RAMELLI, VARALLI, ZIBECCHI… LA PRIMAVERA DI SANGUE DEL ’75. IL NOSTRO READING LA BOMBA E UNA DISCUSSA PROPOSTA DEL COMUNE DI GROSSETO

venerdì 28th, marzo 2025 / 12:27
RAMELLI, VARALLI, ZIBECCHI… LA PRIMAVERA DI SANGUE DEL ’75. IL NOSTRO READING LA BOMBA E UNA DISCUSSA PROPOSTA DEL COMUNE DI GROSSETO
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In questi giorni è uscita la notizia che il consiglio comunale di Grosseto ha approvato una mozione per intitolare una via o spazio pubblico della città, a Sergio Ramelli, giovane milanese morto in seguito ad un pestaggio politico nel 1975, durante quella stagione violenta che passa sotto il nome “anni di piombo”. Ramelli era un diciottenne di destra, stava distribuiendo dei volantini del Fronte della Gioventù quando fu aggredito e pestato da un manipolo di giovani di estrema sinistra. Era il 13 marzo del 1975. Morì dopo 47 giorni di agonia in ospedale. “Intitolare una via o spazio cittadino a Sergio Ramelli (…) deve servire a tutti noi per ricordare un simbolo di una generazione e di una Italia, quella degli anni di piombo, che non vogliamo dimenticare”, ha dichiarato l’assessore alla toponomastica e deputato di Fratelli d’Italia Fabrizio Rossi (è lui che alle ultime elezioni politiche ha battuto il quasi onomino Enrico Rossi ex presidente della Regione Toscana del centro sinistra, per un seggio al senato). Rossi, l’assessore, ricorda che “Ogni anno, anche il sindaco di Milano e tutte le autorità cittadine e non solo, ricordano il giovane ragazzo assassinato dall’odio politico cieco di quegli anni, per mano di altri ragazzi” e parla di questa proposta come di una iniziativa “contro tutti gli odiatori seriali, di ieri e di oggi” e parla di “pacificazione nazionale”, con la consapevolezza – dice – “che se la memoria comune è difficile, noi non smettiamo di provarci”.

Come sempre accade di fronte a proposte del genere, a Grosseto c’è chi accusa la giunta di guardare e ricordare la storia con occhiali rivolti da una sola parte, come accadde quando decise di intitolare una via a Giorgio Almirante, leader indiscusso del MSI. Ma, diciamolo, c’è una bella differenza tra Almirante e Sergio Ramelli.  Almirante è stato certamente un politico di razza,  ma anche direttore della rivista “La difesa della razza“, fucilatore di partigiani e repubblichino (di Salò), quindi collaborazionista dell’esercito nazista dopo l’8 settembre del ’43, mai pentito. E da capo del Msi non esitò, proprio negli anni ’70, a teorizzare il ricorso alle maniere forti, anche al colpo di stato militare, per fermare l’avanzata dei comunisti e delle sinistre: a mali estremi, estremi rimedi, disse, auspicando per l’Italia una soluzione alla greca, cioè con la presa del potere dei colonnelli. E la notte tra il 7 e l’8 dicembre del ’70, c’erano anche molti missini pronti a entrare in azione agli ordini del generale Junio Valerio Borghese…

Ramelli invece era solo un ragazzino, neanche un violento. Un ragazzino che fu vittima del clima avvelenato di quegli anni (avvelenato anche da politici come Almirante), come lo furono altri giovani di destra (Mikis Mantakas, i fratelli Mattei, figli di un netturbino segretario di una sezione Msi di Roma) e tanti giovani di sinistra come Claudio Varalli e Giannino Zibecchi rimasti uccisi proprio qualche giorno dopo l’aggressione di Ramelli e mentre quest’ultimo era in ospedale, a Milano. Come Fausto Tinelli e Lorenzo “Iaio” Iannucci, ammazzati nel ’78; come Giorgiana Masi uccisa a Roma, come i tanti innocenti caduti per le bombe nelle piazze, sui treni, nelle banche.

Perché ne parliamo su queste colonne? Primo perché Grosseto non è poi così lontana. Secondo perché di Sergio Ramelli, Claudio Varalli, Giannino Zibecchi, del tentato golpe di Junio Valerio Borghese del ’70 e di quello tentato nel ’74, delle bombe sui treni, nelle piazze, nelle case del popolo, si parla diffusamente nel nostro spettacolo La Bomba che abbiamo rappresentato a Moiano il 29 novembre e a Chiusi il 24 gennaio e che stiamo portando in giro per l’Italia. Venerdì 21 marzo è stato proposto a Milano presso la sede di Rifondazione Comunista, e giovedì prossimo, 3 aprile, sarà ancora in scena a Milano presso una sede Anpi, in via Modica 8.

E nel reading La Bomba si dice chiaramente che tra Varalli, Zibecchi e i tanti giovani di sinistra caduti negli scontri con i fascisti o con la polizia negli anni di piombo e Sergio Ramelli e altri ragazzi di destra caduti allo stesso modo la differenza è poca. Anzi, forse non c’è proprio differenza. Gli uni e gli altri tutti vittime di un medesimo disegno eversivo, quello della “strategia della tensione” che mise una intera generazione contro. Facce diverse della stessa medaglia. Carne da macello istigata allo scontro, gettata nella mischia e sacrificata per creare appunto tensione e destabilizzazione, per poi promulgare leggi e misure repressive, criminalizzare la protesta e l’antagonismo (come successe a Bologna nel ’77 e nei confronti dei centri sociali). E quando tutto ciò sembrò non essere sufficiente arrivò la stagione del terrorismo. E delle trame oscure. E anche di questo si parla ne La Bomba.

Tornando alla proposta del Comune di Grosseto di intitolare una via o una piazza a Sergio Ramelli, la cosa non ci scandalizza. E pur ragionando noi da un punto di vista di sinistra, siamo anche d’accordo nel ricordare una vittima innocente. Come Ramelli. Però diciamo anche che i Comuni, quando propongono iniziative del genere, dovrebbero ricordare anche le altre vittime. Per esempio, nel caso di Ramelli, anche Varalli e Zibecchi, morti negli stessi giorni, il primo mentre insieme ad altri compagni stava aggredendo un fascista braccato nella sua Mini Minor, che vistosi perso sparò; il secondo ucciso da un camion dei Carabinieri sopra un marciapiaede, durante la manifestazione per la morte di Varalli…  Così, se si ricordano e si intitolano strade o piazze a Varalli e Zibecchi, sarebbe giusto ricordare anche Ramelli.

Ricordare il 18enne Sergio Ramelli non significa e non può significare ovviamente riscrivere la storia e assolvere chi mandava i giovani neofascisti a provocare, ad assaltare i cortei e le sezioni, a mettere le bombe sui treni, nelle piazze e dentro le stazioni o chi, pur sedendo in Parlamento, teorizzava e auspicava “soluzioni autoritarie”. Allo stesso modo, ricordare i giovani di sinistra caduti nelle piazze non può significare assolvere il terrorismo e l’uso della violenza (anche quella delle spranghe) come strumento di lotta politica.

La memoria condivisa di cui parla l’assessore grossetano Rossi si costruisce facendo, tutti, i conti con quella stagione. Facendoli fino in fondo. Fino ad ora invece, pochi quei conti ce li hanno fatti, sia a destra che a sinistra. Ognuno ha continuato a celebrare e ricordare solo i suoi, facendo anche un po’ di confusione e chiudendo gli occhi su errori di valutazione, omissioni, album di famiglia.  In questo senso per noi va bene ricordare Ramelli, va meno bene ricordare e celebrare Almirante.

M.L.

 

 

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