UMBRIA, IL CENTRO SINISTRA APPESO ALLA PAROLA DI DI MAIO… PER QUALCUNO E’ UN SUICIDIO DEL PD E DEL M5S

UMBRIA, IL CENTRO SINISTRA APPESO ALLA PAROLA DI DI MAIO…  PER QUALCUNO E’ UN SUICIDIO DEL PD E DEL M5S
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PERUGIA – E così, la piccola Umbria si ritrovò ad essere non più il cuore verde d’Italia, ma il cuore della politica nazionale. Il primo campo di battaglia o laboratorio (a seconda dei punti di vista) dopo il cambio di maggioranza e di governo a livello nazionale.  Prima del varo del nuovo esecutivo 5S-Pd-Leu, cioè fino ad agosto, il Pd, partito di maggioranza uscente, aveva dato per persa l’Umbria. Lo scandalo sanitopoli, con le conseguenti dimissioni di Catiuscia Marini e gli arresti di alcuni dirigenti regionali e del segretario del partito Giampiero Bocci aveva ovviamente azzerato tutto il quadro dirigente e additato l’Umbria come una regione piccola sì, ma ormai ostaggio di un sistema incancrenito fatto di corruzione, familismo, intreccio di poteri e scambio di favori…

La Lega, con Salvini sulla cresta dell’onda e in tv h24 a parlare dei migranti, sembrava  pronta a dare la spallata decisiva, contando magari sulla “desistenza” dei 5 Stelle, come avvenuto del resto a maggio nelle elezioni comunali (a Perugia, ad Orvieto, a Città della Pieve ecc.). I giochi sembravano fatti, la partita già decisa in partenza. Con il Pd e Socialisti già sulla lunghezza d’onda della sconfitta e preoccupati di come spartirsi i seggi della minoranza. Poi Salvini ha fatto harakiri da solo, si è infilato in un cul de sac : invece di andare a votare con la speranza di prendere il 40% dei voti e ottenere poi i “pieni poteri”,  Salvini è rimasto al palo; 5 Stelle, Pd e Leu si sono messi d’accordo in Parlamento, cosa legittima e prevista dalla Costituzione, e hanno fatto fuori lui e la Lega dal governo nazionale.

La cosa può ripetersi, pari pari, in Umbria. Sabato,  il capo politico dei 5 Stelle, Di Maio, dopo qualche giorno di trattativa a Roma, è intervenuto direttamente con un appello a tutte le forze politiche umbre, affinché facciano un passo indietro o di lato e si mettano a disposizione per appoggiare in Consiglio regionale, un esecutivo “civico” svincolato dai partiti. Magari con un candidato alla… Cucinelli. Più che quell’Andrea Fora, indicato da alcune liste civiche e dallo stesso Pd.

Chiaro però che, contrariamente a quanto fatto nelle amministrative di maggio, stavolta Di Maio parlava al Pd, ai socialisti, alle altre formazioni di sinistra. Che infatti hanno subito raccolto l’appello, intravedendo nell’appoggio dei pentastellati, la possibilità di vincere le elezioni e non consegnare l’Umbria alla Lega e alla destra più estrema.

Anche nell’arcipelago civico, molte le voci di apprezzamento per la sortita di Di Maio. Che, diciamolo, se fosse arrivata all’indomani dello scandalo che ha travolto Bocci e la Marini, avrebbe avuto un senso. Un mese e mezzo fa, anche. Adesso  a dieci giorni circa dalla scadenza per la presentazione delle liste, sembra un salvagente gettato in acqua per salvare i naufraghi. Vero, che rispetto a quando lo stesso Di Maio sosteneva la chiusura dei porti popugnata da Salvini è un passo avanti, ma resta un esempio sciatto di politica pret à porter… fatta all’impronta, senza un disegno strategico, senza un progetto condiviso. Per di più lo stesso Di Maio ha preso questa posizione senza alcuna consultazione interna al Movimento 5 Stelle, senza una minima elaborazione politica.  Un tentativo di rimanere a galla, insomma. Perché in Umbria, se il Pd è ormai ai minimi termini, non è che i 5 Stelle stiano molto meglio. Alle ultime amministrative si sono presentati in pochissimi comuni, rinunciando anche laddove erano presenti con propri consiglieri comunali a giocare la partita, si sono “azzerati” da soli appiattendosi quasi ovunque sulla Lega. Ora il cambio di marcia e di campo. Che ci può anche stare, ma non senza battere ciglio, senza una qualche elaborazione. 

Stesso discorso si può fare per il Pd. Perché  una cosa è presentarsi senza il proprio simbolo, magari in accordo con liste civiche, altra cosa è stringere un patto con un partito o movimento che hai sempre osteggiato (ricambiato nelle ostilità) e considerato una iattura…

Singolare ed emblematica ad esempio la posizione della giovane colonnella renziana Anna Ascani che non più di due settimane in un post sui social se la prendeva con D’Alema, perché questi spingeva per un accordo nazionale tra Pd e 5 Stelle (“D’Alema, avete capito? D’Alema… Fatelo pure il governo coi 5 stelle, ma senza di me!” scriveva la giovane Ascani), poi però quando le è stato proposto di diventare viceministro all’Istruzione , non ha detto no  grazie, fatelo “senza di me”, ha accettato eccome, e si è detta anche lusingata, e impegnata a dare il massimo. Ecco, quando si dice la coerenza e la politica pret à porter… Ora anche Anna-@senzadime-ascani fa parte del Governo giallo rosso, senza battere ciglio, esattamente come D Maio. E pari siamo.

Tra i civici e nella sinistra radicale c’è chi vede nella posizione assunta da Di Maio una chiave per aprire una stagione nuova (non solo per provare a non perdere le elezioni regionali), ma c’è anche chi invece vede il possibile accordo Pd- 5 Stelle come un semplice e deleterio esempio di trasformismo politico e come suicidio collettivo per entrambi.  Una rinuncia ai principi fondanti sia del Pd che dei 5 Stelle.

L’ex senatore Leonardo Caponi, figura storica della sinistra perugina e umbra, scrive: “Se ho ben capito (ma ho ben capito) la proposta di Di Maio per l’accordo col Pd in Umbria, sulla quale si è gettata con surreale entusiasmo una sinistra smarrita e disperata, muove da quella cultura fasciosqualunquista del 5S rivolta, in prospettiva, a scardinare il sistema democratico della rappresentanza, le sue istituzioni e a far scomparire i corpi intermedi, in primo luogo i partiti e i sindacati.
Se quell’accrocchio prendesse piede, una tecnocrazia (le cui origini, qualità, competenza, meriti, provenienza, omogeneità politico culturale, genuinità rimarrebbero ignote o millantate) sarebbe chiamata a governare l’Umbria nel segno dell’efficienza modernista piuttosto che di una nuova politica. Che vinca Fora o il neo candidato in pectore Cucinelli, l’industriale padre padrone che scaccia i sindacati, sarebbe un cambiamento da destra nel segno più marcato di un mercantilismo liberista. Altro che recupero delle vecchie tradizioni del buon governo umbro!
Ingenue e un po’ confuse mi paiono poi le espressioni di certi militanti, scontenti del Pd, che pensano che il rinnovamento del loro partito possa venire dall’accordo col M5S. Come un’impresa di pulizia che, da fuori, chiami a pulire casa tua. Siamo allo sbando più totale. La lotta in Umbria è tra due destre. Cercherò una sinistra, ce ne dovrà pur, anche se non perfetta, essere una…”.

Non ha tutti i torti Leonardo Caponi (su Cucinelli, ad esempio anche noi, su queste colonne abbiamo espresso qualche perplessità, per le stesse ragioni di Caponi). Il problema però è che quella sinistra che lui cerca, al momento non c’è. La linea del Pd, dopo lo sfascio che ha causato e che lo ha travolto, può non essere condivisibile, ma è comprensibile. Quella dei 5 Stelle, anche per i tempi e le modalità con cui sta emergendo, appare un po’ meno comprensibile, almeno dal punto di vista della base pentastellata. Che in effetti recalcitra.

Certo, il Pd umbro meriterebbe di essere mandato all’opposizione. Negli ultimi 20 anni, almeno, ha governato male e con modalità e arroganza da partito unico, spesso in maniera intrecciata e non osteggiata da certi poteri forti, in Umbria più forti che altrove, vedi la Massoneria o la Curia. Non a caso il Vescovo di Perugia e Città della Pieve, cardinal Bassetti, è anche presidente della Cei (anche se Bassetti è persona per bene e credibile e per molti aspetti sembra decisamente più a sinistra del Pd). Perugia, inoltre, è la città più massonica d’Italia, tra l’altro sede della Corte d’Appello più vicina a Roma, per cui molti processi che per problemi procedurali non possono tenersi nella capitale finiscono per svolgersi nel capoluogo Umbro.

Insomma una regione che conta gli abitanti di un quartiere di Roma, circa 800 mila, ma che è sempre stata molto vicina, geograficamente e non solo, al cuore dei problemi. Un tempo l’Umbria è stata anche un grande laboratorio politico e fucina di ideali. Senza scomodare San Francesco e Santa Chiara (a modo loro e per l’epoca sicuramente un rivoluzionario  una femminista ante litteram), pensiamo ad Aldo Capitini, l'”apostolo della non violenza”, l’inventore della Marcia della Pace Perugia-Assisi, il Gandhi italiano, ma anche a Pietro Conti, primo presidente di Regione, uno degli artefici del regionalismo degli anni ’70… Era anche una delle tre regioni rosse storiche, insieme alla Toscana e all’Emilia. In Umbria sono stati eletti per anni Pietro Ingrao, Luigi Anderlini (Psi, Psiup, Sinistra Indipendente), Walter Veltroni…

Giampiero Bocci, Catiuscia Marini e la stessa Maria Rita Lorenzetti donna forte dei Ds ai tempi di D’Alema e governatrice sono un’altra storia. Una storia finita su cui si cerca di mettere una toppa. Sullo sfondo figure emergenti come la rampante Ascani o la sempre in sella Marina Sereni. Comunque figure che hanno poco a che fare con un pensiero lungo e molto con i sistemi di galleggiamento. 

Giuliano Giubilei candidato Pd sconfitto alle comunali di Perugia o Walter Verini commissario reggente del Pd, sono facce presentabili, ma al momento possono solo dare le carte e cercare di salvare il salvabile.

Certo, anche i volti dell’arca di Noè delle liste civiche, almeno quelli che nei territori ne tengono in mano il timone (Barbabella, Fanfano, Chiacchieroni, Brancaleoni…), tutte persone rispettabili,  non sono certo nuovi e inediti. Sembra quasi un ritorno a casa sotto mentite spoglie e con l’obiettivo di contare finalmente qualcosa, date le ambasce del Pd. Un bel rebus insomma.

Ovvio che se alla fine tutto ciò (appello di Di Maio compreso) eviterà una vittoria della Lega e della destra fascistoide sarà già questo un risultato non disprezzabile. Perché se il Pd e soci hanno fatto disastri, non è detto che la Lega e i seguaci della Meloni farebbero meglio. Anzi…

Se poi tutto ciò porterà anche ad un ricambio radicale di classe dirigente sarà un altro risultato  da tenere in considerazione. Non ci sembra il verso, e i tempi per fare cose ponderate sono ormai stretti. Ma la politica attuale è fatta anche così, viaggia su facebook e twitter, dice tutto oggi e il contrario di tutto domani. Bisognerà farci l’abitudine. In Umbria dovranno farci l’abitudine anche i frati, abituati a pensieri più lungi, a ritmi più compassati, a riflessioni più lente e profonde…

m.l.

 

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