GIORNO DEL RICORDO: A CHIUSI SI CELEBRA GIOVANNI PALATUCCI, IL FASCISTA CHE SALVO’ MOLTI EBREI. MA FU VERA GLORIA?


Secondo lo storico Michele Sarfatti «il sistema delle onoranze nei confronti di Giovanni Palatucci ha preceduto il lavoro di ricerca storica. Questo è il motivo per cui a lui sono state attribuite in modo acritico azioni che nessuno aveva mai verificato essere state compiute veramente da lui». Un memorandum del Ministero degli Interni del luglio 1952, anno prima dell’istituzione dello Yad Vashem in Istraele, aveva già escluso che Palatucci avesse compiuto un salvataggio di massa. Il CentroPrimo Levi, in una ricerca del 2013, per esempio, ne ridimensionò e non di poco i meriti attribuitigli. Stando a quella ricerca, in base all’esame di circa 700 documenti finora inediti, Palatucci andrebbe descritto come uno zelante esecutore della deportazione di almeno 412 dei circa 500 ebrei presenti a Fiume nel suo incarico di responsabile dell’applicazione delle leggi razziali fasciste. La sua deportazione e morte a Dachau sarebbe stata dovuta non al suo aiuto agli ebrei, ma all’aver mantenuto contatti col servizio informativo nemico, per aver passato agli inglesi i piani per l’indipendenza di Fiume. E la storia di Palatucci sarebbe “un mito fomentato dallo zio, il vescovo Giuseppe Maria Palatucci, che nel 1952 si sarebbe servito della storia inventata per assicurare una pensioe di guerra al fratello e alla cognata, genitori di Palatucci”.
Anche il museo Yad Vashem e la Santa Sede hanno fatto accertamenti. L’Osservatore Romano seppure con qualche riserva, ha ammesso che «sul caso Palatucci le ricerche storiche di prima mano sono state poche, che numeri e fatti sono stati sottoposti ad interpretazioni agiografiche. Ed è anche probabile che in seguito alle ricerche in corso i numeri andranno ridimensionati, che alcuni eventi andranno riletti»
Il giornalista Michael Day del quotidiano britannico The Independent, si è chiesto come Palatucci abbia potuto aiutare più di 5.000 ebrei a fuggire da una regione in cui la popolazione ebraica era grande la metà. Mentre Anna Pizzuti, curatrice del database degli ebrei stranieri internati in Italia, ha sostenuto sul Corriere della Sera che è impossibile che Palatucci abbia inviato “migliaia di ebrei […] nel campo di internamento di Campagna dove sarebbero stati protetti dal vescovo Giuseppe Maria Palatucci”, perché “quaranta in tutto sono i fiumani internati a Campagna. Un terzo del gruppo finì ad Auschwitz”.
Ma ci sono anche testimonianze a favore. La storica Anna Foa, ancora su L’Osservatore Romano riabilita Palatucci e si augura “che il Museo di Washington, che ha immediatamente cancellato dai suoi siti e dalle mostre il nome di Palatucci, abbia avuto accesso alla documentazione e non solo alla lunga analisi che ne fa il centro Primo Levi” e rigetta le accuse mosse dello stesso Centro che avrebbe taciuto sulle numerose testimonianze di salvataggi individuali rilasciate dagli stessi ebrei salvati e sul fatto che la mancanza di documentazione scritta è da ascrivere proprio al fatto che le operazioni attuate da Palatucci fossero necessariamente segrete. Altri storici come Matteo Luigi Napolitano e Giovanni Preziosi, hanno preso le difese di Palatucci, citando alcuni salvataggi “individuali” testimoniati dagli interessati o dai loro familiari (la famiglia Sachs de Grič, nota nella città di Fiume).
Lo Yad Vashem ha giudicato irrilevanti gli studi condotti dal Centro Primo Levi e ha confermato il titolo di “Giusto” a Giovanni Palatucci.
In ogni caso si trata, come dicevamo, di una figura controversa. Perché controversa è la sua storia. Un fascista che finisce internato in un campo di sterminio perché sospettato di “intelligenza con il nemico” (gli inglesi). Un fascista che ha contribuito, essendo funzionario di polizia del regime musoliniano, ad aplicare le Leggi Razziali e quindi a deportare degli ebrei, ma può essersi effettivamente adoperato per salvarne altri e per questo è stato riconosciuto “giusto tra le nazioni”.
Ricordare e mantenere la memoria è sempre cosa buona e giusta. Ed è giusto ricordare e raccontare anche le storie controverse. Lo abbiamo detto – come primapagina – in tutte le repliche (una quindicina) del reading “Lo straniero. Il polacco deve morire” (questa sera, 8 febbraio, a Milano, Cascina Cuccagna), che racconta una storia partigiana che certo non fa piacere, anzi fa male, molto male, a chi sta giustamente dalla parte dei partigiani e di chi in un modo o nell’altro fece la “resistenza” prima al regime fascista, poi ai repubblichini di Salò e all’occupazione nazista.
In questo caso chi ha deciso di celebrare il giorno del ricordo celebrando la figura di Giovanni Palatucci, forse la scelta non l’ha azzeccata in pieno. O nella presentazione dell’evento si è dimenticato di rammentare i punti oscuri. Ci auguriamo che nel corso dell’iniziativa con le scuole e le autorità di lunedì 10 febbraio a Chiusi, non esca fuori solo una ulteriore santificazione del personaggio, ma emergano anche i lati controversi della vicenda. E magari qualche elemento di chiarezza in più. Le storie vanno raccontate tutte. Sempre. E vanno raccontate per intero.
m.l.
La storia non é un percorso lineare. Cercare di raccontare tutto è indispensabile per cercare di evitare che si ripetano i periodi bui della Storia.