RENZI, IL REFERENDUM E IL CATTIVO VENTO DELLA LEOPOLDA

lunedì 07th, novembre 2016 / 13:05
RENZI, IL REFERENDUM E IL CATTIVO VENTO DELLA LEOPOLDA
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Prima le manganellate ai manifestanti per il No al referendum che avevano sfidato il divieto della Questura, rivendicando il diritto di sfilare… Poi le urla fuori! fuori! all’indirizzo della minoranza di sinistra del partito. Questo è ciò che si ricorderà della “Leopolda” n.7. Ovvero la kermesse renziana, che non è un congresso di partito, né un convegno, ma solo una passerella degli amici del premier, una convention un po’ all’americana, come quelle che facevano qualche anno fa i venditori di Publitalia che si ritrovavano per motivarsi, per darsi la carica e raggiungere budget sempre più alti… La Leopolda non è una iniziativa d partito, al massimo è una riunione di corrente, come quelle che faceva Bisaglia con i dorotei della Dc…  E con le manganellate, non solo a qualche infiltrato facinoroso a volto coperto, ma a gente comune, a persone di mezza età che erano in piazza San Marco per manifestare e poi con il tentativo, neanche malcelato, di cacciare via la vecchia guardia del Pd, di tradizione Pci-Ds e dunque anche la minoranza interna, hanno segnato l’ennesimo spartiacque, forse quello decisivo. L’ultima spallata per far capire quale è il Pd a cui il segretario e presidente del Consiglio Matteo Renzi sta pensando.

Di fatto, con il suo intervento, con parole pesanti gridate a Bersani e D’Alema, a quelli della “ditta”, Renzi si è tagliato i ponti alle spalle, ha tagliato il ponte che teneva ancora il Pd ancorato a parole d’ordine ad una visione delle cose in qualche modo riconducibile alla sinistra. Non a caso le manganellate sono arrivate dopo che il finanziere Serra aveva sparato a zero sui sindacati. Una certa sintonia evidentemente c’è…

Ora, è evidente che D’Alema e Bersani non sono senza peccato, se la sinistra è finita dove è finita e se il maggior partito della sinistra è finito in mano ad un personaggio come Renzi. Son stati loro a consegnarglielo su un piatto d’argento. Ma il Renzi che vuol chiudere i conti, che manda la polizia a bloccare una manifestazione, per paura che gli sciupi la Leopolda, è un Renzi impaurito, non è un Renzi sulla cresta dell’onda. E’ un Renzi che ha capito che il 4 dicembre potrebbe essere, quello sì, lo spartiacque vero e decisivo. Ha capito che può rimediare una legnata di quelle che lasciano i segni, e allora alza il tiro, prova a metterla sulla rissa, sperando che il suo popolo, che fa politica come fa il tifo allo stadio, che non è abituato al confronto dialettico, ma agli slogan ad effetto, che guarda più all’immagine (la camicia bianca d’ordinanza, certi stereotipi comunicativi…) che alla sostanza, solo così può essere gasato e motivato. Esattamente come faceva Berlusconi…

Evocare una lotta tra passato e futuro, tra conservatori e innovatori, tra cariatidi incollate alle poltrone e giovani leoni, in vista del referendum rientra in questa logica.  Come dire che se vince il sì l’Italia finalmente si rimette in moto e se vince il No torna indietro di 30 anni, quando è stato lui, negli ultimi tre giorni a far tornare Firenze ai tempi in cui Giannino Zibecchi rimaneva ammazzato per strada da un mezzo della polizia, durante una manifestazione…

Invece di portare la campagna referendaria su un binario di confronto dialettico sereno, sul nodo del contendere, Renzi e i suoi pasdaran preferiscono buttarla sulla rissa verbale, sulle barricate contro una parte del suo stesso partito che legittimamente esprime dubbi sulla riforma costituzionale, per come è stata scritta e per gli effetti che può avere.

La Leopolda, dalla prima edizione all’ultima di questi giorni, non ha mai fornito grandi spunti di riflessione. E’ sembrata, sempre, più un momento di training autogeno della truppa, che una occasione per elaborare concetti politici e strategie di governo. In questo somiglia molto, da sempre, da una parte alle convention americane, comprese quelle di Trump e di Hillary Clinton, e dall’altro alle serate intorno al fuoco al campeggio delle giovani marmotte dove si fa il gioco della parola chiave…

E’ nervosetto Matteo Renzi e svalvola. E la politicizzazione estrema della campagna referendaria, il fatto di presentarla come una sfida epocale (“o il sì o il diluvio”) significa che gli argomenti veri e solidi sono pochi e labili…

Il referendum non è su Matteo Renzi e il suo governo, sulle alleanze del Pd, e nemmeno, in definitiva, sui costi della politica (come sbandierato), ma sulla riforma della parte della Costituzione che riguarda l’architettura istituzionale, cioè la distribuzione dei poteri, i pesi e i contrappesi, i rapporti tra governo e parlamento, le modalità di formazione delle leggi e il controllo sulle stesse… E vedere che, su una materia che riguarda una parte importante della Costituzione, i più autorevoli costituzionalisti come Gustavo Zagrebelskj, Valerio Onida, Ugo De Siervo, Stefano Rodotà sono per il NO, qualche dubbio sulla bontà della riforma lo fa venire. Se la Confindustria è per il Sì e Maurizio Landini per il No, anche questo qualcosa vorrà dire…

Certo se vince il SI’ Matteo Renzi sarà in una botte di ferro, potrà spazzare via l’opposizione interna e dar vita all’agognato partito della Nazione, o qualcosa di simile… Se vincerà il NO, Matteo Renzi sarà un premier dimezzato, molto più debole, nel Paese e nel suo stesso partito. Le elezioni politiche previste nel 2018 potrebbero tenersi prima, magari a primavera del 2017. E l’esito non sarebbe certo scontato…

Il fronte del No, non è un partito, non è nemmeno una coalizione, dentro c’è di tutto, dalla sinistra Pd alla sinistra a sinistra del Pd, fino alla destra, alla lega, ai grillini (sulla carta, almeno), quindi il 5 dicembre si dissolverà e ognuno tornerà a casa propria. Ma la Costituzione non è il manuale delle Giovani Marmotte, non si può cambiare tanto per cambiare e farlo in modo raffazzonato, confuso, soprattutto non può essere cambiata a seconda delle esigenze politiche del momento…

Le manganellate e le urla della Leopolda sono un pessimo segnale, sono il segnale che da quelle parti non tira un buon vento… perché ci dicono che quelli che vogliono cambiare la Costituzione non l’hanno letta, non la conoscono. Oppure hanno letto solo la parte che gli interessa e vogliono modificare, il che è ancora peggio. Bastava leggere l’art.3 per capire che i manganelli e l’ostracismo non hanno cittadinanza in questo paese:

“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Manca meno di un mese al referendum, ci piacerebbe che da una parte e dall’altra si facesse opera di chiarimento sul quesito e sui nodi del contendere, che il confronto fosse sereno e proficuo e non fosse l’ennesima occasione per fare un po’ di tifo da stadio. Tanta gente non sa di cosa si parla e vive l’appuntamento elettorale come una scocciatura, come una chiamata alle armi per una guerra di cui non  conosce le ragioni, né i contorni. Quando è così, è dura uscirne indenni…

m.l.

 

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