ZIC BOOK FESTIVAL, BUONA LA PRIMA
CHIUSI – Si è conclusa ieri la prima edizione dello Zic Book Festival. E a sipario chiuso si può dire che l’evento ha funzionato. Che è partito bene e può senz’altro crescere. Tutti gli appuntamenti hanno avuto una buona risposta di pubblico. Forse anche oltre le aspettative degli stessi organizzatori, perché, almeno in alcuni casi non sono bastate le sedie. Si è capito che la cultura è un piatto che non risulta indigesto, che la gente si muove e va volentieri ad ascoltare scrittori, poeti, sceneggiatori, performers e artisti che parlano di poesia, di arte, e anche dei problemi del mondo o della Costitituzione. Si è capito che Chiusi può giocare le sue carte anche su questo terreno, e che però se chiami Enrico Brizi a parlare dei 30 anni di Jack Frusciante non puoi farlo parlare e cantare ai vecchi lavatoi, perché quello è un luogo per 30 persone al massimo… Se chiami un giallista di successo noto anche come autore di alcune serie Tv poliziesche, come Giampaolo Simi, la saletta ricavata in un corridoio del Museo può risultare certamente suggestiva ed evocativa, ma è normale che risulti anche troppo angusta. Qualcuno è rimasto fuori… E’ un peccato. Ma questi sono dettagli migliorabili già dalla seconda edizione che si terrà il prossimo anno.
Quanto ai vari appuntamenti è stata giusta – e anche doverosa, potremmo dire – la scelta di dedicare, nella edizione di esordio della manifestazione, due appuntamenti uno al poeta Enzo Mazza e uno allo scrittore Ottiero Ottieri, il primo chiusino acquisito (vi ha abitato dal 1981 alla morte avvenuta nel 2017) e l’altro chiusino di origine e di famiglia. Due figure rilevanti nel panorama letterario nazionale, cui anche noi di primapagina abbiamo dedicato in passato attenzione e iniziative specifiche.
Interessanti gli incontri con Pierdomenico Baccalario e Valentina Federici, sulla letteratura da Intelligenza artificiale, con Cristina Obber intervistata da Natascia Maesi sulla violenza nella rete e con l’ex magistrato del pool “Mani pulite” Gherardo Colombo sulla Costituzione e i giovani.
Se c’è un altro neo che è emerso dalla tre giorni letteraria chiusina è che nonostante sui temi ci fossero evidenti richiami al mondo giovanile, di giovani se ne son visti pochi. Troppo pochi rispetto al resto dei partecipanti, numerosi sì, ma per lo più con i capelli grigi… Quando parliamo di “giovani” ci riferiamo alla fascia di età che va dai 18 ai 40 anni. Ecco, l’assenza di questo segmento di società, che tra l’altro si riscontra spesso anche in altre circostanze e occasioni (festival e spettacoli teatrali, eventi politici ecc.) appare oggi come uno dei problemi principali. Una sorta di buco nero. Quella che dovrebbe essere la parte più presente, più attiva, più coinvolta, è al contrario la parte di cittadinanza che si vede meno. Generazioni scomparse. Volatilizzate. Ogni anno il 2 giugno, il Comune di Chiusi regala e consegna in piazza una copia della Costituzione della Repubblica Italiana ai neo 18enni. Ieri, ad ascoltare Gherardo Colombo che parlava di Costituzione e giovani di quei neo 18enni non ce n’era nemmeno uno. Questo è un sintomo preoccupante. Che riguarda non solo loro, i 18enni, ma anche le loro famiglie, la scuola, la società nel suo complesso.
E al di là delle comprensibili e naturali schermaglie politiche, è a nostro parere preoccupante anche l’assenza sistematica agli eventi pubblici di quasi tutta la “classe politica”, sia di maggioranza che di opposizione. Qualcuno non vorrà dare soddisfazione a chi organizza, qualcuno vuole mantenere le distanze dall’Amministrazione Comunale, qualcun altro semplicemente ignora o salta a piedi pari qualuque iniziativa, che sia un festival estivo, uno spettacolo una tantum, un concerto o un festival letterario, perché ritiene sufficiente per stare connesso con il mondo il suo telefonino e il suo divano.
Fatte tutte queste considerazioni, comunque lo Zic Book Festival, secondo noi, è una scommessa vinta. Certo non c’erano le folle oceaniche e le file davanti agli ingressi come al salone del Libro di Torino o al Lucca Comics, non c’era la città invasa da visitatori, ma vedere le sale praticamente piene per tutti gli appuntamenti non era affatto scontato, anche perché gli eventi erano parecchi e in sequenza piuttosto ravvicinata. Non semplicissimo seguirli tutti. La qualità stessa degli incontri è stata piuttosto elevata. E gli autori e i loro intervistatori non hano annoiato le platee. Quindi, buona la prima. Sufficienza piena. La manifestazione ha dimostrato di avere una sua validità. Le mostre d’arte e di fotografia (che resteranno visitabili ancora per un po’) le letture al chiaro di luna, e quelle per bambini, hanno fatto “atmosfera”. Registrando un po’ gli ingranaggi il motore girerà meglio e già dalla prossima edizione romberà più forte.
m.l.
Come si dice, il peggior passo è quello dell’uscio. Una volta varcata la soglia si procede magari stringendo le stringhe o adeguandole scarpe. L’avvio è stato molto buono, salvo le ingenuità che ricordavi di collocazioni strette o inadeguate per la manifestazione ospitata. Devo dire che la scelta della sala per Simi mi ha contrariato non poco:alla fine,se non sapessi chi è, uscito dalla sala non saprei neanche che faccia abbia lo scrittore: sono andato a sentire una radio 🙂 Notevole per qualità delle opere esposte è la mostra di pittura ospitata in biblioteca. Tecniche di pittura esplorate con una perizia davvero sorprendente (abbiamo scherzato con Viviana Tiezzi a proposito del fatto che l’uso del pennello è ormai limitativo nelle arti figurative – lei usa anche il phon, per i suoi lavori -),si accompagnano a soluzioni spaziali molto interessanti (Roberta Betti) oltre che ritratti (Elena Scarpelli) e riprese grafiche (Stefania Pucci) davvero di qualità molto alta. So che faccio torto agli altri, che non posso menzionare qui, ma due opere mi hanno colpito in particolare: un vortice scuro di Martina Barbi (mi ha parlato di brutti momenti superati con la mediazione dell’arte) e un ritratto – forse ispirato dall’iconografia russo-bizantina – di Leonardo Pinzi. L’uso della diversa colorazione delle due metà del viso della modella (bellissima, devo dire) rinvia alla duplice struttura della persona, lo strato razionale e quello emozionale che si manifestano nell’oro che aureola il ritratto. Questa doppia struttura è sottolineata dal ricorso ad un’equazione matematica (piuttosto complessa) e ad una partitura musicale di Chopin.