GIORNO DELLA MEMORIA: DA REPUBBLICHINO A PARTIGIANO, QUEL MARESCIALLO PIEVESE CHE SALVO’ UNA FAMIGLIA DI EBREI IN PIEMONTE…

CITTA’ DELLA PIEVE – Si avvicina il 27 gennaio, cioè il Giorno della Memoria, istituito per ricordare le vittime della Shoa. E tutte le vittime dei campi di sterminio nazisti. Un po’ ovunque intorno al 27 gennaio si terranno, come ogni anno, iniziative, spettacoli a tema, commemorazioni, letture, che in molti casi coinvolgeranno, come è giusto che sia, anche le scuole. Ne segnaliamo una, perché ha una connessione forte, con questo territorio.
Giovedì 26 gennaio alle ore 18:00, a Palazzo Della Corgna di Città della Pieve sarà presentato il romanzo storico “Il Vescovo degli ebrei: storia di una famiglia ebraica durante la Shoah” (Puntoacapo Editrice, 2019) nel quale gli autori Paola Fargion e Meir Polacco ripercorrono le vicende della famiglia di Adolfo Salvatore Ancona – il Rabbino capo di Alessandria, Asti ed Acqui di cui Meir Polacco è il pronipote – costretta a lasciare la propria abitazione dopo l’8 settembre 1943, per scampare alle persecuzioni naziste.
Fuga che fu protetta e aiutata da un intero territorio – quello acquese – costituito da contadini e aristocratici, Vescovi e frati, Carabinieri, partigiani e successivamente a Stresa, sul Lago Maggiore, da singoli individui che, con il loro silenzio, grande abnegazione e a rischio della vita, hanno protetto e salvato la famiglia Ancona. In un documento intestato al Comitato Nazionale di Liberazione di Stresa, che sarà presentato da Meir Polacco, si legge che il Signor Ancona, nascosto nella Cascina Assandri, è fuggito da Acqui perché … avvertito dal Maresciallo dei Carabinieri di Ponzone che i nazi-fascisti erano in procinto di arrivare per portarlo via”. Ebbene, grazie al lavoro di ricostruzione dei due autori insieme al Capitano dei Carabinieri Ferdinando Angeletti, si è scoperto che quel Maresciallo era Arcangelo Sonnati, nato a Città della Pieve il 20 marzo 1894, una figura finora sconosciuta a molti pievesi.
L’evento è stato proposto online nel 2021 a causa della pandemia ma, data l’importanza storica per tutto il territorio, l’Amministrazione Comunale di Città della Pieve ha deciso di riproporre la presentazione di questo prezioso testo con la partecipazione degli autori Paola Fargion e Meir Polacco, i saluti istituzionali del Sindaco Fausto Risini, del Vicesindaco e Assessore ai Servizi Sociali Michela Nocentini e dell’Assessore alla Cultura Luca Marchegiani.
Dialogherà con gli autori lo storico Luca Alessandrini. Durante l’evento Massimo Neri leggerà alcuni brani tratti dal testo.
Venerdì 27 gennaio, alle ore 11:00, la presentazione del libro, con gli autori, sarà replicata per gli studenti. E questa volta, saranno gli studenti stessi dell’Istituto Comprensivo Vannucci di Città della Pieve leggere alcuni brani coordinati dalla Dirigente Scolastica Caterina Marcucci.
Ma chi era Arcangelo Sonnati? Il maresciallo eroe nasce in Città della Pieve il 20 marzo 1894. A 18 anni, nel 1912, si arruola come Allievo Carabiniere a piedi ed il 10 settembre viene destinato alla Legione Carabinieri Reali di Ancona.
Il 23 maggio 1915 (il giorno prima dell’entrata in guerra dell’Italia) viene trasferito al 1° Reggimento Carabinieri Mobilitato e combatte nell’esercito italiano nella Grande Guerra. Viene insignito con varie medaglie al merito. Dopo la fine del conflitto continua a fare il carabiniere e viene congedato per anzianità di servizio nell’agosto del 1934. Nel giugno del 1940, a seguito della entrata in guerra dell’Italia, viene però richiamato in servizio prima a Cerrina Monferrato poi a Ponzone (Alessandria) della cui Stazione Carabinieri diventa Comandante.
Dopo l’8 settembre ’43 giura fedeltà alla Repubblica Sociale Italiana, ma egli mantiene un atteggiamento “prudente” in un territorio come quello ponzanese che è terra di partigiani e “base attiva” della Resistenza.
Nella primavera del 1944, reparti della RSI insieme ai tedeschi compiono numerosi rastrellamenti ed eccidi nei confronti di civili e partigiani. Particolarmente efferata l’esecuzione di 75 “resistenti” in un monastero nel comune di Bosio a pochi chilometri da Ponzone.
Il Maresciallo Sonnati sa che nel territorio di sua competenza, tra i paesi di Cartosio e Ponzone, risultano nascosti alcuni ebrei: in particolare la famiglia di Adolfo Salvatore Ancona, con la moglie Clotilde Lattes, i figli Roberto Davide, Renato Gioberti, Riccardo Leone, Rosa Rachele ed il nipote Giorgio Polacco. Adolfo Salvatore Ancona è un personaggio molto noto perché Rabbino Capo di Acqui Terme. Perseguitato per motivi razziali, trova rifugio nel ponzonese protetto da tutta la popolazione del posto che lo conosce e lo stima.
Venuto a conoscenza dei piani dei fascisti e dei nazisti circa ulteriori rastrellamenti, Arcangelo Sonnati avvisa la famiglia del Rabbino Ancona che fugge a Stresa sul Lago Maggiore, con quasi tutta la famiglia. Il figlio Roberto Davide viene arrestato e deportato ad Auschwitz (morirà a Dachau nel 1945).
Il Maresciallo Sonnati, però non si limita a quella provvidenziale “soffiata” alla famiglia Ancona, nell’aprime del ’44, dopo l’eccidio di Bosio, decide passare alla Resistenza attiva. Si dà alla macchia ed il 2 giugno si aggrega ad una Brigata della Divisione “Giustizia e Libertà” con il nome di battaglia “Monterosa”. Rimane con i partigiani fino al mese di ottobre, quando la Brigata viene sciolta, ma resta in clandestinità fino al maggio 1945. A guerra finita chiede e ottiene di rientrare in servizio nei Carabinieri e viene mandato a comandare la Stazione di Verzuolo e poi alla Tenenza di Borgo S. Dalmazzo in provincia di Cuneo, come vice comandante. Nel 1946 è promosso Maresciallo Maggiore. Nel 1947, però, dopo essere stato esaminato dalla Commissione di epurazione per aver prestato giuramento per la Repubblica Sociale, viene inviato in congedo assoluto. Arcangelo Sonnati, nato a Città della Pieve il 20 marzo 1894 muore il 2 giugno 1979, all’età di 85 anni a Cerrina Monferrato.
Arcangelo Sonnati insomma fu un buon servitore dello Stato come carabiniere e come militare, come altri italiani, anche in buona fede, o perché forse pensò di non poter fare diversamente, nel ’43 aderì alla Repubblica di Salò, prestando giuramento di fedeltà al fascismo repubblichino, ma, come tanti altri, anch’egli si rese conto che fascisti e nazisti stavano massacrando un Paese e prima si adoperò per salvare una famiglia di ebrei dalla deportazione, poi si unì ai partigiani, pagando, a guerra finita, con il “congedo assoluto” dai carabinieri quel giuramento. Aveva 53 anni, non era ancora in età da pensione.
La scelta coraggiosa del maresciallo Sonnati la fecero in molti. In questo territorio per esempio la fece Giuseppe Ciani, classe 1921, di Sanfatucchio, che dopo l’8 settembre rispose alla chiamata della Repubblica di Salò e fu assegnato al Distretto militare di Perugia. Quando alla fine di maggio del ’44, fu incaricato con un altro camerata, di consegnare degli ebrei al Comando Tedesco (le famiglie Cohen e Servadio), lui e il collega li lasciarono andare. Ma a quel punto, per non essere fucilati o finire in Germania loro, al posto degli ebrei, tornarono a casa e si diedero alla macchia. Giuseppe Ciani si unì ai partigiani della brigata Risorgimento operante sul Monte Pausillo, alcuni li conosceva bene, erano stati amici prima della guerra. Per dimostrare la sua buona fede, si rese protagonista di un’azione (il sequestro di un camion tedesco) che causò una feroce rappresaglia: i nazisti trucidarono 6 persone delle famiglie Bruni e Mezzetti in località Muffa. Qualcuno considerò quell’azione sconsiderata e sbagliata e che lui, Ciani, era un infiltrato… “No, facemmo solo quello che ci avevano detto di fare. E che è normale fare in tempo di guerra”. Così raccontava in una testimonianza raccolta da Primapagina nel 2003 e riportata anche nel libro “Nove mesi”, edizioni Del Bucchia, 2009. Giuseppe Ciani è morto nel 2007.
m.l.
nella foto: un rastrellamento tedesco (La Repubblica).
Con la differenza che fino a 15 gorni prima di quell’azione della Strage della Muffa- che costò 6 morti alla famiglie Bruni e Mezzetti- quei due di cui si parla erano andati a rastrellare con la milizia i renitenti di leva nella zona di Umbertide per conto del regime fascista.Sono stati parecchi quelli che fiutando il cambio di regime che di lì a poco sarebbe inevitabilmente avvenuto- ed i segnali erano inequivocabili- si buttarono a fare i partigiani per avere salva la pelle e che costruirono di sanapianta responsabilità politiche ed operative che si inventarono ad hoc.In tal caso i loro nomi sono stati stati cassati dal Ruolino della Brigata Risorgimento.Questo dice la storia.Il resto sono interviste e confessioni prese dalla bocca degli interessati,quindi- sempre col dovuto rispetto per le persone- non è che possa essere molto difficile capire cosa possa essere avvenuto In quel periodo di trapasso della storia quando tutto può succedere o in un senso o nell’altro e conseguentemente a questo, oggi è prevalente la tendenza a condire con revisionismo storico avvenimenti e responsabilità politiche e materiali delle tragedie che si sono compiute con la volontà irrefrenabile e scandalosa di rivalsa degna delle più insulse e condanabili campagne di odio mediatico. Nel nostro territorio di fatti di questo tipo se ne possono enumerare parecchi a cominciare dall’eccidio di San Litardo e delle sue responsabilità, da quello di Don Perai a Città della Pieve precisamente debitamente e falsamente attribuito (vedasi internet come ”ucciso per rappresaglia partigiana” si può andare anche su internet e cliccarne il nome e vedere come da congregazioni catto-fasciste sia stata debitamente falsata la verità cliccando appunto Don Pompeo Perai e vedere cosa si dice nel sito http://www.salpan.org e così si avrà anche una panoramica di quello che è sia stato tentato di instillare nei cervelli della gente in questi ultimi anni; da quello che adesso mi viene in mente dell’eccidio di Montebuono vicino Magione dei contadini guidati da coloro che si sono poi dimostrati agenti dei servizi segreti inglesi che nel dopoguerra misero le mano nella Commissioni di Riconoscimento Partigiani nel 1946 a Perugia rimestando le documentazioni prodotte dalle Brigate Partigiane poi citati a giudizio e condannati ed allontanati da quelle funzioni a cui avevano partecipato ottenendo tanto di attestati per attività partigiana.Anche tutto questo in piccolo ed in grande fa parte di quella ”grande manovra” attuatasi nel dopoguerra che ha investito singole persone ed organizzazioni si potrebbero fare nomi e cognomi,ma oggi chi è preposto a capo degli istituti storici di ricerca purtroppo molto spesso segue l flusso normale della storia del revisionismo appoggiandosi su fatti che altri hanno ricercato e che oggi vengono rivelati come delle vere e proprie ”veline” poichè tale revisionismo storico ormai si è dipanato per ognidove e sta’ snaturando nemmeno con tanta destrezza la storia sotto gli occhi di un pubblico anche istruito ma orbo a cui non interessa la ricerca di ciò che sia la verità vera, scaturita dai fatti. Ed è proprio tale ”clima” che oggi si respira in italia e che ha aggiunto gli effetti del danno che incominciamo anche ad accusare come italiani dall’azione del nuovo governo delle destre che fà respirare ” la variazione di aria” iniziata diversi anni fà principalmente sulle vicissitudini storiche italiane nel periodo fascista. La storia la scrivono i vincitori ed è ben vero questo ma se fossero esistiti governi che in 70 anni non fossero stati pesantemente condizionati da tutte le organizzazioni che esistevano nel periodo fascista e che nel dopoguerra si sono rintanate negli anfratti creati appositamente dal partito di maggioranza relativa che ha governato con gli alleati l’italia, la considerazione della gente per tali esecrabili fatti sarebbe stata diversa da quella rarefatta, distorta e colpevolizzata degli avvenimenti di cui si parla e che oggi non fanno più indignare ed anzi che portano al punti di rovesciare la verità fattuale ed anche quella dell’ etica. I danni la maggior parte delle volte su tali avvenimenti si scorgono anche a distanza e spesso non se ne comprtende il perchè ed a cosa siano servite certe tipologie di azioni.
Riguardo al caso di Giuseppe Ciani, io ho raccolto e pubblicato a suo tempo su primapagina e nel libello “Nove mesi” la sua personale testimonianza. Ovvio che quella è la sua versione. Ma non ne esistono altre, ufficiali, che dicano il contrario. Era un giovane fascista, arruolato nella RSI, che per salvare la pelle – lo dice lui stesso – passò dall’altra parte. Aveva poco più di 20 anni… Il maresciallo partigiano Sonnati invece a guerra finita pagò con il congedo anticipato la sua precedente adesione alla Rsi. Molti militari, poliziotti alti in grado, prefetti e questori che erano stati fascisti, dopo l’amnistia voluta da Togliatti rimasero al loro posto o vi tornarono… E a differenza di Sonnati molti non avevano neanche partecipato alla Resistenza.
Al momento della tua intervista a San Fatucchio ero presente anch’io e ricordo bene come se fosse adesso i discorsi molto generici dai quali si comprendeva che giuocava in difesa e d’altra parte era concepibile che così fosse.Erano anche discorsi che richiamavano i ricordi di quel tempo,la Brigata Risorgimento , I fratelli Alfio ed Alvaro Marchini, mio babbo che fra l’altro dichiarò che era stato suo amico, cosa credibilissima perchè mio padre conosceva moltissime persone in quella zona. Altro non era da ipotizzare e certe cose le disse come tu le hai riferite ma quanto al fatto che come dici te non esistano altre versioni di quella tragedia che si compi questa non è cosa assolutamente vera. Esistono infatti molte descrizioni in diversi libri che riguardano il passaggio del fronte nel nostro territorio riferiti a quella strage.Concidono quasi tutte per non dire tutte nei loro giudizi .Oltre a quello di mio zio Solismo Sacco nel suo libro ”Storia della Resistenza nella zona Sud Ovest Trasimeno” ne esistono varie versioni di quei fatti di autori che quella strage l’hanno raccontata, ma fra queste quella che mi è sembrata la più completa di tutte dal punto di vista della ricostruzione storica degli avvenimenti- proprio perchè coinvolge diversi nomi che parlano di quella strage che raccontano gli intervistati- è quella di Stefano Bistarini di Chiusi il quale racconta i fatti estesamente nel suo panphlet dal titolo ” La Liberazione degli ebrei e la strage della Muffa” dove da pag. 66 a pag 75 si possono leggere gli avvenimenti descritti da diverse persone e tutte le versioni sia degli intervistati ma sia anche degli altri libri che sull’argomento hanno in comune una verità che poi è quella sostanziale che anche tu dici. Il tuo post relativo al Maresciallo Sonnati non è stato da parte mia oggetto di alcuna contestazione e sicuramente non metto minimamente in dubbio che i fatti che vengono raccontati possano avere un contenuto diverso o di verità mistificata.Dico però che in quel periodo di violenza e di trapasso decine e decine di migliaia di persone si buttarono o dall’una o dall’altra parte-più facilmente dalla parte che era chiaro che era quella vincitrice- ed anche se è cosa vera che ”la storia la fanno i vincitori” questo è comprensibile come comportamento umano, che però non deve per nulla oscurare e CONFONDERE e portare alla stessa stregua chi il regime lo combattè a viso aperto senza mai abbassare la testa anche a costo di sacrfici enormi che vedevano la propria vita conculcata in ogni aspetto durante la gioventù e pur di non accetare i richiami e le esche di un regime brutale, soffrirono in silenzio e mai aderirono al fascismo,anzi di nascosto senza farsi scoprire tessero i legami per venti lunghi anni con le persone ed in clandestinità, affinchè alla fine del regime tali legami potessero produrre un riscatto che era stato conculcato in quegli anni bui, concorrendo a formarte una base ideologica e politica fra quelle persone con le quali si relazionavano. Quindi i casi che vengono da quel periodo anche dimostratisi degni di riconoscenza soprattutto per questioni umanitarie non sono tutti euguali e da mettere alla stessa stregua perchè il regime che si era affermato con la violenza non aveva conquistato i cuori e le menti di tutti ed esisteva anche la non condivisione-magari larvata e silenziosa- anche all’interno delle istituzioni,che poi sfociò nella resistenza ma per parecchi che sono stati i più come numero questo avvenne solo all’ultimo.L’atto sconsiderato di quei tre che per ingraziarsi i partigiani è stato da loro compiuto in maniera disperata e non ragionando che potesse causare del sangue,ha invece prodotto una conseguenza che sicuramente loro non si sarebbero aspettati, ma cosa li ha mossi è stata l’idea di potersi salvare dalla responsabilità della loro partecipazione alle azioni di violenza alle quali avevano aderito. Ci sono testimonianze che uno dei tre minacciò anche famiglie locali con la pistola se non avessero svelato dovesi trovassero i familiari per destinarli alla repubblica di Salò ed alla deportazione. La responsabilità della strage va iscritta di certo ai tedeschi che hanno falcidiato quelle due famiglie che non avevano nessuna responsabilità,ma quei tre i cui nomi sono stati cassati dal Ruolino della Brigata Risorgimento non è cosa vera che siano stati autorizzati dal comando partigiano a compiere l’atto disperato, furbesco ed estremo che si compì, indipendentemente da quello che fu il proclama di Alexander. Molta gente successivamente ha visto riconosciuti i diritti alla pensione di guerra ed invece non ha mai mosso un dito per fatti riguardanti la resistenza, tuttavia quando per esempio parliamo della strage di Montebuono dico che sarebbe bene riconsiderare molti fatti ed affidare la revisione storica non a professori che ricalcano per fila e per segno le orme dei loro predecessori su quell’argomento e che incaricano gli studenti delle ricerche per farsi belli col loro lavoro, ma invece a persone che libere da vincoli politici di qualsivoglia partito che si informino e ricerchino gli avvenimenti soprattutto come si sono coordinati nel tempo e vedremo che da quella ”grande manovra di misconoscimento” tentata durante la preparazione del Convegno per la identificazione delle Brigate Partigiane in Perugia del 1946 per deliberare a chi spettassero le qualifiche di partigiani vi fu un tentativo in parte riuscito ed in parte sventato da parte dei servizi segreti legati al centro militare monarchico e dei servizi segreti inglesi che incorporavano i propri agenti camuffati, che rimestavano le documentazioni in specialmodo quelle della Brigata Risorgimento comprendente molte altre bande i cui rappresentanti faticarono non poco a far riconoscere la qualifica di partigiani (i rimestatori furono denunciati ed allontanati poi dalla loro attività ) ma non hanno mai pagato per tale loro ruolo avuto anzi sono stati insigniti dai rappresentanti militari alleati di titoli e benemerenze e la loro presenza nelle file delle spie è arrivata fino ai giorni nostri. Questo vuol significare solo una cosa che è quella che gli alleati ed in prima fila gli inglesi non volevano che fossero riconosciute le Brigate Partigiane del nostro territorio a formazione più numerosa composta prettamente da partigiani comunisti, ai quali mai hanno fatto seguito le promesse per esempio di paracadutare armi,ma anzi spesso durante le azioni di guerra del loro esercito hanno atteso del tempo affinchè fossero oggetto di rappresaglia tedesca come durante la ritirata sul Pausillo quando ci fu un momento di possibile contatto diretto dei partigiani con la Wermacht. Sarebbe invece interessante considerare tutti gli aspetti che non sono mai stati volutamente considerati da una analisi seria che tenesse presente la guerra sotterranea fra i movimenti partigiani di liberazione e la protezione accordata ai singoli rappresentanti del nuovo potere che andava formandosi appena dopo la liberazione dei territori dai nazifascisti. Ed è anche per queste ragioni che i contrasti, le lotte sotterranee in seno ai partiti della sinistra del tempo e soprattutto le creazioni artificiali dei ruoli costruiti di sanapianta favoriti consapevolmente ed inconsapevolmente anche da qualche appartenente allo stesso PCI, hanno portato i fatti di quell’epoca opaca a dibattersi in terreni tali che oggi la storiografia revisionista esamina con grossolanità e palese contrapposizione ideologica le cui falsità inventate e protette trasudano con grande evidenza anche al più sprovveduto dei ricercatori.
Carlo, io non sono certo un revisionista, ho scritto che non esistono versioni ufficiali in cui si affermi che Ciani era un infiltrato e che agì per motivi oscuri, ho scritto che c’erano sospetti in tal senso, essendo egli stato fascista repubblichino fino a pochi giorni prima, sospetti che lo stesso Ciani ammette… Poi, si sa, quasi tutte le stragi per rappresaglia perpetrate dai nazisti con l’aiuto dei fascisti, comprese quelle di Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto, Civitella in Val di Chiana e quella delle Fosse Ardeatine avvennero in conseguenza di azioni partigiane che molti considerarono avventate, sbagliate… Le parole di Giuseppe Ciani riportate in chiusura dell’articolo (“No, facemmo solo quello che ci avevano detto di fare. E che è normale fare in tempo di guerra”) secondo me dicono il vero.
Io non me la sono presa nè con te nè con Primapagina e non ho detto che sei un ”revisionista”, ho solo detto una tendenza a voler dimenticare da parte di ciò che passa nel complesso mediatico e quando dici che ”questa del soggetto preso in considerazione sia l’unica versione esistente,questo non è vero perchè basterebbe leggere i libri di storia del territorio che dicono altro.Poi chiaramente anche tu fai bene a sottolineare che erano queste parole sue quindi da prendere col beneficio di inventario anche perchè da un ragionamento più che semplice e lapalissiano scaturirebbe di certo il fatto che ”chi glielo avrebbe ordinato da parte delle formazione della Brigata Risorgimento” di comportarsi in quel modo, specialmente a due che erano stati della Milizia Fascista fino a 15 giorni prima ? Un po’ di buon senso non guasterebbe anche perchè se oggi quelle persone non esistono più e sono tutte morte non c’è nessuno che possa confermare quello che il soggetto preso in considerazioni riferisce.E se ti ricordi nell’intervista che conducesti te era molto evasivo perchè probabilmente ed intelligentemente aveva subito qualche lezione nel passato e forse anche qualche guaio subito dopo il passaggio del fronte per quella vicenda. Fatto stà che i tre nomi sono stati cassati dal ruolino dei partigiani della Risorgimento e vorrei sentire anche il parere di Stefano Bistarin su questa questione anche leggendo ciò che lui stesso ha scritto nel Ppamphlet che ho indicato, anche perchè -e mi ripeto- la sua versione dei fatti mi sembra la più circostanziata ed attendibile nei confronti di quanto figura su altri libri di storia.