LA CRISI DI GOVERNO VISTA DAI MEDIA: BOOM DELLE MARATONE TV, LA LATITANZA DELLA RAI

sabato 07th, settembre 2019 / 11:20
LA CRISI DI GOVERNO VISTA DAI MEDIA: BOOM DELLE MARATONE TV, LA LATITANZA DELLA RAI
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di Maurizio Boldrini

La crisi di Governo ha appassionato quanto o più del calciomercato. Non è cosa di poco conto. Al racconto che ne è stato fatto dai media tradizionali – televisione, giornali di carta e on line, radio- si è aggiunto un confronto serrato sui social. Sono stati usati, nel raccontare questa crisi estiva, toni e stili diversi. Ci sono state testate e reti che hanno colto con immediatezza l’interesse della crisi e l’hanno seguita con un’attenzione; ci sono state reti, come la Rai, che per diversi motivi hanno rinunciato a svolgere quel ruolo pubblico nell’informazione.

Non è stato, perciò, formale il saluto che il presidente Sergio Mattarella rivolto ai giornalisti: “Per me per me è stato di grande interesse leggere ogni mattina, sui giornali stampati oppure online, o ascoltare la sera in tv, le cronache e le interpretazioni dei fatti da diversi punti di vista. Questo confronto tra prospettive differenti, opinioni diverse e diverse valutazioni, è prezioso per me come, come per chiunque. E, ancora una volta, rileva l’importanza e il valore della libertà di stampa“.

Come lui, milioni d’italiani hanno seguito questo confronto tra prospettive differenti e non hanno avuto, una volta tanto, fastidio di vedere il grande spazio che i media stavano dedicando alla politica. E proprio nel pieno della crisi, molti commentatori hanno notato questa differenza negli atteggiamenti dei media, a partire dalla televisione. La crisi di ferragosto che ha fatto così male a Matteo Salvini, è stata un’inaspettata manna che ha risollevato le sorti di una sonnecchiante stagione televisiva, dominata dalle repliche e dallo sport.

C’erano i presupposti perché questa crisi politica diventasse il terreno prediletto dai media per rimpinguare i palinsesti. Il modo stesso in cui era stata annunciata aveva creato un esteso sistema di attese. La spettacolarizzazione, in genere creata ad arte dagli spin-doctor, questa volta, era già compresa nella sceneggiatura della crisi: l’uomo forte che d’improvviso molla e mostra appieno le sue debolezze; i leader deboli che rialzano la testa; gli amori politici che finiscono come se fossero storie da rotocalchi patinati. Ah, fosse sempre così la politica tornerebbe a guadagnar punti nell’agenda dei media.

Il telespettatore si appassiona, si schiera, si sintonizza sulle reti televisive fino a nevrotizzarsi. Si sopportano anche i commentatori che devono, gioco forza, straparlare in attesa che accada qualcosa. E mentre guarda e ascolta, posta i propri dubbi e le proprie speranze sui social: critiche a questo o quel leder, a questa o quella possibilità. Governo nuovo no, governo nuovo ni, governo nuovo sì.

Da un lato si ripete uno schema ben conosciuto: nell’arena scendono campioni che avevano ” appese le scarpe al chiodo”; combattono i campioni e i gregari; si duella con correttezza o si tirano colpi bassi. Nel grande match televisivo. Anni fa, Omar Calabrese aveva descritto i riti della nascente Seconda Repubblica in un pamphlet nel quale sosteneva che lo spettacolo della politica in televisione si fosse ridotto a un combattimento di box.

Da un altro lato occorre annotare con prontezza il modificarsi di alcune delle forme con le quali la politica è stata raccontata dai media. I narranti sapevano che a vederli, ad ascoltarli, a seguirli c’erano vere e proprie tifoserie; gruppi di cittadini che si erano formati nel corso di quest’ultimo anno. Una sorta di automatica spartizione dei popoli. Un anno che aveva portato con sé divisioni e lacerazioni così profonde da intaccare lo stesso tessuto culturale e morale. Cioè il pubblico non assisteva passivo allo spettacolo della politica poiché si sentiva parte in causa. Questa partecipazione, nuova e diversa, non andrebbe dilapidata da parte dei protagonisti perché potrebbe esser il lievito per cambiamenti che non si fermino ad accordi di vertice.

Nota Aldo Grasso, sul Corriere del primo settembre: ” La crisi di governo viene vissuta dai media come se fosse un grande evento sportivo, una storia piena di tatticismi cui tutti pretendono di dare un suggerimento. L’incremento nel consumo di televisione- che solitamente parte a settembre- è stato perciò anticipato, specie per il day-time. Dal 20 agosto – il fatidico giorno del dibattito al Senato – grande attenzione per le reti all news e, fra le generaliste, per La7, che ha coperto la crisi con tg, con le “Maratone Mentana” con “In Onda”. E i dati dimostrano la giustezza di questa considerazione: le trasmissioni di Mentana, fra il 20 e il 28 agosto, raccolgono circa un milione di telespettatori, con uno share alto, molto alto.

Sugli effetti spettacolarizzati della crisi si è soffermata, sull’Espresso, anche Beatrice Dondi, descrivendo il duo Telese-Parenzo, come una “irresistibile coppia comica catapultata nella crisi politica” e paragonandola a una coppia che ha calcato per decenni gli italici palcoscenici, Ric e Gian: “Che lo spettatore , gioco forza vista la moria delle vacche da palinsesti in vacanze, si è bevuta avidamente, sera dopo sera, regalando al programma ascolti da urlo e invidie generalizzate. Così, abbondandis in abbondandum, nel triste teatrino della politica è salito sul palco a sorpresa un irresistibile ping-pong di comicità involontaria, dove uno occhieggia e l’altro ammicca, uno sgrida e l’altro borbotta, uno ride e l’atro ride ancora di più”.

Il clou s’è avuto nella sera in cui è stato ospitato Bersani che ha avuto la capacità di incidere a tal punto da trasformare il duo in un terribile terzetto. Oltre i singoli casi presi in esame, in generale tutte le reti televisive – Mediaset, Skay in testa – hanno dedicato spazio e attenzione, seppure con modi diversi, alla crisi chiamando in causa sia le classiche competenze giornalistiche che fornite schiere di commentatori.

La vera latitante è stata la Rai. Paura per gli effetti del post – sovranismo? Ferie troppo prolungate per abituali conduttori dei talk-show televisivi? Non è dato saperlo. L’aria che si respira in Rai è pessima. D’altra parte è così a ogni cambiamento di stagione. Politica, ovviamente.

 

Questo articolo è pubblicato anche su Strisciarossa.it. La foto è di Polisblog

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