FRONTIERA 2, I RACCONTI DI UNA “LEOPOLDINA” DELLA VALDICHIANA CHE DI STORIE E DI VITE NE HA VISTE PASSARE TANTE

MONTEPULCIANO – Come primapagina da sempre propugnamo un assunto: il teatro fatto a livello locale dovrebbe per prima cosa e principalmente proporre opere di produzione propria, meglio se legate al territorio e di autori del territorio, raccontare storie a km zero e ricamarci sopra con musica e parole. Proporre riletture di Shakeaspeare, Pirandello o anche di autori più moderni, attuali, ma avulsi dal contesto, alla fine è solo uno spreco di energie che può sì far emergere capacità attoriali o registiche, ma aggiunge poco o niente alla crescita culturale di un territorio. Ieri sera a Montepulciano, sala ex Macelli, è andato in scena “Frontiera 2”, spettacolo di e con Alessandro Zazzaretta, tratto dall’omonimo libro di Piero Baricci, che figurava nella band che ha accompagnato la recitazione. Una piece del tipo che piacciono a noi. Diversa da quelle che come giornale ogni tanto mettiamo in scena, ma dello stesso filone: memoria, racconto, narrazione. Ultimamente abbiamo fatto “Tradire, la Notte prima dell’assedio”, poi “Lo Straniero. Il polacco deve morire” e infine “La bomba”, che stiamo ancora portando in giro. Tre reading drammatizzati su episodi e storie vere, drammatiche, controverse, una lontana, due più vicine, che hanno segnato drammaticamente questo territorio. Frontiera 2 è una piece meno narrativa e più teatrale nel senso classico del termine. Ma alla fine il risultato è simile. E ci fa piacere non essere soli su questa strada.
Pubblichiamo di seguito una recensione dello spettacolo scritta per noi da Diego Mancuso, che ringraziamo di avercela inviata. Eccola:
Cultura = eventi (spesso aggiungendo “per richiamare turismo”). Sembra essere questa la sentenza che grava minacciosamente sulle future scelte in materia culturale della Valdichiana Senese, appena designata Capitale toscana della cultura 2025. Fortunatamente non tutti coloro che amministrano le diverse comunità e istituzioni locali – e fanno le scelte – la pensano così, fortunatamente c’è chi concretamente opera per la cultura senza badare né a primati o medagliette (è parso strano che il concerto delle bande, a Torrita, del 6 gennaio, possa aver aperto un programma che ancora nessuno ha letto), né a riempire calendari di date e appuntamenti, magari in coincidenza con i picchi turistici. È il caso dello spettacolo “Frontiera Due”, di e con Alessandro Zazzaretta, tratto dall’omonimo romanzo di Piero Baricci, proposto dall’Arteatrogruppo di Montepulciano e andato in scena sabato 11 agli ex-Macelli a Montepulciano.
Un lavoro che, con altro termine in voga, si potrebbe definire “a chilometri zero” perché il libro nasce sul territorio e del territorio parla, attraverso voci schiette, genuine; perché Zazzaretta, il suo staff ed i musicisti che hanno contrappuntato l’interpretazione, sono tutti, ugualmente, espressione della Valdichiana senese. A voler essere un tantino più raffinati, si può aggiungere che il romanzo di Baricci è scritto in forma di racconto, da sempre espressione tipica, popolare, della cultura toscana e chianina, e che Zazzaretta, fedelissimo all’impostazione del testo, l’ha adattata alla rappresentazione teatrale senza però stravolgerla e interpretando quindi, grazie alle sue straordinarie capacità attoriali, quasi trasformistiche, tutti i ruoli. L’esperimento è pienamente riuscito, il pubblico ha dato credito alla proposta e ha gremito i Macelli al di là delle previsioni, totalizzando circa duecento presenze. E gli applausi, su volti sorridenti e soddisfatti, sono iniziati subito e hanno continuato a piovere sulla rappresentazione, anche a scena aperta, fino al convinto tributo finale, che non finiva mai (oltre 3 minuti!). Poi si sono intrecciati i commenti che hanno coinvolto anche il Sindaco di Montepulciano Michele Angiolini, che – al di là dei complimenti di prammatica – è apparso sinceramente colpito dallo spettacolo, e che sono andati avanti fino a tarda notte (come qualcuno ha osservato, i Macelli non sono un teatro ma proprio per questo incutono meno soggezione e sciolgono la lingua). E due sono le considerazioni emerse con forza, la prima è che, al di là delle stagioni istituzionali, che è giusto che portino testi di livello nazionale, firmati Shakespeare, Pirandello o anche Massini, l’impegno teatrale “di base” potrebbe concentrare le proprie energie su storie, autori, musicisti del territorio (come peraltro alcuni già fanno da tempo, per primo Marco Lorenzoni, direttore di questa testata), dando espressione alla cultura “di base”; la seconda è che la Valdichiana Senese ha, in questo momento, un solo prodotto bell’e pronto come “Frontiera Due”, che potrebbe diventare addirittura un emblema, il portabandiera della Capitale toscana della cultura, presentando il pregio di un’altissima qualità. Perché prima il libro, che ha vinto – lo ricordiamo – un primo premio nazionale di letteratura, l’Etruria Tagete – e che critici, pur locali ma attendibili e qualificati, definiscono “un capolavoro”, e poi lo spettacolo, esprimono un concetto di cultura che è esattamente all’opposto del “rischio-eventificio” a cui accennavamo in apertura. Le due opere guardano invece all’identità del territorio e delle persone che lo vivono, alle loro storie, a quello che hanno fatto e fanno per preservarlo e migliorarlo, all’impegno per rimanere fedeli ai modi, alla lingua, alle tradizioni o, infine, alle scelte compiute nel tempo per evolversi, per riconoscere e veder riconosciuti i diritti, per dare a tutti servizi degni di una comunità evoluta e civile.
Tanto altro ci sarebbe da dire ancora sullo spettacolo, cominciando dalla prova attoriale e registica di Alessandro Zazzaretta: un’ora e mezza di recitazione mandata tutta a memoria, alternandosi nei panni di Frontiera Due, la vecchia, ormai diroccata leopoldina che dà il nome alla storia; di Mario, il barbone di campagna, l’uomo che vi entra solo e disperato, per cercare riparo, e ne uscirà pronto a riprendere a confrontarsi con i suoi simili; dell’ing. Fossombroni, autore della bonifica della Valdichiana; addirittura del Granduca di Toscana Pietro Leopoldo (a favore del quale è partito un applauso dalla platea, quando è stata ricordata l’abolizione della pena di morte, da lui decretata) ma anche di figure tanto autentiche ma esilaranti come il favolistico Burgnacca, il chiappagranocchie (di cui in sala era presente un discendente, appositamente venuto da Roma), o Genesio Crespi, del Fossatello, detto Treppì, sfortunato pescatore di sanguisughe, o Arcàdeo Lupo, poi immeritatamente e casualmente diventato Conte Ferrante della Groppa, simbolo di tutti i dittatori, tanto crudeli quanto sciocchi, da farsela fare sotto gli occhi e poi oggetto di pubblico ludibrio; e ancora un altro Mario, elegante modello di anziano rubacuori di donne altrettanto mature, in vacanze termali, che si definiva un ”Clarcgable”, proprio come era scritto nei manifesti. Zazzaretta ha scelto Frontiera Due nel 2022, trovando pieno consenso in Baricci e da allora, praticamente, non ha mai smesso di pensarci. Ha curato ogni minimo particolare, a partire dal testo passando poi alla bella, calda scenografia (firmata da Anelio Salvadori e da un altro “cavallo di razza” del teatro di base, Franco Romani), ricca di dettagli, ad ognuno dei quali ha dedicato tempo e attenzione. Lo studio del testo da interpretare è iniziato ad aprile, insieme alla selezione dei costumi, a cominciare dall’incantevole “camiciola” (la pesante maglia di lana color crema che gli uomini indossavano sotto l’abbigliamento) autentica, d’annata. E Alessandro, che è difficile definire attore “dilettante” e che ha alle spalle decenni di impegno teatrale, anche come autore e regista, si è talmente calato nella parte che, chi lo ha visto nelle ore precedenti lo spettacolo, si è reso conto che aveva spontaneamente assunto anche l’andatura un po’ curva, un po’ incerta di Mario: forza del teatro! Emblematica la frase che ha sussurrato dietro le quinte, prima di entrare in scena durante la prova generale: “perché a me quello che mi piace di più è proprio la preparazione, il lavoro e lo studio dei mesi precedenti, che porta poi allo spettacolo”. E in tema di testimonianze, ce n’è un’altra che porta dritti ad un altro elemento-chiave dello spettacolo, i “musicanti”, come ha voluto chiamarli Piero Baricci, citando Pino Daniele. Ascoltando un brano autenticamente straordinario come “Poesia della storia” (quasi un poema epico, testo e musica di Ugo Sani, che ha aperto lo spettacolo) c’era chi si sforzava di trovare parentele con altri grandi della musica d’autore italiana: gli Avion Travel, Ivano Fossati, Paolo Conte. E Zazzaretta: “Avion Travel, Fossati, Conte = Ugo Sani”: in pratica, un master, sul campo. Gi altri due musicisti che hanno completato un quartetto efficacissimo, spesso divertito, coinvolto da Zazzaretta, con piccoli camei, anche nella recitazione, sono Marcello Rossi, al basso, e il più giovane del gruppo, Francesco Diodato, sax soprano; Baricci ha suonato la chitarra, Sani il piano. Da ricordare infine la gentile, amichevole collaborazione di Gianni “Giaccio” Trabalzini che, presente ai Macelli per preparare lo spettacolo del cartellone del Cantiere d’Arte, andato in scena la domenica sera, con un paio di sapienti “tocchi” ha affinato la tecnica.
Diego Mancuso