GIOVANNI SALVATORI, UN PIEVESE TRUCIDATO ALLE FOSSE ARDEATINE. MILITANTE SOCIALISTA AVEVA NASCOSTO GIUSEPPE SARAGAT

venerdì 23rd, agosto 2019 / 18:27
GIOVANNI SALVATORI, UN PIEVESE TRUCIDATO ALLE FOSSE ARDEATINE. MILITANTE SOCIALISTA AVEVA NASCOSTO GIUSEPPE SARAGAT
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CITTA’ DELLA PIEVE – Un nostro lettore romano, di origini pievesi, che preferisce rimanere anonimo, ci segnala una storia che merita di essere raccontata.

Tra i 335 martiri della Fosse Ardeatine, trucidati dai nazisti il 24 marzo del ’44 come rappresaglia per l’attentato di Via Rasella compiuto dai Gap, c’è anche un pievese. Si chiamava Giovanni Salvatori,  era nato il 24 giugno 1895, da Salvatore e Maddalena Nannarelli. Abitava a Roma in Circonvallazione Appia 19 era un impiegato del’Atac, l’azienda dei tram… 

Prima di essere ucciso alla fosse Ardeatine, Salvatori era detenuto prima nella famigerata via Tasso, poi a Regina Coeli, come prigioniero politico. Era infatti iscritto e militante del partito Socialista.

Aveva combattuto come soldato del Genio, nella Prima Guerra Mondiale e nella campagna d’Africa in Etiopia. Era stato ferito ed era invalido di guerra.

Fu arrestato perché alcuni suoi compagni arrestati in precedenza, sotto tortura fecero il suo nome. A deciderne la condanna a morte fu il colonnello Kappler che lo aveva inserito nella sua “lista” di detenuti comuni e politici  da “decimare”…

Giovanni Salvatori è noto anche per un altro episodio, che forse fu uno dei “capi d’accusa” che lo portarono alle Fosse Ardeatine. A casa sua si nascose per un po’ di tempo Giuseppe Saragat, futuro presidente della Repubblica e all’epoca dirigente socialista, arrestato insieme a Pertini, rinchiuso a Regina Coeli ed evaso il 24 gennaio del ’44, grazie ad un gruppo di partigiani che falsificarono un ordine di scarcerazione…

Saragat con Pertini, Lombardi, Nenni, Morandi, Basso e con i comunisti (Longo, Terracini, Pajetta, Secchia, Scoccimarro..) coi quali avevano stretto un patto d’unità d’azione riuscì a cavarsela diventando poi uno dei padri della Repubblica. Giovanni Salvatori no, concluse la sua esistenza, con un colpo di pistola alla nuca, dentro quelle cave alla periferia di Roma. Non era un dirigente, ma era evidentemente un “compagno fidato” in tempi difficilissimi, nei quali essere “compagni” significava il confino, la galera, la tortura e spesso, la morte.

Insomma una figura che ha fatto la sua parte nella Resistenza, pagando con la vita quella scelta. Ha contribuito a salvare la vita di un esponente di primo piano del suo partito, un futuro capo dello Stato.

E allora ci piacerebbe che  il prossimo anno, il 24 marzo 2020, Città della Pieve (la nuova giunta e l’opposizione) rendesse in qualche modo omaggio al compagno Giovanni Salvatori. Il suo è stato un esempio fulgido di altruismo e di militanza. Cose che oggi sembrano quasi impossibili o fuori tempo. Ma se oggi siamo qui, se possiamo scrivere sui giornali, se possiamo dividerci su Salvini, Di Maio e Zingaretti è anche perché qualcuno decise di fare come Giovanni Salvatori… Teniamolo a mente.

m.l.

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