CHIUSI, I GALLI E I ROMANI… LA SPADA DI BRENNO E LA RESA DEL BATTAGLIONE AZOV

mercoledì 18th, maggio 2022 / 16:29
CHIUSI, I GALLI E I ROMANI… LA SPADA DI BRENNO E LA RESA DEL BATTAGLIONE AZOV
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CHIUSI – Quando di dice “il sacco di Roma” generalmente si pensa a quello dei Lanzichenecchi di Carlo V,  che il 6 maggio del 1527 invasero la città eterna, occupandola militarmente e abbandonandosi poi a mesi di saccheggi e di “anarchia”… Un episodio che fece oltre 30 mila morti tra la popolazione. Ma quello non fu il primo “sacco di Roma”, in precedenza ce n’era stato un altro, ugualmente devastante e pesantissimo, la cui causa scatenante porta il nome di… Chiusi.

Siamo nel 390 a.C. La tribù dei Senoni, popolo gallico di origine celtica, discende la penisola italiana e arrivata nei pressi di Clusium, che si trova lungo il corso del fiume Clanis, importante via d’acqua per rifornire Roma di grano, vino e altre vettovaglie, cinge d’assedio la città per conquistarne la posizione strategica e terre per l’agricoltura. O semplicemente per saccheggiarla. Roma, che vede il rischio di una interruzione di rifornimenti, interviene allora a difesa della città assediata e prova a intavolare negoziati con i Senoni (erano più saggi i romani e i galli che russi e ucraini oggi).

Solo che durante le trattative, i toni si alzano e uno dei legati romani uccide un comandante gallo. I Senoni non la prendono bene, naturalmente, e chiedono al Senato di Roma che consegni loro il colpevole. I Romani rifiutano. E così i gallo-celtici al comando di Brenno non si accontentano di Clusium e vanno ad attaccare direttamente Roma. La circondano, la isolano per 7 lunghi mesi, al termine dei quali la città stremata dall’assedio viene conquistata e saccheggiata.  E soggiogata.

Per andarsene e ridare ai romani la libertà, Brenno e i Senoni impongono un pesantissimo riscatto: 1.000 libbre d’oro. Ed è in questo frangente che tra storia e leggenda, avviene uno degli episodi più noti della storia romana, uno di quelli che si studiano fin dalle elementari, perché è un episodio simbolo di come finiscono le guerre e di come sia il vincitore ad avere sempre ragione e a dettare le leggi.

A raccontare il fatto è Tito Livio. Durante le operazioni di pesatura dell’oro da consegnare ai galli, i romani subodorano un trucco nella bilancia e protestano vivacemente. Al che, Brenno sfodera la sua pesante spada e la getta sul piatto dei pesi (da pareggiare con l’oro), rendendo quindi il calcolo ancora più iniquo e pronunciando la celebre frase Vae victis! guai ai vinti! per significare che le condizioni di resa le dettano i vincitori sulla sola base del diritto del più forte.

Che il fatto sia realmente accaduto non è accertato, ma dal testo di Tito Livio (Ab urbe condita) in poi è stato assunto come un paradigma della sopraffazione del più forte nei confronti del più debole, o di chi, in quel momento non è in grado di difendersi… Se sull’episodio della spada possono esserci dubbi, la discesa del galli Senoni è invece accertata. I romani che si fecero uccellare da Brenno in casa propria, dopo non essere stati capaci di difendere neanche la ben più piccola Chiusi non erano ancora la potenza imperiale che diventeranno più tardi con Giulio Cesare e poi Traiano, Augusto, Tiberio e gli altri imperatori e in qualche modo furono anche fortunati, perché la spedizione di Brenno aveva come scopo il saccheggio e il bottino, non la conquista; per questo la storia finì con un riscatto in oro, non con l’occupazione duratura della città… La storiografia romana ci racconta poi che Roma fu “liberata” e che i Senoni furono cacciati, inseguiti e costretti a tornare nella Gallia Cisalpina… ma questa è un’altra storia.

Il “vae victis” di Brenno – vero o no che sia – ci sembra un episodio da ricordare perché chiama in causa Chiusi, ma anche perché ci sembra attuale ed emblematico, in questi tempi di guerra in Europa, mentre il battaglione Azov si arrende dopo 83 giorni di resistenza nei sotterranei dell’acciaieria di Mariupol, mentre i suoi “miliziani” vengono scortati ed evacuati per ora in forma corretta, senza vessazioni, mentre la stampa occidentale non riesce a pronunciare la parola “resa” e ci gira intorno…

Guai ai vinti… è ciò che succede anche nelle guerre attuali, che sono più tecnologiche, ma non molto diverse da quelle tra Brenno e i Romani di 2.400 anni fa.

Pur non avendo alcuna simpatia per quelli del battaglione Azov, siamo contenti che si siano arresi e che abbiano salvato le loro vite. Ci auguriamo che vengano trattati da soldati prigionieri, secondo le convezioni internazionali e nei loro confronti non venga applicata la legge di Brenno. Con una spada gettata sulla bilancia perché sono filonazisti, perché hanno commesso crimini nel Donbass, o perché hanno tardato ad alzare le mani causando morti e distruzioni. Infierire sul nemico battuto è una cosa odiosa. Demonizzare e cercare di umiliare il nemico non è mai la strada buona per arrivare alla pace… E a volte non basta nemmeno pagare un pesante riscatto economico. La pace è un’altra cosa.

m.l. 

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