto sugli schermi di Prima Pagina dello scalpore suscitato da La democrazia è un colpo di tacco, spettacolo organizzato da Orizzonti a Chiusi sulla vicenda di Socrates il calciatore politico di sinistra, e del suo Corinthians negli anni ’80… Protagonista l’attore Roberto Ciufoli, regista Manfredi Rutelli su testo di Riccardo Lorenzetti. E il riferimento al libro La manomissione delle parole del buon Carofiglio, mi è venuto naturale.
Nelle prime pagine Carofiglio cita Zagrebelsky: […] un ulteriore segnale del grado di sviluppo di una democrazia, e, in generale della qualità della vita pubblica si può desumere dalla “qualità” delle parole: dal loro stato di salute, da come sono utilizzate, da quello che riescono a significare.
“Il parlare scorretto”, commenta poi Carofiglio, “la progressiva perdita di aderenza delle parole ai concetti e alle cose, è un fenomeno sempre più diffuso, in forme ora nascoste e sottili, ora palesi e drammatcamente visibili.”
Questo è esattamente quello che è accaduto a parole come Vergogna e Giustizia, che Carofiglio analizza nel suo testo, ma anche, a mio modestissimo parere, ai termini Comunismo e, aggiungo con magna tristezza, Femminismo.
Di fronte a qualunque riferimento che ne ricordi l’esistenza, si storce il naso, si assume un’aria di leggero fastidio, si fanno spallucce.
Peggio ancora quando si tiene a precisare il proprio distacco da quelle parole e da quelle idee oramai legate a stereotipi nati solo ed esclusivamente dall’ignoranza, intesa come mancanza di conoscenza.
Un esempio. Tempo fa, ad una conferenza sulla Sicurezza della Donna, a Città della Pieve, la psicologa aprì il discorso raccontando brevemente il suo percorso umano e accademico. Fece riferimento alla sua scelta universitaria e disse che lei, per carità, non si era mai considerata una femminista, che poi, alla fine, questa cosa dell’uguaglianza degli uomini e delle donne si era rivelata errata. Ingoranza, appunto. Peraltro, una parentesi tutto sommato gratuita e poco necessaria all’esposizione dei suoi argomenti. Ma tant’è, meglio dissociarsi prima che qualcuno potesse pensare che tra lei e quella parola “cattiva” ci fosse qualche legame.
Per volontà sociale e in molti casi politica ( ma che te lo dico a fare), Comunismo e Femminismo sono diventate l’emblema di un passato sbagliato, sinonimi di fallimento e di vergogna. Sono state denigrate, ridicolizzate e ricoperte del famoso “fango”, parola che, invece, tanto va di moda in questi anni.
Poco importa che proprio grazie ai movimenti e alle idee cui la parolaccia Femminismo è legata, quella psicologa, come tante altre donne oggi, goda del diritto fondamentale, nient’affatto scontato, di “scegliere” cosa fare della propria vita e del proprio corpo. Quello slogan Il corpo è mio e lo gestisco io, ridotto oggi alla bandiera di una manciata di pazze scatenate che bruciavano i reggiseni in piazza (ho detto ignoranza, vero?), ha aperto la strada al dibattito sull’aborto, che fino a 40 anni veniva praticato uguale, ma in maniera selvaggia e fatale; sul diritto di famiglia, sul divorzio, e non ultimo, sulla necessità di porre fine, o almeno tentare, alla violenza sulle donne, che 40 anni fa si praticava uguale, ma con ampia accettazione sociale, nel fumo di una legalità poco chiara in materia di pestaggi “domestici”. Poco importa.
Peccato anche che di quella lontana idea di Comunismo, siano rimasti solo i riferimenti alla Russia, ai regimi dell’Est europeo o di Cuba e qualche sospiro di sollievo al ricordo della caduta del muro di Berlino. Il significato profondo della parola, l’idea di comunione e di uguaglianza ad essa legata, è sprofondato nell’oblio, tacciato al meglio delle ipotesi come utopia.
Peccato che pochi si siano accoti che tra i Comunisti cattivi e il Comunismo italiano ci passi l’oceano due volte; che la sinistra in Italia, aldilà delle contraddizioni e delle polemiche del 2000, abbia storicamente significato cultura, conoscenza, voglia e consapevolezza di cambiare una società e un sistema politico che precipitavano inesorabilmente verso il baratro delle profonde ingiustizie sociali ed economiche che una politica capitalista avrebbe (e ha) generato.
Paradossalmente però, si è sempre parlato di “fallimento del Comunismo” ma nessuno ha mai osato associare la parola fallimento alla parola Capitalismo. Nonostante l’aumento della violenza, sempre più feroce, dell’individualismo sfrenato, dell’impoverimento dell’educazione scolastica e del sapere (nonchè della lingua), del dislivello crescente e sempre più evidente tra una ristretta classe di ricchi e privilegiati e una maggioranza che sopravvive perchè di vivere non se lo più permettere… si parla ancora di Progresso.
“Sembra oggi concretizzarsi nel nostro paese più che altrove, l’ inquietante fenomeno che Humpty Dumpty illustra ad Alice in un passo celebre, e caro ai filosofi del linguaggio, di Attraverso lo specchio.
< < Quano io uso una parola>> disse Humpty Dumpty in tono alquanto sprezzante ,<>
<> disse Alice < >
<> disse Humpty Dumpty < < chi è che comanda...è tutto qua>>
(La Manomissione delle parole, Gianrico Carofiglio, Rizzoli, 2010)
Elda Cannarsa