BRAVIO, PALIO DEI TERZIERI, SARACINO, RUZZI: RIVALITA’ VERA, PATHOS O FICTION?

Di manifestazioni e rievocazioni storiche basate sulla rivalità tra contrade, nel nostro territorio ce ne sono parecchie. Alcune sono anche di elevatissimo spessore sotto il profilo spettacolare. Tutte hanno radici storiche antiche che affondano nel medievo e nel rinascimento, un po’ come il palio per antonomasia. Quello di Siena. Ma di Palio di Siena ce n’è uno. Il resto è… fiction. Fatta bene in molti casi, ma fiction. E ogni tanto la discussione sulla rivalità vera o meno tra contradaioli, sul pathos delle disfide, sull’autenticità di certe tradizioni riaffiora. Ne ha parlato su facebook, brillantemente come sempre, Riccardo Lorenzetti. E’ inevitabile e giusto che succeda. Perché si tratta, comunque, di manifestazioni importanti. Il Bravìo delle Botti di Montepulciano e il Palio dei Terzieri di Città della Pieve, per esempio richiamano entrambi diverse migliaia di spettatori. Non solo nel giorno della sfida, ma anche nei giorni precedenti.
In entrambi i casi il numero dei figuranti, la ricercatezza dei costumi, la cura dei particolari (capigliature, barbe, armi, per gli uomini, monili per le donne..) sono superiori addirittura al palio di Siena. I cortei storici del Bravìo e del Palio pievese, ma anche tutte le manifestazioni preliminari (il Corteo dei ceri a Montepulciano, o il mercato e le battaglie tra sgherri a Città della Pieve) sono strabilianti e riescono veramente ad evocare atmosfere di 500 anni fa. Sono superiori e più curati del “contorno” del Palio di Siena, perché a Siena quello che conta è la corsa. Il palio. Non il contorno. E nemmeno l’audience turistica…
A Montepulciano e Città della Pieve, due città per molti versi speculari e dirimpettaie, sentinelle sulla Valdichiana e culle d’arte e di storia, patria di illustri personaggi, invece le due manifestazioni significano molto anche e soprattutto in termini turistici. La gara conta, sì. Ma per pochi. E tre giorni dopo, esauriti gli sfottò per gli sconfitti, tutto torna come prima. E se ne riparla l’anno dopo. A Siena no. A Siena il palio non finisce mai.
Manifestazioni come il Bravìo o il Palio di Città della Pieve, sebbene attingano a tradizioni antiche e conosciute, quindi abbiano un substrato storico autentico, tanto “storiche” non sono. Infatti sono nate negli anni ’70, cioè 40 anni fa soltanto, per iniziativa di qualche volonteroso, di solito dei preti… Le contrade sono magari il frutto e il lascito delle antiche divisioni della città in quartieri (quello dei nobili, quello dei chierici, quello del popolo o di determinate corporazioni e determinati mestieri… ) ma la rivalità tra esse è cosa assai recente e per lo più inventata ad uso e consumo della manifestazione stessa… Il pathos c’è, ma è più o meno come il tifo calcistico. L’appartenenza contradaiola non è nel sangue, come a Siena… E’ cosa recente. Acquisita. Indotta dalla voglia di fare qualcosa. A Montepulciano o Città della Pieve nessuno ti battezza in contrada. E se lo fa esagera. Scimmiotta qualcos’altro…
E tra le due manifestazioni (Bravìo e Palio pievese) se ce n’è una che echeggia di più le atmosfere senesi, anche nei canti contradaioli, è quella umbra. Non a caso forse, dato che Città della Pieve, pur essendo “papalina” ha sempre guardato a Siena e ai Ghibellini e ha una struttura architettonica tipica senese, mentre Montepulciano di Siena è sempre stata rivale e nemica ed è senz’altro più medicea che filosenese.
Insomma a Montepulciano e a Città della Pieve si fanno due bellissime cose, che però sembrano un film e hanno poco a che fare col pathos… Due rappresentazioni teatrali in larga scala, su palcoscenici straordinari e di grande suggestione a prescindere. Figuriamoci alla sola luce delle torce e con il rullo di tamburi in sottofondo…
La Giostra del Saracino di Sarteano, che è più antica di quella di Arezzo, sotto questo aspetto è più autentica. Lì il pathos e la rivalità sono più forti. Un po’ perché i sarteanesi sono più sanguigni, più popolo, e meno altezzosi dei poliziani e dei pievesi, un po’ perché il Saracino si faceva già negli anni 20-30 e poi negli anni ’50 e ’60… La versione recente, dopo una ventina d’anni di stop, fu ripresa nel 1982, quindi qualche anno dopo la nascita del Bravìo e del Palio dei Terzieri , ma la tradizione c’era già ed è, per questo, più robusta e la rivalità più sentita e viscerale.
Lo è meno quella dei Ruzzi della Conca di Chiusi Scalo, manifestazione nata dal nulla nel 1981 per iniziativa – come al solito – del parroco Don Vasco Della Lena. I Ruzzi sono anche l’unica manifestazione che non rievoca il medioevo o il Rinascimento. Ma tempi più recenti. Quelli della nascita della cittadina, tra la metà dell’800 e la belle epoque… Anche qui 5 contrade, bandiere, tamburi e una disfida non con botti, cavalli o arcieri, ma con una palla e un bracciale di legno, gioco che si praticava negli sferisteri, come il tamburello o la palla a pugno. E la rivalità dura lo spazio della festa e riguarda quasi esclusivamente i ragazzi nati dopo l’81… Loro un minimo di appartenenza la sentono. Per gli altri è semplicemente una festa di paese. Certo la scenografia, rispetto a Montepulciano e a Città della Pieve è più dimessa e meno suggestiva. Ma è pur vero che da Montepulciano o da Città della Pieve per prendere il treno devi andare a Chiusi Scalo…
m.l.
Gentile M.L. a Montepulciano le posso assicurare che il pathos c’è. Concordo su molte cose che lei ha scritto, mentre su altre credo che si stia sbagliando di grosso. A Montepulciano c’è prima il corteo e poi la gara, ma anche a Siena le rivalità si accendono durante il periodo estivo. Credo inoltre che si stia sbagliando anche sulla questione del battesimo, ma sono errori che ci possono stare da parte di una persona che non conosce le cose da dentro. Concludo dicendole che non si può paragonare Siena con Montepulciano o Città della Pieve, nel bene o nel male.
Sono a città della pieve da 30 anni e secondo me non è vero che la rivalità tra i terziere è ad uso e consumo dei turisti, anzi. chi non ne è dentro non può comprenderlo perché non è al corrente di ciò che succede all’interno. ovviamente si tratta di rivalità civile che non sfocia in violenza ma il pathos c’è eccome. riguardo al battezzo dei contradaioli posso assicurare che non si tratta di pantomima ma è veramente sentito e addirittura consacrato durante una messa ufficiale..
Egregio Sig. Lorenzoni, credo che prima di scrivere dovrebbe, da buon giornalista, controllare bene le sue fonti. Specie quando parla di ‘rivalità tra contrade’. Tralascio, per evitare di insultarla – cosa che, da ciò che scrive, meriterebbe – il paragone impietoso con Siena (perché chi paragona “Il Palio” o, per dirne un’altra, i Ceri di Gubbio con qualcos’altro, dovrebbe parlarne con cognizione di causa), e mi limito a informarla, tanto per dirgliene una, che da secoli le bande di bambini di San Pietro facevano (almeno fino agli anni ’60) a sassate con quelli della ‘maremma’ e del Gesù (chissà perché). Potrei entrare addentro alle vicende delle singole confraternite e relative contrade, ma sarebbe fiato sprecato. Le do un consiglio: non è mai troppo tardi per rimediare alle proprie castronerie. Ci provi, può farcela.
questo suo commento è la riprova provata che si scrive senza leggere e si insulta gratuitamente. Da secoli le bande… ma il Palio pievese, bellissimo e suggestivo, è nato solo nel ’74… Le bande forse rivaleggiavano per altre storie… La prossima volta stia al tema e se mai replichi nel merito. Se poi trova un articolo di giornale che parla del palio pievese in termini più entusiastici e positivi me lo mandi. Lo pubblichi qui sotto… Grazie
Qual’è il bene od il male Sig. Pellegrini per cui non si possa paragonare Siena con Montepulciano o con Città della Pieve? Sono tutte manifestazioni dell’umana convivenza, molto spesso contrapposte, fino ad arrivare talvolta anche alla rissosità.Servono da valvola di sfogo della gente impiegata nelle fazioni, ma spesso ci piace(vi piace direi a tutti o quasi) attribuire un significato che vada oltre il mero contenuto, anche quello storico.Sul Palio per esempio ci hanno fondato anche gli enti, si figuri, mentre il mondo li osserva dal di fuori(perchè il Palio è solo dei senesi e per i senesi ) che piangono e si strappano le vesti e fanno a cazzotti pestandosi fra loro, poi tutto ritorna nella contrada.Non credo che non debba essere criticata una manifestazione simile, ma siamo nel 2016 ed a parte i cavalli in chiesa ed il giro dei soldi, a me che ne stò volentieri al di fuori-quindi sono fra coloro che non posso capirlo-come dicono loro – il Palio (il vedere che la gente piange perchè ha vinto il cavallo comperato e pagato con il fantino a suon di centinaia di migliaia di euro e che rappresenta la propria contrada, scusi la franchezza ma fa un effettaccio…).Non che non ammetta il confronto, la bravura e non ne comprenda il merito, ma se mi permette credo che sia un merito limitato, anzi limitatissimo.Così come quello di chi spinge le botti del vino su per la strada e di chi fa il tifo per le squadre.Porta turismo? Si, bene , è vero, ma credo che bisognerebbe avere il limite culturale di poter classificare tali manifestazioni in spettacoli che servono solo a questo e finalizzati a portare un po’ di ricchezza in più ai paesi in quei giorni , ma più di quello mi sembrerebbe eccessiva la cosa.Cultura è tutto ed intorno ci ruota tutto, dall’economia, al confronto, allo sport, all’educazione all’osservazione dei comportamenti umani. Quest’ultimi è meglio lasciarli perdere quando si parla del Palio o della corsa dei ceri di Gubbio.,manifestazioni secolari senz’altro, ma in questa Italia che non sà come affrontare le spese di ricostruzione del terremoto ed affrontare i drammi umani delle popolazioni, mi sembra questo un aspetto per il quale si perori l’importanza degli avvenimenti di cui si parlava proprio per lenire la pressione e far scaricare la gente, perchè tutto ritorni nel solito alveo di sempre. Ecco perchè spesso io non sò dare l’importanza che viene data a certi tipi di manifestazioni, spesso esaltate oltre ogni limite dalla gente che ci ricama sopra contenuti che nel tempo si sono accumulati e fanno parte sì del patrimonio del popolo, ma a ben vedere non sono nulla, l’aspetto culturale non è spesso, non è tale da imbastirci sopra i ricami che ne vengono fatti.Questo è il mio pensiero.
Tutto vero, ma sono convinto che se malauguratamente una delle città in cui si tiene un Palio venisse colpita da un terremoto, le contrade sarebbero le prime organizzazioni a mobilitarsi. Succederebbe a Montepulciano, a Città della Pieve e a maggior ragione a Siena, dove le contrade sono molto di più che dei rioni… Ma il ragionamento che ho tentato di fare con l’articolo, non è sulla validità o meno delle varie manifestazioni – che a me sembra molto alta – ma sulla differenza tra l’una e l’altra e sul perché certe manifestazioni, pur essendo di grande effetto scenografico, non hanno e non possono avere lo stesso pathos del Palio di Siena. E per pathos intendo esclusivamente la rivalità ancestrale, storica, viscerale tra le contrade, non l’impegno dei volontari e dei contradaioli che le animano… La riprova? quanti a Montepulciano e dintorni conoscono perfettamente i nomi degli spingitori? e quanti a Città della Pieve saprebbero dire dopo 3 mesi (o 3 settimane) come si chiamano gli arcieri che hanno vinto il palio? O quelli che hanno perso? A Siena sanno perfettamente tutti come si chiama il fantino e anche il cavallo (e quante vote hanno corso, e quante volte hanno vinto, e quante volte son caduti…). Tutto qui. Anzi, dico di più: sfido chi ha letto in questo articolo un “attacco” al Bravìo o al palio pievese a trovare e postare qui sotto un articolo di giornale che parli in termini più entusiasti delle due manifestazioni. Che se anche fossero due splendide fiction, che ci sarebbe di male?
Tutti alla Pieve dopo giorni, mesi, anni ricordano i nomi degli arcieri. Vincenti e non. Come si ricordano i nomi di chi consegna i vestiti, dei tamburini, degli armati e dei popolani, di chi sta in cucina e serve nelle taverne, chi prepara la farina, le armi e via discorrendo. Ma lei che ne sa di come stanno le cose? Parli dei Ruzzi che FORSE spara meno fesserie.
Marco, scusa, ma rimango basito.A questo punto su tali argomenti mi impegno a non scrivere, bisogna che me ne ricordi davvero, perchè quando leggo e sento che ti poni le domande di quanti si ricorderebbero i nomi degli spingitori delle botti dopo 3 mesi, allora forse è meglio parlare di altro.Il mio intervento criticava il senso VALORIALE della manifestazione a cui nessuno vuol togliere l’effetto scenografico, ma è quella la cosa importante per te ? La cosa importante è paragonare chi si ricorda il nome del cavallo od il nome dell’arciere oppure il ”Pathos” presente nelle fazioni e che sfocia in pubblico ? Scusa, ma a me sembra di sognare, e quando ti ho sempre detto che oggi il senso che viene dato dai media a questo tipo di manifestazioni,sorvolando VOLUTAMENTE sulla loro funzione di scarico delle tensioni sociali, perchè è bene che si sappia e si dica, che stiamo parlando di un meccanismo che nella storia umana è stato creato e supportato appositamente per tale scarico e devianza ( il resto e l’aspetto ludico sono nettamente secondari), allora non mi sembra che si renda un buon servizio alla verità.Capisco che a te come giornalista convenga parlare ed infiorare certi avvenimenti, ma certe considerazioni dovresti pur farle, e certe considerazioni,queste sì di carattere culturale e politico, andrebbero secondo me poste prima di porsi il problema se sopo 3 mesi ci si ricordi del nome di chi
abbia schioccato la freccia che ha fatto centro oppure di come si possa chiamare il cavallo.Alla fine se si segue il tuo modo di leggere la realtà si arriva a giustificare tutto ed il contrario di tutto, non ricordandosi non solo di ciò che è stato detto prima, ma- e questo è condizione primaria- di dare una importanza a cose che tale importanza non hanno, costruire una realtà veramente virtuale, staccata dal modo di pensare e di essere di molti, oppure anche servire come fanno tante testate e tanti media, all’imbogliolimento del cervello della gente. oggi forse c’è bisogno dell’esatto contrario. e di pensare che la coesione sociale non si debba misurare da quanti vanno a mangiare nelle contrade.così si perde la strada di casa, ed oggi è un problema ritrovarla, anche per quelli che la bussola ce l’hanno, figuriamoci per quelli che la bussola pensano che sia il locale notturno di Forte dei Marmi.Ed il mondo oggi è di quest’ ultimi.
Carlo, l’articolo parla di questo, mica di filosofia…. E’ una riflessione estiva sul “pathos” di certe manifestazioni, non un trattato di scienza della politica applicata alla storia…. E se la gente dopo 3 mesi o tre settimane non si ricorda i nomi degli spingitori o degli arcieri, vuol dire che in quelle manifestazioni di “pathos” ce n’è poco. Stop. Però ci sono tante altre cose, in compenso… Di questo volevo parlare, non di altro. Divagare si può, ma senza esagerare…
Mi dispiace ma si fa finta di non capirsi.Ormai purtroppo la separatezza sugli argomenti è quella che spinge il mondo ad andare avanti nel modo di come va avanti.Una visione di insieme od un suo tentativo invece mai, anzi è questa che spesso disturba la gente, che non ha più tempo di soffermarsi sulle cose e sulle questioni. Sono come quelli che comperano un giornale od un libro e ne guardano i titoli o le figure poi li gettano.Cercare di capire è un lusso, ma non perchè io sia o mi ritenga la fonte, ma talvolta mi farebbe piacere disquisire sui problemi e sulle fondamentalità, non sulle questioni delle fazioni o del nome dei cavalli.Credo che di questo ci sarebbe bisogno, non della filosofia che intendi che promani dai miei discorsi.Quella non è filosofia, mentre nel mondo mediatico moderno le visioni di insieme od i tentativi per arrivare a far ragionare la gente che batte le mano alla corsa delle botti, sono sempre più rari.Che mondo abbiamo prodotto e chi ha dato una mano perchè si giungesse a questo? Chiedersi questo è fare trattati di filosofia ?
E’ di questo che sempre più spesso i media si dimenticano pensando che siano cose di altri mondi o che non siano utili.
la risposta a quello che dici sta tutta nei commenti che puoi leggere da solo (non i miei)… Gli articoli di giornale andrebbero valutati e commentati per quello che dicono, o per quello che non dicono, non per ciò che si vorrebbe che dicessero…E magari è sempre bene leggere prima di commentare. E insultare. Se no si rischia di fare qualche figuraccia (non mi riferisco a te).Che poi, piano piano arriva…
Infatti io commento tenendo presente quello che dicono e rilevo quello che non dicono perchè quello che non dicono in questo caso lo ritengo più importante. Ma si sà, non la pensiamo tutti in ugual maniera.Quando contesto un argomento od una ragione,cerco di partire- forse annoiando chi legge-da una considerazione senza presunzioni di natura didascalica che insegnino alla gente le scuole di vita, ma quello che vale per me sono le ragioni di un confronto valoriale.Tutti possiamo sbagliare, tutti possiamo considerare diversamente ed in misura diversa uno stesso fatto, ma quando credo di portare le argomentazioni valide a misuarlo il fatto ed a parlarne sia sulla sua consistenza chè inconsistenza,mi dispiace che si faccia come dicono a Firenze quando si giuoca a braccio di ferro che si dice sempre ”ma che mi ciulli nel manico?”, intendendo il lavoro di piegatura del polso per attutire la forza di pressione dell’avversario, in quel caso del suo braccio, nel nostro caso dell’argomento.Ti romperò i coglioni, spero di no, ma io credimi lo faccio non per una sterile polemica o sentimento di arrovellata stizza, sfogo, o per il piacere che hanno tanti a fare i bastian contrari che poi si esaurisce lì, ma per portare elementi di giudizio per chi ci legge e che sempre non interviene perchè non si vuole esporre di fronte alla gente quando sento che argomenti e valori non ci sono e/o non corrispondono al peso che dovrebbero avere,mentre invece ne prevalgono altri.E’ lì che mi scatta la molla.C’è chi mi censura ma credo che sarebbe bene non farlo, non perchè la cosa riguardi me come persona, ma proprio per l’essenza del contenuto.E talvolta mi dispiace.
“… Potrei entrare addentro alle vicende delle singole confraternite e relative contrade, ma sarebbe fiato sprecato… ”
Caro Pietrini, da (evidentemente) buon pievese confonde, come molti, i Terzieri con le Confraternite, cosa che molti suoi concittadini, per personale convenienza, continuano a fare.
Vorrei ricordarle che, storicamente, i primi sono frutto del folklore degli ultimi decenni e le seconde hanno un’origine religiosa plurisecolare che, in un caso, si è “evoluta” in un’attività laica di assistenza e servizi sociali al cittadino.
Pur non condividendo talune idee di M. L., credo che, prima di commentare, sia bene che controlli bene le sue fonti con miglior cognizione di causa, per il rispetto che dovrebbe avere per Città della Pieve.
Caro Marco, hai tutta la mia comprensione. Non solo c’è chi non ha letto ne l’articolo di Lorenzetti ne il tuo e interviene lo stesso avendo captato qualche frase ma non l’intero. Ma c’è anche chi, pur avendo letto, si incapona a farti dire cose che non hai detto o che avrebbero voluto che tu dicessi. Avere diverse opinioni è lecito ma travisare per il gusto di travisare facendo il bastian contrario … auguri per giornale, il solo dove si è liberi di dibattere liberamente; nel bene e nel male.
grazie maestro…
Dai Marco…ti metti a “pittinicchio” (antico termine Cetonese (?) che indica discussione con presa di posizione puntigliosa) proprio su di un termine come quello di “Pathos” andando a pesarlo su coloro che di fatto lo rappresentano consapevolmente o inconsapevolmente a buon ragione nelle “manifestazioni e rievocazioni storiche” delle NOSTRE Comunità. Che senso ha metterle a confronto per poi terminare il tuo pezzo con un sentimento di quasi invidia consolato solo dal fatto che “per prendere il treno devi andare a Chiusi Scalo”… ? Io cercherei invece di mettere in risalto che quel “Pathos” è comunque una esaltazione della propria identità e appartenenza alla propria comunità…(da non confondere con lo spirito campanilistico). Di questi tempi dove si vogliono “cancellare” antichi Comuni per annetterli ad altri più grandi non è poca cosa far riflettere sul significato di Pathos coloro che lo rappresentano nelle varie manifestazioni compreso il Palio dei Somari…
Non ci siamo capiti, evidentemente. Per pathos non intendevo la passione e la partecipazione attiva ed emotiva dei contradaioli (che ci sono sicuramente) quanto la “rivalità” ancestrale tra di loro. Che a Siena c’è e altrove – per fortuna forse – no. Non ho ancora letto da nessuna parte su giornali quotidiani o on line i nomi degli arcieri vincitori del palio pievese. E nella stessa Città della Pieve, checché ne dica qualche campanilista, quanti li conoscono e saprebbero elencarli? Questo che significa? una cosa sola: che nelle manifestazioni come il palio dei terzieri ci sono un sacco di cose, anche molto belle, c’è passione, partecipazione, sentimento, impegno gratuito, suggestione e anche substrato storico… ma non quel tipo di pathos. Ai Ruzzi della Conca men che meno (sebbene anche lì ci siano un sacco di cose, meno suggestive, ma non meno importanti).E ho citato solo Bravìo e Palio dei Terzieri perché manifestazioni entrambe di eccellenza… E uso il termine manifestazione… Perché di manifestazioni si tratta. Per il Palio di Siena lo stesso termine mi sembrerebbe inappropriato, riduttivo e poco preciso… Quanto ai Ruzzi e al treno, Massimo, che posso dire? la manifestazione non è granché, ma dura da 36 anni, e che il treno si prenda a Chiusi è inconfutabile. Qualcuno ha pensato 35 anni fa di inventarci sopra una festa. Più facile inventarla a Montepulciano o nella città del Perugino…
Ripeto: Tutti alla Pieve dopo giorni, mesi, anni ricordano i nomi degli arcieri. Vincenti e non. Come si ricordano i nomi di chi consegna i vestiti, dei tamburini, degli armati e dei popolani, di chi sta in cucina e serve nelle taverne, chi prepara la farina, le armi e via discorrendo. Ma lei che ne sa di come stanno le cose? Parli dei Ruzzi che FORSE spara meno fesserie.
E non far finta di non leggere
Legga il mio commento sopra ad una sua risposta. “Tutti alla Pieve dopo giorni, mesi, anni ricordano i nomi degli arcieri. Vincenti e non. Come si ricordano i nomi di chi consegna i vestiti, dei tamburini, degli armati e dei popolani, di chi sta in cucina e serve nelle taverne, chi prepara la farina, le armi e via discorrendo. Ma lei che ne sa di come stanno le cose? Parli dei Ruzzi che FORSE spara meno fesserie.”
E non far finta di non leggere
Legga il mio commento sopra.
E non far finta di non leggere
ma lei legge i commenti degli altri? Pare di no, visto che continua a non capire o a far finta di non capire… (faccia pure)