CHIUSI: SULLE ELEZIONI COMUNALI, L’INCOGNITA DEL NON VOTO

venerdì 25th, marzo 2016 / 18:18
CHIUSI: SULLE ELEZIONI COMUNALI, L’INCOGNITA DEL NON VOTO
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CHIUSI  – Il 5 giugno (pare sia questa la data indicata dal Governo) a Chiusi si vota per il sindaco e per il consiglio comunale. Manca poco più di un mese alla presentazione delle liste. Nelle ultime tornare elettorale, dal 2002 in poi quello dell’astensione è stato uno dei “partiti” più forti. Sempre intorno al 30%. Alle regionali 2015, con il sindaco uscente Scaramelli candidato  ha sfiorato il 40%. E Chiusi alle regionali ha registrato una partecipazione al voto superiore alla media provinciale, regionale e nazionale (61%).

Insomma a Chiusi, già nel 2011,  il Pd e i suoi alleati rappresentavano una minoranza rispetto al corpo elettorale complessivo: 2.923 voti su 6.880 elettori. Il 42% effettivo, non il 58,3% come risulta agli atti, calcolando la percentuale (come si deve fare per legge) sui voti validi e non sugli aventi diritto.

La coalizione di governo locale, che alle prossime elezioni sarà rappresentata solo dal Pd, ha perso più di un terzo dei suoi voti dal 1998 ad oggi. Ciarini ottenne 4.314 voti, Ceccobao 4.186 nel 2002 e 3.781 nel 2007; Scaramelli 2.923 nel 2011. L’emorragia di consensi è evidente. Scaramelli alle Regionali ne ha ottenuti ancora meno: 2.450…

La somma del “non voto” più i voti delle opposizioni supera largamente i consensi del Pd e centrosinistra. Solo il “non voto” alle ultime elezioni è stato superiore perfino alla Primavera che fece un risultato storico, con 1.374 voti pari al 27%.

Tutto questo per dire che la situazione politica chiusina appare sì ingessata e quindi l’esito della corsa elettorale sembra scontato, ma se solo una metà dell’elettorato che si astiene decidesse di votare si potrebbero vedere delle belle.

Ma chi è che si astiene? Alle ultime elezioni comunali la presenza della Primavera favorì un certo ritorno alle urne. E l’astensionismo fu soprattutto di destra, tanto che Forza Italia rimase fuori dal consiglio. Ma c’è indubbiamente anche un astensionismo di sinistra. Quello degli scontenti, dei nostalgici, degli orfani, dei senza tetto che non si riconoscono del Pd renziano e non hanno una casa o una bandiera a cui aggrapparsi.

C’è poi l’astensionismo fisiologico, fatto dalle persone che si interessano poco alla politica, dai “residenti acquisiti” che non si sentono a pieno titolo chiusini e quindi non si immischiano; infine ci sono gli stranieri. L’anagrafe dice che sono il 15% della popolazione circa. Una bella fetta, anche depurandola dei minori di 18 anni… Ma quanti sono effettivamente gli stranieri che possono votare alle comunali? Sempre da una verifica all’anagrafe, i cittadini stranieri “comunitari” che potrebbero votare sono circa 600. In larga maggioranza rumeni. Possono votare se fanno domanda. Ad oggi (25 marzo) sono poco più di 20 i cittadini comunitari che hanno chiesto l’iscrizione alle liste elettorali. Una piccola minoranza. Una quarantina sono inoltre cittadini che hanno acquisito la cittadinanza negli ultimi 5 anni, da aggiungere quindi ai primi 600. Un bel numero, ma non tale da stravolgere il risultato elettorale, nemmeno se votassero tutti per lo stesso simbolo. Tra qualche tempo magari… ma ancora no.

Quindi la partita elettorale la giocheranno ancora i chiusini.

E si giocherà soprattutto a Chiusi Scalo, realtà più eterogenea e composita, anche se Juri Bettollini (se sarà lui il candidato del Pd e tutta lascia presagire di sì)  avrà dalla sua quasi totalmente la frazione di Montallese, con le sue articolazioni sociali e volontaristiche (Volto Amico, società sportiva, cacciatori ecc…).  Una dote di partenza non trascurabile con cui tutti gli altri dovranno fare i conti.

Non solo: Chiusi è un paese, come tutti gli altri dei dintorni, in cui la popolazione è in maggioranza over 50, dove la categoria sociale più forte è quella dei pensionati (per lo più pubblici: ferrovie, poste, scuola, sanità, comune…). Quindi ogni aggregazione politica che voglia competere con il Pd, su quel terreno dovrà lavorare… I giovani, come gli stranieri, possono diventare la mina vagante, l’ago della bilancia, il “fattore sorpresa”, ma da soli difficilmente determineranno la vittoria di una lista o dell’altra. In deciso calo anche la forza numerica e la “presa” delle forze produttive (artigiani, industriali, commercianti e operai) ormai ridotte a presenza piuttosto marginale.

Restano i “poteri forti”, cioè gli ambienti che negli ultimi 20 anni hanno assecondato, condizionato o indirizzato in un modo o nell’altro (anche per l’assenza di altri soggetti in campo) la politica e l’azione amministrativa: le banche, le associazioni, i sodalizi vari che hanno offerto consenso e sostituito, di fatto, l’organizzazione politica delle sezioni.

Questo è il quadro di partenza. Il Pd, inutile dirlo, parte favorito, nonostante sia ridotto ai minimi termini e non abbia un gruppo dirigente vero. Tutti gli altri saranno delle variabili. Che possono anche far impazzire la majonese. Ma il tempo stringe e gioca a favore del partito di maggioranza.

Ed è evidente anche che, con l’attuale legge elettorale, che non prevede ballottaggio nei paesi sotto ai 15 mila abitanti, il “non voto” favorisce aggettivamente chi parte avvantaggiato. Nel caso di Chiusi il Pd, al quale basterà prendere un voto in più degli altri (indipendentemente da quanti andranno a votare) per poter continuare a governare.

m.l.

 

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