CHIUSI, IL CANTO DI TUTTI E LA PASTASCIUTTA ANTIFASCISTA DEI FRATELLI CERVI

CHIUSI – Ieri sera, sotto la tensostruttura San Francesco, a Chiusi è stata ricordata la “pastasciutta antifascista” che la famiglia Cervi offrì a tutto il paese di Campegine (Reggio Emilia) dopo l’arresto di Mussolini il 25 luglio del ’43. L’inizativa a cura dell’ANPI si tiene in questi giorni in tutta Italia. Certo, è comprensibile che in quel momento, all’indomani del voto del Gran Consiglio si festeggiasse la caduta del Duce, magari pensando che fosse la fine della dittatura. Con il senno di poi sappiamo che non fu così e che la guerra da allora diventò un’altra storia. In meno di due mesi l’Italia passò da alleata dei nazisti a paese in balia de venti, con il re e la corte scappati a Brindisi di nascosto, l’esercito sbandato e lasciato nella merda, i nazisti non più alleati che diventano esercito occupante e i soldati italiani che diventano nemici dei tedeschi. I giovani che vano in montagna. Anche i fratelli Cervi, onore e gloria per il loro sacrificio (furono fucilati tutti e 7 il 28 dicembre del ’43), purtroppo non avevano ben compreso cosa stava accadendo e che non c’era molto da festeggiare. Ma la pastasciutta antifascista che l’Anpi propone da qualche anno intorno al 25 luglio è comunque un momento di ricordo, di memoria. Di condivisione – come fecero i Cervi – di un anelito di libertà, di democrazia, di riappropriazione degli spazi comuni, come la piazza di Campegine, per esempio.
A Chiusi il momento conviviale è stato preceduto da uno spettacolo-concerto: Il canto di tutti, il mio stesso canto, titoloche è una strofa della canzone Gracias a la vida di Violeta Parra: Y el canto de todos que es mi propio canto.
Francesco Storelli e Francesca Carnieri voci recitanti e i musicisti Nadia De Sanctis, Sandro Valentini e Maria Cristina Gambi hanno proposto un racconto per parole, immagini e musica sulle canzoni che sono diventate in un modo o nell’altro inni di pace, di rivolta contro le dittature, contro le prevaricazioni razziali ed etniche. Contro l’oppressione dei popoli da parte di governi sanguinari, ma anche del capitalismo selvaggio. Del colonialismo.
La narrazione si è incentrata soprattutto sul continente americano spaziando da We Shall over come di Pete Seeger cantata da Joan Baez e inno della marcia per i diritti civili di Martin Luther King del 1963 a Todo cambia o La maza di Mercedes Sosa, “la negra” voce dell’Argentina oppressa dalla junta militar di Videla, a gracias a la vida Violeta Parra, esponente di spicco della Nueva Canciòn Chilena, fino ai cantautori brasiliani Chico Buarque de Hollanda, Caetano Veloso, Gilberto Gil ecc… Un excursus insomma non tanto sui canti di lotta, quanto sulle canzoni che spesso in modo poetico e subliminale nascondevano messaggi di ribellione e di contrasto alle dittature, allo sfruttamento e alle avventute militari.
Qualcuno potrà obiettare che il repertorio proposto e la narrazione focalizzata soprattutto sull’America latina c’entrassero poco con il 25 luglio, la caduta di Mussolini, la pastasciutta della famiglia Cervi e anche con l’80esimo della Liberazione. Ma alla fine i testi letti da Storelli e Carnieri e le canzoni di Chico Buarque, Mercedes Sosa e Violeta Parra ci hanno ricordato, senza tema di smentita, che le dittature alla fine sono tutte uguali, che le guerre sono tutte uguali al di là della latitudine in cui avvengono. Che la musica, l’arte, la poesia spesso si intrecciano e si contaminano e spesso diventano strumenti di resistenza, di contestazione, se non di incitamento alla rivolta esplicita. L’unico brano in italiano “Il disertore” di Boris Vian, nella versione di Ivano Fossati. Gran finale con Bella Ciao cantata in coro. Magari a La Russa e a Giorgia Meloni questo non piace, ma la gente per fortuna Bella Ciao la canta sempre volentieri.
m.l.
Complimenti a tutti per l’impegno e l’ottima riuscita .sono a Milano ma con l’articolo di PrimaPagina è “quasi” come esserci stato.