Chiusi paradigma del renzismo: i congressi nei circoli sanciscono la fine del Pd…

martedì 28th, marzo 2017 / 10:34
Chiusi paradigma del renzismo: i congressi nei circoli sanciscono la fine del Pd…
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QUANDO LA CITTA’ ERA UN PORTO DI MARE E I PARTITI UN PUNTO DI RIFERIMENTO. LA STORIA DI UNA ROTTAMAZIONE DI 40 ANNI FA

CHIUSI – Qualche giorno fa è morto a Cosenza Francesco Guccione. Macchinista ferroviere come l’eroe per caso gucciniano, era arrivato a Chiusi all’inizio degli anni ’70 e tra il ’76 e il ’77 fu segretario della sezione Pci di Chiusi Scalo, dopo Enzo Nasorri e prima del sottoscritto. Aveva 88 anni.

All’epoca Chiusi scalo era una sorta di porto di mare, c’era molta gente che andava e veniva, tra ferrovia, banche, scuole superiori. Era più quella che veniva. E chi era di sinistra e magari già militante nel suo paese di origine, trovava nella sezione del Pci il primo contatto. E il Pci non si faceva pregare, allora, nell’acquisire nuove figure, nuove esperienze, nuove sensibilità.

Guccione senior (lo chiamavamo così perché anche il figlio Giuseppe, detto Pino, era entrato subito prima nella Fgci, poi nel Pci) divenne segretario di sezione, come nel 1980 Patrizia Porreca che veniva da Roma e poco dopo Claudio Provvedi, fiorentino doc. Luciano Gherardi che veniva da Piombino diventò vicesindaco;  Luciano Fiorani che arrivava da Foligno ed era stato segretario nella città umbra, fece subito parte del gruppo dirigente chiusino;  Guido Veltri, ingegnere calabrese come Guccione, divenne assessore in comune… I quegli anni però c’erano anche altre figure arrivate da fuori in precedenza, negli anni ’50-60, che ebbero ruoli importanti nel partito o nell’amministrazione locale: Vittorio Zazzaretta e Luigi Fosci che erano sbarcati da Orvieto e furono dirigenti di sezione,  la moglie di Vittorio, Piera Caraglio, piemontese, che fu anche lei vicesindaco con Laurini; Duilio Pinzi, che aveva fatto il sindaco a San Casciano Bagni, veniva dal Psiup e a Chiusi diresse la sezione di Chiusi città. Era un bidello dell’Itc.

Ma la caratteristica di “porto di mare” non era una esclusiva del Pci. Anche altri partiti si “nutrirono” all’epoca, di linfa non autoctona:  Antonio Maone, calabrese e Calogero Castellino, di Palma di Montechiaro in Sicilia, erano figure importanti del Psi. Entrambi arrivati per insegnare nelle scuole. Come Maria Luisa Albareti, anche lei socialista e insegnante.

Massimo Giulio Benicchi di origine poliziana, ma vissuto tra Roma e Ravenna è stato per anni l’esponente di riferimento prima di Democrazia Proletaria e poi dei Verdi…

Va detto però che questa tendenza dei partiti chiusini ad accogliere e “valorizzare” subito persone che arrivavano da fuori non significava mancanza di classe dirigente locale, o gusto dell’esotico. Era semplicemente lo specchio della realtà sociale dell’epoca, ua realtà in movimento, quasi in tumulto, e i partiti per stare al passo con i tempi si sforzavano di essere aperti, inclusivi, plurali come si direbbe oggi. E di sicuro il confronto con militanti e dirigenti che venivano da altre esperienze arricchiva il dibattito, la conoscenza, la capacità di cogliere sfumature che partiti arroccati nella loro tradizione non avrebbero potuto cogliere. Quel melting pot fu anche la “prova del nove” della fine di un’epoca e dell’inizio di un’altra. La fine dei partiti mezzadrili (soprattutto il Pci) e l’inizio, con un po’ di ritardo,  del post-sessantotto, con l’ingresso sulla scena di figure nuove ed emergenti come gli studenti, gli insegnanti, i professionisti, i piccoli imprenditori…

Non erano anni facili, perché anche in politica si consumava una frattura generazionale profonda. Nel Pci fu messa all’angolo, se non proprio alla porta, la cultura e la forma partito di taglio stalinista, si cominciò a mettere in discussione l’autorità dei vertici della Federazione e a praticare una forte autonomia tra partito e amministrazione comunale.

Ma erano anche gli anni di piombo, delle Br, dell’autonomia, dei carriarmati per le strade a Bologna, e, nel campo socialista del craxismo montante che tagliava i ponti con la vecchia tradizione marxista o fortemente connotata a sinistra del Psi di De Martino, Morandi, Lombardi, Nenni per indicare altre strade e soprattutto scorciatoie…

Da allora molta acqua è passata sotto i ponti. Anche acqua piuttosto inquinata. I partiti di allora non ci sono più. Come alcune delle persone citate. Altre hanno abbandonato la politica o sono approdati ad altri lidi o in cerca di un approdo…

Mi è venuto di pensare, alla notizia della morte di Francesco Guccione, che ricordo come persona per bene e come un amico e compagno serissimo, a quegli anni e di fare un piccolo confronto con la situazione di oggi. Anche adesso qualcuno che arriva da lontano e trova spazio in politica c’è, ma sono mosche bianche: Bruna Cippitelli dei 5 Stelle, Alberto Baessato dei Podemos. La destra ha provato nel 2016 a “importare” il candidato sindaco e buona parte della lista, ma le è andata male. Il partito di maggioranza è il più statico e il più “autoctono”.

Proprio in queste ore, il sindaco di Chiusi Juri Bettollini, che è anche militante e dirigente del Pd, ci fa sapere con i suoi post su facebook  l’esito del congresso Pd nei circoli chiusini: a Chiusi città 40 votanti, di cui 38 per Renzi, uno per Orlando e 1 per Emiliano. A Chiusi Scalo 80 votanti, di cui 76 per Renzi e 4 per gli altri due competitors. A Montallese, 49 votanti, di cui 46 per Renzi, due per Orlando e 1 per Emiliano…

Lo chiamano congresso, ma di discussione non vi è traccia. La gente passa, vota e se ne va… Più che un congresso è una conta.

Nel ’77, esattamente 40 anni fa, con la gravissima situazione di Bologna sullo sfondo e gli indiani metropolitani che gridavano “Zangherì zangherà…”, ma ci scappò pure il morto (ucciso dalla polizia) e una radio libera fu chiusa manu militari, il congresso nel quale Francesco Guccione mi passò il testimone fu una “guerra”. Una discussione lunga, estenuante, durissima, su ciò che stava succedendo nella città simbolo del buongoverno di sinistra. Ci dividemmo su Bologna, ma non solo. Partì anche allora una sorta di rottamazione, non indolore, perché coinvolgeva anche amicizie e rapporti antichi, consolidati… Il voto finale fu l’ultimo dei problemi, anche se lì, avvenne la cesura… Noi dell’ala sinistra, non solo giovanile, volevamo un partito aperto, più assembleare, non solo non più filosovietico, ma soprattutto non più stalinista nei metodi, nell’approccio ai problemi. Vincemmo. Ma la primavera durò poco… Tre anni dopo era già tutto “normalizzato” come a Praga. Ma a normalizzare furono i conservatori. Come nel Psi vinse il Craxismo.  Quella stagione però “formò” politicamente un sacco di persone.

Ecco, adesso invece, nel Pd (che, si voglia o no, è il partito erede del Pci, almeno da un punto do di vista formale), la normalizzazione sembra che la stiano facendo i “rottamatori” del 2012…

Chiusi è un paradigma. Nella città di Scaramelli e Bettollini, il Partito Democratico non è più un partito, ma un comitato Renzi. Il partito “aperto e plurale, frutto dell’incontro tra due culture e due forze popolari” come lo delineò Veltroni 10 anni fa, non esiste più.

Le componenti non renziane non solo sono sempre più minoritarie, ma sono scomparse letteralmente. A colpo d’occhio può sembrare un trionfo di Renzi, del renzismo, quindi anche di Bettollini e Scaramelli. Invece è una sconfitta bruciante, è il segno tangibile che il Pd a Chiusi è poca, pochissima cosa, e ormai preda del pensiero unico. La componente Pd di estrazione cattolica e Dc potrà pure esultare, ma l’area di sinistra, o comuque di tradizione Pci-Pds-Ds si è “liquesa” (come diceva lo spot di Proietti…); la sua scissione evidentemente l’ha fatta in modo silenzioso e strisciante.

Ormai nel Pd ci sono solo i democristiani e i democristianizzati. Il resto è altrove. E questa è la riprova tangibile e provata che il progetto Pd ha fallito. Che l’idea che portò alla fusione tra Ds e Margherita è venuta meno e adesso non ha più ragione di essere neanche evocata.  Lo stesso Scaramelli è cattolico praticante, sì, ma non di estrazione Dc, viene dalla Sinistra Giovanile e dai Ds. Bettollini ha saltato qualche passaggio e ha cominciato subito facendo l ‘assessore, quasi da “tecnico”. Ma anche lui non ha il pedigree con lo scudo crociato. Come non ce lo hanno Andrea Micheletti, che addirittura proviene da Rifondazione e poi Sel, Sara Marchini, che era esponente della componente bersaniana o Chiara Lanari che fu nominata la prima volta in quota Psi…

Ecco, Juri Bettollini e la sua squadra possono gioire di questa situazione nel partito di maggioranza?

Anche in un’ottica utilitaristica, cioè in funzione del governo della città, Juri Bettollini può essere soddisfatto di avere alle spalle un partito azzerato nel confronto interno, normalizzato, silenzioso, sempre allineato e coperto, ma senza idee, senza anima, senza un gruppo dirigente vero in grado di “dare la linea” o quantomeno di discuterla?

Crediamo di no. E a volte un ripassino di storia, anche quella locale, male non fa…

Marco Lorenzoni

 

Nella foto: assemblea congressuale in un circolo Pd (Sarteano)

 

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