LE DUE PIAZZE DI ROMA. DUE MODI DI INTENDERE LA PACE: UNO CHIARO, UNO TROPPO BLU

domenica 16th, marzo 2025 / 15:53
LE DUE PIAZZE DI ROMA. DUE MODI DI INTENDERE LA PACE: UNO CHIARO, UNO TROPPO BLU
0 Flares 0 Flares ×
Dicono le cronache che in Piazza del Popolo a Roma alla manifestazione promossa da Michele Serra e Repubblica (principale giornale dello schieramento pro riarmo) c’erano almeno 50 mila persone. Certamente un bel numero. Lontano però da quello delle piazze con un milione e mezzo di persone di qualche tempo fa. Una piazza dove qualcuno issava cartelli con su scritto “Disarm Europe” e altri che invece inneggiavano al riarmo necessario e salvifico proposto dalla risoluzione Von der Leyen. Ovvero al contrario. Qualcuno era lì animato da buone intenzioni, nello “spirito di Ventotene” (l’Europa dei popoli e unita pensata da Ernesto Rossi e Altiero Spinelli nel 1941, dal confine sull’isola pontina, dove Mussolini li aveva spediti), altri come Calenda e i 10 deputati europei del Pd che hanno votato sì al documento della baronessa, per soffiare invece sul fuoco della russofobia e del bellicismo, unica medicina contro la minaccia Putin, che non ha più l’Armata Rossa, spende 11 volte meno dell’Europa in armamenti, due anni fa faceva combattere i suoi sldati con le pale, ma ora starebbe addirittura per invadere tutto il continente. 
Una piazza bella, nel blu dipinto di blu delle bandere dell’Unione, con tanta gente che la pensa in un modo e tanta che la pensa nell’esatto contrario.  Potenza dell’informazione mainstream che tutto centrifuga e tutto annacqua, facendo però un gran casino: una piazza “Per l’Europa e per la pace”, ma “non per la pace a tutti i costi”, contro gli auocrati e dittatori come Putin, ma anche e soprattutto contro i pacifisti imbelli e rammolliti e pronti a sacrificare l’Ucraina… I pacifisti! Invece la Nato, l’Unione Europea e tutti i Paesi che hanno inviato armi su armi cosa hanno fatto negli ultimi tre anni se non fare una guerra per procura alla Russia, con la pelle degli ucraini, che adesso sono allo stremo, in alcune aree accerchiati e senza via d’uscita, stretti nel dilemma arrendersi o perire? Una piazza per l’Europa dove non si è vista una Kefia, per dire che anche i palestinesi hanno diritto ad una pace e magari ad una terra in cui vivere. Lenti troppo blu che alterano i colori e la percezione e visione delle cose? Il dubbio viene. Perché quel blu è lo stesso blu dell’Europa delle elite finanziarie, della Von der Leyen, di Macron, del caporale Starmer…
Però, a poca distanza da Piazza del Popolo, in un’altra pazza romana famosa, Piazza Barberini. I ieri si è tenuta un’altra manifestazione, dove i colori dominanti erano altri: quello delle bandiere arcobaleno della pace e quello delle bandiere rosse. Non poche le bandiere palestinesi.
Visto il grande battage mediatico che ha accompagnato nei giorni precedenti la preparazione della manifestazione indetta da Michele Serra, con quasi tutti i giornalisti e i conduttori televisivi, molti cantanti, scrittori, artisti vari, schierati che annunciavano la loro partecipazione, era facile prevedere che il corteo 2, quello per la pace e i negoziati, senza “ma anche” decisamente contro ogni forma di riarmo, poteva fare flop. E invece c’erano non meno di 10 mila persone. Forse qualcuna in più. Considerato che nessuno dei grandi media ne aveva parlato, oscurandola del tutto, un risultato niente male. L’oscuramento c’è stato anche dopo, pochissimi ne hanno dato notizia nei Tg. Qualche giornale però lo ha fatto, per fortuna. Viene da pensare che se qualcuno dal lato mainstream avesse indetto una manifestazione “contro il riarmo” (senza se e senza ma), i 50 mila di piazza del Popolo sarebbero stati 500 mila. Forse anche un milione.
Gli organizzatori della manifestazione di Piazza Barberini ci stanno pensando per maggio ad un nuovo grande appuntamento. E fanno bene. Tra loro, insieme ad alcumi esponenti della sinistra radicale come Maurizio Acerbo, segretario di Rifondazione Comunista, Paolo Ferrero, Sergio Zampini, Giovanni Russo Spena, Franco Berardi detto Bifo, Luigi De Magistris, anche Elena Basile, Ginevra Bompiani, Raniero La Valle, Sandro Medici, Francesco Sylos Labini, Iaia Forte, Raul Mordenti, Moni Ovadia, Pasqualina Napoletano, Vauro, Daniele Vicari…
Ne loro appello si legge: “L’Europa, che già destina 360 miliardi all’anno alla spesa militare e ora decide di spendere 800 miliardi aggiuntivi in armi, che comprerà per gran parte dagli USA,dovrà tagliare ulteriormente il proprio stato sociale già duramente colpito dall’austerità neoliberista. Al malessere sociale si risponderà con la repressione come prefigura in Italia il decreto sicurezza. Il furto dei fondi di coesione per finanziare la spesa militare colpirà le aree deboli come l’Italia meridionale. L’Europa di Maastricht, fondata sull’ideologia ordoliberista non sui principi della nostra Costituzione, passata per la pratica feroce dell’austerità, approda sulla sponda opposta a quella di pace che era stata evocata dall’europeismo democratico. A Helsinki 50 anni fa, nonostante il Muro, si tenne una conferenza che produsse accordi di pace, cooperazione, diritti. Oggi è il momento di costruire la pace, invece di continuare ad alimentare il conflitto. L’UE dovrebbe subito assumere una iniziativa come fu quella di Helsinki per garantire disarmo, pace e sicurezza comune nel nostro continente”. E su questo anche noi, nel nostro piccolo, siamo completamente d’accordo. Non demonizziamo chi era in Piazza del Popolo. Siamo convinti che molti erano lì in buona fede, convinti di manifestare per un’Europa diversa e per la pace e non per il riarmo. Ma in quella piazza purtroppo c’erano anche tanti che la pensano in maniera opposta e spingono verso la guerra. Perché le armi non servono solo a fare deterrenza, prima o poi chi le ha acquistate, spendendo un sacco di soldi, le vorrà anche usare. Magari per consumarle e produrne ancora di più… Questa è la logica che sta dietro al riarmo. Fare il paragone con la guerra fredda, quando i due imperi (quello Occidentale e quello sovietico) si fronteggiavano cercando di stare alla pari sul piano della forza militare, regge fino ad un certo puinto, perché allora erano anche due concezioni del mondo, dell’economia, a fronteggiarsi. Due ideologie, giuste  sbagliate che fossero. Oggi il paravento ideologico non esiste più. Quella di Putin è una autocrazia oligarchica, la stessa Cina comunista è il più grande competitor degli Usa sui mercati capitalistici di tutto il mondo. Non regge nemmeno la guerra ideologica tra democrazie e paesi a guida autoritaria, perché allora l’Europa dovrebbe armarsi per far fronte a più di mezzo mondo, con il quale mezzo mondo peraltro fa affari da sempre.
Il motto romano “Si vis pacem para bellum” (che molti hanno usato nei secoli a proprio piacimento per giustificare riarmo e politiche di influenza) è anch’esso poco attuale e poco calzante, perché l’Europa, consentendo alla Nato di allargare, negli ultimi 20 anni, la propria area di influenza a quasi tutti i paesi confinanti con la Russia, anche quelli storicamente neutrali, ha certamente preparato la guerra, ma non per assicurare la pace. Ha preparato la guerra per fare la guerra, cercando però di dare la colpa alla Russia, che con l’invasione dell’Ucraina c’è cascata.

A proposito di Ucraina, è dei giorni scorsi la notizia che la CEDU (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo) ha condannato il governo di Zelensky per la strage di Odessa de 2014.

Con una lunghissima sentenza del 13 marzo 2025 la Corte europea dei diritti dell’uomo, all’unanimità, ha ritenuto il governo ucraino responsabile per la strage di Odessa, cioè dell rogo appiccato dai manifestanti filo-europeisti alla casa dei sindacati, che terminò in una mattanza causando la morte di 42 persone (alcune bruciate vive, altre finite a sprangate dagli aggressori dopo essere saltati giù dalle finestre).
Nello specifico, i giudici hanno ritenuto il governo di Kiev responsabile per la mancanza di trasparenza e di imparzialità nelle indagini successive alla strage; per la complicità della polizia e soprattutto per non aver fatto “alcuno sforzo significativo per prevenire gli scontri” […] né per “garantire misure di soccorso tempestive per coloro che erano intrappolati nell’incendio”.
Nello specifico le parole dei giudici di Strasburgo pesano come macigni quando sottolineano che “la negligenza attribuibile ai funzionari e alle autorità statali nei casi in corso vada oltre un errore di giudizio o una disattenzione da parte dei singoli. Osservando passivamente i rappresentanti di un campo politico iniziare a uccidere quelli del campo opposto, la polizia non solo ha fallito nel suo obbligo di fermare la violenza, ma è anche diventata in parte responsabile della successiva violenza che ha causato più vittime, comprese le vittime degli incendi”.
Uno dei responsabili della strage, il noto neonazista di Pravyi Sektor Demyan Ganul è stato assassinato il 14 marzo per strada ad Odessa. L’attivista ultranazionalista ucraino era noto per le sue azioni violente contro i russofoni e contro chi criticava la mobilitazione militare. Il suo assassino, fuggito dalla scena del crimine, è stato arrestato qualche ora dopo, in possesso dell’arma del delitto. I media riferiscono che secondo i servizi segreti ucraini (Sbu), l’attentatore sarebbe un ex militare ucraino di 46 anni, disertore.
M.L.
0 Flares Twitter 0 Facebook 0 Google+ 0 Email -- LinkedIn 0 Pin It Share 0 0 Flares ×
Mail YouTube