SE ANCHE IL FINANCIAL TIMES COMINCIA A DAR CREDITO AL COMPAGNO CORBYN…

“Alcuni sapientoni politici ci hanno detto che la Brexit non poteva accadere, e che Donald Trump non poteva vincere la nomination repubblicana. Alcuni di loro ci hanno detto un’altra storia: che i partiti del centro-sinistra possono vincere le elezioni solo dal centro, cioè cercando voti e spostandosi al centro. E in particolare, ci hanno detto che Jeremy Corbyn, il leader del partito laburista inglese non può diventare primo ministro.
È vero tutto questo? E’ vero c(ed è successo) che alcuni partiti di centro-sinistra dal 1980 in poi non hanno più cercato di contestare e cambiare il sistema, non si sonno più osti come alternativa al capitalismo globale basato sulle transazioni, ma, al massimo, come strumenti per politiche di redistribuzione del bottino. I loro leader – Bill Clinton negli Stati Uniti, Tony Blair nel Regno Unito, Gerhard Schröder in Germania tra gli altri – erano per lo più centristi. Ma non hanno colto la lezione della storia. Hanno fatto gli stessi errori compiuti negli anni ’30, favorendo la nascita e la crescita di formazioni estremistiche, per lo più di destra, come successe con il nazismo che prese il sopravvento sulla crisi della repubblica di Weimar…”
Comincia così un articolo del Financial Times. Che notoriamente non è un covo di pericolosi comunisti, ma una sorta di vangelo del liberalismo europeo.
E il Financial Times, esorta a guardare con occhio critico le politiche di austerità e le rigidità imposte da Angela Merkel e dall’Europa (perché non hanno funzionato) e a considerare invece con maggiore attenzione le proposte, per esempio di Corbyn in Inghilterra. Proposte che vanno in direzione di un grande piano di investimenti pubblici, così come propone la stessa sinistra radicale, post comunista, in Germania.
Per uscire dalla crisi, dice il Financial Times i vari Paesi hanno solo due opzioni: 1) uscire dall’Euro per evitare i vincoli imposti da Bruxelles come dicono i partiti più estremisti; 2) un programma di investimenti a livello di zona euro, gestito a livello centrale, finanziato attraverso l’emissione di titoli di debito comuni o, più crudamente, stampando moneta. Cosa alquanto irrealistica, però, per l’opposizione della Germania.
Insomma il Financial Times, non Il manifesto dice che forse l’unica strada per evitare un disastro come quello di Weimar negli anni ’30, sfociato nel nazismo e nella guerra è puntare su un piano di investimenti pubblici e dare credito a tipi come Corbyn, che è l’unico che lo propone esplicitamente.
Ovvio che chi ha causato la crisi del 2008, quindi la malattia, non può rappresentare anche la medicina per curarla. Allora ecco che i mercati e il “vangelo del capitalismo liberal” cominciano considerare credibile la voce più “radical” che c’è in circolazione in Europa. Ad un tizio che ci dice che la sinistra per vincere e far uscire i paesi dalla palude della crisi, deve tornare a fare la sinistra e smetterla di rincorrere la destra e il centro. Esattamente il contrario di quello che sta dicendo Renzi.
Non solo, ma a dire queste cose è un quasi settantenne con i capelli e la barbetta bianca… Uno che va in giro col maglione e i pantaloni di velluto, le clark ai piedi e il giaccone col cappuccio. Che spesso gira in bicicletta. Che alla convention del suo partito ha intonato sul palco, insieme a tutto il gruppo dirigente, non una canzoncina di Jovanotti, ma “Red flag”, Bandiera Rossa, alzando il pugno chiuso…
E se anche il Financial Times comincia a dare credito a mister Geremy Corbyn è un’altra lezioncina che passa: non basta essere giovani e belli, under 40 e laureati, non basta mettere una camicia bianca d’ordinanza o parlare a forza di slogan con il #cancelletto davanti per essere moderni, al passo coi tempi, per cambiare l’andazzo. E non basta nemmeno urlare vaffanculo a destra e a manca, autodefinirsi onesti e anti-casta o nuovi a prescindere. Detto tra noi, un grande piano di investimenti pubblici per rilanciare l’economia, il lavoro e i consumi, dovrebbe essere una cosa seria, che serva veramente, non può essere, estremizzando, il ponte sullo stretto, anche se Renzi e qualcuno dei suoi potrebbe anche pensarlo…
La politica ha bisogno di pensiero lungo. Corbyn sembra essere uno dei pochi che ce l’ha. Che prova ad averlo, almeno. Che se ne sia accorto il Financial Times fa piacere.
Certo, però, come dice il nostro amico e blogger Davide Astolfi, a vedere il Financial Times che scavalca a sinistra tutto l’arco del socialismo europeo, c’è da andare ad ubriacarsi…
m.l.
c’è da considerare una cosa , l’inghilterra tra gli stati colonialisti è stato uno tra i più efficaci e ancora “governa” il Commonwealth , non ha mai visto di buon occhio il consolidamento europeo che inevitabilmente avrebbe ulteriormente ridotto la residua potenza globale forse questa cultura posto colonialista inglese è alla base di alcune argomentazioni antieuropeeche comunque hanno un loro fondamento serve un europa dei popoli non un europa delle banche. e comunque hasta la victoria Corbyn
Dopo il referendum sulla Brexit molti lo avevano accusato di aver giocato male quella partita… i più lo davano per “morto” e sepolto… e invece ha rivinto e primarie e la sua leadership nel labour è ancora più solida… Gli analisti ci azzeccano sempre meno, ormai…
No, non c’è da ubriacarsi ma da stare svegli e lucidi invece. Se gli analisti del Financial Times che hanno il polso della situazione e non sono nè i Fassina, nè i Bersani, e se è vero che si predispongano ad incensare Corbyn c’è di che stare preoccupati, sia Corbyn( non nel senso di persona ma nel senso di sue politiche) che mi parrebbe che facesse bene a dotarsi delle solite mutande di bandone perchè il sistema del dopo Brexit, dentro casa di Albione condurrà il mercato ad avere probabilmente una crescita interna più veloce e più marcata,soprattutto per le esportazioni convenienti e quindi la dotazione di un motore di sviluppo che giri con ritmi più alti dell’Europa, quindi saremo spettatori di una nuova stagione di avanzamenti sindacali, di allargamento più vero e reale anche dei consumi, che i nostri ”job acts”nemmeno si sognano,ma sempre in contrapposizione con i Tories che non molleranno di certo l’osso.Ecco,il perchè delle”mutande di bandone” – e l’ho ripetuto decine e decine di volte- il sistema funziona nel sinusoide del tetto e del pavimento,( ceiling and floor) paventando politiche sociali più avanzate ma pronto a riassorbire e cancellare quanto concesso in concomitanza dell’assottigliarsi dell’equilibrio risparmio-investimenti.In tale fase si verifica l’eccitazione di tutte quelle componenti che fanno salire le azioni dei Corbyin and Co.ma quando serpeggia la paura che i saggi di profitto si riducano, si evoca lo spazio che manca sempre al procedere dello sviluppo.La deflazione segue all’inflazione,quest’ultima evocata dall’irruzione sulla scena dei diritti dei subalterni,che adesso sembrano devastanti sia sul PIl sia sugli investimenti,anche se non saranno più dipendenti della banca Europea.Da questo sinusoide non si esce e se si corresse il pericolo di uscirne per sopravvenute cause esterne, la guerra rimetterebbe a posto le cose, e la giustificazione a questo non è un problema. Corbyn lo sà, ma non lo sanno coloro che lo seguono.E’ lì il problema, come del resto in italia: il problema non è il PD, il problema è la gente che lo vota.Personalmente non coltivo in questo caso- come si sarà capito-il giubilo e l’aria che sembra esserci intorno al vecchio Corbyn.Non è quello purtroppo il combustibile che fa girare il motore, senza illusioni.Quando vogliono sai quanti ”lady di ferro” acclamate anche dai poveri, il sistema è pronto a sfornare? Un giuochetto…..ci si divertono come il gatto con la lucertola che la stuzzica fino a quando non gli morde la testa e se la mangia, mentre le altre lucertole sono a guardare affacciate alla tana…..e ne stanno dentro perchè non vogliono finire fra le fauci del gatto.