IL LARS CHIUDE CON DUE ORE DI ROCK VERO, CHIUSI DA “PAESELLO” A OMBELICO DEL MONDO

lunedì 08th, luglio 2019 / 15:40
IL LARS CHIUDE CON DUE ORE DI ROCK VERO, CHIUSI DA “PAESELLO” A OMBELICO DEL MONDO
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CHIUSI – Diciamolo: erano anni, decenni, che a Chiusi non si vedeva una cosa del genere. Per trovare qualcosa di simile bisogna tornare indietro di 40 anni e passa, al concerto di Tony Esposito sempre lì nello stesso posto nell’estate del ’76 alla festa dei Giovani Comunisti, ma quello era un altro tempo, un altro clima. Poi forse alle due edizioni di Umbria Jazz sempre in quel periodo, con i concerti in piazza a Città della Pieve e Castiglione del Lago e Chiusi presa d’assalto da orde di fricchettoni perché anche allora Chiusi era l’hub di arrivo e partenza dalla zona. Poi c’è stato anche un bel con certo della Pfm ad una festa de l’Unità.

Ma quello che è successo ieri sera ai giardini dello Scalo è un fatto assolutamente straordinario e forse superiore a tutti gli eventi citati. Sì perché non era un evento una tantum, un “colpo e via”. Era un festival, che per tre serate ha visto calare a Chiusi Scalo migliaia di persone, ma in maniera ordinata, civile, gioiosa e rispettosa. E per tre sere si è ascoltata grande musica. Roba che da queste parti non si ascolta tanto facilmente dal vivo. E ieri sera al Lars Rock Fest si è andati oltre la linea che il festival stesso si è dato dall’inizio. Oltre il punk e post punk, oltre il sound elettronico o il noise che è moderno, innovativo, molto indie… Ieri sera al Lars si è ascoltata una band straordinaria e un’ora e mezza, quasi due di rock vero. Quello con la R maiuscola, che è innovazione e tradizione. Un rock che da quindici anni almeno fa presa sui giovani di tutto il mondo, ma echeggia i suoni un po’ hard, un po’ metal, ma non senza armonia dei Deep Purple, dei Led Zeppelin, degli Uriah Heep, dei Black Sabbath…  Insomma roba forte, roba buona, roba che anche per gli appassionati del rock d’antan, over 60, non era solo “rumore molesto”, anzi.

Un concerto come non si vedeva da tempo immemorabile, forse mai visto a Chiusi. Nonostante qualche problemino tecnico sul palco, trasformato in elemento di improvvisazione e di spettacolo, i Wolfmother hanno regalato al pubblico una serata memorabile, da tramandare ai posteri. Come è da tramandare ai posteri la fotografia della marea di gente che ha riempito i giardini, ha saltato come una mandria di canguri sulle note dei 4 australiani, ha trangugiato fiumi di birra e Tassoni-vodka, ma senza nemmeno una sbornia molesta… Molti, moltissimi si sono ordinatamente messi in fila, hanno aspettato il loro turno e hanno apprezzato a cucina locale:  il brustico (a sentire i commenti) ha strabiliato molti di quelli arrivati da fuori che mai ne avevano sentito parlare.

I ragazzi del GEC-Gruppo Effetti Collaterali non hanno sbagliato niente, hanno dato una lezione di organizzazione e hanno trasformato un festivalino come tanti in un evento di portata quantomeno nazionale, con artisti rilevanti di grande impatto.

Il Lars, quest’anno, con il successo di tutte e tre le serate e un allestimento sobrio, e culturalmente non banale (l’editoria indipendente, il mercatino dei vinili, i disegnatori in diretta, le magliette, i gadgets, i bicchieri riutilizzabili, il ristorate e il pub plastic free…) si è confermato in maniera inequivocabile e quasi clamorosa come l’evento degli eventi della città. Forse il più costoso, ma anche il più coinvolgente di maggior richiamo. Di questo passo già dal prossimo anno potrebbe scapparci un “treno speciale” da Roma e da Firenze…  Ma al di là del contorno e del’organizzazione impeccabile, è la qualità della musica e delle band sul palco, la nota principale. E se negli anni scorsi, in più occasion alcune band emergenti (i Suuns, o i Public Service Broadcasting..) sono state affiancate da gruppi icone del passato e di un preciso periodo storico, politico e musicale come i Wire o The Gang of Four , questa volta il direttore Marek Lukasik, Giannetto Marchettini, Letizia Orti e gli altri sono andati a pescare artisti che sono sulla cresta dell’onda adesso. E non dell’onda pop e commerciale, ma di quella che corre sottotraccia come un fiume carsico e tiene incollati alle cuffie milioni di ragazzi e ragazze.

Chiusi per tre giorni è stata un ombelico del mondo, non una cittadina o un “paesello” dal grande passato, ma senza futuro. Per tre giorni a Chiusi si è accesa una luce. C’è vita oltre il deserto. C’è gente con la vista lunga che sa pure organizzare eventi. C’è, anche a Chiusi, una città che non ti aspetti.

Il budget per una cosa del genere non è proprio irrisorio (si parla di circa 30.000 euro), ma  visti i risultati, l’impatto mediatico, il tam tam tra quelli che sono venuti non solo sembrano soldi spesi bene, ma non sono poi neanche tanti. C’è chi si domanda se tutto ciò lascia qualcosa, come sedimento, nel tessuto della città. Secondo noi sì, perché intanto la crescita dell’organizzazione non è cosa da poco, sono nate delle professionalità in tal senso. Poi la musica crea musica. La band poliziana dei Ros è stata a San Remo e ad altri festival, i chiancianesi Bangkock hanno aperto il concerto dei Cure a Firenze Rocks, i chiusini-poliziani Dudes apriranno il 28 agosto il Festival rock di Acquaviva che ha più di 20 anni di storia ed è uno dei principali festival italiani… Qualcosa evidentemente i festival locali lasciano. E sono tracce non trascurabili…

Finito il Lars i giardini dello Scalo torneranno ad animarsi con la festa del Pd. Un tempo era quella la festa clou, la festa dove era possibile  trovare un concerto memorabile… Oggi il confronto è (e sarà) impietoso. Le orchestrine di liscio  di “Ciucci Morena” (almeno mettessero prima il nome del cognome!) e altre similari quelle sì, lasciano poco o niente. Non suonano nemmeno, il più delle volte fanno finta arrangiandosi con le basi. Una sera, due sere su 10 ci sta pure il ballo liscio, ma tutte le sere e solo quello non non può starci, è un’offesa alla storica tradizione delle Feste de l’Unità che erano anche ricerca, innovazione, sperimentazione, valorizzazione di talenti del luogo e non solo del luogo… Non è che  adesso le perle le tratta il Lars e i fondi di bicchiere il Pd…  Ci potrebbe essere una via di mezzo. Come tra il festival Orizzonti di Cigni e un festival fatto con quattro baiocchi. Gianni Poliziani ci sta provando a cercare quella strada, valorizzando compagnie locali e talenti meno noti, ma non meno bravi. Il Pd nemmeno ci prova. Ha abdicato, sul terreno culturale ha abbandonato il campo. Ormai gioca solo di rimessa. Stancamente. Viene da chiedersi se ci creda ancora oppure ha già messo nel conto la retrocessione…

Marco Lorenzoni

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