CHIUSI, 5 DONNE SUL PALCO E UNA IN REGIA: BELL’OMAGGIO AD ARTEMISIA GENTILESCHI, GRANDE PITTRICE E PRIMA FEMMINISTA DELL’ETA’ MODERNA
CHIUSI – Ieri sera, 9 agosto in seconda serata, al Festiva Orizzonti seconda presso la tensostruttura di San Francesco è andata in scena la replica di “Artemisia, della rabbia e dell’amore” della compagnia ” Le Coche” (Francesca Carnieri, Roberta Ceccarelli, Mascia Massarelli, Claudia Morganti, Sara Provenda) capitanate e dirette da Silvia Frasson, in questo caso in veste di autrice-regista,non di attrice. E’ stato un successo, come e più della “prima” del giorno precedente.
Le Coche hanno intrattenuto per 45 minuti un pubblico con una pièce di narrazione, sulla vita e la figura di Artemisia Gentileschi la pittrice seicentesca che ha fatto della sua passione, la pittura, la ragione della sua vita. Anche per superare il trauma di uno stupro ripetuto e l’onta di un processo nel quale da vittima diventò quasi l’imputata.
In un’epoca dove il volto e il potere dell’uomo facevano da sempre il bello e il cattivo tempo Artemisia si è saputa distinguere ed istituire grazie al suo talento. Stuprata in giovane età da Agostino Tassi, collega del padre pittore, dal quale avrebbe dovuto imparare le tecniche prospettiche, si impose sul panorama pittorico fiorentino fino ad arrivare all’Accademia delle arti del Disegno. Prima donna ad entrarvi. Conobbe uomini importanti come Caravaggio e il giovane e Galileo Galilei che condivisero con lei arte e sapere.
Una vita non facile quella di Artemisia, che l’occhio attento e sensibile di Silvia Frasson ha saputo condividere con il pubblico alternando momenti estroversi e giocosi ad altri di intenso pathos emotivo.
Non è facile raccontare il dolore altrui, soprattutto se si parla di un’ afflizione non comunemente condivisibile come quella di una violenza sessuale subita, aggiunta a quel senso di impotenza che scaturisce quando norme precostituite cercano di occultare una vocazione.
Bene, Silvia Frasson con questo lavoro interpreta, in maniera assolutamente personale, questo tormento; dà voce a quella lotta intima che Artemisia vive con se stessa e soprattutto con l’altro, con un’opinione pubblica spietata e gretta che le addossa colpe che non ha, e con una forma mentis maschile che cerca di ostacolare in ogni modo il suo percorso in ascesa come donna pittrice.
La compagnia delle Coche alterna con disinvoltura le epoche sulla scena facendo passaggi di testimone molto fluidi e strettamente congiunti, tanto da lasciar intendere che la distanza temporale dei fatti narrati c’è, ma sussiste anche una linea rossa che li collega all’epoca odierna poiché Artemisia potrebbe essere sia la Gentileschi che una donna di oggi, una di noi.
La pièce scivola, scorre, va veloce, ed è possibile percepire nel suo volare via come il dolore, punto cardine nella crescita della ragazza, diventi marginale.
Artemisia, dipinge, viaggia, crea, segue il suo istinto, osserva e si confronta con gli uomini che incontra sul suo percorso.
Galileo, Michelangelo non hanno nulla a che vedere con quell’ Agostino Tassi che quella notte le ha rubato la vita e questo significa che una chance, una possibilità di riscatto per trovare ancora bellezza nell’esistenza c’è. Per Artemisia,donna stuprata e violata quella possibilità è fare le cose meglio degli uomini.
“ La Terra si muove” le aveva annunciato Galieo una sera, la Terra si muove e noi con lei.
L’umanità è in cammino in ogni tempo e in ogni luogo, questa è la sola ed unica cosa che ci può salvare. Camminare, spostarsi, progredire e non soltanto fisicamente; andare oltre, dare alla nostra vita un’ altra possibilità che oltrepassi l’angoscia e che è possibile trovare nella scoperta dei nostri talenti, di qualunque genere essi siano.
Questo ha colto Silvia Frasson nella storia di Artemisia: per salvarci dobbiamo compiere un cammino che vada verso noi stessi, verso ciò che sentiamo nostro e vogliamo a tutti i costi; allora l’equilibrio e la felicità arriveranno davvero e sarà possibile che durino a lungo.
Il progetto teatrale della regista Racconto quindi esisto è incentrato proprio su questo: ricercarsi dentro per capire chi siamo e che cosa vogliamo, avere il coraggio di raccontarlo, di condividerlo, metterlo in atto e quindi salvarci la vita.
Il potere catartico del narrare con la Frasson diventa arte, rappresentazione scenica, poesia; si percepisce nelle sue creazioni questa forza dirompente e salvifica che emerge dall’animo quando si libera.
Artemisia attraverso l’amore per la pittura si assolve dalle violenze subite, dal dolore provato; dallo stesso rapporto difficile con il padre,Orazio Gentileschi,anch’egli pittore e non tra i minori…Attraverso l’amore per l’arte è in grado di guardare l’orizzonte e percepire che la Terra si muove, non ristagna nella fissità, ma gode incessantemente di quel moto perpetuo che le rende mutabile e bella.
L’energia poetica della regista si manifesta in questa sua ferrea volontà di scegliere oltre il dolore, di riscoprire la gioia nonostante il tormento e che vede come unica possibilità di salvezza la sacralità del racconto.
Le Coche: brave, sciolte e super in forma, sono tornate in scena dopo una pausa piuttosto lunga,e nella”prefazione” giocano su questo. Non disdegnano qualche digressione in “chiusino stretto”, come da tradizione.Ritrovano Silvia Frasson con la quale avevano lavorato una decina di anni fa. Un bel sodalizio e una bella realtà questo gruppo di ragazze prodotto del vivaio locale. E la figura di Artemisia Gentieschi meritava e merita un tributo.E’ la prima femminista dell’età moderna,oltre che una straordinaria pittrice. Scusate se è poco. Brava Silvia Frasson per averci pensato. Alè!
Paola Margheriti
Bellissima recensione ottima scrittura.Brava